Connettiti con Renovato 21

Senza categoria

Papa Leone contro la Chiesa e i dogmi per LGBT e donne-prete: «Dobbiamo cambiare atteggiamento prima di cambiare dottrina»

Pubblicato

il

Il nuovo papa apre alla violazione dei dogmi e della tradizione di Santa Romana Chiesa.

 

Nella sua prima lunga intervista, Leone XIV non è riuscito ad affermare l’immutabilità dell’insegnamento della Chiesa sulla morale sessuale, lasciando intendere che in futuro potrebbero essere possibili dei cambiamenti. Sebbene in tono più sommesso, ha anche lasciato intendere che potrebbe «cambiare l’insegnamento della Chiesa» sull’ordinazione delle donne. Lo riporta LifeSite.

 

Nel discutere del suo approccio alle problematiche omotransessualiste con la giornalista Elise Ann Allen di Crux Now, Leone XIV ha espresso una nota incerta, suggerendo che l’insegnamento della Chiesa potrebbe cambiare se prima cambiassero gli atteggiamenti: «Le persone vogliono che la dottrina della Chiesa cambi, vogliono che cambino gli atteggiamenti. Credo che dobbiamo cambiare gli atteggiamenti prima ancora di cambiare la dottrina».

 

Sostieni Renovatio 21

L’idea che gli «atteggiamenti» debbano essere cambiati prima che la dottrina possa farlo getta nuova luce sui recenti eventi in Vaticano, tra cui le udienze con padre James Martin, SJ e Suor Lucia Caram, e il pellegrinaggio LGBT.

 

Prosegue e, anziché affermare che tali cambiamenti erano impossibili, Leone ha affermato:

 

«Ritengo altamente improbabile, certamente nell’immediato futuro, che la dottrina della Chiesa in termini di ciò che la Chiesa insegna sulla sessualità, di ciò che la Chiesa insegna sul matrimonio» cambierà.

 

In seguito, invece di affermare che l’insegnamento della Chiesa non poteva cambiare, ha affermato semplicemente che pensava che sarebbe rimasto lo stesso: «penso che l’insegnamento della Chiesa continuerà così com’è, ed è questo che ho da dire al riguardo per ora».

Leone ha discusso anche la possibilità dell’ordinazione delle donne al diaconato in termini simili:

 

«Ciò di cui il Sinodo aveva parlato specificamente era forse l’ordinazione diaconale delle donne, una questione che è stata studiata per molti anni. Ci sono state diverse commissioni nominate da diversi papi per dire: cosa possiamo fare al riguardo? Credo che continuerà a essere un problema».

 

Nella Chiesa primitiva esisteva effettivamente l’ufficio di «diaconessa», ma è certo che queste donne non ricevevano alcun ordine sacro sacramentale del diaconato. Leone, tuttavia, mette in discussione questo aspetto equiparando il diaconato femminile a quello permanente istituito dopo il Concilio Vaticano II:

 

«Solo un piccolo esempio. All’inizio di quest’anno, quando si è celebrato il Giubileo dei Diaconi Permanenti, ovviamente tutti uomini, ma le loro mogli erano presenti. Un giorno ho tenuto la catechesi con un gruppo piuttosto numeroso di diaconi permanenti di lingua inglese. La lingua inglese è uno dei gruppi in cui sono meglio rappresentati perché ci sono parti del mondo che non hanno mai realmente promosso il diaconato permanente, e questo di per sé è diventato una domanda: perché dovremmo parlare di ordinare donne al diaconato se il diaconato stesso non è ancora adeguatamente compreso, sviluppato e promosso all’interno della Chiesa?»

 

Il romano pontefice inoltre espresso la sua disponibilità a proseguire lo studio e il dibattito sulla questione:

 

«Sono certamente disposto a continuare ad ascoltare le persone. Ci sono questi gruppi di studio; il Dicastero per la Dottrina della Fede, che ha la responsabilità di alcune di queste questioni, continua ad esaminare il contesto teologico, la storia di alcune di queste questioni, e noi procederemo con questo e vedremo cosa ne verrà fuori».

 

Tuttavia, papa Prevost ha affermato di non avere alcuna intenzione attuale di «cambiare l’insegnamento della Chiesa»: «al momento non ho intenzione di cambiare l’insegnamento della Chiesa sull’argomento. Credo che ci siano alcune domande preliminari che vanno poste».

Aiuta Renovatio 21

Impossibile nascondere che quindi il papa sta apertamente considerando che esista la possibilità di «cambiare l’insegnamento della Chiesa», un’idea negata totalmente dal Concilio Vaticano I.

 

«Se qualcuno dirà che nella rivelazione divina non è contenuto alcun mistero vero e propriamente detto, ma che tutti i dogmi della fede possono essere compresi e dimostrati dalla ragione debitamente coltivata per mezzo dei principi naturali: sia anatema» (Costituzione Dogmatica Dei Filius 24 aprile 1870).

 

«Se qualcuno dirà che può accadere che ai dogmi della Chiesa si possa un giorno – nel continuo progresso della scienza – attribuire un senso diverso da quello che ha inteso e intende dare la Chiesa: sia anatema» (Costituzione Dogmatica Dei Filius 24 aprile 1870).

 

 

L’idea che ne consegue è che la rivelazione sia quindi «imperfetta», un’idea negata dal Sillabo di Pio IX, che condannava la posizione secondo cui «la rivelazione divina è imperfetta, e perciò soggetta a processo continuo e indefinito, corrispondente al progresso della ragione umana» (enc. Qui pluribus, 9 novembre 1846)

 

I commenti di Leone, in particolare quelli sulla necessità che gli atteggiamenti cambino prima che possa farlo la dottrina, gettano una nuova luce sui recenti eventi in Vaticano, tra cui le udienze con il gesuita pro-omotransessualista padre James Martin e Suor Lucia Caram, e il pellegrinaggio giubilare LGBT.

 

Pare chiaro, a questo punto, che il papato di Prevost potrebbe prendere una piega persino peggiore di quello del predecessore Bergoglio, che operava verso la chiesa apostato sembrando distratto, mentre Leone potrebbe avere le idee chiarissime.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Immagine screenshot da YouTube

Continua a leggere

Senza categoria

Cardinale marocchino afferma che la Chiesa deve «abbandonare« l’idea di «vera religione, falsa religione»

Pubblicato

il

Da

In un saggio apparso la scorsa settimana sul sito web ufficiale del Vaticano, il cardinale marocchino Cristóbal López Romero, SDB, ha ripetuto un’affermazione scandalosa, avanzata per la prima volta da Papa Leone XIV la scorsa settimana, secondo cui la religione cattolica non possiede la pienezza della verità.   «Le religioni, da parte loro, hanno la responsabilità di offrire percorsi di significato e verità, non di dominio», ha suggerito Romero. «Nessuna religione può appropriarsi della verità, come se ne fosse l’unica proprietaria. Nessuno possiede la verità; semmai, è la verità che possiede tutti noi, e in ogni religione ci sono barlumi di verità».   Le osservazioni di Romero riecheggiano quelle pronunciate da Papa Leone XIII durante l’omelia pronunciata nella Basilica di San Pietro il 26 ottobre, durante la Messa di chiusura del Giubileo delle Equipe Sinodali e degli Organismi Partecipativi. L’evento si è tenuto nell’Aula Paolo VI dal 24 al 26 ottobre e ha previsto workshop su temi quali il ruolo delle donne nella Chiesa, i giovani e la sinodalità, e il dialogo interreligioso.   Durante la sua omelia, Leone ha affermato che «essere una Chiesa sinodale significa riconoscere che la verità non si possiede ma si cerca insieme, lasciandoci guidare da un cuore inquieto e innamorato dell’amore», sostenendo che «ognuno dovrebbe imporre le proprie idee; dobbiamo ascoltarci a vicenda» prima di affermare che «nessuno è escluso [dalla Chiesa]; siamo tutti chiamati a partecipare. Nessuno possiede tutta la verità; dobbiamo tutti cercarla umilmente e cercarla insieme».

Aiuta Renovatio 21

Le osservazioni di Leone scatenarono immediatamente un’ondata di proteste tra i cattolici ortodossi di tutto il mondo, principalmente perché la Chiesa cattolica, in quanto Corpo mistico di Cristo, ha sempre insegnato di essere l’unica custode della verità rivelata da Dio.   «La Chiesa del Dio vivente» è «colonna e baluardo della verità», scrive San Paolo in (1Tim 3, 15). «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me», dice Nostro Signore (Gv 14,6).   I commenti di Leone furono visti da molti come un rifiuto delle precedenti dichiarazioni inequivocabili e infallibili della Chiesa sull’argomento. Altri sostengono, tuttavia, che egli abbia semplicemente omesso di distinguere tra la fallibilità dei singoli membri della Chiesa nella loro comprensione della verità e la Chiesa stessa che custodisce e proclama l’unica vera fede, promessa fattale da Nostro Signore stesso.   Le osservazioni di Romero sono state pubblicate due giorni dopo il sermone di Leone del 28 ottobre. Romero ribadì la natura sincretistica ed ecumenica dei commenti di Leone.   Dopo aver elogiato il teologo dissidente del XX secolo Hans Küng e aver definito Nostra Aetate un «documento rivoluzionario» che «ha cambiato completamente» il modo in cui la Chiesa cattolica considera i non cristiani, Romero ha ribadito l’affermazione di Nostra Aetate secondo cui Dio può essere trovato al di fuori della Chiesa cattolica. Ha inoltre elogiato Nostra Aetate per aver incoraggiato il «dialogo» con i non credenti, uno sviluppo che, a suo dire, ha contribuito a realizzare una «fraternità universale» tra gli uomini.   «Dobbiamo abbandonare il falso paradigma di “vera religione, falsa religione”», ha poi affermato in modo scioccante.   Romero è arcivescovo di Rabat, in Marocco, un Paese musulmano al 99%. Salesiano, nato nella vicina Spagna nel 1952, Romero è stato nominato cardinale da Papa Francesco nel 2019, dopo essere stato nominato arcivescovo di Rabat da lui stesso nel dicembre 2017.  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di Romanuspontifex via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Continua a leggere

Senza categoria

Sinodo in Italia: silenzio, stiamo affondando

Pubblicato

il

Da

Il processo sinodale italiano, avviato nel 2021 su appello di Papa Francesco, ha appena compiuto una nuova tappa il 24 e 25 ottobre 2025, con l’approvazione a larga maggioranza di un testo che privilegia l’ideologia progressista.

 

«Il mostro, che crediamo essere l’eccezione, è la regola. Andate in fondo alla Storia: Nerone è un plurale». Questo pensiero di Victor Hugo è trasferibile sulle rive del Tevere, per chi è finalmente arrivato «in fondo al Sinodo»?

 

Avviato dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI), il cammino sinodale transalpino ha avuto una fase preparatoria nel 2021-2023, seguita dalla redazione di un documento preparatorio – Instrumentum laboris – nel novembre 2024. Tra gennaio e febbraio 2025, tutte le diocesi e le istituzioni cattoliche hanno inviato i loro contributi, dando vita a un primo documento di sintesi.

 

Presentato nell’aprile 2025, questo testo è stato respinto per la sua palese eterodossia su temi delicati come l’inclusione delle persone LGBT, l’ordinazione delle donne e la gestione di alcuni abusi. I progressisti hanno denunciato la decisione, che l’arcivescovo Erio Castellucci, presidente del comitato sinodale nazionale, ha difeso sostenendo che i tempi stretti e i numerosi emendamenti avevano reso il testo «troppo conciso e inadeguato».

 

Il rinvio all’autunno 2025 ha consentito una revisione completa, volta a smussare le asperità scandalose del testo iniziale. A seguito di questa revisione, il 25 ottobre, nell’assemblea finale, oltre 800 partecipanti, tra laici, clero e religiosi, hanno adottato un documento. Un gruppo di vescovi è stato incaricato dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) di elaborare e tradurre il testo in risoluzioni concrete per l’assemblea autunnale della Conferenza Episcopale nel novembre 2025.

 

L’impresa sembra impossibile, poiché il testo sinodale è ancora pieno di ambiguità e contraddizioni. Il documento è un miscuglio che, da un lato, sottolinea una Chiesa che è «lievito di pace e di speranza», attenta ai più vulnerabili: i poveri e le persone con disabilità.

Aiuta Renovatio 21

Queste nobili intenzioni, spesso distorte da una visione naturalistica, convivono con il progetto di riformare il governo delle parrocchie attraverso gruppi ministeriali misti – diaconi, laici, religiosi – e di «rinfrescare» il linguaggio liturgico per renderlo accessibile alle culture contemporanee…

 

Utilizzando il gergo progressista richiesto , il documento adottato sottolinea i processi sinodali per il clero e i laici, tra cui una riconfigurazione territoriale delle parrocchie in «comunità di comunità». I team interdiocesani, supportati da un organismo di coordinamento nazionale, dovrebbero promuovere l’educazione affettiva e sessuale dei giovani, in collaborazione con la pastorale familiare, i movimenti ecclesiali e le organizzazioni della società civile.

 

L’approvazione del 25 ottobre è stata approvata a larga maggioranza, ma con una notevole opposizione. Le mozioni riguardanti l’educazione emotiva e il genere hanno suscitato la maggiore resistenza da parte delle donne, mentre quelle sulla condivisione delle responsabilità tra laici e clero hanno offeso in larga misura gli uomini.

 

Sebbene sarebbe più corretto parlare di un naufragio totale con questo documento, il vescovo Castellucci ha presentato la fase sinodale appena conclusa nella Penisola come una «esperienza spirituale» in cui la Chiesa si lascia «turbare dallo Spirito»: a pochi giorni da Halloween, c’era effettivamente motivo di preoccupazione.

 

Il cardinale Matteo Zuppi, capo dei vescovi italiani, ha sottolineato che «l’essenziale è già stato compiuto: una Chiesa che discute e decide insieme è segno di uno Spirito che soffia dove vuole». L’affermazione potrebbe sembrare ironicamente irrilevante se non fosse in gioco la fede: il problema, infatti, non è tanto sapere che «la Chiesa sta discutendo», quanto capire di cosa sta discutendo e per quale scopo.

 

Ridurre il processo sinodale a un mero esercizio metodologico, a un rito partecipativo privo di contenuto teologico, ci limita a una mera allusione allo Spirito Santo, anziché a una vera e propria invocazione. E allora un altro Spirito, lo spirito del mondo, prende il suo posto, perché è vero che la natura aborrisce il vuoto.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

 

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Meeting Rimini via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-SA 4.0

 

 

Continua a leggere

Senza categoria

L’Ucraina vieta gli episodi del «Trono di spade» con un attore russo

Pubblicato

il

Da

Piattaforme di streaming ucraine stanno eliminando gli episodi della quarta stagione di Game of Thrones (in italiano noto come Il trono di spade che includono l’attore russo Yurij Kolokolnikov, la cui fama internazionale è cresciuta negli ultimi anni, come riferito dai media locali. Lo riporta la stampa russa.   Ad agosto il ministero della Cultura ucraino lo ha inserito nella blacklist di individui ritenuti una minaccia per la sicurezza nazionale di Kiev, citando la sua partecipazione a film finanziati dallo Stato russo, dove lavora anche come regista e produttore.   Secondo la stampa russa, dalle stesse piattaforme sarebbero sparite altre opere con Kolokolnikov, tra cui la terza stagione di The White Lotus, il film Tenet di Cristoforo Nolan e il recente action-movie targato Marvel Kraven il cacciatore. Gli screenshot diffusi sabato mostrano il messaggio: «Questo contenuto non è visualizzabile in Ucraina».   L’agenzia Statale per il Cinema ha ordinato a distributori e media di rimuovere film e serie specifici dai cataloghi broadcast e streaming, ha riportato Kommersant Ucraina. L’agenzia sta inoltre dialogando con piattaforme internazionali per estendere il blocco ai titoli proibiti.

Aiuta Renovatio 21

Kolokolnikov ha recitato in numerose produzioni occidentali negli ultimi dieci anni; tra i progetti recenti, Caught Stealing di Darren Aronofsky (2025) e The Last Frontier  (2025) per Apple TV.   Dall’intensificarsi del conflitto ucraino nel febbraio 2022, gli artisti russi subiscono restrizioni crescenti all’estero: film esclusi dai festival, proiezioni annullate, attori e registi disinvitati o banditi da eventi culturali in Occidente. Mosca denuncia tali misure come «censura russofoba», sostenendo che i tentativi di «cancellare» la cultura russa siano destinati al fallimento.   Il destino della cancellazione culturale per motivi geopolitici è inflitto anche allo storico balletto Lo Schiaccianoci del compositore Pëtr Il’ič Tchaikovskij, un grande classico internazionale per le famiglie che vanno a teatro prima di Natale.   Come riportato da Renovatio 21, la campagna dell’Ucraina contro la musica russa in tutto il mondo coinvolge anche cantanti di altissimo livello, come il soprano Anna Netrebko, la cui presenza è stata contestata in varie città europee.   Il livello più grottesco è stato forse toccato all’inizio del 2024, quando la direttrice Keri-Lynn Wilson, moglie del direttore generale del Metropolitan Opera di Nuova York Peter Gelb, ha annunciato che la sua «Ukrainian Freedom Orchestra» avrebbe modificato la famosa nona sinfonia di Beethoven (conosciuta anche come An die Freudecioè Inno alla gioia) sostituendo nel testo la parola «Freude» con «Slava». «Slava ukraini» o «Gloria all’Ucraina» era il famigerato canto delle coorti ucraine di Hitler guidate dal collaborazionista Stepan Bandera durante la Seconda Guerra Mondiale. Da allora è stato conservato come canto di segnalazione dalle successive generazioni di seguaci di Bandera, i cosiddetti «nazionalisti integrali», chiamati più semplicemente da alcuni neonazisti ucraini o ucronazisti.   Vi è poi stata la vicenda dell’artista australiano Peter Seaton, costretto a cancellare un suo grande murale soprannominato «Peace Before Pieces», che mostrava un soldato russo e uno ucraino che si abbracciano, dopo le pressioni della comunità ucraina locale e dell’ambasciatore in Australia che aveva bollato il lavoro come «offensivo».   Come riportato da Renovatio 21, la censura ucraina si è vista anche in Italia: è il caso del Teatro Comunale di Lonigo, dove due anni fa, dopo lo scoppio della guerra ucraina, doveva andare in scena Il lago dei cigni, altro capolavoro di Tchaikovskij.  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
 
Continua a leggere

Più popolari