Geopolitica
Pechino è prima nell’export del vaccino contro il COVID-19
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews
Vendute o donate 80 milioni di dosi a 60 Paesi. Primato favorito dal blocco alle esportazioni di Europa e India. I vaccini cinesi non hanno ancora la licenza dell’OMS. La Cina avrà problemi a produrre abbastanza vaccini per sé e per l’estero. Un’arma geopolitica «spuntata».
La Cina è il Paese che esporta più dosi di vaccino contro il COVID-19. Secondo diverse fonti, finora i cinesi hanno inviato a 60 nazioni un totale di 80 milioni di dosi: l’Unione europea ne ha esportate 77 milioni; l’India 64 milioni. Il primato cinese in questa speciale classifica è dovuto al fatto che gli altri governi hanno bloccato o ridotto le esportazioni per concentrarsi sull’immunizzazione interna.
I cinesi hanno inviato a 60 nazioni un totale di 80 milioni di dosi: l’Unione europea ne ha esportate 77 milioni; l’India 64 milioni. Il primato cinese in questa speciale classifica è dovuto al fatto che gli altri governi hanno bloccato o ridotto le esportazioni per concentrarsi sull’immunizzazione interna
Milioni di spedizioni del farmaco cinese rientrano in accordi commerciali: solo poco meno di 100mila sono donazioni a Paesi poveri.
Prima della pandemia, la Cina era un piccolo esportatore di vaccini: essa copriva solo l’1% del mercato globale. Come riportato da AsiaNews, agli inizi di marzo i cinesi avevano distribuito quasi otto milioni di dosi in America Latina.
I produttori di Pechino hanno consegnato all’estero anche 90 milioni di basi per la produzione dei propri vaccini in Messico, Indonesia e Brasile.
Il problema è che i vaccini cinesi (Sinopharm, Sinovac Biotech e CanSino Biologics) non hanno ottenuto ancora il riconoscimento di validità ed efficacia dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Per questo motivo essi non possono essere inclusi in Covax, il programma mondiale per vaccinare i Paesi in via di sviluppo. A causa del blocco indiano ed europeo, in questo momento Covax è in forte ritardo nella distribuzione dei farmaci anti-COVID.
Prima della pandemia, la Cina era un piccolo esportatore di vaccini: essa copriva solo l’1% del mercato globale
L’OMS ha detto che necessita di maggiori dati per concedere la propria licenza ai vaccini di Pechino e che una decisione sarà presa entro fine aprile. Nel frattempo i cinesi vanno avanti con le esportazioni sulla base delle autorizzazioni ottenute dai singoli governi.
Analisti fanno notare anche che la Cina avrà problemi a produrre una quantità tale di vaccini da garantire le somministrazioni interne e allo stesso tempo rispettare gli accordi con l’estero. Il presidente cinese ha detto che entro fine giugno sarà immunizzato il 40% della popolazione (circa 560 milioni di persone). Finora in Cina la campagna nazionale di vaccinazione va al rilento, almeno rispetto ai risultati ottenuti da Paesi come Stati Uniti e Gran Bretagna. Fino a ieri, le autorità sanitarie cinesi hanno somministrato 155 milioni di dosi: circa 11 vaccinazioni per 100 abitanti; il dato è lontano da quello di britannici (56 dosi per 100 residenti) e statunitensi (52), ma migliore di quello registrato in India (quasi 7).
I cinesi avrebbero dovuto inviare 50 milioni dosi in Turchia entro fine febbraio: a fine marzo Ankara ne ha ricevute solo 16 milioni
Alcuni Paesi con cui Pechino ha concluso accordi per i vaccini si sono lamentati per le mancate consegne. Secondo la Reuters e altri media, i cinesi avrebbero dovuto inviare 50 milioni dosi in Turchia entro fine febbraio: a fine marzo Ankara ne ha ricevute solo 16 milioni. In base ai calcoli del South China Morning Post, solo sei nazioni hanno ricevuto più di tre milioni di dosi del farmaco cinese.
L’accusa rivolta alla Cina è di usare il vaccino come uno strumento per guadagnare influenza geopolitica a danno degli USA e dei suoi alleati.
L’ultimo allarme è stato lanciato da Taiwan, secondo cui i cinesi hanno offerto il vaccino al Paraguay in cambio del riconoscimento diplomatico: Asunción ha rapporti formali con Taipei, ma non con Pechino, che considera l’isola una provincia «ribelle».
L’accusa rivolta alla Cina è di usare il vaccino come uno strumento per guadagnare influenza geopolitica a danno degli USA e dei suoi alleati
Come osservato da più parti, l’arma potrebbe rivelarsi però spuntata, dato che l’offerta mondiale sarà più che sufficiente dopo che Stati Uniti, Europa e India avranno vaccinato larga parte della propria popolazione.
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Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.
Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.
Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA.
President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.
Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.
Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.
Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.
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Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
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Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.
Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.
Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».
Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.
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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».
«Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.
Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.
Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».
«La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.
Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.
Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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