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Nucleare

Mosca: l’impunità ucraina potrebbe causare un grave incidente nucleare

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Il rifiuto di ritenere l’Ucraina responsabile per gli attacchi alla centrale nucleare di Zaporiggia ha incoraggiato Kiev a colpire la centrale nucleare di Kursk nello stesso modo, ha affermato il vice inviato russo all’ONU, Dmitrij Polyansky.

 

Intervenendo mercoledì a una sessione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a New York, Polyansky ha denunciato le potenze occidentali per non aver riconosciuto la crescente minaccia ucraina alla sicurezza nucleare.

 

L’impianto di Zaporiggia si trova nella città di Energodar, che Kiev rivendica sotto la propria sovranità. Mosca ha accusato le forze ucraine di aver preso di mira la città e l’impianto stesso in più occasioni con fuoco di artiglieria e attacchi di droni.

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Un ordigno incendiario dispiegato da un drone ucraino ha causato un grave incendio in una delle sue due torri di raffreddamento all’inizio di questo mese, secondo la direzione dell’impianto.

 

L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), che ha una missione di osservazione sul posto, ha confermato che l’incendio non è iniziato alla base della struttura e che la torre potrebbe dover essere smantellata.

 

La Russia ha esortato i sostenitori occidentali dell’Ucraina a usare la loro influenza per fermare gli attacchi al sito di Zaporiggia.

 

Il Polyansky ha detto che l’impunità di Kiev per queste azioni ha messo un’altra centrale nucleare, nella regione di Kursk, nel suo mirino. Le forze ucraine hanno bombardato la centrale e hanno tentato di impossessarsene durante la loro incursione nella regione russa, ha spiegato.

 

«Questo tipo di incoscienza, che potenzialmente potrebbe innescare un incidente nucleare con conseguenze tragiche per l’intera Europa, è il miglior rifiuto» alle persone che hanno ignorato la situazione nella regione di Zaporiggia, ha detto il Polyansky. «Questo è ciò a cui porta il vostro atteggiamento da struzzo senza principi».

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In precedenza, alti funzionari russi avevano accusato Kiev di essere coinvolta in un «terrorismo nucleare» attaccando i reattori russi. Il presidente Vladimir Putin lo ha menzionato specificamente quando ha dichiarato che i colloqui di pace con l’Ucraina sono stati esclusi in seguito all’incursione nella regione di Kursk. Ha anche citato gli attacchi di Kiev ai civili come motivo per cui i negoziati non sono più possibili.

 

In seguito all’incidente alla torre di raffreddamento dell’impianto di Zaporiggia, il ministero degli Esteri russo ha avvertito che le forze ucraine avrebbero preso di mira l’impianto di Kursk e ha esortato l’AIEA a denunciare tali azioni.

 

Come riportato da Renovatio 21, le minacce dei droni hanno interrotto il lavoro degli ispettori delle Nazioni Unite presso la centrale nucleare di Zaporiggia in almeno due occasioni negli ultimi dieci giorni.

 

Cinque mesi fa Mosca aveva esortato l’AIEA a rivelare pubblicamente gli attacchi ucraini alla centrale nucleare di Zaporiggia, attaccata ancora una volta negli scorsi giorni.

 

La centrale era stata nuovamente attaccata la centrale atomica di Zaporiggia.

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Immagine di IAEA Imagebank via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

 

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Nucleare

Acqua e armi atomiche: escalation tra India e Pakistan. Il ministro della Difesa pakistano: Londra e l’Occidente dietro il terrorismo

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Venerdì 25 aprile il governo indiano ha tenuto riunioni ad alto livello per elaborare piani per attuare la decisione di sospendere la partecipazione dell’India al Trattato sulle acque dell’Indo del 1960, in seguito alla strage terrorista del 22 aprile nel Kashmir controllato dall’India, perpetrati da una branca del gruppo terroristico Lashkar-e-Taiba, legato all’ISIS e storicamente basato in Pakistan. Lo riporta EIRN.   In quelle riunioni è stato elaborato un piano completo per «garantire che nemmeno una goccia d’acqua scorra in Pakistan dall’India», fino a quando l’infrastruttura terroristica non sarà bonificata, ha annunciato il ministro indiano delle Risorse Idriche C.R. Patil.   Tra le risposte da parte pakistana figurano le minacce esplicite di un ministro del governo di usare armi nucleari contro l’India, qualora l’acqua venisse effettivamente tagliata. Sia il Pakistan che l’India sono potenze nucleari. Il Trattato sulle acque dell’Indo assegna ai due Paesi i diritti di utilizzo delle acque dei sei principali fiumi del bacino dell’Indo che condividono.

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L’India non è fisicamente in grado di interrompere il flusso dei tre fiumi occidentali nel bacino che il Trattato assegna principalmente al Pakistan, per motivi geologici e geografici, nonché per il tempo necessario alla costruzione di canali, dighe e bacini artificiali per deviare l’acqua.   Mentre funzionari indiani anonimi hanno dichiarato a diversi media che alcune di queste deviazioni potrebbero iniziare entro pochi mesi, Kushvinder Vohra, il capo della Commissione Centrale per le Acque dell’India recentemente in pensione, ha dichiarato a NDTV che l’India potrebbe immediatamente interrompere la condivisione di dati idrici con il Pakistan, come i flussi idrologici in vari punti dei fiumi che attraversano l’India, omettere gli avvisi di alluvione e saltare le riunioni annuali della Commissione Permanente dell’Indo, presieduta da un funzionario ciascuno per entrambi i Paesi.  «Non avranno molte informazioni con loro su quando arriverà l’acqua, né su quanta ne arriverà. Senza queste informazioni, non possono pianificare».   Secondo quanto riferito, in Pakistan sta crescendo il panico per la prospettiva di un’interruzione dell’acqua. I tre fiumi assegnati al Pakistan in base al trattato irrigano oltre 16 milioni di ettari di terreni agricoli, pari fino all’80% del totale dei terreni agricoli del Paese   Gli agricoltori della provincia pakistana di Sindah hanno dichiarato all’agenzia Reuters che la loro area si trasformerà in un deserto se l’India interromperà il flusso d’acqua del fiume a monte, e «moriremo di fame».   Ghasharib Shaokat della Pakistan Agriculture Research, una società di ricerca di Karachi, ha dichiarato alla Reuters che le azioni dell’India iniettano incertezza «in un sistema che non è mai stato progettato per l’imprevedibilità. Al momento, non abbiamo un sostituto. I fiumi regolati dal trattato sostengono non solo le colture, ma anche le città, la produzione di energia e milioni di mezzi di sussistenza».   Un video della conferenza stampa tenuta dal Ministro delle Ferrovie pakistano Hanif Abbasi il 26 aprile, in cui ha minacciato che il Pakistan potrebbe usare le sue armi nucleari in risposta all’interruzione dell’acqua, è circolato ampiamente sulla stampa indiana nelle ultime 24 ore.   Si sente Abbasi dire: «se fermano l’acqua, dovrebbero essere pronti per la guerra. Ghori, Shaheen e Ghaznavi (missili terra-terra pakistani, ndr) non sono da esposizione. Li abbiamo tenuti per l’India. Non abbiamo tenuto 130 armi atomiche per un pezzo da esposizione. Non sapete dove si trovino in Pakistan».   Come riportato da Renovatio 21, l’India sta attualmente dando la caccia ai perpetratori della strage, di cui ha bruciato pubblicamente la casa.   Nel frattempo, il Ministro della Difesa pakistano Khawaja Asif ha rilasciato dichiarazioni esplosive in un’intervista con la conduttrice di Sky News Yalda Hakim il 24 aprile, rispondendo alla sua affermazione secondo cui il Pakistan ha storicamente “«ostenuto, appoggiato e finanziato» organizzazioni terroristiche.   «Abbiamo fatto questo lavoro sporco per gli Stati Uniti per circa tre decenni e per l’Occidente, inclusa la Gran Bretagna. È stato un errore e ne abbiamo pagato le conseguenze. Se non fossimo entrati in guerra contro l’Unione Sovietica e dopo l’11 settembre, la storia del Pakistan sarebbe stata ineccepibile».   L’Asif, Ministro della Difesa dall’aprile 2022, ha elaborato la sua accusa secondo cui i gruppi terroristici in Pakistan sarebbero stati «usati come intermediari dagli Stati Uniti».

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«Quando combattevamo la guerra al loro fianco negli anni Ottanta contro l’Unione Sovietica, tutti questi terroristi di oggi, se la spassavano a Washington. Poi è arrivato l’11 settembre. Si è creata di nuovo la stessa situazione. Credo che il nostro governo abbia commesso un errore». Asif ha insistito sul fatto che il Pakistan non avesse nulla a che fare con l’ultimo omicidio di Pahalgam, affermando che il Pakistan è stato danneggiato dal terrorismo, proprio come l’India.   Più avanti nell’intervista, il ministro tuttavia ha incolpato l’India per l’incidente di Pahalgam, insinuando che l’avesse «organizzato» per «creare una sorta di crisi nella regione, in particolare per noi».   Asif ha rilasciato un’intervista di follow-up su questi argomenti alla testata governativa russa RT il 26 aprile, in cui ha spiegato come il Pakistan fosse rimasto coinvolto nelle guerre anglo-americane contro l’Afghanistan e poi dopo l’11 settembre.   «L’introduzione della jihad, inventata dall’Occidente, ha cambiato l’ethos del Paese e ha portato alle sue attuali problematiche. L’intero ethos della società è stato modificato per sostenere il jihad». Durante la guerra in Afghanistan, Islamabad «ha fornito ogni sorta di aiuto» agli Stati Uniti.   In seguito, dice, dopo gli attacchi dell’11 settembre, il Pakistan «si è nuovamente unito alla coalizione».   «Dal nostro territorio, tutti i rifornimenti e le strutture ci arrivavano», ha detto. «Entrambe queste guerre, a mio modesto parere, non sono state le nostre guerre… Abbiamo sofferto molto e gli Stati Uniti ci hanno abbandonato intorno all”89 o al ’90. Se ne sono andati e siamo rimasti a bocca asciutta», ha dichiarato il ministro.   Tre giorni dopo il sanguinoso attacco terroristico del 22 aprile, il dottor Chietigi Bajpaee, Senior Research Fellow del Programma Asia Meridionale e Asia-Pacifico presso il principale think tank di politica estera della Corona britannica, Chatham House (noto anche come Royal Institute of International Affairs), ha previsto che «l’attacco in Kashmir rinnoverà le ostilità tra India e Pakistan» e che «è probabile un’escalation militare».  
  Il Bajpaee discute delle note faglie in Pakistan che hanno generato tali episodi terroristici in passato, di come Londra si aspetta che l’India reagisca e delle ragioni per cui presume che gli Stati Uniti non interverranno come in passato per allentare le tensioni, e prevede «risultati» di diverso tipo.   In primo luogo, che il ruolo internazionale dell’India sarà ridimensionato dal conflitto regionale.   «Nuova Delhi ha cercato di concentrarsi sul ruolo e sulle aspirazioni globali dell’India piuttosto che sulle sue relazioni cronicamente difficili con il Pakistan», ha scritto Bajpaee. In effetti, fino a questa settimana, c’era stato «un certo grado di moderazione strategica nelle relazioni tra India e Pakistan negli ultimi anni», tanto che «di tutti i Paesi con cui il Pakistan confina, il confine con l’India è stato il più stabile negli ultimi anni». La situazione ora cambierà   Allo stesso modo, prevede che tra le «implicazioni regionali più ampie» dell’attacco ci sia il fatto che l’Asia meridionale continuerà a essere «tra le regioni meno integrate economicamente al mondo. L’Associazione dell’Asia meridionale per la cooperazione regionale (SAARC) non tiene un vertice da oltre un decennio, il che è dovuto in gran parte alla sfiducia nelle relazioni tra India e Pakistan», ha scritto. «L’attacco di Pahalgam rende questo evento ancora meno probabile in tempi brevi».   Nemmeno l’analista britannico scarta lo spettro di un nuovo focolaio nucleare. Dopo aver affermato che gli Stati Uniti non interverranno, Bajpaee conclude: «senza una significativa pressione internazionale per una de-escalation, le uniche vere limitazioni per entrambe le parti sono le preoccupazioni di una possibile escalation nucleare e l’impatto di un conflitto sulle loro economie».   Come riportato da Renovatio 21, studi sugli impatti climatici di uno scambio nucleare tra India e Pakistan «hanno scoperto che in tutti gli scenari, le tempeste di fuoco rilascerebbero fuliggine e fumo nell’atmosfera superiore, bloccando il Sole e costringendo le temperature a scendere in media di 10,5° C nel primo mese. Ciò, a sua volta, causerebbe l’abbassamento delle temperature oceaniche e l’espansione del ghiaccio marino di oltre 6 milioni di miglia quadrate, bloccando i principali porti tra cui Tianjin, Copenaghen e San Pietroburgo in Cina».   I ricercatori hanno affermato che le modifiche al ghiaccio marino artico dureranno probabilmente migliaia di anni, descrivendo l’evento come una «piccola era glaciale nucleare».

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Immagine di Agencia Brasil via Wikimedia pubblicata su licenza  Creative Commons Attribution 3.0 Brazil
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Nucleare

Shoigu: le forze NATO in Ucraina potrebbero scatenare la Terza Guerra Mondiale nucleare

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Il dispiegamento di truppe straniere in Ucraina potrebbe portare a un conflitto tra Russia e NATO e, in ultima analisi, alla Terza Guerra Mondiale, ha avvertito Sergej Shoigu, ex ministro della Difesa e ora segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale russo, ribadendo chiaramente che la presenza di truppe straniere in Ucraina potrebbe provocare uno scontro che potrebbe potenzialmente sfociare in una guerra nucleare. Lo riporta la stampa russa.

 

Il termine «forze di peacekeeping» viene usato come copertura per il vero obiettivo di stabilire il controllo sull’Ucraina, secondo il funzionario.

 

I vertici della difesa di diversi stati membri della NATO, guidati dalla Gran Bretagna e Francia, hanno discusso l’idea di dislocare una forza di «mantenimento della pace» in Ucraina. Sostengono che le truppe contribuirebbero a una «pace duratura» tra Russia e Ucraina. La Russia ha respinto l’invio di forze NATO o di truppe provenienti da membri del blocco nell’ambito di una «coalizione dei volenterosi» in Ucraina con qualsiasi pretesto.

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In un’intervista pubblicata giovedì dall’agenzia russa TASS lo Shoigu ha affermato che la presenza di «forze di pace» straniere sui «territori storici della Russia» potrebbe provocare uno scontro diretto tra Mosca e la NATO, che potrebbe degenerare in una terza guerra mondiale. Secondo lui, questo rischio è riconosciuto dai «politici ragionevoli in Europa».

 

Shoigu ritiene che il termine «forze di pace» venga usato per mascherare il vero obiettivo di ottenere il controllo del territorio ucraino e delle sue risorse, sostenendo che sarebbe più corretto descrivere tale forza come «invasori» o «occupanti».

 

Shoigu ha anche osservato che la Russia si era opposta alla presenza di forze militari NATO in Ucraina ancor prima dell’inizio delle ostilità. Uno dei motivi principali per cui la Russia ha lanciato la sua operazione militare nel febbraio 2022 è stata la minaccia di un dispiegamento di infrastrutture militari NATO in Ucraina, ha affermato.

 

Secondo Shoigu, prima dello scoppio delle ostilità, Londra stava costruendo una base navale nella città di Ochakov, nella regione ucraina di Nikolaev. La struttura veniva utilizzata per addestrare le forze speciali navali ucraine e fungeva da piattaforma per condurre operazioni contro la Russia, ha affermato il già ministro della Difesa.

 

Lo scorso gennaio, Kiev e Londra hanno firmato l’accordo di partenariato centenario, che si impegna a valutare la creazione di infrastrutture di difesa in Ucraina, tra cui basi militari, hub logistici e depositi di attrezzature.

 

Il primo ministro britannico Keir Starmer e il presidente francese Emmanuel Macron hanno dichiarato il mese scorso di essere pronti a guidare una coalizione di paesi europei per supportare Kiev con forze di terra e aerei, se e quando l’Ucraina e la Russia raggiungeranno un cessate il fuoco.

 

Mosca ha messo in guardia contro l’invio di forze di peacekeeping non autorizzate in Ucraina, affermando che sarebbero considerate obiettivi legittimi. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha affermato che i piani occidentali di inviare forze di peacekeeping in Ucraina miravano a rafforzare una presenza anti-russa nel Paese, piuttosto che a perseguire un vero accordo.

 

Mosca si riserva il diritto di lanciare un attacco nucleare in risposta a un’aggressione militare occidentale, ha avvertito Sergej Shoigu, segretario del Consiglio per la sicurezza nazionale russo, citando gli emendamenti apportati lo scorso anno alla dottrina nucleare del Paese.

 

 

Come riportato da Renovatio 21, Mosca ha aggiornato la sua dottrina nucleare lo scorso novembre, in seguito alle deliberazioni dei sostenitori dell’Ucraina sulla possibilità di consentire o meno a Kiev di utilizzare missili a lungo raggio forniti dall’Occidente per colpire obiettivi nelle profondità della Russia.

 

Il presidente russo Vladimir Putin ha ampliato l’elenco delle condizioni che potrebbero innescare una risposta nucleare. Tra queste, rientrano gli scenari in cui l’aggressione da parte di uno Stato non nucleare o di un gruppo di Stati, supportati da uno Stato nucleare, potrebbe essere considerata un «attacco congiunto».

 

La dottrina nucleare russa aggiornata, tuttavia, descrive le armi nucleari come «una misura estrema e forzata» e sottolinea l’obiettivo di Mosca di prevenire le tensioni. Mosca «non brandisce» armi nucleari, aveva detto Putin. Il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov a inizio conflitto aveva detto pubblicamente che l’operazione militare speciale di Mosca serviva ad impedire la guerra nucleare.

 

Come riportato da Renovatio 21, ad ogni modo negli scorsi mesi il presidente russo Vladimiro Putin ha dichiarato il potenziamento dell’arsenale atomico del Paese.

 

L’avvertimento giunge nel bel mezzo delle discussioni in Europa occidentale su un possibile dispiegamento di truppe in Ucraina come parte di un possibile accordo di pace, nonché sul piano dell’UE di rimilitarizzare il blocco.

 

Secondo il capo della sicurezza russa, Mosca «sta monitorando attentamente i preparativi militari dei paesi dell’UE». Le armi nucleari potrebbero essere utilizzate «in caso di aggressione» contro la Russia o la Bielorussia, anche in risposta ad attacchi con armi convenzionali, ha affermato Shoigu.

 

 

L’ex ministro anche preso atto delle richieste di Francia e Regno Unito di inviare truppe in Ucraina in seguito a un possibile cessate il fuoco. Mosca ha ripetutamente messo in guardia contro tali misure, affermando che la presenza di personale militare non autorizzato in Ucraina sarebbe considerata un obiettivo legittimo.

 

Da allora le forze ucraine hanno condotto numerosi attacchi a lungo raggio nel profondo territorio russo, utilizzando armi fornite dall’Occidente.

 

Nonostante il processo di pace in corso nel conflitto ucraino mediato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, l’UE si è impegnata a continuare a fornire armi a Kiev e ha adottato misure per militarizzarsi, anche approvando il piano «ReArm Europe» da 800 miliardi di euro.

 

Come riportato da Renovatio 21, vi sono persino membri delll’europarlamento in quota SPD (i socialisti tedeschi) che parlano apertis verbisdi riarmo atomico dell’Europa, argomento rimasto tabù per 80 anni.

 

Come riportato da Renovatio 21, ci sono dentro la Russia voci insistenti che chiedono di cambiare la dottrina nucleare di Mosca. L’ex consigliere per la politica estera del vice capo dell’amministrazione presidenziale russa, Sergej Karaganov ha dichiarato che la Russia dovrebbe rivedere la propria dottrina nucleare e abbassare la soglia nucleare per dissuadere l’Occidente dal perseguire politiche sconsiderate.

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Il politologo, membro onorario del presidio del Consiglio Russo per la Politica Estera e di Difesa (SVOP), in passato ha più volte sollevato in diversi articoli la questione delle armi nucleari e ha suggerito alla Russia di prendere in considerazione la possibilità di effettuare, prima o poi, attacchi nucleari preventivi contro obiettivi in ​​Europa.

Come riportato da Renovatio 21, a poche ore dall’inizio del conflitto, quando l’escalation sembrava inevitabile, Putin disse ai giornalisti occidentali che i loro Paesi stavano venendo trascinati in una guerra nucleare in Europa che non avrebbe avuto vincitori. Nessuno dei nostri giornali riportò l’importanza di questa dichiarazione.

 

Tre settimane fa Theodor Posto, professore emerito del MIT e massimo esperto mondiale di armi atomiche, ha ribadito un concetto che era chiaro durante la Guerra Fredda, ma che ora nell’era della demenza di Biden e dei suoi pupari sembra sfumato: nessuno può vincere una guerra atomica.

 

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0).

 

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Cina

La Cina testa una bomba all’idrogeno non nucleare

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Ricercatori cinesi hanno testato con successo una bomba all’idrogeno non nucleare che ha creato una palla di fuoco prolungata, superando di gran lunga gli esplosivi tradizionali. Lo riporta il giornale di Hong Kong South China Morning Post.   In un articolo di domenica, il quotidiano ha citato lo studio dei ricercatori pubblicato il mese scorso su di una rivista in lingua cinese specializzata in missili. Secondo il rapporto, un team del 705 Research Institute della China State Shipbuilding Corporation (CSSC) – un attore chiave nei sistemi d’arma subacquei – ha sviluppato una bomba da 2 kg composta principalmente da idruro di magnesio, con esplosivi convenzionali come catalizzatore.   In un test sul campo, il dispositivo avrebbe generato una palla di fuoco con temperature superiori a 1.000 gradi centigradi che è durata più di due secondi, ovvero «15 volte di più» di quanto sia in grado di produrre una «esplosione equivalente di TNT».  
 

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Nella reazione, l’idruro di magnesio, un composto originariamente sviluppato come combustibile efficiente, rilascia rapidamente l’idrogeno gassoso immagazzinato, provocando una fiammata prolungata.   Si ritiene quindi che il potere distruttivo del nuovo ordigno esplosivo non risieda nella pressione dell’esplosione, bensì nella capacità di generare calore estremo.   Il South China Morning Post cita Wang Xuefeng, ricercatore scientifico del CSSC, il quale ha spiegato che le sue proprietà consentono anche un «controllo preciso dell’intensità dell’esplosione, ottenendo facilmente la distruzione uniforme di bersagli su vaste aree».   Se completamente sviluppato, il metodo potrebbe presumibilmente dare vita a un’arma simile a un dispositivo termobarico, ideale per annientare strutture difensive e veicoli blindati.   Mentre in passato la produzione di idruro di magnesio era per lo più su piccola scala e piuttosto complicata, di recente la Cina ha sviluppato un metodo di produzione più economico e sicuro e ha costruito un impianto in grado di produrre 150 tonnellate di composto all’anno.   Come riportato da Renovatio 21, la Cina è impegnata nella collaborazione per il nucleare civile con Paesi africani come la Nigeria e il Sudan. Il Dragone persegue da anni sviluppi nella fusione e altre innovazioni come le centrali al torio, ma anche l’utilizzo del plasma.   Secondo una notizia del mese scorso, la Cina costruirà un reattore a fusione-fissione entro il 2030. Ad inizio anno era merso che la Cina aveva triplicato le importazioni di uranio dalla Russia.   Il Pentagono ritiene che la Cina stia espandendo «rapidamente» il suo arsenale atomico. Di contro, Pechino l’anno passato ha dichiarato che gli USA sono «la più grande minaccia nucleare».

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