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Gender

Reddito di cittadinanza per i trans. Di 97 «generi» diversi

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La comunità transgender di San Francisco riceverà i soldi dei contribuenti dal nuovo programma di reddito garantito della città, ha annunciato lo scorso mercoledì il sindaco democratico London Breed.

 

Il programma si chiama GIFT, che in inglese significa «dono», ma è anche acronimo per Guaranteed Income for Trans People, cioè programma di reddito garantito per le persone trans.

 

Il programma utilizza i dollari dei contribuenti per fornire ai cittadino transgender a basso reddito uno stipendio mensile di 1.200 dollari per un massimo di 18 mesi in modo da «aiutare ad affrontare l’insicurezza finanziaria all’interno delle comunità trans», riferisce il Washington Free Beacon.

 

«Sappiamo che le nostre comunità trans subiscono tassi di povertà e discriminazione molto più elevati», ha affermato Breed in una dichiarazione, «quindi questo programma mirerà al sostegno per supportare le persone in questa comunità».

 

San Francisco ha un notorio problema con i senzatetto, che sono ovunque  e si rendono protagonisti di azioni oscene o aggressive. Non è difficile incontrare, specie nella zona del quartiere Castro – epicentro LGBT globale – homeless transessuali.

 

Gli altri programmi di reddito garantito di San Francisco includono l’Abundant Birth Project, che sovvenziona durante la gravidanza le madri afroamericane e delle isole del Pacifico, e un programma di aiuti in denaro nell’era della pandemia per gli artisti locali. La cittadina di Palm Springs, in California, a marzo aveva annunciato un programma simile per i residenti transgender.

 

Tuttavia, a differenza di altri programmi di aiuto, il GIFT non pone limiti al denaro ricevuto.

 

«Il programma pilota è la prima iniziativa di reddito garantito a concentrarsi esclusivamente sulle persone trans e fornirà trasferimenti di denaro regolari e incondizionati a individui o famiglie che si qualificano, secondo l’ufficio del sindaco» riporta il notiziario locale KTLA. «Ciò differisce da altre pratiche di rete di sicurezza sociale fornendo un flusso costante e prevedibile di denaro ai destinatari da spendere come ritengono opportuno senza limitazioni».

 

«Il programma GIFT fornirà alle persone trans ammissibili un reddito temporaneo e una gamma di servizi diretti di contorno, come l’assistenza medica e mentale che afferma il genere [cioè che incoraggia la propria condizione e identificazione sessuale, ndt], nonché coaching finanziario, secondo l’ufficio del sindaco».

 

Coloro che fanno domanda per il programma possono scegliere tra 97 generi diversi e 18 pronomi a scelta sulla documentazione della domanda, che deve essere presentata entro il 15 dicembre.

 

Il questionario chiede di compilare, a crocetta multipla, le casella con i pronomi She/her/hers, He/him/his, They/them/theirs, It/its/its, Co/co/cos, Zie/zim/zis, Ze/hir/hirs, Xe/xem/xyrs, Ey/em/eirs, E/em/eirs, Per/per/pers, Fae/faer/faers, Ae/aer/aers, Tey/ter. Oltre alla casella di rifiuto («decline»), che non capiamo cosa significhi, c’è comunque la casella «non in lista», che dà lo spazio per scrivere i propri pronomi anche inventati.

 

Alla voce «Trans Status», anche qui con possibile crocetta multipla, è possibile segnalarsi come Transgender, Non-Binary, Gender Non-Conforming, Intersex. Si aggiunge la casella «nessuno dei precedenti», perché chissà.

 

Tuttavia sono altre le categorie del modulo che regalano soddisfazioni. per esempio «orientamento Sessuale», sempre, ovvio a risposta multipla: aromantico (nuovissima questa), asessuale, BDSM/Kink (che significa sadomaso, perverso), bisessuale, demisessuale (?), Dyke (parolaccia che significa «lesbica» nell’inglese americano), Faggot (parolaccia che significa omosessuale maschio in inglese americano), Gay, lesbica (queste devono essere per nostalgici, tradizionalisti), non-monogamo, pansessuale, poliamoroso, queer (parola indefinibile e intraducibile, anche quella mutuata dal gergo offensivo), Same-Gender Loving (che immaginiamo si possa tradurre con «omofilo», ma che razza di pleonasmo è rispetto alle altre voci?), Skoliosexual (che non sappiamo cosa voglia dire, ma immaginiamo abbia a che fare con problemi ortopedici alla colonna vertebrale) e infine, rullo di tamburi, eterosessuale (straight), perché vi sono i trans eterosessuali, che però quindi sono lesbiche o omosessuali, però no, perché in realtà… Insomma abbiamo capito il quadretto – che è, ribadiamo, costituzionale.

 

Questo è niente rispetto alla lista dei 97 generi della voce «Gender Identity» («identità di genere»), molti di quali ci tolgono totalmente impreparati, e chiediamo aiuto ai lettori versati nella materia, sempre che tali lettori di Renovatio 21 esistano:

 

Cis-gender woman

Woman

Transgender Woman

Woman of Trans experience

Woman with a history of gender transition

Trans feminine

Feminine-of-center

MTF (male-to-female)

Demigirl

T-girl

Transgirl

Sistergirl

Man of Trans experience

Man with a history of gender transition

Trans masculine

Masculine-of-center FTM (female-to-male)

Demiboy

T-boy

Transguy

Brotherboy

Trans

Transgender

Transsexual

Non-binary

Genderqueer

Agender

Xenogender

Fem

Femme

Butch

Boi

Stud

Aggressive (AG)

Androgyne

Tomboy

Gender outlaw

Gender non-conforming

Gender variant

Gender fluid

Genderfuck

Bi-gender

Multi-gender

Pangender

Gender creative

Gender expansive

Third gender

Neutrois

Intergender

Maverique

Novigender

Two-spirit

Hijra Kathoey

Muxe

Khanith/Xanith

X-gender

MTX

FTX

Bakla

Mahu

Fa’afafine

Waria

Palao’ana

Ashtime

Mashoga

Mangaiko

Chibados

Tida wena

Bixa’ah

Alyha

Hwame

Lhamana

Nadleehi

Dilbaa

Winkte

Ninauposkitzipxpe

Machi-embra

Quariwarmi

Chuckchi

Whakawahine

Fakaleiti

Calaba

Questioning

 

Se tuttavia l’applicante non dovesse trovare il suo genere nel protocollo, ci sono anche qui le caselle di rifiuto, di «non in lista» (con apposito spazio) e, quella più bella di tutte posta lì, a fine elenco, «io non uso etichette».

 

Tutto questo in un atto pubblico: significa che vi sono amministrazioni che riconoscono almeno 97 generi, qualsiasi cosa questo significo.

 

Del resto parliamo di San Francisco, e del suo sindaco London Breed, sindaco che involontariamente ha il nome più cool mai sentito in un’amministrazione comunale («Razza Londra»), la quale governa su una città in bancarotta morale (per il problema della sperequazione sociale di cui è l’affresco più evidente al mondo) e non solo morale (pensiamo ai disastri civili e finanziari di Big Tech e investitori Venture Capital che vivono tra la città e i dintorni, in quella che chiaman Silicon Valley).

 

Ricordiamo il sondaggio fatto ad aprile da Elon Musk sui suoi circa 100 milioni di follower: usare la sede di Twitter (che hai suoi uffici principali nel vialone principale Market Street, non lontano dalla malfamatissima Turk Street, un intera area dominata dalla presenza di homeless e dall’odore acre della loro orina) come rifugio per i senzatetto.

 

Ora Musk ha comprato Twitter, ma è certo che certe questioni, a San Francisco rimarranno, come le tende dei barboni e il 97 generi del protocollo per il reddito di cittadinanza trans.

 

 

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Gender

Religioso canadese arrestato per essersi rifiutato di scrivere delle scuse al bibliotecario della «Drag Queen Story Hour»

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Un pastore protestante canadese è stato arrestato per essersi rifiutato di scusarsi con una bibliotecaria che aveva organizzato un’ora di racconti drag queen per bambini. Lo riporta LifeSite.

 

Nel pomeriggio del 3 dicembre, la polizia di Calgary ha arrestato il pastore cristiano Derek Reimer per essersi rifiutato di ottemperare a un’ordinanza del tribunale che gli imponeva di scrivere delle scuse formali al direttore della biblioteca pubblica di Calgary, da lui criticato per aver promosso un’ora di racconti drag queen per bambini nel 2023.

 

«Sapete perché lo state arrestando? Non si pentirà delle sue convinzioni», ha chiesto alla polizia un giornalista canadese indipendente con lo pseudonimo di Dacey Media durante l’arresto.

 

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All’arresto erano presenti il ​​pastore Artur Pawlowski – già noto per le sue azioni di disobbedienza in pandemia – e il figlio di Reimer. I video dell’arresto sono rapidamente circolati sui social media, con molti attivisti canadesi che lo hanno condannato, in quanto considerato un attacco ai valori cristiani e pro-famiglia.

 

Al momento dell’arresto, Reimer stava scontando un anno di arresti domiciliari, contro i quali aveva già presentato ricorso e si è presentato in tribunale per discutere le condizioni della sua condanna. Nel 2023, l’avvocato di Reimer, Andrew MacKenzie, della Mission 7 Ministries, ha presentato ricorso contro la condanna a un anno di arresti domiciliari e due anni di libertà vigilata inflitta al pastore prima di Natale per aver protestato contro un evento «drag queen story hour» rivolto ai bambini presso la Saddletown Library di Calgary nella primavera del 2023. Gli avvocati del governo avevano cercato di condannare Reimer al carcere per la sua protesta contro il piano di indottrinamento omotransessualista.

 

Reimer aveva chiesto a Shannon Slater, la direttrice della biblioteca, perché la biblioteca stesse organizzando un evento del genere. Non avendo ricevuto risposta, Slater disse a Reimer di andarsene.

 

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Tuttavia, Reimer aveva pubblicato la sua interazione con Slater sui social media. Gli era stato ordinato di scrivere una lettera di scuse a Slater, che doveva essere consegnata entro la fine della settimana scorsa. Reimer ha dichiarato ai media locali che non avrebbe consegnato la lettera, poiché per «dispiacere» bisogna «ammettere la colpa», ovvero «aver sbagliato», sottolineando come questo equivalga ad ammettere di aver commesso un «errore» e che questo è ciò che significa «chiedere scusa».

 

Reimer ha anche sottolineato di aver detto alla corte di aver «fatto leva sulla mia libertà di coscienza, su uno studio approfondito e sulla mia comprensione di essa, unita alla libertà di espressione e di religione», e che «ciò ha spiegato e stabilito che devi esprimere alla corte le tue profonde opinioni religiose sul perché questa è una violazione della tua coscienza e perché non puoi farlo».

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Le femministe britanniche espungono i membri transgender (nel senso, agli affiliati transessuali)

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Due tra le più importanti organizzazioni britanniche riservate a donne e ragazze, il Girlguiding (l’equivalente delle Girl Scout) e il Women’s Institute, hanno deciso di chiudere le porte ai membri transgender, nel senso degli affiliati transessuali.   Martedì il Girlguiding ha reso noto che «le ragazze e le giovani donne trans non potranno più iscriversi» come nuove socie. Il giorno successivo, mercoledì, il Women’s Institute, fondato oltre 110 anni fa, ha annunciato che «l’iscrizione sarà riservata esclusivamente alle persone di sesso femminile alla nascita».   Entrambe le associazioni hanno sottolineato che la scelta non era quella auspicata, ma è diventata inevitabile per evitare possibili contenziosi legali dopo la sentenza emessa ad aprile dalla Corte Suprema del Regno Unito. I giudici hanno stabilito che, ai sensi dell’Equality Act 2010, i termini «donna» e «sesso» si riferiscono esclusivamente al sesso biologico e non all’identità di genere.

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La pronuncia era arrivata al termine di un ricorso presentato da For Women Scotland contro una norma del governo scozzese che includeva i transgenderri (munite di certificato di riconoscimento del genere) nel calcolo delle quote femminili nei consigli di amministrazione pubblici.   Un sondaggio realizzato subito dopo la sentenza ha mostrato che il 59% dei britannici concorda sul fatto che una persona transgender non sia legalmente una donna (dati Electoral Calculus). Tra chi ha accolto favorevolmente la decisione c’è anche J.K. Rowling, da tempo sostenitrice di For Women Scotland.   Sempre quest’anno, la Federazione calcistica inglese (FA) e British Rowing (l’ente per il canottaggio) hanno adottato politiche analoghe: dal 1º giugno 2025 i transgender non potranno più competere nelle categorie femminili del calcio in Inghilterra, mentre nel canottaggio britannico l’accesso alla gara femminile è limitato a chi è «assegnato di sesso femminile alla nascita»; per tutti gli altri resta aperta la categoria Open.   Secondo le ultime indiscrezioni, anche il Comitato Olimpico Internazionale starebbe valutando di escludere i transessuali dalle competizioni femminili olimpiche.

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La battaglia tra femministe e transessuali va avanti oramai da un pezzo, al punto che il mondo transessualista ha trovato un acronimo per definire le femministe che non accettano il dogma transgenderro imposto ora all’intera società occidentale: le chiamano TERF, trans-exclusionary radical feminists ossia femministe radicalo trans-escludenti.   Il caso più celebre di persona definita TERF per aver espresso dubbi sul fatto che maschi biologici possano essere definiti «donne» è stata la scrittrice di Harry Potter JK Rowling, che è peraltro la donna più ricca del Regno Unito.   In Europa si era avuto il caso della norvegese Christina Ellingsen, dell’organizzazione femminista globale Women’s Declaration International (WDI), è sotto indagine della polizia per aver fatto la denuncia in un tweet in cui ha criticato il gruppo di attivismo trans FRI. «Perché insegna ai giovani che i maschi possono essere lesbiche? Non è una terapia di conversione?» avrebbe twittato la Ellingsen.   Il caso si replicò in Norvegia con l’attrice e cineasta Tonje Gjevjon, una lesbica nota nella cultura popolare del Paese, che osò scrivere su Facebook che «è semplicemente impossibile per gli uomini diventare lesbiche quanto lo è per gli uomini rimanere incinti. Gli uomini sono uomini indipendentemente dai loro feticci sessuali». L’attrice fu quindi informata di essere sotto indagine e di rischiare tre anni di carcere per l’espressione delle sue opinioni.   Come riportato da Renovatio 21, a fine 2020 la Norvegia ha adottato una nuova legge penale che punisce le persone per aver detto qualcosa di considerabile come incitamento all’odio nei confronti di persone transgender anche nel contesto della propria casa o conversazioni private.   Più recente il caso dell’attivista brasiliana per i diritti delle donne Isabella Cepa, la quale ha ottenuto lo status di rifugiata in un Paese europeo non specificato, dopo essere stata accusata di reati penali in Brasile per aver definito un politico transgender da uomo a donna come un uomo.  

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Immagine: The Girl Guides Association in Britain 1914-1918; un gruppo di Guide posa per una fotografia nel Regno Unito durante la Prima Guerra Mondiale. Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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La donna più forte del mondo in realtà era un uomo

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Jammie Booker, vincitrice del torneo «La donna più forte del mondo» 2025, è stata privata del titolo dopo che gli organizzatori hanno accertato che l’atleta di Philadelphia era nata maschio. La squalifica, l’ultima di una serie crescente di polemiche sui maschi biologici che gareggiano nelle categorie femminili, è arrivata a pochi giorni dalla competizione.

 

Il caso è esploso durante i Cerberus Strength Official Strongman Games in Texas lo scorso fine settimana, dove Booker ha dominato la categoria Women’s Open. Gli organizzatori hanno precisato di non essere stati informati in anticipo del background biologico dell’atleta e, a seguito di un’indagine urgente, l’hanno esclusa dalla classifica. «Abbiamo la responsabilità di garantire equità, assegnando gli atleti alle divisioni maschile o femminile in base al sesso alla nascita», si legge in un comunicato diffuso sui social da Official Strongman, che ha aggiornato i punteggi e incoronato la britannica Andrea Thompson come nuova campionessa.

 

La partecipazione di atlete transgender a competizioni sportive continua a generare dibattiti accesi. A luglio, il Comitato Olimpico e Paralimpico degli Stati Uniti (USOPC) ha vietato alle donne transgender di gareggiare nelle categorie femminili alle Olimpiadi, in linea con un ordine esecutivo del presidente Donald Trump che esclude le trans dalle squadre femminili e minaccia di tagliare i fondi alle istituzioni che lo violano.

 

Casi emblematici come quello della nuotatrice statunitense Lia Thomas e della sollevatrice neozelandese Laurel Hubbard hanno riacceso il confronto su eventuali vantaggi fisici persistenti per le atlete transgender rispetto alle donne biologiche, nonostante il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) abbia affermato nel 2021 che non si debba presumere un «vantaggio automatico» e abbia demandato le regole di idoneità alle singole federazioni sportive.

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La questione è tornata d’attualità alle Olimpiadi di Parigi 2024, quando la pugile algerina Imane Khelif – squalificata l’anno prima ai Mondiali per presunti motivi di genere – ha conquistato l’oro, spingendo l’ex presidente del CIO Thomas Bach a negare l’esistenza di un «sistema scientificamente solido» per distinguere uomini e donne nello sport.

 

Ora il CIO è orientato a escludere le donne transgender dalle categorie femminili alle prossime Olimpiadi, sulla base di una nuova politica di ammissibilità prevista per il 2026, come riportato dal Times all’inizio di novembre citando fonti interne. La revisione si fonda su una valutazione scientifica che conferma come i vantaggi acquisiti durante la pubertà maschile possano perdurare anche dopo trattamenti farmacologici per ridurre i livelli di testosterone.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’ex presidente del CIO Thomas Bach sosteneva all’epoca che non esisteva «un sistema scientificamente solido» per distinguere tra uomini e donne nello sport.

 

Come riportato da Renovatio 21, il sollevamento pesi, come ogni altra disciplina (il nuoto, la maratona, il ciclismo, la BMX, l’hockey, il sollevamento pesi, il basket, il ju jitsu, etc.), era già stato colpito dal transessualismo sportivo. Lo è stato persino il biliardo in un’episodio noto, Alexandra Cunha, 49 anni, capitano della squadra nazionale femminile portoghese, si è ritirata dal torneo International Rules Pool Tour, incolpando i recenti cambiamenti alle regole da parte dell’autorità governativa dello sport, la World Eightball Pool Federation.

 

Come riportato da Renovatio 21, alle Olimpiadi di Tokyo vi fu il caso del sollevatore di pesi supermassimi transessuale Laurel Hubbard, 43 anni, che rappresentò la Nuova Zelanda a Giochi e riuscì, incredibilmente, a non vincere.

 

Due anni fa il pesista transessuale «Anne» Andres aveva stabilito il record nazionale durante un campionato durante il Campionato del Canada Occidentale 2023.

 

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