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Bioetica

San Martino e le «cure palliative»

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L’11 novembre è stata, come ogni anno, la ricorrenza di San Martino di Tours, un patrono molto sentito sia in tanti paesi e città italiane che all’Estero.

 

Ci sono tre particolarità di questa ricorrenza molto interessanti, ma una in particolare. 

 

Come noto, Martino di Tours visse nel IV secolo d.C. in quella che è l’odierna Ungheria. Il suo culto è prettamente legato ad un episodio particolare:  un giorno, passando in sella al suo cavallo, Martino si imbatté in un mendicante seminudo e congelato nel bel mezzo di un acquazzone. Fu allora che colui il quale divenne presto vescovo, donò, tagliandolo, metà del suo mantello al povero mendicante.

Martino si imbatté in un mendicante seminudo e congelato nel bel mezzo di un acquazzone e gli donò un lembo del suo mantello

 

Questa immagine non può che ricondurre, verosimilmente, all’episodio evangelico del Buon Samaritano, che soccorre l’uomo moribondo spogliato, malmenato dai briganti e calpestato con indifferenza dal sacerdote e dal levita. Al centro di ambedue gli episodi — quello di San Martino e la Parabola del Buon Samaritano — vi è l’esercizio di quella che San Paolo definisce la più grande fra tutte le virtù, senza la quale non si può fare ed ottenere nulla: la Carità. 

 

Un racconto di origine popolare ma assai antico, narra che poco dopo aver incontrato il primo mendicante San Martino ne incontrò un altro, al quale donò la seconda parte del mantello rimasta. La tradizione vuole che a questo secondo gesto di Carità, il cielo si aprì e sopraggiunse un grande sole che fece tornare un clima estivo: da qui ha origine la cosiddetta «estate di San Martino»

Un racconto di origine popolare ma assai antico, narra che poco dopo aver incontrato il primo mendicante San Martino ne incontrò un altro, al quale donò la seconda parte del mantello rimasta. La tradizione vuole che a questo secondo gesto di Carità, il cielo si aprì e sopraggiunse un grande sole che fece tornare un clima estivo: da qui ha origine la cosiddetta «estate di San Martino», cioè quel periodo pienamente autunnale in cui a volte, per qualche giorno, il clima torna a farsi mite e persino caldo. 

 

Il secondo particolare degno di nota e collegato alla figura di San Martino di Tours così come alla sua ricorrenza, è quello delle «lanterne di San Martino».

 

Questa tradizione è diffusa soprattutto in Germania, dove l’estate di San Martino segna l’inizio del periodo natalizio. Ogni anno, l’11 novembre, viene organizzata la «Laternenumzug», una processione serale durante la quale i bambini sfilano con le lanterne accese, le appendono ai rami degli alberi e recitano una filastrocca. Le lanterne vengono poi riaccese ogni giorno fino a Natale, a prefigurare l’arrivo della Luce nel mondo: il Verbo fattosi carne.

 

Le fiaccolate dei bambini segnano popolarmente l’inizio del periodo natalizio. Durante le processioni vengono anche raccontate delle storie, oltre ai canti dedicati a San Martino e alle filastrocche popolari.

 

L’ultimo particolare, quello a mio avviso veramente degno di nota, è legato ancora una volta al mantello di San Martino. Forse non tutti sanno che «mantello» corrisponde, in lingua latina, alla parola «pallium». Il palio (o pallio) è difatti una sorta di mantello o comunque una stoffa pregiata. 

 

«Mantello» corrisponde, in lingua latina, alla parola «pallium». Il palio (o pallio) è difatti una sorta di mantello o comunque una stoffa pregiata

L’uso di porre come premio di gare, specie equestri, un drappo di stoffa preziosa (pallio) fu seguito, nel Medioevo e oltre, in molte città italiane: da qui ha origine il pallio di Siena e molte gare susseguitesi lungo i secoli. 

 

Dal pallio di San Martino quindi, ovvero dal pezzo di mantello pregiato (o pallio) che il vescovo ungherese donò al mendicante, ha origine il termine «palliativo», così come l’intero concetto di «cure palliative». Chi conosce o si interessa anche solo un minimo di bioetica, avrà sicuramente chiaro quale sia il collegamento fra l’episodio di San Martino, il pezzo del suo pallio e le cure palliative. 

 

Dal pallio di San Martino quindi, ovvero dal pezzo di mantello pregiato (o pallio) che il vescovo ungherese donò al mendicante, ha origine il termine «palliativo», così come l’intero concetto di «cure palliative»

Le cure palliative devono essere intese non come la somministrazione di farmaci atti a ridurre od addirittura rimuove il dolore che una persona prova, ma come una serie di azioni e di prese in carico della persona umana in tutta la sua integrità e complessità ontologica, anche e soprattutto nel momento più doloroso e difficile della sua vita come può essere quel periodo che precede di poco la morte. 

 

Il pallio donato da San Martino e il suo gesto degno della più nobile e simbolica Carità, dal quale deriva proprio questo importantissimo e oggi fin troppo banalizzato concetto anzidetto, deve alimentare il pensiero, le azioni e le parole di tutti coloro i quali sono chiamati in modo particolare a curare, cioè a prendersi espressamente Cura della persona umana. 

 

Affinché trionfi sempre una cultura contraria alla Morte, e che i palliativi al dolore di questa vita siano i sacrifici offerti per raggiungere quella Eterna.

 

Affinché trionfi sempre una cultura contraria alla Morte, e che i palliativi al dolore di questa vita siano i sacrifici offerti per raggiungere quella Eterna.

San Martino, con la sua intercessione, ci aiuti a compiere al meglio, nella nostra quotidianità, questa sacrosanta missione. 

 

 

Cristiano Lugli

 

 

 

 

 

 

Immagine da particolare di «San martino che divide il mantello con un povero» (Baldassarre Franceschini detto il Volterrano 1611-1689) di Sailko via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported (CC BY 3.0)

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Bioetica

Polonia, l’aborto avanza in Parlamento

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Il 12 aprile 2024, i parlamentari polacchi hanno votato a favore di quattro progetti di legge volti a generalizzare l’accesso delle donne all’aborto nel paese. Fatto senza precedenti in quasi trent’anni, ma che non dovrebbe cambiare radicalmente la situazione a breve termine, perché una modifica della legge in questa direzione si scontrerebbe con il veto presidenziale del conservatore Andrzej Duda.

 

«Lo Stato deve fare tutto affinché l’aborto sia accessibile, legale, praticato in condizioni adeguate, senza pericoli». I commenti espressi l’11 aprile 2024 da Katarzyna Kotula non hanno mancato di offendere più di un cattolico polacco, poiché erano inimmaginabili anche un anno fa.

 

Tuttavia, è dalla piattaforma della Dieta – la camera bassa del parlamento polacco – che il ministro dell’Uguaglianza presenta il disegno di legge portato avanti dalla Coalizione Civica del primo ministro Donald Tusk, volto a liberalizzare l’accesso all’aborto fino a dodici settimane di gravidanza.

 

Per essere più precisi, quattro testi sono stati presentati da componenti della coalizione filoeuropea arrivata al potere in seguito alle elezioni del 15 ottobre 2023, dopo otto anni di governo del partito nazionalista Diritto e Giustizia (PiS).

 

La Sinistra Unita ha presentato i primi due progetti che prevedono, da un lato, la depenalizzazione dell’aborto assistito, e dall’altro la legalizzazione completa dell’aborto, senza ostacoli, fino alla dodicesima settimana di gravidanza.

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Il terzo progetto viene dal partito politico del primo ministro Donald Tusk, e chiede anch’esso la legalizzazione fino alla dodicesima settimana, con diverse riserve rispetto al testo della Sinistra Unita.

 

Il quarto testo, presentato dalla Terza Via, un’alleanza del partito contadino conservatore PSL e del movimento cristiano-democratico Polonia 2050 del presidente della Dieta, Szymon Holownia, chiede il ritorno allo status quo in vigore tra il 1993 e il 2020. L’IVG era possibile in tre casi: malformazione del feto, pericolo per la vita o la salute della madre, stupro o incesto.

 

Il partito della Terza Via è anche favorevole all’indizione di un referendum su un’eventuale legalizzazione più ampia dell’aborto, un ricorso al voto popolare sorprendentemente criticato dalle organizzazioni femministe – che però hanno sulle labbra solo le parole di «democrazia» e «libertà» – e per una buona ragione.

 

Secondo un sondaggio effettuato poco prima del voto in Parlamento da IPSOS, la società polacca appare divisa sulla questione. Il 35% delle intervistate vuole avere accesso all’aborto fino alla dodicesima settimana di gravidanza; Il 21% è favorevole al ripristino di questo diritto in caso di malformazione fetale; Il 23% vuole un referendum e il 14% si ritiene soddisfatto dell’attuale stato della legislazione nel Paese. Una prova, se fosse necessaria, che la secolarizzazione avanza a passi da gigante sulle rive della Vistola.

 

Tuttavia, il campo progressista non rivendica la vittoria: «abbiamo motivi di soddisfazione, tuttavia molto moderati e cauti», ha dichiarato Donald Tusk dopo il voto alla Dieta del 12 aprile. Perché la liberalizzazione dell’aborto in Polonia non è per domani: resta da convocare la Commissione parlamentare speciale che dovrà essere incaricata di adottare un disegno di legge da sottoporre in seconda lettura.

 

Probabilmente il futuro testo dovrà essere corretto in senso meno liberale per conquistare la maggioranza del parlamento polacco e, se così fosse, il capo dello Stato potrebbe porre il veto. Andrzej Duda – affiliato al PiS – dovrebbe normalmente rimanere al potere fino al 2025: abbastanza per dare ai conservatori polacchi qualche mese di tregua per organizzare la difesa del diritto alla vita.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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Bioetica

Bioeticiste contro la genitorialità genetica: «usare liberamente gli embrioni congelati»

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.   Alcuni bioeticisti mettono in dubbio l’importanza di una relazione genetica tra genitori e figli. Ciò che conta, sostengono, è un ambiente familiare favorevole, non i geni.    Nel Journal of Medical Ethics, una bioeticista svedese, Daniela Cutas, e una collega norvegese, Anna Smajdor, affermano che la riproduzione assistita apre le porte a nuove relazioni tra generazioni. Ma, purtroppo, l’aspettativa è che le persone imitino una famiglia nucleare convenzionale e una struttura genitore-figlio. C’è pochissima varietà o creatività.   Ad esempio, dopo la donazione di sperma postumo, una madre o una nonna portano in grembo il bambino in modo da mantenere una relazione genetica. Ma perché la genitorialità genetica e quella sociale dovrebbero coincidere?   Cutas e Smajdor sono realiste. Nel mondo di oggi, è improbabile che le persone abbandonino il loro attaccamento alle relazioni genetiche. Nel frattempo, ciò che propongono è una maggiore creatività nell’uso degli embrioni fecondati in eccedenza.    «Considerando la crescente prevalenza di infertilità in combinazione con una scarsità di gameti donati, qualcuno potrebbe, ad esempio, scegliere di utilizzare gli embrioni di propri zii. Oppure potrebbero desiderare di avere gli embrioni rimanenti dei loro fratelli. Se la preferenza delle persone ad avere una prole geneticamente imparentata è importante nei servizi di fertilità, allora ha importanza quale sia l’esatta relazione genetica?»   Esaminano più in dettaglio il caso di una donna i cui genitori hanno creato embrioni IVF. Se sono ancora disponibili, perché non dovrebbe dare alla luce i suoi fratelli? In un certo senso, questo potrebbe essere migliore di una relazione eterosessuale convenzionale:   «Innanzitutto perché gli embrioni sono già creati: non è necessario sottoporsi alla stimolazione ovarica per raccogliere e fecondare gli ovociti. In secondo luogo, le relazioni genitore-figlio sono piene di tensioni, alcune delle quali derivano da una lunga tradizione di non riconoscimento completo dello status morale dei bambini e di vederli come parte dei loro genitori in modo quasi proprietario».   Sembra un peccato sprecare tutti quegli embrioni congelati. Concludono con questo pensiero:   «In un mondo in cui i tassi di infertilità sono in aumento e i costi sociali, medici e sanitari dei trattamenti per la fertilità sono elevati, suggeriamo che ci siano motivi per ampliare le nostre prospettive su chi dovrebbe avere accesso ai materiali riproduttivi conservati».   Michael Cook   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.    
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Bioetica

Approvato il progetto di inclusione dell’aborto nella Carta europea

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Mercoledì 11 aprile 2024 gli eurodeputati hanno adottato, con 336 voti favorevoli, 163 contrari e 39 astensioni, una risoluzione che chiede l’inclusione dell’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che stabilisce “diritti, libertà e principi riconosciuti” negli Stati membri.

 

La risoluzione, promossa dai liberaldemocratici (Renew), dai socialdemocratici (S&D) e dalla sinistra, afferma che «controllare la propria vita riproduttiva e decidere se, quando e come avere figli è essenziale per la piena realizzazione dei diritti umani per le donne, le ragazze e tutte coloro che possono rimanere incinte».

 

I promotori hanno motivato la loro posizione con documenti delle Nazioni Unite che invitano a mantenere la «decisione individuale di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza».

 

La mozione cita anche la decisione della Francia di includere l’aborto nella Costituzione come esempio da seguire, sostenendo la «necessità di una risposta europea al declino dell’uguaglianza tra uomini e donne».

 

Minaccia ai gruppi pro-vita

I deputati sono preoccupati anche per «l’aumento dei finanziamenti ai gruppi contrari all’uguaglianza di genere e all’aborto» in tutto il mondo e nell’UE. Chiedono alla Commissione di garantire che le organizzazioni che «lavorano contro l’uguaglianza di genere e i diritti delle donne» non ricevano finanziamenti dall’UE.

 

Il testo insiste affinché gli Stati membri e le amministrazioni aumentino la spesa per programmi e servizi sanitari e di pianificazione familiare.

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Contro gli «agenti religiosi ultraconservatori»

La mozione adottata parla ancora di «forze regressive e attori religiosi ultraconservatori e di estrema destra» che «stanno cercando di annullare decenni di progressi nel campo dei diritti umani e di imporre una visione del mondo dannosa sui ruoli degli uomini e delle donne nelle famiglie e nella vita pubblica».

 

Il testo adottato dal Parlamento europeo critica alcuni Stati membri: Polonia, Malta, Slovacchia e Ungheria, le cui politiche sull’aborto sono più conservatrici della maggior parte degli altri. Esorta i governi europei a «rendere obbligatori i metodi e le procedure di aborto nel curriculum dei medici e degli studenti di medicina».

 

Nel 2022, il Parlamento Europeo aveva già adottato una risoluzione a favore dell’aborto, che condannava la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di abolire Roe vs Wade.

 

Una risoluzione che, si spera, non dovrebbe essere adottata

Questa risoluzione chiede solo una modifica alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, senza avere il potere di apportare tale modifica. La risoluzione adottata propone che l’articolo 3.2a sia modificato come segue:

 

«Tutte le persone hanno diritto all’autonomia corporea, all’accesso libero, informato, pieno e universale alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi e a tutti i servizi sanitari correlati senza discriminazioni, compreso l’accesso all’aborto sicuro e legale».

 

Per apportare una modifica alla Carta dei diritti fondamentali sarebbe necessaria l’approvazione unanime dei 27 Stati membri. Alcuni Paesi in cui la vita dei bambini non ancora nati è meglio tutelata – Malta, Ungheria e Polonia – non dovrebbero, al momento, dare il loro consenso.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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