Connettiti con Renovato 21

Spirito

Ricordo di mons. Tissier de Mallerais

Pubblicato

il

Affrontare la biografia di Mons. Bernard Tissier de Mallerais significa ripercorrere, in poche righe, tutta la storia della Fraternità Sacerdotale San Pio X, di cui egli fu fin dalle origini attore e testimone privilegiato.

 

A lui dobbiamo un’immensa gratitudine per aver trasmesso, attraverso la sua magnifica biografia di monsignor Lefebvre e attraverso le sue innumerevoli conferenze a seminaristi, sacerdoti e fedeli, la conoscenza e l’amore del nostro venerato Fondatore e dell’opera da lui costruita, attraverso la quale irradiava il suo amore profondo per la Chiesa Romana, la fede cattolica, la Messa di sempre, il sacerdozio e Cristo Re.

 

Significa anche tratteggiare l’esile sagoma di questo vescovo, che poteva apparire vacillante, ma il cui instancabile zelo per la salvezza delle anime aveva come teatro i cinque continenti dove la Fraternità si è insediata. Le nostre cronache raccontano gli incessanti viaggi da un continente all’altro e il numero di cresime e ordinazioni che ha conferito dopo la sua consacrazione, come del resto gli altri nostri vescovi.

Sostieni Renovatio 21

Gli inizi della Fraternità

Bernard Tissier de Mallerais nasce il 14 settembre 1945 a Sallanches, in Alta Savoia. Consegue una laurea in biologia. Lavora per diversi anni nello scoutismo poiché, quando Dom Guillou diventa cappellano del gruppo tradizionale degli scout nel 1969, lo troviamo al suo fianco, in compagnia di padre Cottard. Si unisce a monsignor Marcel Lefebvre nell’ottobre 1969, a Friburgo, e partecipa alla fondazione della Fraternità San Pio X.

 

La prima visita che fa a monsignor Lefebvre avviene in rue Lhomond a Parigi, nel vasto ufficio del Superiore Generale dei Padri dello Spirito Santo, nel corso dell’anno 1967. È accompagnato da Padre Luc Lefèvre. Da quel momento in poi sa di aver trovato un padre per il futuro. Due anni dopo, il 13 ottobre 1969, scende dal treno a Friburgo, dove trova i padri Aulagnier e Piqué, i quali si stanno ugualmente recando al numero 106 della route de Marly, dove Monsignore accoglie i primissimi candidati al sacerdozio, nove in totale. Nella primavera del 1970 ne sarebbero rimasti solo quattro!

 

Il 1° novembre di quello stesso anno, il giovane don Tissier de Mallerais è tra i seminaristi che vedono monsignor Lefebvre ritornare raggiante dall’episcopio di Friburgo, dove ha ottenuto da Mons. Charrière l’atto canonico di nascita della Fraternità Sacerdotale San Pio X. I seminaristi si passano di mano in mano la lettera per leggere il testo ed esaminare la firma e il timbro.

 

«Ricordo che alla vigilia della prima domenica di Avvento del 1969, due mesi dopo il mio ingresso nel seminario di monsignor Lefebvre a Friburgo, in Svizzera, il nostro Fondatore riunì per uno speciale convegno spirituale noi, i suoi primi nove seminaristi, e ci disse gravemente: “Domani entra in vigore il Novus Ordo Missæ, la nuova messa istituita da Papa Paolo VI, e questo in tutte le parrocchie di Friburgo, della Svizzera, della Francia e altrove. Che facciamo?” Dopo un attimo di silenzio, con la sua voce delicata, quasi timida, aggiunse: “Manteniamo la vecchia messa, no?” Sono le parole storiche con cui monsignor Lefebvre ha salvato il sacrificio della messa».

Iscriviti al canale Telegram

Gli anni eroici

Don Tissier de Mallerais vive quindi gli anni eroici di Écône tra il 1971 e il 1972. I seminaristi sono ventiquattro e la casa è troppo piccola. Devono addirittura essere alloggiati in una stanza della fabbrica elettrica sotto il seminario, di cui è direttore il signor Guy Fellay. Il giovane Bernard Tissier ha il piacere di soggiornare nella camera annessa, detta «dei celibi».

 

L’allestimento del seminario è minimale, il refettorio e la lavatrice si trovano nella vecchia cantina per le botti! Ma il 22 marzo 1972 i seminaristi hanno il piacere di trasferirsi nei nuovissimi locali dell’edificio Saint-Pie X.

 

Ancora suddiacono, don Tissier de Mallerais viene nominato da monsignor Lefebvre segretario generale della Fraternità il 14 settembre 1974, incarico che manterrà inizialmente fino al 1979.

 

Le prove

L’11 novembre 1974 scoppia la tempesta perché, all’improvviso, due visitatori apostolici arrivano per indagare sul seminario, su disposizione del Santo Padre. Iniziano senza presentare il protocollo della loro visita a monsignor Lefebvre.

 

Ecco come Mons. Tissier de Mallerais racconta il resto di questa visita nel suo libro: «monsignor Lefebvre parte il 16 novembre per Roma. Il 21, mentre si recava in una delle Congregazioni che stava visitando, una guardia svizzera, fino a quel momento impassibile, gli si rivolse improvvisamente: “Monsignore, lei si aspetta ancora qualcosa da questa gente? ” Sbalordito, l’arcivescovo non disse nulla, si ricordò della visita canonica, capì che non c’era più nulla da aspettarsi dalle Congregazioni e, ritornato ad Albano, “in un moto di indignazione”, come dirà lui, scrisse di getto, senza cancellature, un’ammirevole posizione di principio che ha presentò, il 2 dicembre, alla comunità di Écône».

 

Il 6 maggio successivo, monsignor Mamie ritira l’approvazione data da monsignor Charrière. Viene lanciata una campagna di stampa contro Écône e vengono organizzate delle manovre intimidatorie. Due giovani entrano addirittura nel seminario e fanno irruzione nella stanza di un seminarista, le cui voci svegliano il suo vicino, don Tissier de Mallerais, che subito accorre in suo aiuto e li insegue nel chiostro, da dove riescono a fuggire. Possiamo immaginare che scena incredibile!

 

Ma la campagna di stampa trova eco nelle parrocchie della diocesi di Sion. Padre Epiney, parroco di Riddes, viene convocato per celebrare la nuova messa. Rifiuta questa ingiunzione ed è costretto a lasciare la sua chiesa. Don Tissier de Mallerais sarà tra la ventina dei seminaristi presenti alla serata di adorazione a Riddes, domenica 22 giugno 1975, quando padre Epiney, espulso dalla sua chiesa a causa della sua fedeltà alla messa di sempre, trasporta il Santissimo Sacramento dalla sua vecchia chiesa alla cappella della sua canonica.

Aiuta Renovatio 21

Il 29 giugno di quell’anno, insieme a Pierre Blin e Donald Sanborn, Bernard Tissier de Mallerais viene ordinato sacerdote. All’inizio dell’anno scolastico, nel settembre 1975, diventa professore di Apologetica, corso tenuto fino ad allora da padre de La Presle.

 

Un anno dopo, il 29 giugno 1976, durante la prima ordinazione sotto la tenda-cattedrale, apprende le parole di monsignor Lefebvre: «se, in tutta obiettività, cerchiamo di scoprire quale sia il vero motivo che spinge coloro che chiedono di non fare queste ordinazioni, è perché ordiniamo questi preti, affinché dicano la messa di sempre… E porto come prova solo che, sei volte in tre settimane, sei volte, ci è stato chiesto di ristabilire normali rapporti con Roma, e di dare testimonianza di aver accolto il nuovo rito e di celebrarlo io stesso. Sono arrivati ​​al punto di mandarmi qualcuno che si è offerto di concelebrare con me, nel nuovo rito, per dimostrare che accettavo di buon grado questa nuova liturgia e che, di conseguenza, tutto si sarebbe appianato tra noi e Roma… Allora è chiaro, è chiaro, che è sul problema della messa che si gioca tutto il dramma tra Écône e Roma». È questa la prima predica di quella che sarà chiamata l’Estate Calda, seguita dalla sanzione a divinis per mons. Lefebvre.

 

Poi, alla fine della primavera del 1977, una dura prova colpisce il seminario. Monsignor Lefebvre chiede a tre professori di dimettersi e altri tre, tra cui il direttore, il canonico Berthod, lasciano il seminario. Ma Écône continua! Da professore, don Tissier de Mallerais diviene direttore del seminario all’inizio dell’anno scolastico 1978, carica che manterrà fino al 1983. È responsabile, tra l’altro, del collegamento tra i seminari per l’unità del programma, dell’unione dei docenti, gli scambi studenteschi e i collegamenti con Albano (1).

 

Le consacrazioni

Nel 1983 viene nominato cappellano delle suore di Saint-Michel-en-Brenne. L’anno successivo diventa nuovamente segretario generale della Fraternità, con sede a Rickenbach, assicurando anche un ministero abbastanza regolare a Colmar, fino al 1992.

 

Intorno all’aprile 1987, monsignor Lefebvre chiede a don Tissier de Mallerais di andarlo a trovare: «Mi ha mandato da Rickenbach a Écône. Nel suo ufficio mi ha parlato del suo desiderio. Gli ho risposto: Monsignore, ho fatto tanti errori, non mi sento capace di fare il vescovo”. Poi ha risposto: “Anch’io ho commesso degli errori! ” Mi ha semplicemente rassicurato. E mi sono detto: “Lui ha pensato a questa cosa, sa quello che deve fare, molto meglio di me, ha fatto la sua scelta, devo solo accettarla”. Certo, pensavo alla scomunica in cui sarei incorso, non che la credessi valida, ma sociologicamente era un’infamia da sopportare. L’ho accettata, per grazia di Dio. Come ha detto un mio confratello sacerdote, anch’io ho detto a me stesso: “Monsignore ha la grazia per decidere, io ho la grazia per seguirlo”».

 

Poi, il 29 agosto 1987, monsignor Lefebvre indirizza la sua famosa lettera ai quattro sacerdoti della Fraternità, tra cui don Tissier de Mallerais, in vista delle consacrazioni episcopali: «Carissimi amici, vengo con questa lettera per chiedervi di ricevere la grazia dell’episcopato cattolico, come l’ho già conferita ad altri sacerdoti in altre circostanze… Vi scongiuro di rimanere legati alla Sede di Pietro, alla Chiesa Romana, Madre e Maestra di tutte le Chiese, nella fede cattolica integrale, espressa nei simboli della fede, nel catechismo del Concilio di Trento, secondo quanto vi è stato insegnato nel vostro Seminario. Rimanete fedeli nel trasmettere questa fede affinché arrivi il Regno di Nostro Signore».

 

L’anno successivo, nel 1988, si svolgono dei colloqui a Roma, e monsignor Lefebvre sceglie un teologo e un canonista, nelle persone di don Tissier de Mallerais e don Patrice Laroche. Monsignor Lefebvre spinge al massimo le possibili concessioni, apponendo la sua firma sul documento che gli viene presentato il 5 maggio 1988, ma ritrattando quella stessa firma il giorno dopo, di fronte alle palesi prevaricazioni di Roma. Consacrerà quindi dei vescovi, qualunque cosa accada, per la famosa «operazione sopravvivenza» della Fraternità. È così che don Tissier de Mallerais diventa Mons. Bernard Tissier de Mallerais il 30 giugno 1988, con monsignor Richard Williamson, monsignor Alfonso de Galarreta e monsignor Bernard Fellay.

Sostieni Renovatio 21

L’apostolato di vescovo ausiliare della Fraternità

Da allora in poi, i nostri vescovi, e quindi monsignor Tissier de Mallerais, si dedicheranno anima e corpo alla loro missione, il cui scopo principale indicato da Mons. Lefebvre nella sua lettera ai futuri vescovi è quello di «conferire la grazia del sacramento della cresima ai bambini e ai fedeli che lo chiedono», e naturalmente le ordinazioni agli ordini maggiori e minori.

 

È impossibile ripercorrere qui tutte le peregrinazioni di Mons. Tissier de Mallerais nel mondo, ma ne ricorderemo alcune notevoli, e alcune altre riguardanti soprattutto il Distretto svizzero della Fraternità.

 

Il Giovedì Santo del 1989 Monsignore ha la gioia di celebrare la prima Messa Crismale nella storia del seminario di Zaitzkofen.

 

Il 13 ottobre 1990 è lui a consacrare la prima chiesa costruita dalla Fraternità in Svizzera, la Chiesa dello Spirito Santo, a Delémont. Tutto il seminario di Écône andrà ad arricchire questa solenne cerimonia.

 

Due anni dopo, il nostro venerato Fondatore ci lascia. È monsignor Tissier de Mallerais ad avere l’onore di celebrare la Messa pontificale di requiem il 2 aprile 1991, mentre il Superiore Generale, Padre Schmidberger, si occupa della predica.

 

Il 3 aprile successivo, il Consiglio generale decide di fondare una commissione canonica, come aveva suggerito Mons. Lefebvre, e tocca a Mons. Tissier de Mallerais il compito di presiedere tale commissione.

 

Il 28 luglio 1991, dopo la chiamata a Dio di Mons. de Castro Mayer, sarà il principale consacratore di monsignor Licinio Rangel, suo successore alla guida dell’unione Saint-Jean-Marie-Vianney nella diocesi di Campos in Brasile.

 

Monsignor Tissier de Mallerais rimane Segretario generale della Fraternità fino al 1996. Si occupa poi di preparare una biografia sul nostro Fondatore. È un lungo lavoro di ricerca che lo porta sulle orme del grande missionario e dà vita all’eccellente libro Marcel Lefebvre: una vita, uscito nelle librerie nel 2002.

 

Nel 1996, dal 14 al 18 agosto, si svolge a Lourdes il primo Congresso mariano organizzato dalla Fraternità. È monsignor Tissier de Mallerais a presiederlo. Nello stesso anno, don Arnaud Sélégny sostituisce mons. Tissier de Mallerais come segretario generale. Monsignore rimane domiciliato a Menzingen e può così dedicare tutto il suo tempo alla sua missione di vescovo ausiliare della Fraternità.

 

Dal 2000, è residente nel seminario di Écône che è come il cuore della Fraternità, con grande gioia di tutti e in particolare dei seminaristi, ai quali trasmette, attraverso vivaci conferenze spirituali, tutta la sua conoscenza di monsignor Lefebvre e della Fraternità.

Aiuta Renovatio 21

Sabato 2 ottobre 2004, monsignor Tissier de Mallerais consacra la chiesa di Wil, insieme ai seminaristi di Écône, cerimonia alla quale partecipano più di 600 fedeli. Benedice anche la posa della prima pietra della chiesa di Oberriet, che sostituirà la vecchia cappella del priorato, diventata troppo piccola.

 

Nel 2012 si trasferisce al Priorato di Our Lady Immaculate a Chicago. La vicinanza dell’aeroporto è una base ideale per i suoi viaggi apostolici e missionari.

 

Poi, nel settembre 2015, monsignor Tissier approfitta della sua permanenza al seminario di La Reja per iniziare un ciclo di conferenze sulla fondazione della Fraternità, al fine di trasmettere ai più giovani lo spirito di monsignor Lefebvre e la sua opera. Lo stesso farà dal 9 al 17 ottobre presso il seminario di Zaitzkofen. I nuovi seminaristi hanno così l’opportunità di scoprire il modo in cui la divina Provvidenza ha guidato con chiarezza gli eventi e benedetto la Fraternità. Ripeterà questa predicazione durante un soggiorno nel nuovo seminario di Dillwyn nel 2017, con grande gioia della comunità.

 

Nel marzo 2019, monsignor Tissier de Mallerais diventa residente nel seminario di Dillwyn, negli Stati Uniti. Poi, nel 2020, torna nelle terre svizzere, a Écône.

 

Si trema per la sua salute nel dicembre 2020, quando si diffonde la notizia del contagio da COVID. Ma se il caro fra’ Gabriel non sopravvive a questa malattia, Mons. Tissier de Mallerais si riprende molto bene. Sarà lui, del resto, a celebrare, il 22 dicembre, i funerali di fra’ Gabriel a Écône, dove era entrato quarantasei anni prima, proprio quel giorno.

 

Mons. Tissier de Mallerais mostrerà negli ultimi tempi qualche segno di debolezza, preoccupando anche i fedeli, in particolare per la difficoltà nell’equilibrio durante la celebrazione delle messe. E il giorno segnato dalla divina Provvidenza arriva il 28 settembre. Monsignore, dopo l’Angelus mattutino, cade dalle scale mentre si reca all’oratorio dove deve celebrare la messa. Vittima di una frattura al cranio e di emorragia, riceve il sacramento dell’Estrema Unzione prima di essere trasportato in ospedale. Dopo diversi giorni di coma, la sera dell’8 ottobre consegna l’anima al suo Creatore e Salvatore, alla presenza del direttore del seminario, di alcuni seminaristi e di suo fratello. Requiescat in pace.

 

Scritti

2002: Marcel Lefebvre: una vita.

2012: La strana teologia di Benedetto XVI. Ermeneutica della continuità o della rottura.

2022: Marcel Lefebvre, raconté par ses proches. Une vie dialoguée pour les jeunes.

Oltre a numerosi articoli, conferenze e interviste per diverse riviste.

 

Don Philippe Lovey

 

NOTE

1) Casa nel distretto d’Italia, vicino Roma, che per un certo periodo ha ospitato parte della formazione dei seminaristi, per permettere loro di scoprire la Città Eterna e di mettervi radici.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine da FSSPX.news

Continua a leggere

Spirito

«Rimarrà solo la Chiesa Trionfante su Satana»: omelia di mons. Viganò

Pubblicato

il

Da

Renovatio 21 pubblica questa omelia dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò nella Prima Domenica di Avvento    

Qui legit intelligat

Omelia nella Prima Domenica di Avvento

 

Terra vestra deserta; civitates vestræ succensæ igni: regionem vestram coram vobis alieni devorant, et desolabitur sicut in vastitate hostili.

Il vostro paese è desolato, le vostre città consumate dal fuoco, i vostri campi li divorano gli stranieri, sotto i vostri occhi; tutto è devastato, come per un sovvertimento di barbari.

Is 1, 7

  Intervenendo all’Assemblea Generale della CEI ad Assisi (1), il card. Matteo Zuppi ha detto che «la Cristianità è finita», e che questo fatto dev’essere considerato positivamente, come un’occasione, un καιρός.   Non vi sfuggirà l’uso del lessico globalista, secondo il quale ogni crisi indotta dal Sistema è anche un’opportunità: la cosiddetta pandemia COVID, la guerra in Ucraina, la transizione ecologica, l’islamizzazione delle nazioni occidentali. Zuppi – uno dei principali esponenti della chiesa sinodale – si guarda bene però dal riconoscere che la distruzione dell’edificio cattolico e la cancellazione della presenza cattolica nella società siano l’effetto logico e necessario dell’azione eversiva del Concilio Vaticano II e dei suoi sviluppi remoti e recenti, ostinatamente imposta dalla Gerarchia stessa.   D’altra parte, nel momento in cui viene spodestato Cristo Re e Pontefice sostituendolo con la volontà della base – prima la collegialità, oggi la sinodalità – non poteva che accadere nella Chiesa Cattolica ciò che duecento anni prima era accaduto nella cosa pubblica.

Sostieni Renovatio 21

L’austera liturgia dell’Avvento inizia nel cuore della notte, quando al Primo Notturno del Mattutino risuonano le tre Lezioni con l’oracolo di Isaia. Otto secoli prima della Venuta del Salvatore, il Signore rimprovera per bocca del Profeta l’infedeltà del Suo popolo: «Guai alla nazione peccatrice, popolo carico d’iniquità, razza di malvagi, figli corrotti!» (Is 1, 4)   Quelle parole severe, pronunciate per i nostri padri in vista della prima Venuta di Cristo, sono ancora più valide per noi, testimoni di quella Incarnazione che ci apprestiamo a celebrare alla fine del sacro tempo dell’Avvento; ma parimenti in attesa della seconda Venuta di Cristo Giudice, questa volta, nella gloria. È il tema del Vangelo di oggi: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli…» (Lc 21, 25) E come si è chiuso l’anno liturgico domenica scorsa con un richiamo alla fine dei tempi, così inizia questo nuovo anno con la prima Domenica d’Avvento: «Quando cominceranno ad accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino».   Noi ci troviamo tra due eventi epocali: la prima Venuta di Cristo nell’umiltà della condizione umana e nell’oscuramento della Sua divinità per compiere l’opera della Redenzione; e la seconda Venuta di Cristo come Rex tremendæ majestatis, che verrà a giudicare il mondo per ignem, attraverso il fuoco della Sua Giustizia.    È tra questi due fatti storici che la Chiesa Militante porta a termine la propria missione santificatrice: il primo, già compiuto; il secondo, ancora da compiersi e da decifrare, come nella parabola del fico, ab arbore fici discite parabolam (Mt 24, 32). Prima dell’Incarnazione vigeva l’Antica Legge, dopo la resurrezione dei morti e il Giudizio universale si avranno i nuovi cieli e la nuova terra (Ap 21, 1), e rimarrà solo la Chiesa Trionfante: trionfante su Satana definitivamente sconfitto, e sull’Anticristo che verrà ucciso dall’Arcangelo San Michele. La storia della Salvezza si compie tra queste due date storiche, separate da duemila anni di battaglie dagli esiti alterni tra Dio e Satana. Duemila anni grondanti del sangue innocente dei Martiri, versato dalle stesse mani assassine che sotto l’Antica Legge uccisero e lapidarono i Profeti che il Signore mandava al Suo popolo (Lc 13, 34).   La testimonianza della fedeltà a Dio chiede il passaggio attraverso il certamen, il combattimento della Croce. Questa verità – teologica perché essenziale al piano trinitario della Redenzione – si esplicita nel Sacrificio perfetto del Capo del Corpo Mistico; e si perpetua misticamente – e talora realmente col Martirio – nell’oblazione delle membra di quel Corpo.   Prima ad immolarSi, in un modo possibile solo alla Immacolata Madre di Dio, fu la Vergine Santissima, Regina Crucis, che per questo onoriamo come nostra Corredentrice e – in virtù di quella oblazione – nostra Mediatrice di tutte le Grazie presso la Maestà divina. Il passaggio dalla Vecchia alla Nuova ed Eterna Alleanza è bagnato dal sangue di tante vite, prima e dopo il supremo Lavacro del Golgota da parte del Verbo Incarnato. Un sangue versato per mano di figli corrotti, presenti allora come oggi sotto le volte del Tempio di Dio. 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Quando nel libro di Ezechiele leggiamo la visione delle abominazioni di Israele (2) – con le stanze segrete del tempio di Gerusalemme usate dai settanta anziani della casa d’Israele per celebrare culti infernali, e il luogo più sacro tra vestibolo e altare adibito all’adorazione del sole (3) – sorge spontaneo il parallelo con le abominazioni cui abbiamo assistito negli ultimi decenni: dall’adorazione del Buddha sul tabernacolo della chiesa di Santa Chiara ad Assisi, all’epoca del pantheon di Giovanni Paolo II, all’intronizzazione dell’immondo idolo della Pachamama nella Basilica Vaticana. È difficile non riconoscere in questa mescolanza di culti cananei e babilonesi, praticata da una parte del popolo di Israele, un rimando al culto della Madre Terra, alla «conversione» green, agli obiettivi sostenibili dell’Agenda 2030.    Ma se queste abominazioni condussero gli Ebrei dell’Antica Legge all’esilio, quale punizione aspetta coloro che le compiono sotto la Nuova Legge? Se il Signore era offeso per le contaminazioni dei riti pagani nella liturgia del Tempio volute dalla gerarchia sacerdotale ebraica (4), come non potrebbe Egli essere maggiormente offeso da analoghe e peggiori contaminazioni introdotte nella liturgia dalla Gerarchia della chiesa conciliare e sinodale? «Quomodo facta est meretrix civitas fidelis?» (Is 1, 21) Come ha fatto la città fedele a diventare una meretrice? – si chiede il Profeta Isaia.   «Il vostro paese è desolato, le vostre città sono consumate dal fuoco, i vostri campi li divorano gli stranieri, sotto i vostri occhi; tutto è devastato, come per un sovvertimento di barbari» (ibid., 7). Non è questo che noi vediamo nelle nostre nazioni, ribelli ai Comandamenti di Dio e alla Sua santa Legge? Non ci sembra forse che la Gerarchia della Chiesa – la civitas fidelis – si prostituisca al nuovo culto del sole, anziché riconoscere in Cristo il Sol Justitiæ che tutti illumina con la divina Verità? Perché questo vile asservimento alle istanze dei nemici di Dio, della Chiesa e dell’umanità?    Quando nel silenzio della Notte Santa il Verbo Eterno del Padre ha visto la luce nella carne dell’Emmanuele, le antiche Profezie messianiche sono apparse nella loro evidenza, mostrando nell’Uomo-Dio il compimento delle Scritture. Fu una rivelazione. Fu la Rivelazione. Ma un’altra rivelazione – nel senso proprio del termine greco ἀποκάλυψις, che vuol dire togliere il velo – si avrà alla fine dei tempi, quando non sarà la realtà a mutare, ma il nostro modo di guardarla, senza quegli impedimenti che velavano il nostro sguardo. Anche allora vedremo compiersi la Scrittura: il tradimento dell’Autorità civile e religiosa, l’apostasia della Gerarchia ecclesiastica, la dissoluzione del corpo sociale in guerre, carestie, pestilenze, cataclismi. E come vi fu chi, nonostante l’evidenza, negò che Cristo fosse il Desideratus cunctis gentibus, il Desiderato di tutti i popoli; così vi è e vi sarà chi, dinanzi agli eventi predetti dal Profeta Daniele e da San Giovanni Apostolo, parlerà – come il card. Zuppi – di καιρός ostinandosi a credere e a farci credere che la crisi sia un bene, e che quindi non occorra alcuna restaurazione dell’ordine divino da parte dell’unico detentore dell’Autorità, Cristo Re e Pontefice.   Negare infatti il male, oltre a costituire una forma di cooperazione ad esso, comporta anche la negazione della necessità del trionfo del Bene, e finisce per essere una forma di complicità con il male stesso, una sorta di rassegnazione indotta, un pericoloso disfattismo, un fatalismo che impedisce al singolo e alla società di svegliarsi, di reagire, di contrastare l’azione del nemico. E questo vale tanto per la Chiesa quanto per la società civile, perché la Signoria di Cristo è negata e osteggiata in entrambi gli ambiti, e proprio dai vertici di quelle istituzioni che traggono la propria legittimità dall’essere vicari della somma Autorità del Verbo Incarnato.   L’Avvento è una palestra spirituale in preparazione al Santissimo Natale di Colui che nascendo secundum carnem in vista della Redenzione ha ricapitolato in Sé tutte le cose, sanando nell’ordine della Grazia il vulnus inferto dal χάος di Satana. Questa palestra spirituale deve costituire per noi anche un addestramento al combattimento della buona battaglia quotidiana – quella contro il mondo, la carne e il diavolo – e della battaglia epocale degli ultimi tempi, quando l’Anticristo usurperà ogni autorità terrena al fine di instaurare il suo regno infernale.

Iscriviti al canale Telegram

Se sapremo comprendere l’ineluttabilità del trionfo di Nostro Signore Gesù Cristo, preparato con l’Incarnazione e conseguito sul Golgota nell’obbedienza al Padre, saremo in grado di leggere sub specie æternitatis anche gli eventi presenti e futuri, conservando la pace del cuore nelle tribolazioni e nelle prove più ardue. Ecco perché, nel festeggiare spiritualmente la Nascita del Salvatore con una vera conversione interiore e facendo crescere in noi la vita della Grazia, ci prepariamo anche a seguire il nostro Re e Signore sulla via della Croce, trono dal quale Egli regna su tutti noi con la porpora del Suo preziosissimo Sangue.   Questa militia è il vero καιρός, la sola opportunità che ci consentirà di prendere parte alla vittoria finale se sapremo schierarci sotto le insegne di Cristo Re e di Maria Regina. Hora est jam nos de somno surgere (Rom 13, 11), come ci esorta l’Apostolo nell’Epistola. Non dimentichiamo che la divina Provvidenza ha stabilito che sarà Lei, la Correndetrice, la Regina Crucis, a schiacciare il capo dell’antico Serpente.    Ascoltiamo con queste disposizioni d’animo l’oracolo di Ezechiele:    «Così dice il Signore Dio: Vi raccoglierò in mezzo alle genti e vi radunerò dalle terre in cui siete stati dispersi e a voi darò il paese d’Israele. Essi vi entreranno e vi elimineranno tutti i suoi idoli e tutti i suoi abomini. Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne, perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e li mettano in pratica; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio. Ma su coloro che seguono con il cuore i loro idoli e le loro nefandezze farò ricadere le loro opere, dice il Signore Dio» (Ez 11, 17-21).   E così sia.    + Carlo Maria Viganò Arcivescovo   30 Novembre MMXXV Dominica I Adventus   NOTE 1 – Cfr. https://www.chiesacattolica.it/card-zuppi-il-dono-di-una-strada-per-costruire-comunita/ 2 – Questa visione viene interpretata dai Padri della Chiesa sia in senso letterale (come condanna dell’idolatria storica di Israele) sia in senso allegorico (come condanna dell’eresia e dell’apostasia nella Chiesa o nell’anima). San Gerolamo identifica le abominazioni con le pratiche pagane infiltrate nel tempio.  3 – Mi disse: «Figlio dell’uomo, sfonda la parete». Sfondai la parete, ed ecco apparve una porta. Mi disse: «Entra e osserva gli abomini malvagi che commettono costoro». Io entrai e vidi ogni sorta di rettili e di animali abominevoli e tutti gli idoli del popolo d’Israele raffigurati intorno alle pareti e settanta anziani della casa d’Israele, fra i quali Iazanià figlio di Safàn, in piedi, davanti ad essi, ciascuno con il turibolo in mano, mentre il profumo saliva in nubi d’incenso. Mi disse: «Hai visto, figlio dell’uomo, quello che fanno gli anziani del popolo d’Israele nelle tenebre, ciascuno nella stanza recondita del proprio idolo? Vanno dicendo: Il Signore non ci vede… il Signore ha abbandonato il paese…». […] Mi condusse nell’atrio interno del tempio; ed ecco all’ingresso del tempio, fra il vestibolo e l’altare, circa venticinque uomini, con le spalle voltate al tempio e la faccia a oriente che, prostrati, adoravano il sole (Ez 8, 8-12 e 16). Settanta anziani che adorano gli idoli: ossia i settanta membri che compongono il Sinedrio. Venticinque uomini che si prostrano al sole: i capi dei ventiquattro ordini levitici (1 Cr 24, 18 e 19), con il Sommo Sacerdote, «i principi del santuario» (Is 43, 28), in rappresentanza dell’intero sacerdozio, come i settanta anziani rappresentavano il popolo. 4 – Il capo dei sacerdoti ebbe un ruolo di primo piano nel «contaminare la casa del Signore» (2 Cr 36, 14) con i culti solari persiani.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine: Beato Angelico (1395-1455), Il Giudizio Universale (1450), Gemäldegalerie, Berlino. Immagine di Dosseman via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
 
Continua a leggere

Spirito

Il cardinale Zen mette in guardia dalla sinodalità: «Non è forse questo il suicidio della Chiesa cattolica?»

Pubblicato

il

Da

In un contributo apparso questa settimana sul suo blog personale, il cardinale Joseph Zen, 93enne porporato cinese in quiescenza, ha formulato un’ulteriore aspra reprimenda al Sinodo sulla sinodalità e al compianto pontefice Francesco.

 

Francesco ha lasciato in eredità «caos e disgregazione», ha asserito Sua Eminenza. «La nostra aspirazione più profonda è che papa Leone XIV ricompatti la Chiesa sulle basi della verità, radunando tutti noi nella missione evangelizzatrice. Offriamo le nostre invocazioni e le nostre rinunce per papa Leone».

 

Zen non ha mai celato le sue apprensioni sul cammino sinodale. In seguito alla scomparsa di Francesco, il cardinale aveva ammonito i porporati convocati al conclave che la Chiesa si trova di fronte a un «dilemma esistenziale» nel confronto con esso. In un’analisi divulgata a febbraio 2024, Sua Eminenza aveva espresso l’auspicio che «questo Sinodo sulla ‘sinodalità’ possa giungere a una conclusione dignitosa».

 

Nel testo odierno, Zen ha manifestato timore che la Chiesa cattolica si stia «trasformando nella Chiesa anglicana» e che stia «commettendo un suicidio assimilandosi» al mondo secolare.

Iscriviti al canale Telegram

«Senza dubbio… i fedeli debbono contribuire agli indirizzi ecclesiali, ma il primato dei vescovi non può essere eluso», ha precisato in merito al sinodo. Tuttavia, «l’assemblea del 2024 sulla sinodalità non ha più costituito un Sinodo nella accezione classica… ha inaugurato un’ibrida “assemblea consultiva dei battezzati”».

 

Il porporato cinese ha quindi censurato il documento conclusivo del sinodo, bollandolo come «vago e innovativo», attribuendo alla Fiducia supplicans – che autorizza la benedizione delle «coppie» omosessuali – il merito di aver generato «turbamenti marcati e fratture profonde» nell’ambito della Chiesa.

 

Sua Eminenza ha pure confidato che, qualora Dio lo convocasse al martirio, lo accoglierebbe come una «grazia immensa», e ha deplorato la difficoltà, in quest’epoca, di discernere e diffondere la verità e la sapienza per le anime. La verità, ha soggiunto, non risiede nelle opinioni individuali, bensì nella consapevolezza di «essere figli di Dio» e nel sacrificio redentore di Cristo per i nostri falli.

 

Per lustri, Zen ha redarguito la Santa Sede per la sua linea conciliante verso il Partito Comunista Cinese sulla designazione dei vescovi. Nondimeno, ha chiuso il suo intervento ribadendo la propria fedeltà alla Cattedra di Pietro.

 

«La mia contestazione a taluni atti pontifici scaturisce proprio dalla mia devozione profonda al papa», ha chiarito, evocando passi evangelici quali Matteo 14 e Luca 22: il primo, in cui san Pietro – non ancora Pontefice – vacilla sulla superficie dell’acqua dubitando del Signore; il secondo, in cui Cristo preannuncia il triplice rinnegamento di Pietro.

 

A ottobre, il cardinale aveva condannato il pellegrinaggio LGBT ospitato nella Basilica di San Pietro. «Il Vaticano era al corrente dell’iniziativa con anticipo, ma non ha elevato alcuna protesta successiva. Lo riteniamo del tutto inspiegabile!», aveva esclamato, invitando a pratiche di penitenza quali preghiera e astinenza.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine screenshot da YouTube

Continua a leggere

Spirito

Un papa mette, un altro toglie

Pubblicato

il

Da

Leone XIV ha appena posto fine all’autonomia amministrativa e finanziaria di cui godevano le basiliche di San Pietro e Santa Maria Maggiore, per decisione del precedente pontefice. In un motu proprio pubblicato il 13 novembre 2025, il pontefice abroga le misure adottate dal suo predecessore, Francesco, segnando una nuova tappa nella revisione delle riforme economiche della Santa Sede.   Oltretevere, non è sfuggito a nessuno che il motu proprio firmato da Papa Leone XIV il 29 settembre e promulgato il 13 novembre non è stato annunciato tramite la Sala Stampa, ma affisso all’ingresso del Palazzo Apostolico. In ogni caso, tutti concordano sul fatto che questo nuovo rescritto illustri la volontà del nuovo Romano Pontefice di centralizzare ulteriormente il controllo finanziario, in nome della trasparenza e dell’equità.   Il documento fa riferimento a due decreti promulgati da Francesco alla fine del suo pontificato. Il primo, datato 29 giugno 2024, riguardava la Fabbrica di San Pietro, responsabile della gestione, manutenzione e riparazione della Basilica Petrina. Il secondo, datato 19 marzo 2025 – un mese prima della morte del pontefice argentino – riguardava il capitolo dei canonici di Santa Maria Maggiore, luogo in cui ora riposa il successore di Benedetto XVI.   Leone XIV giustifica la sua decisione in nome di una «periodica rivalutazione e ridefinizione del quadro normativo». La riforma finanziaria avviata dal suo predecessore richiedeva un costante adattamento per garantire una «struttura equa e trasparente». La scelta del nuovo papa è stata approvata dal Consiglio per l’Economia (CPE), l’organo di controllo economico del Vaticano, prima di essere confermata da consultazioni di esperti, in conformità con l’articolo 207 della Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium.   Questa abrogazione segna la fine dell’autonomia concessa da Papa Francesco alle due basiliche. Durante il suo pontificato, questi enti erano stati quasi completamente esentati dal controllo del CPE e della Segreteria di Stato per gli Affari Economici (SPE), il «braccio esecutivo» responsabile dell’attuazione delle politiche finanziarie. Francesco aveva giustificato queste esenzioni citando l’esigenza di efficienza: una gestione agile è necessaria per evitare le inefficienze burocratiche di queste istituzioni altamente frequentate.

Iscriviti al canale Telegram

Così, la Fabbrica di San Pietro e il Capitolo di Santa Maria Maggiore hanno potuto mantenere i propri revisori interni, senza essere sottoposti all’Ufficio del Revisore Generale, responsabile della revisione contabile di tutti gli enti vaticani. Tra le disposizioni più controverse appena abrogate ci sono quelle relative alle spese e alle assunzioni.   Nel gennaio 2024, papa Francesco aveva imposto uno standard che richiedeva l’approvazione della Segreteria di Stato per gli Affari Economici (SPE) per qualsiasi spesa superiore a 150.000 euro; per queste basiliche, la soglia è stata aumentata a 1,5 milioni di euro. Le assunzioni non dovevano più essere sottoposte alla SPE, fatta eccezione per i contratti a tempo indeterminato – un’eccezione degna di nota rispetto ad altre istituzioni della Santa Sede, dove le procedure di reclutamento sono spesso lunghe e complesse, anche per una semplice sostituzione.   Ora, le due basiliche devono conformarsi alle norme applicabili a tutti gli enti della Santa Sede e della Città del Vaticano. Rientrano sotto la diretta supervisione della SPE, che è responsabile della risoluzione di «qualsiasi questione o problema di natura economica, di controllo o di vigilanza». Per garantire una transizione fluida, la SPE sarà assistita da un gruppo consultivo da essa stessa nominato e fornirà relazioni periodiche al CPE sulle decisioni prese.   Questa centralizzazione rafforza il controllo sulle strutture simboliche: la Fabbrica di San Pietro gestisce gli appalti per la costruzione e l’abbellimento della basilica più grande del mondo, mentre Santa Maria Maggiore, la basilica patriarcale, ospita le importanti reliquie della Natività e l’immagine della Salus Populi Romani, attirando un flusso costante di fedeli.   Questo intervento di Leone XIV non è isolato. Fa parte di una serie di correzioni apportate alle riforme economiche del suo predecessore. Già il 6 ottobre 2025, il suo primo motu proprio aveva allentato la centralizzazione imposta all’Istituto per le Opere di Religione (IOR). In un’intervista del settembre 2025, Leone XIV si presentò come un successore cauto: «Le cose si sistemeranno, ma dobbiamo continuare il processo di riforma iniziato da Francesco».   Ammise poi di aver fatto «scelte sbagliate» nella storia recente, rammaricandosi che «la percezione di cattiva gestione» possa aver scoraggiato i donatori: «Potremmo aver inviato un messaggio sbagliato», riconobbe, sottolineando la necessità di ripristinare la fiducia.   Mettendo sotto attenta osservazione due dei santuari più prestigiosi della cristianità, Leone XIV sta inviando un segnale chiaro: la riforma economica deve essere uniforme, senza eccezioni, per tutte le istituzioni, anche le più prestigiose.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di Livioandronico2013 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license
Continua a leggere

Più popolari