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Politica

Seoul: il candidato progressista Lee Jae-myung vince le presidenziali, affluenza record

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Il candidato progressista ha conquistato oltre il 50% delle preferenze dopo la destituzione di Yoon Suk-yeol. I risultati degli exit poll riflettono le divisioni generazionali e di genere, ma anche un rinnovato impegno civico da parte della società sudcoreana. Dal partito democratico arrivano appelli all’unità nazionale per voltare pagina dopo la proclamazione della legge marziale.

 

I sondaggi lo avevano previsto: il candidato del Partito democratico (DP) Lee Jae-myung ha vinto con oltre il 50% delle preferenze le elezioni presidenziali in Corea del Sud, che hanno visto una partecipazione record. Le votazioni erano indette dopo la proclamazione della legge marziale da parte dell’ex presidente Yoon Suk-yeol, finito sotto accusa e rimosso dall’incarico.

 

L’episodio aveva aperto una profonda crisi politica che potrebbe aver trovato risoluzione con l’elezione del candidato dell’opposizione. Tuttavia, in tarda serata, mentre le principali emittenti sudcoreane stavano mandando in onda gli exit poll, a Seoul ha avuto luogo una piccola manifestazione «anti-Lee», composta perlopiù da cittadini anziani.

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I risultati (ancora parziali) sul voto confermano crescenti fratture all’interno della società sudcoreana: Lee Jae-myung ha goduto di un vantaggio significativo tra le donne, con oltre il 55% delle preferenze, mentre per il candidato conservatore, Kim Moon-soo, del People Power Party (PPP), ha votato circa il 39% della popolazione femminile. Tra gli elettori maschi, il 48,3% ha votato per Lee e il 39,4% per Kim.

 

Il sostegno a Lee Jae-myung, inoltre, è particolarmente forte tra gli elettori di età compresa tra i 40 e i 50 anni, mentre gli elettori di età superiore ai 70 anni mostrano una chiara preferenza per Kim. Lee Jun-seok, il terzo candidato in corsa, ha ammesso la sconfitta prima della fine dello spoglio elettorale.

 

Secondo alcuni commentatori, questi risultati dimostrano la scarsa capacità del PPP di ricompattarsi dopo la deposizione di Yoon: secondo Lee Jun-han, professore di scienze politiche all’Università di Incheon, interpellato dalla Reuters, Kim Moon-soo, che si era opposto all’impeachment di Yoon, non era «preparato», e nemmeno il suo partito.

 

La formazione conservatrice non ha criticato a sufficienza l’operato dell’ex presidente per attirare parte dei conservatori delusi dal PPP, sostiene il docente, avvertendo che il Partito democratico, che ora controlla il governo e il Parlamento, «potrebbe portare all’allontanamento dell’unità sociale» in mancanza di contrappesi.

 

Anche secondo i principali membri del DP il voto ha segnalato un rifiuto del «governo insurrezionalista» di Yoon. «Credo che il sostegno pubblico a Lee rifletta il loro forte desiderio di riprendersi dal crollo dei mezzi di sussistenza e dall’economia in declino, peggiorati negli ultimi tre anni sotto il governo Yoon», ha aggiunto in un’intervista televisiva Park Chan-dae, leader del partito progressita, che ha poi invocato «l’unità nazionale» per superare le conseguenze della proclamazione della legge marziale.

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Nel primo trimestre di quest’anno i dati sull’economia hanno registrato una contrazione, caratterizzata da scarsi consumi ed esportazioni. «Non si tratta più di una lotta tra noi e loro, ma è il momento di unire il Paese», ha continuato Park, che non ha escluso una revisione del sistema di governo per impedire che possa essere nuovamente invocato un regime di emergenza da parte del presidente.

 

I risultati confermano però anche il forte impegno civico di cui la società sudcoreana si è sentita investita dopo la proclamazione della legge marziale: l’affluenza alle urne è stata del 79,4%, la più alta degli ultimi 28 anni, sottolinea l’agenzia di stampa locale Yonhap. Dei 44,39 milioni di aventi diritto al voto in tutto il Paese, 35,24 milioni hanno espresso il loro voto entro le ore 20, ha riferito la Commissione elettorale nazionale. Nel conteggio sono inclusi coloro che hanno usufruito del voto anticipato (pari al 34,8%) e le schede elettorali provenienti dall’estero.

 

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Immagine di 경기도 뉴스포털 (Portale di notizie di Gyeonggi-do) via Wikimedia pubblicato su licenza Korea Open Government License Type I: Attribution

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Politica

L’Ucraina vuole che l’Occidente paghi le elezioni

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Kiev è disposta a indire elezioni, ma soltanto a patto che vengano soddisfatte diverse condizioni, tra cui il finanziamento occidentale del processo elettorale, ha dichiarato Mikhail Podoliak, consigliere di alto livello del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj.   Il mandato presidenziale di Zelens’kyj è scaduto a maggio 2024, ma egli ha sempre rifiutato di convocare le urne, appellandosi alla legge marziale in vigore. All’inizio della settimana, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che Kiev non dovrebbe più utilizzare il conflitto in corso come pretesto per rinviare il voto.   Mosca ha ripetutamente sostenuto che Zelens’kyj ha «perso la sua legittimità», rendendo così giuridicamente discutibile qualsiasi accordo di pace firmato con lui.   Lo Zelens’kyj ha dichiarato di non voler «aggrapparsi al potere» e, in settimana, si è detto pronto a indire elezioni, purché Stati Uniti e Paesi europei forniscano «garanzie di sicurezza» durante lo svolgimento delle votazioni.   Podoliak ha precisato la posizione venerdì su X, spiegando che Zelensky ha invitato il parlamento a predisporre emendamenti alla Costituzione e alle leggi elettorali. Il consigliere ha tuttavia elencato tre condizioni indispensabili perché il voto possa avere luogo.  

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«Nessun missile o drone deve sorvolare il Paese durante le votazioni. L’unica strada realistica è un cessate il fuoco», ha scritto Podoliak, aggiungendo che i militari al fronte e gli abitanti delle zone di prima linea devono poter «votare ed essere candidati». Ha poi sottolineato che «milioni di sfollati» rendono l’operazione «complessa e costosa».   «Questo onere non può gravare solo sull’Ucraina», ha proseguito il collaboratore dello Zelens’kyj, precisando che Kiev sarebbe «pronta» a procedere solo con finanziamenti esterni e il rispetto delle altre due condizioni.   Non si tratta della prima volta che l’Ucraina chiede danari occidentali pure per il voto.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa, tra i tanti rinvii citanti la legge marziale, Kiev aveva annunciato che le elezioni le avrebbe tenute qualora le avesse pagate l’Europa.  

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Brigitta Macron contro le femministe: «stupide stronze»

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La moglie del presidente francese Emmanuel Macron, Brigitte, ha provocato un’ondata di indignazione dopo aver definito le manifestanti femministe «salles connes», cioè «stupide stronze».

 

All’inizio di questa settimana è emerso un video (poi cancellato) in cui la first lady francese, domenica scorsa, chiacchierava in privato nel backstage con l’attore e comico ebreo sefardita Ary Abittan, in passato accusato di stupro. L’artista 51enne era in tournée per la prima volta dopo che i giudici istruttori avevano archiviato il caso per mancanza di prove.

 

La sera precedente, il collettivo femminista Nous Toutes («Tutte noi») aveva fatto irruzione nel suo spettacolo di cabaret: alcune attiviste, con maschere raffiguranti il volto dell’attore e la scritta «stupratore», si erano alzate in mezzo al pubblico gridando «Abittan stupratore» prima di essere accompagnate fuori.

 

Nel video trapelato, Abittan scherza sul fatto di sentirsi ancora nervoso, probabilmente temendo il ritorno delle manifestanti. Si sente chiaramente Brigitte Macron rispondere in tono scherzoso: «Se ci sono delle stupide stronze, le cacceremo via».

 

Martedì un portavoce dell’Eliseo ha spiegato che la first lady stava solo cercando di tranquillizzare l’attore e che il suo commento era diretto unicamente ai metodi radicali usati per interrompere lo spettacolo.

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Nonostante la precisazione, le reazioni sono state immediate e trasversali: politici di tutti gli schieramenti, attivisti e personalità del mondo del cinema hanno condannato le parole.

 

La segretaria nazionale dei Verdi, Marine Tondelier, le ha definite «estremamente gravi»; la senatrice LR Agnès Evren le ha giudicate «profondamente sessiste». Persino l’ex presidente François Hollande ha criticato la scelta lessicale della first lady. L’attrice Judith Godrèche, divenuta simbolo della lotta contro le violenze sessuali nel cinema francese dopo aver denunciato abusi subiti da minorenne, ha chiesto la fine di questi comportamenti nel settore culturale e ha pubblicato un breve messaggio su Instagram contro le dichiarazioni di Brigitte Macron. Il collettivo Nous Toutes ha poi trasformato la frase in un hashtag virale sui social.

 

Brigitta Macron era già finita al centro dell’attenzione nei mesi scorsi per una lunga vicenda giudiziaria legata alle teorie complottiste che la descrivono come transgender. Una sentenza di quest’anno ha condannato e multato le due donne che avevano diffuso la falsa notizia, riaccendendo il dibattito sulle molestie online contro le figure pubbliche.

 

Il caso aveva avuto risonanza internazionale dopo che la commentatrice americana Candace Owens ne aveva ripreso le accuse, per poi dichiarare che i Macron avessero ordinato il suo assassinio.

 

Come riportato da Renovatio 21, Macron aveva chiesto personalmente a Trump di intercedere con la Owens per farla smettere di parlare dell’incredibile teoria per cui la Brigitta sarebbe nata uomo.

 

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Trump: Zelens’kyj deve indire le elezioni

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Il presidente statunitense Donald Trump ha invitato l’Ucraina a convocare elezioni, mettendo in dubbio le autentiche prerogative democratiche del Paese in un’intervista a Politico diffusa martedì.   Trump ha lanciato una nuova provocazione a Volodymyr Zelens’kyj, il cui quinquennio presidenziale è terminato a maggio 2024, ma che ha declinato di indire consultazioni elettorali presidenziali, invocando la legislazione di emergenza bellica.   Lo Zelens’kyj era stato scelto alle urne nel 2019 e, a dicembre 2023, ha annunciato che Kiev non avrebbe proceduto a elezioni presidenziali o legislative fintantoché perdurasse lo stato di guerra. Tale regime è stato decretato in seguito all’acutizzazione dello scontro con la Russia a febbraio 2022 e, da allora, è stato prorogato più volte dall’assemblea nazionale.   Trump ha dichiarato a Politico che la capitale ucraina non può più addurre il perdurante conflitto come pretesto per rinviare il suffragio. «Non si tengono elezioni da molto tempo», ha dichiarato Trump. «Sai, parlano di democrazia, ma poi si arriva a un punto in cui non è più una democrazia».   Rispondendo a un quesito esplicito sull’opportunità di un voto in Ucraina, Trump ha replicato «è il momento» e ha insistito che si tratta di «un momento importante per indire le elezioni», precisando che, pur «stiano usando la guerra per non indire le elezioni», gli ucraini «dovrebbero avere questa scelta».   Come riportato da Renovatio 21, il presidente della Federazione Russa Vladimiro Putin ha spesse volte dichiarato di considerare illegittimo il governo di Kiev, sostenendo quindi per cui firmare un accordo di pace con esso non avrebbe vera validità.

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