Storia
Morto il sacerdote che ha testimoniato la Cambogia dei Khmer tossi
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Sacerdote delle Missions Étrangères de Paris è morto in Francia a 85 anni. Nel 1975 era stato tra gli ultimi stranieri a lasciare il Paese di cui aveva poi raccontato la deriva ideologica nel libro Cambogia, anno zero, divenuto un punto di riferimento sul regime di Pol Pot. Tornato a Phnom Penh nel 1993 ha accompagnato la rinascita della Chiesa cambogiana anche grazie alla sue traduzioni della Bibbia e dei catechismi nella lingua locale.
Nella casa di riposo delle Missions Étrangères de Paris a Lauris in Francia, è morto oggi all’età di 85 anni p. François Ponchaud, missionario che ha trascorso ben 56 anni in Cambogia.
Era una figura conosciuta in tutto il mondo come testimone diretto della presa del potere dei Khmer rossi nel 1975, che lo costrinsero all’esilio durante il quale pubblico il libro Cambogia, anno zero, un testo fondamentale su quegli anni drammatici che videro lo sterminio di ben 2,3 milioni di cambogiani. Ma padre Ponchaud è stato anche uno dei protagonisti della faticosa rinascita di questa Chiesa martire del Sud-est asiatico, dove poté tornare poi a svolgere il suo ministero a partire dal 1993.
A Phnom Penh la notizia della sua morte è stata data questa mattina dal vicario apostolico dare la notizia della sua morte alla Chiesa cambogiana è stato questa mattina il vicario apostolico monsignor Olivier Schmitthaeusler. «Ha dedicato tutta la sua vita a servire il Signore e il popolo di Dio come missionario in Cambogia» ha scritto il presule ricordandolo. «Siamo grati per il suo lavoro di traduzione della Bibbia, del Concilio Vaticano II, di molti testi ufficiali della Chiesa cattolica e per la preparazione di tutti i libri per la catechesi, la liturgia e molti seminari di formazione per catechisti e fedeli».
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Come ricorda l’agenzia Ad Extra, promossa dalle Missions Étrangères de Paris, padre Ponchaud era nato l’8 novembre 1939 a Sallanches in Alta Savoia. All’istituto missionario francese ci era arrivato dopo aver prestato servizio militare come paracadutista in Algeria per ventotto mesi. Ordinato sacerdote nel 1964 era arrivato in Cambogia via mare l’anno successivo. Dopo i primi anni dedicati allo studio della lingua khmer aveva servito la prefettura apostolica di Kampong Cham. Quando il 17 aprile 1975, i Khmer Rossi conquistano Phnom Penh fu detenuto nell’ambasciata francese: quando l’8 maggio, pochi giorni dopo, venne espulso fu uno degli ultimi stranieri a lasciare la Cambogia.
In quegli anni il suo libro Cambogia, anno zero (pubblicato in Francia nel 1977 e tradotto poi in otto lingue) rivelò al mondo l’orrore del regime instaurato dai Khmer Rossi. Attraverso l’analisi dei discorsi ufficiali alla radio, Ponchaud decifrava gli obiettivi perseguiti dalla rivoluzione: l’organizzazione della nuova società, la formazione ideologica del popolo e la pretesa creazione di una nuova cultura al prezzo doloroso in termini di sangue che tutti poi avrebbero scoperto.
Anche durante gli anni dell’esilio non smise mai di visitare i rifugiati khmer in Francia, Europa, America e in Thailandia. Poté finalmente tornare in Cambogia nel 1993, dopo gli accordi di Parigi e la fine dell’occupazione vietnamita, riprendendo la sua opera pastorale. Dal 2016 al 2021 – prima del rientro in Francia a causa dell’età e della salute precaria – si era infine ritirato in una piccola parrocchia rurale, dividendo il suo tempo tra le attività spirituali e culturali.
Tra le sue opere va ricordato anche il libro La cattedrale della risaia (anche questo tradotto in italiano da Pimedit) in cui ha ricostruito i 450 anni di storia della Chiesa in Cambogia.
Nel Paese aveva anche fondato il Centro culturale cattolico cambogiano, per insegnare la lingua e la cultura khmer ai giovani missionari e volontari, in modo da servire al meglio il popolo cambogiano.
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Intelligence
La CIA ha cercato di reclutare Winston Churchill
Negli anni Cinquanta la CIA tentò di coinvolgere l’ex primo ministro britannico Winston Churchill, figura di spicco durante la Seconda Guerra Mondiale, per trasmettere messaggi di propaganda attraverso Radio Liberty, un’emittente finanziata dall’agenzia, con l’obiettivo di indebolire l’Unione Sovietica. Lo riporta il giornale britannico Telegraph.
Durante il culmine della Guerra Fredda, Radio Liberty, sostenuta dalla CIA, colpiva l’URSS con trasmissioni propagandistiche, mentre la sua controparte, Radio Free Europe, si concentrava sugli alleati di Mosca. Entrambe le emittenti erano segretamente controllate e finanziate dall’agenzia di intelligence statunitense fino al 1972, per poi fondersi in RFE/RL nel 1976.
Nel 1958, i responsabili di Radio Liberty proposero di sfruttare il «revisionismo» che stava emergendo in Unione Sovietica, capitalizzando le divisioni ideologiche nel marxismo-leninismo per destabilizzare il regime, come indicato sabato dal Telegraph, che cita documenti CIA declassificati.
Secondo i documenti, la CIA puntava a utilizzare i «pensatori revisionisti», che si opponevano a un blocco sovietico compatto, promuovendo invece stati comunisti indipendenti.
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Churchill, all’epoca 83enne e ritirato dalla politica attiva, fu una delle figure di spicco considerate per condurre queste trasmissioni, scrive il Telegraph. Sebbene fosse un convinto anticomunista, come dimostrato dal suo celebre discorso sulla «cortina di ferro» a Fulton nel 1946, non vi sono prove che abbia accettato l’offerta, secondo il rapporto.
I programmi avevano l’obiettivo di «stimolare il pensiero eterodosso» e «minare la fiducia nel marxismo, suggerendo che i suoi principi fondamentali, il suo metodo storico e le sue previsioni fossero errati», secondo una nota informativa della CIA citata dal giornale.
Churchill aveva un rapporto personale con l’allora direttore della CIA, Alan Dulles. Tuttavia, nella primavera del 1958, quando gli fu proposto di partecipare a un programma di propaganda, declinò l’invito a visitare Washington per motivi di salute, come riportato dal Telegraph.
Più recentemente, RFE/RL ha continuato a ricevere finanziamenti da Washington attraverso l’Agenzia statunitense per i media globali (USAGM), fino ai tagli di bilancio imposti dal presidente Donald Trump, nell’ambito del suo programma di riduzione della spesa pubblica.
Il mese scorso, l’USAGM ha annunciato il licenziamento di oltre 500 dipendenti, dopo centinaia di tagli nei mesi precedenti.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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