Sorveglianza
Oltre 100.000 persone richiedono una moratoria globale sulla tecnologia di sorveglianza «illegale»
Più di 100.000 persone hanno firmato una lettera di Amnesty International tra le continue rivelazioni di individui presi di mira dallo spyware Pegasus di NSO Group e dagli scandali di spyware di livello consumer come TruthSpy che è stato impiantato nei dispositivi elettronici di centinaia di migliaia di persone inconsapevoli.
Più di 100.000 persone al 28 ottobre hanno firmato una lettera di Amnesty International invitando gli Stati membri delle Nazioni Unite a «affrontare urgentemente» l’abuso di spyware da parte del governo emanando una moratoria sulla sua vendita, trasferimento e utilizzo.
«Stiamo assistendo a una crisi globale di spyware in cui attivisti, giornalisti e avvocati vengono presi di mira con una sorveglianza invasiva come mezzo per metterli a tacere e intimidirli», ha affermato in una nota il segretario generale di Amnesty International Agnès Callamard.
«C’è un urgente bisogno di una maggiore protezione dei diritti umani sull’esportazione di tecnologia di sorveglianza».
Secondo la lettera:
«Laddove la sorveglianza viene gestita senza un’adeguata supervisione, salvaguardie e trasparenza, i danni della sorveglianza illegale hanno un impatto ben al di là di coloro che potrebbero essere stati effettivamente presi di mira».
«Di fronte all’opacità e alle garanzie inadeguate, e soprattutto in situazioni in cui si sa o si sospetta che la sorveglianza sia svolta in modo illegale, i difensori dei diritti umani e la società civile sono costretti ad autocensurarsi per paura di essere criminalizzati per il loro lavoro, anche quando tale sorveglianza potrebbe effettivamente non aver luogo».
«Numeri rapporti di ricerca di Amnesty International rivelano come questo effetto agghiacciante possa avere un effetto grave e dannoso sulla società civile globale, colpendo non solo il diritto alla privacy ma anche quelli alla libera espressione e associazione».
«In tutto il mondo, i difensori dei diritti umani hanno dovuto vivere in un costante stato di paura, guardandosi continuamente alle spalle e provando un senso di pericolo imminente ovunque vadano, poiché la sorveglianza è spesso il preludio di altre violenze online e offline».
«Finché non sarà in vigore un solido quadro normativo sui diritti umani, è necessaria una moratoria globale sulla vendita, il trasferimento e l’uso di tecnologie di sorveglianza mirate», sostiene Amnesty.
«La vendita e l’uso non regolamentati e non trasparenti di questi prodotti significa che potremmo non conoscere mai l’intera portata di abusi simili che coinvolgono altri attori. Il mondo non può più chiudere un occhio di fronte a questa enorme minaccia globale ai nostri diritti».
◾️ Spyware is being used around the world to silence and intimidate activists and journalists.
◾️ More than 100,000 people have taken action to demand states stop the export of surveillance technology ????????
— Amnesty International (@amnesty) October 28, 2022
La lettera di Amnesty arriva tra le continue rivelazioni di individui presi di mira dallo spyware Pegasus di NSO, così come gli scandali di spyware di livello consumer come TruthSpy, il cosiddetto stalkerware che è stato impiantato nei dispositivi elettronici di centinaia di migliaia di persone inconsapevoli.
Amnisty dice:
«Le aziende continuano a trarre profitto dalla vendita di spyware utilizzati per la sorveglianza illegale. Ogni mese vengono confermati nuovi casi di persone vittime di spyware illegalmente presi di mira».
«L’anno passato ha visto casi in El Salvador , Grecia, Spagna, Egitto, Israele/Territori palestinesi occupati , Marocco-Sahara occidentale, Polonia e Thailandia . La natura non regolamentata e opaca dell’industria degli spyware significa che potremmo non conoscere mai l’intera portata di abusi simili che coinvolgono altri attori».
«Gli Stati membri delle Nazioni Unite devono smettere di usare e smettere di tollerare lo spyware come strumento di repressione», ha affermato Callamard. «E fino a quando ciò non accadrà, gli Stati devono intensificare e supportare una moratoria globale sull’esportazione di spyware».
Brett Wilkins
Pubblicato originariamente su Common Dreams e ripubblicato su licenza CC BY-NC-ND 3.0
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Sorveglianza
Perquisita la casa di un professore tedesco per un tweet che criticava l’ideologia woke
La polizia tedesca ha effettuato un’irruzione nell’abitazione di un docente universitario conservatore a seguito di un tweet critico verso l’ideologia woke.
L’operazione si è svolta giovedì mattina a Berlino, nella casa di Norbert Bolz, noto pubblicista e studioso di media, ex professore di studi sui media presso l’Università Tecnica di Berlino fino al 2018.
L’irruzione rientra in un’indagine sull’uso di simboli di organizzazioni incostituzionali, come previsto dall’articolo 86a del codice penale tedesco.
Il 20 gennaio 2024, Bolz ha pubblicato un post su X, scrivendo: «Ottima traduzione di “woke“: Germania, svegliati! [in tedesco: “Deutschland erwache“]», citando un articolo del quotidiano di sinistra Taz, che aveva usato la stessa espressione nel titolo: «Divieto dell’AfD e petizione Höcke: la Germania si risveglia [in tedesco: “Deutschland erwacht“]».
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La frase «Deutschland erwache» (La Germania si risveglia) era un verso dello «Sturmlied», inno del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori. Sebbene Bolz l’abbia utilizzata in modo sarcastico e citando il giornale di sinistra, la Procura ha deciso di emettere un mandato di perquisizione per la sua abitazione, indagandolo per l’uso di un’espressione legata a un’organizzazione vietata, il Partito Nazista.
Bolz, noto commentatore politico con oltre 91.000 follower su X e frequente ospite di talk show, è stato difeso dal suo avvocato, Joachim Steinhöfel, esperto di diritto dei media. In una dichiarazione ad Apollo News, Steinhöfel ha criticato l’irruzione: «Siamo di fronte a una preoccupante perdita di controllo del sistema giudiziario penale, che sembra aver coinvolto anche l’Ufficio federale di polizia criminale. Quando un rinomato studioso come il professor Bolz subisce una perquisizione domiciliare per un tweet chiaramente ironico, c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel nostro Stato di diritto».
«Non è accettabile che le autorità non riescano più a distinguere tra propaganda criminale ed espressione legittima di opinioni», ha aggiunto.
Bolz ha espresso il suo turbamento in una dichiarazione al sito Nius: «Di solito scrivo e parlo di questo mondo. È spaventoso quando questa realtà bussa improvvisamente alla tua porta. Non sono scioccato, perché me lo aspettavo. Ma constatare che la situazione è esattamente come descritta dalle analisi critiche è inquietante sotto ogni punto di vista».
Le autorità tedesche sono note per effettuare perquisizioni domiciliari a causa di post online, soprattutto se in contrasto con l’ortodossia della sinistra dominante.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso, la polizia ha fatto irruzione nella casa di un anziano per aver condiviso un meme che definiva «idiota» l’allora vice-cancelliere dei Verdi tedeschi.
Quattro mesi fa si sono avuto raid della polizia alle sei del mattino in tutta la Germania per prendere di mira centinaia di individui sospettati di aver insultato i politici o di aver diffuso «odio e incitamento» online. L’azione massiva, condotta dall’Ufficio federale di polizia criminale (BKA), utilizzava il nuovo articolo 188 del Codice penale per colpire gli individui accusati di razzismo e incitamento all’odio.
«Quando la polizia è alla porta, ogni colpevole si rende conto che i crimini d’odio hanno delle conseguenze», ha scritto su X il ministro degli Interni Nancy Faeser, vantandosi delle retate. La Faeser nota per la sua volontà di introdurre programmi contro l’«estremismo di destra» fra i bambini dell’asilo.
Mesi fa un tribunale distrettuale tedesco ha condannato il caporedattore della rivista conservatrice Deutschland-Kurier a sette mesi di carcere per aver diffamato l’allora ministro degli Interni Faeser – proprio quella dei corsi contro l’estremismo di destra per i bambini di tre anni nei kindergarten – con quello che era chiaramente un meme satirico.
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La repressione più dura si abbatte in Germania da anni, prendendo di mira soprattutto AfD, perseguitata dagli stessi servizi di sicurezza della Budesrepubblica. Infatti, i servizi di sicurezza interna tedeschi BfV hanno messo sotto sorveglianza il loro stesso ex capo, Hans-Georg Maaßen.
L’ondata di perquisizioni segue il divieto di Compact Magazine, una testata sovranista dove erano pure apparsi saggi del segretario di Stato USA Marco Rubio sui limiti dell’ordine mondiale del dopoguerra, e la sua cancellazione da internet. Questa settimana, un tribunale federale di primo grado ha stabilito che il divieto non era costituzionale e costituiva una violazione della libertà di stampa, infliggendo un duro colpo al Ministero dell’Interno federale.
Come riportato da Renovatio 21, la Germania è il Paese dove mesi fa un cittadino è stato multato per aver criticato giudice che ha solo multato un immigrato per lo stupro di una 15enne: al cittadino tedesco è stata comminata una multa doppia rispetto a quella dell’immigrato stupratore.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso un tribunale di Amburgo ha condannato un uomo a tre anni di galera per aver giustificato l’«aggressione russa» all’Ucraina su Telegram.
Come riportato da Renovatio 21, il caso più avanzato di repressione di libertà di parola pare essere la Gran Bretagna, dove almeno 12 mila persone all’anno sono messe in galere per frasi sui social. In Albione si è arrivati a condannare persino chi prega con la mente.
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Sorveglianza
Il nuovo presidente della Bolivia vuole la blockchain per combattere la corruzione
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Intelligenza Artificiale
Apple Siri accusata di intercettare gli utenti: indagine penale in Francia
La procura francese ha avviato un’indagine penale contro Apple per le accuse secondo cui il suo assistente vocale Siri avrebbe raccolto e analizzato registrazioni degli utenti senza il loro consenso. L’inchiesta è stata assegnata all’agenzia francese per la criminalità informatica, come comunicato dalla procura di Parigi e riportato dal sito Politico e dall’agenzia Reuters.
L’indagine è scaturita da una denuncia presentata a febbraio da un’ONG francese, basata sulla testimonianza della «gola profonda» Thomas Le Bonniec, ex dipendente di un subappaltatore di Apple, che ha dichiarato di aver ascoltato migliaia di registrazioni di Siri nel 2019 durante un’attività di controllo qualità.
Le Bonniec avrebbe lavorato per Globe Technical Services in Irlanda, dove revisionava e annotava clip audio per migliorare l’accuratezza di Siri. Ha riferito a Politico che il materiale rivelava a volte «momenti intimi e informazioni riservate», che potevano consentire l’identificazione degli utenti.
L’informatore ha accolto con favore l’indagine, affermando che dovrebbe permettere di «rispondere a domande urgenti», come il numero di registrazioni effettuate dal lancio di Siri e il luogo in cui i dati sono archiviati.
Un portavoce di Apple in Francia ha dichiarato a Politico che l’azienda «non ha mai utilizzato i dati di Siri per creare profili di marketing, non li ha mai resi disponibili per scopi pubblicitari e non li ha mai venduti a nessuno per nessun motivo».
Apple ha inoltre comunicato a Reuters di aver rafforzato le misure sulla privacy di Siri dal 2019, con ulteriori miglioramenti effettuati quest’anno. L’azienda ha precisato che le conversazioni con Siri «non sono mai state condivise con i marketer né vendute agli inserzionisti».
A gennaio, Apple ha anche sottolineato che non avrebbe conservato «registrazioni audio delle interazioni con Siri, a meno che l’utente non acconsenta esplicitamente».
Come riportato da Renovatio 21, negli Stati Uniti, Apple ha affrontato una class action simile, in cui Siri è stato accusato di aver registrato involontariamente conversazioni private, poi esaminate da appaltatori terzi per il controllo qualità.
All’inizio di quest’anno, l’azienda ha raggiunto un accordo da 95 milioni di dollari, approvato da un giudice federale il mese scorso. L’accordo prevede risarcimenti fino a 20 dollari per dispositivo con Siri abilitato per gli utenti che hanno posseduto prodotti Apple tra il 2014 e il 2024. Inoltre, Apple è stata obbligata a eliminare le vecchie registrazioni di Siri entro sei mesi.
Come riportato da Renovatio 21, ad inizio anno era emerso che il governo britannico aveva una technical capability notice («avviso di capacità tecnica») ad Apple, costringendo l’azienda a creare una backdoor per il suo servizio iCloud criptato. Tale manovra consentirebbe alle forze dell’ordine e alle agenzie di sicurezza britanniche di accedere ai dati criptati archiviati dagli utenti Apple in tutto il mondo, secondo il giornale.
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Immagine di Kārlis Dambrāns via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
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