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Mons. Viganò parla della chiesa ridotta a simulacro con un unico dogma irrinunciabile: riconoscere il Concilio Vaticano II

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Renovatio 21 pubblica questo testo dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò. La prima parte è stata pubblicata qui pochi giorni fa.

 

 

NON SEQUITUR

Ulteriori precisazioni in risposta alla replica del Prof. Daniele Trabucco

 

 

Non posso che condividere quasi tutto ciò che il prof. Trabucco ha argomentato in risposta al mio commento (1). Sul blog di Duc in Altum egli scrive infatti (2):

 

«Un santo che obbedisce a un provvedimento disciplinare ingiusto ma non contrario alla fede (come nel caso di Padre Pio) compie un atto di eroica abnegazione, perché riconosce che anche nella durezza e nell’iniquità il comando non rompe il legame con il deposito rivelato. Diversa è, invece, la situazione in cui un’autorità ecclesiastica comanda ciò che contraddice la fede: in quel caso l’ordine non è più autenticamente disciplinare, ma si trasforma in una deviazione che colpisce la stessa ratio dell’autorità. Qui il rifiuto non è ribellione, ma fedeltà»

 

Dato come valido questo principio – che faccio mio sine glossa – mi trovo però in difficoltà ad accettare come valida l’eccezione che Trabucco aggiunge subito dopo:

 

«Tuttavia (…) tale rifiuto non può mai tradursi in atti di natura scismatica, né in atteggiamenti che producano pubblico scandalo. Perché se è vero che disciplina e fede si completano, è altrettanto vero che la disciplina, in quanto ordine visibile, serve anche a custodire l’unità della Chiesa. E l’unità è parte del bene comune soprannaturale del Corpo mistico. Non si può, dunque, difendere la verità della fede al prezzo di lacerare la comunione ecclesiale». 

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È vero che «la disciplina, in quanto ordine visibile, serve anche a custodire l’unità della Chiesa. E l’unità è parte del bene comune soprannaturale del Corpo mistico». Ma l’unità che si ottiene mediante l’obbedienza è l’effetto e non la causa della professione della medesima Fede: si è uniti nella Chiesa sotto l’autorità del Romano Pontefice perché si crede la stessa dottrina, non l’inverso. Ed è questo l’errore che inficia l’argomentazione del prof. Trabucco sull’obbedienza.

 

Il rifiuto di obbedire a un’autorità ecclesiastica, quando essa comanda ciò che contraddice la Fede, non può costituire un attentato all’unità, perché è l’ordine illegittimo del Superiore ad essere di natura scismatica e di scandalo, non la disobbedienza del suddito fedele a Dio.

 

Se il rifiuto di obbedire a un’autorità o a un ordine illegittimi «non è ribellione, ma fedeltà»; se la Regula Fidei è il principio supremo che trova la propria ragione nella Verità coessenziale e consustanziale a Dio (3); se l’obbedienza stessa, come virtù morale, è ordinata al bene e quindi al Vero, perché Fede e disciplina, come afferma il prof. Trabucco, «pur diverse nell’oggetto, sono unite nel fine: la gloria di Dio e la salvezza delle anime»; come può il Professore affermare: «Non si può, dunque, difendere la verità della fede al prezzo di lacerare la comunione ecclesiale»? Posto un principio assoluto, com’è possibile derogarvi con un’eccezione che rende assoluta l’unità nell’obbedienza e relativa ad essa la Verità? 

 

È vero il contrario: non si può difendere la comunione ecclesiale a prezzo di lacerare la Verità della Fede, perché è l’obbedienza ad essere ordinata alla Fede, e non viceversa (4).

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Aggiungo che chi contraddice, adultera o tace la Fede è il primo a dare scandalo, specialmente se si trova nella posizione di forza coercitiva di un Superiore ecclesiastico rispetto a un sacerdote o a un religioso; e che è dovere di ogni battezzato difendere e proclamare la sana dottrina e denunciare chi, costituito in autorità, ne abusa con gravissimo scandalo dei semplici, i quali giustamente sono abituati ad obbedire – istintivamente direi quasi – all’autorità della Gerarchia e considerano il suo traviamento come impensabile, in condizioni normali.

 

Ciò vale specialmente per il sacerdote sottoposto alla giurisdizione dei suoi Superiori e alle sanzioni che essi possono comminargli: la disobbedienza doverosa ad un ordine abusivo e illecito comporta sanzioni canoniche per chiunque doverosamente resista, come auspicato da Trabucco. È questo lo scandalo: non il denunciare la corruzione dell’Autorità ecclesiastica. Così come è uno scandalo che eretici, scismatici, corrotti e fornicatori notori non siano perseguiti ma anzi incoraggiati, mentre viene dichiarato scismatico e scomunicato chiunque denuncia la crisi, ne indica le cause e i responsabili, i quali da sessant’anni detengono fraudolentemente il potere e ne possono abusare a piacimento.

 

La Comunione dei Santi – che è archetipo e modello della comunione ecclesiale – è fondata in Dio, che è Verità, non obbedienza. Dio non è obbediente, perché ciò presupporrebbe un’autorità a Lui superiore. L’obbedienza del Figlio – factus obœdiens usque ad mortem (Fil 2, 8) – è unità di volontà (idem velle) tra le Tre Divine Persone, senza un interno rapporto gerarchico tra Loro (5).

 

Al tempo stesso, Dio è il destinatario principale di ogni obbedienza, perché obbedendo ai Superiori cui Egli ha concesso autorità, noi obbediamo comunque a Dio. Ma non può esistere obbedienza, se il Superiore che chiede di essere obbedito non riconosce a sua volta l’autorità di Dio sopra di sé. Quell’obbedienza accetterebbe la premessa, anche solo teorica, di poter disobbedire a Dio per obbedire agli uomini, contravvenendo il precetto di San Pietro (At 5, 29) e rendendo l’autorità terrena autoreferenziale e quindi potenzialmente tirannica.

 

In questo, il concetto di sinodalità si mostra come assolutamente eversivo dell’ordine voluto da Dio, in quanto manomette la struttura monarchica della Chiesa – sul modello di Cristo Re e Pontefice che ne è Capo – facendo risiedere la sovranità nel popolo (anche se in realtà il potere, come nelle repubbliche civili, è nelle mani di un’élite) e affermando «che Cristo abbia voluto che la Sua Chiesa fosse governata nel modo di una repubblica» (6).

 

Solo la sottomissione universale a un Dio verace e buono rende l’obbedienza mezzo sicuro di santità per chi obbedisce ai Superiori. Ed è per questo che abbiamo la ragione e il sensus Fidei: per discernere quando l’obbedienza è un atto virtuoso e quando invece «si trasforma in una deviazione che colpisce la stessa ratio dell’autorità». 

 

Se il prof. Trabucco riconosce la possibilità che vi siano Superiori ecclesiastici che impartono ordini contrari alla Fede o alla Morale (una possibilità peraltro confermata da quotidiani abusi dell’autorità contro i Cattolici tradizionali e da altrettanto quotidiane tolleranze verso scandali inauditi), egli deve anche ammettere da parte del sottoposto la possibilità che questi respinga gli ordini illegittimi del Superiore. La scala gerarchica della Chiesa consente di adire un’Autorità superiore quando ci si trova in conflitto con un’altra autorità a questa sottoposta.

 

Ma se i vertici della scala gerarchica – in questo caso, il Romano Pontefice e i Dicasteri Romani – sono essi stessi coinvolti in un generale sovvertimento della Fede (ad iniziare dalla recente dichiarazione di Leone secondo cui « «dobbiamo cambiare gli atteggiamenti» prima di poter cambiare la dottrina) (7) è evidente che il ricorso gerarchico è impraticabile e che nessuna autorità terrena può porre rimedio alla disobbedienza dei Superiori.

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In sostanza: nell’evidente disobbedienza generale dell’Autorità a tutti i livelli, come può rimanere obbediente un sacerdote o un semplice fedele ad essa sottoposto, se non continuando ad obbedire a Dio piuttosto che agli uomini? 

 

Questo è il vero olocausto della volontà di cui parlano i mistici: saper essere obbedienti fino alla morte, e alla morte di croce, nell’obbedienza a Dio. Ma mai, per nessun motivo, poter nemmeno immaginare di obbedire cortigianamente a Superiori eretici e scismatici, per timore di infrangere «con atti di natura scismatica» l’apparente unità della loro chiesa.

 

Perché quell’unità che essi rivendicano è un simulacro, una finzione, una grottesca impostura dietro cui si nasconde l’indifferentismo del pantheon sinodale, nel quale trovano posto tanto i conservatori di Summorum Pontificum quanto i progressisti LGBTQ+ di James Martin, la Madonna di Fatima e la Pachamama, il Vetus e il Novus Ordo. Unico dogma irrinunciabile: riconoscere il Concilio Vaticano II, la sua ecclesiologia, la sua morale, la sua liturgia, i suoi santi e martiri e soprattutto i suoi scomunicati e i suoi eretici, ossia i «tradizionalisti radicali» non addomesticabili alle nuove istanze sinodali.

 

Sul resto, in nome dell’unità ecumenica e sinodale, Leone ha esplicitamente detto che si può tranquillamente glissare, compreso il Filioque [8]. Ma sul Vaticano II no: esso è atto fondativo di una chiesa che nasce nel 1962 e che rivendica l’autorità della vera Chiesa, dal cui Magistero prende però le distanze e si oppone. 

 

Ci troviamo dunque dinanzi ad un’Autorità – l’autorità suprema – palesemente disobbediente a Cristo Capo del Corpo Mistico, ma che usurpando l’autorità di Cristo pretende di decidere in cosa il sottoposto debba esserle obbediente, disobbedendo ai comandi di Dio. 

 

Possiamo anche solo immaginare di poter riconoscere come legittima questa autorità e di doverle obbedienza, per non lacerare quell’unità che la Gerarchia ha già infranto con la propria disobbedienza a Dio? Dovremmo forse ratificare i suoi abusi, rendendoci complici dei traditori della Verità?

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

23 Settembre 2025
S.cti Lini Papæ et Martyris
S.ctæ Theclæ Virginis et Martyris

 

 

NOTE

1) Cfr. https://exsurgedomine.it/250917-trabucco-ita/

2) Cfr. https://www.aldomariavalli.it/2025/09/21/a-proposito-di-obbedienza-note-sulle-osservazioni-di-monsignor-vigano/

3) Sant’Agostino, De Trinitate, VIII, 2: Dio è la verità stessa – ipsa veritas –, e tutto ciò che è vero deriva da Lui, perché Egli è l’origine di ogni verità.

4) Lo ricorda anche il decreto del Sant’Uffizio del 20 Dicembre 1949 a condanna del movimento ecumenico: Questa unità non può essere raggiunta se non nel riconoscimento della verità cattolica.

5) Sant’Agostino, In Joannis Evangelium tractatus, 51, 8: L’obbedienza di Cristo non è una diminuzione della Sua divinità, ma un’espressione della Sua perfetta unione con il Padre, poiché la volontà del Figlio è una con quella del Padre.

6) Pio VI, Breve Super soliditate del 28 novembre 1786, a condanna del febronianesimo. Questa dottrina si inserisce nel contesto dell’Illuminismo e delle tensioni tra il potere temporale degli Stati e l’autorità della Chiesa Cattolica, promuovendo una visione che limitava il primato del Papa e rafforzava l’autonomia delle Chiese nazionali e dei Vescovi locali. Febronio (pseudonimo di Johann Nikolaus von Hontheim, Vescovo di Treviri) sosteneva che l’autorità del papa non fosse assoluta, ma derivasse dalla Chiesa universale, intesa come comunità dei fedeli e dei Vescovi. Il febronianesimo influenzò anche il Conciliabolo di Pistoia (1786), nel quale compaiono sostanzialmente identiche le medesime istanze ereticali che ritroveremo nel Vaticano II.

7) Cfr. https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2025/09/papa-leone-parla-con-elise-ann-allen-di.html

8) Cfr. https://youtube.com/watch?v=IkPJn2L9BBs&si=oGcPhGwR5nxQ6jva

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Renovatio 21 offre questo testo di monsignor Viganò per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Ambiente

Viganò: «non vi è alcuna emergenza climatica, Prevost profeta del globalismo massonico»

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha affidato al social X una riflessione su Chiesa e cambiamento climatico.   «Se vi fosse veramente un’emergenza climatica – alla quale le organizzazioni globaliste rispondono con mezzi non adeguati, mentre la Chiesa Cattolica propone soluzioni ragionevoli e coerenti con il Vangelo e con la sua Dottrina sociale – si potrebbe credere che in questi appelli della Santa Sede vi sia una qualche buona intenzione.   «Ma non vi è alcuna emergenza climatica: gli allarmi dei globalisti sono pretestuosi – come sappiamo dalle ammissioni degli stessi fautori di questa frode – e servono a creare un pretesto per legittimare politiche di dissoluzione del tessuto sociale e di distruzione dell’economia delle Nazioni, volte a consentire il controllo della popolazione mondiale» dichiara Sua Eccellenza.   «Per questo motivo gli appelli di Prevost costituiscono una forma di scandalosa complicità con gli artefici del golpe globalista, perché ratificano una menzogna colossale, invece di denunciare il loro crimine contro Dio e contro l’umanità».  

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«E nel frattempo migliaia di piccole imprese e milioni di famiglie si trovano condotte al fallimento o distrutte, a tutto vantaggio delle multinazionali facenti capo a BlackRock, Vanguard, StateStreet… La menzogna è il marchio distintivo di tutto ciò che fa e dice l’élite globalista».   «Prevost si pone come profeta del globalismo massonico e prosegue la linea di totale asservimento tracciata dal predecessore Bergoglio. La Chiesa di Roma è divenuta ostaggio dei suoi nemici e le viene lasciata libertà solo nella misura in cui essa ratifica i crimini e le menzogne del globalismo: transizione green, sostituzione etnica, politiche vaccinali, parità di genere, agenda LGBTQ+».   Negli scorsi anni monsignor Viganò ha attaccato con veemenza la «frode climatica, religiosa, pastorale» di Bergoglio, accusando l’«ideologia ambientalista e neomalthusiano del Vaticano», scagliandosi contro il green deal il cui programma è «decimare la popolazione, rendere schiavi i superstiti».   Nelle scorse settimane il prelato lombardo aveva dichiarato che «Leone ambisce al ruolo di presidente del Pantheon ecumenico della Nuova Religione Glonale di matrice massonica».

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Spirito

Langone e le ceneri delle gemelle suicide Kessler «brave post-cristiane»

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Lo scrittore Camillo Langone ha trattato il tema del suicidio delle gemelle Kessler nella Preghiera, suo corsivo giornaliero su Il Foglio, di oggi.

 

Dopo aver lamentato «il silenzio della Chiesa gerarchica sulla tetra vicenda», Langone sottolinea il fatto che «le famose gemelle da brave post-cristiane hanno scelto di farsi cremare e, disposizione ulteriore, di mescoli le proprie ceneri con quelle della madre. Non solo per una sorta di terribile fusione romantica, ma perché “l’urna comune fa risparmiare spazio. Al giorno d’oggi si dovrebbe risparmiare spazio ovunque, anche al cimitero”».

 

«Ciò significa che la propaganda antiumana ha funzionato davvero bene. Gli europei si stanno estinguendo, la civiltà sta arretrando, le foreste stanno avanzando, e la gente pensa che siamo troppi» continua lo scrittore parmigiano.

 

«La cremazione sta dilagando e, è già largamente maggioritaria in Germania e nelle regioni italiane più disperate (più disperate riguardo la resurrezione dei corpi) come l’Emilia, e le vecchie signore temono che non ci sia posto per loro al cimitero. Invece è il contrario, nei cimiteri fra poco di posto ce ne sarà tantissimo, basta frequentarli per capire che il culto dei morti sta agonizzando. Mentre divampa il culto del vuoto e dell’oblio. Civiltà bruciata».

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Come scritto su Renovatio 21, il suicidio delle gemelle Kessler rappresenta una pagina intensa della storia della Necrocultura pubblica.

 

Riguardo la cremazionismo Langone negli anni ha scritto diverse volte. «La cremazione è appunto una “rivolta anticristiana” (Robert Redeker), siccome “non si crede più alla resurrezione del corpo” (Jean Clair). La cremazione è ormai la norma» ha scritto l’autore del Manifesto per la destra divina.

 

«I panteisti, in Italia ormai maggioranza come prova il boom della cremazione, disertano le lezioni della morte e un popolo senza novembre, un popolo che non prende sul serio la morte, è un volgo fatuo destinato a essere disperso così come disperde i resti dei suoi defunti. La morte è una scuola di serietà: sia obbligatoria la frequenza».

 

Particolarmente struggente il testo nel quale Langone, anni fa, rifletteva sulla decisione della madre.

 

«Sospettavo che ci fosse della retorica nella cremazione come apoteosi della leggerezza e dell’impatto zero. Ma non ero sicuro che fosse, come invece è, solo retorica, nient’altro che retorica. Scopro che le ceneri non sono il prodotto del fuoco: le fiamme non inceneriscono il cadavere limitandosi a bruciare la carne, ciò che rimane deve essere lavorato ulteriormente, sminuzzato da una speciale, energivora macchina tritaossa (dettaglio che non viene molto pubblicizzato, chissà come mai)».

 

«Scopro che sono oltre due chili di materiale. Le ceneri non sono cipria, non sono polline, non sono pensieri che volano nel vento. Sono un sacco di cemento che cade in acqua con un tonfo. Nel pomeriggio un’amica di mia madre, ancora ignara dell’accaduto, al termine di una telefonata penosa chiede dove può andare a pregare per lei. Da nessuna parte, signora».

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia; immagine modificata

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Spirito

La nota Mater Populi Fidelis è un documento diabolico

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Il testo seguente è stato scritto da un sacerdote americano, membro della Fraternità Sacerdotale San Pio X. La sua confutazione è molto accurata e di facile comprensione per i fedeli, per i quali è stata scritta. FSSPX Attualità è lieta di pubblicare questo documento, per l’onore della Beata Vergine Maria e a beneficio dei suoi lettori.   Mi è stato chiesto di esprimere la mia opinione sul documento pubblicato dal Vaticano, che stabilisce che i cattolici non dovrebbero più usare i titoli di «Corredentrice» o «Mediatrice di tutte le Grazie» in riferimento alla Madonna. La mia opinione è che questo documento sia pessimo, persino diabolico. Mi sembra addirittura peggiore dell’approvazione della benedizione delle coppie omosessuali in Fiducia supplicans, perché Mater Populi Fidelis è un attacco alla dottrina, e gli attacchi alla dottrina sono sempre peggiori degli attacchi alla morale.   Se la Madonna non è Corredentrice, allora la dottrina dell’Assunzione è priva di significato, la Madonna non schiaccia la testa del serpente e non dovremmo venerarla con iperdulia. Inoltre, è illogico per noi fare una consacrazione totale alla Madonna, perché la dottrina di San Luigi Maria di Montfort su cui si basa questa consacrazione è pericolosa, persino erronea.   Queste sono le implicazioni di Mater Populi Fidelis, che evita accuratamente di insegnare un’eresia aperta, ma semina dubbi sulle dottrine mariane tradizionali ed è intrisa di veleno. Guardiamo Mater Populi Fidelis per spiegare i gravi problemi che presenta: in primo luogo, il problema del suo spirito, e poi il problema del suo insegnamento.

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1. Lo spirito del testo

a) Prospettiva protestante

Questo documento presenta una prospettiva protestante sul rapporto tra Nostro Signore e la Madonna. Da questa prospettiva, Nostro Signore e la Madonna sono in competizione. Tutto ciò che viene dato alla Madonna viene tolto a Nostro Signore. Se la Madonna ha un ruolo nella nostra redenzione, allora si aggiunge all’opera di Nostro Signore. Pertanto, dobbiamo sempre essere molto attenti quando onoriamo la Madonna, per non mancare di rispetto a Nostro Signore. Né dovremmo attribuirle un ruolo a fianco di Nostro Signore nella nostra redenzione.   La prospettiva cattolica è opposta. Crediamo che ogni onore reso alla Madonna contribuisca all’onore reso a Nostro Signore. La ragione di ciò è che la Madonna è la più grande creazione di Nostro Signore; rende più evidente la Sua grandezza e ci avvicina sempre di più a Nostro Signore. San Luigi lo esprime così: «Maria è stata finora fraintesa, e questa è una delle ragioni per cui Gesù Cristo non è conosciuto come dovrebbe essere», Trattato della vera devozione alla Beata Vergine, § 13 (VD).   Inoltre, riteniamo che Nostro Signore e la Madonna operino insieme in ogni cosa, e non separatamente. La Madonna è stata scelta da Nostro Signore per assisterLo nell’opera della Redenzione, e non per competere con Lui per onore e gloria. E proprio come avere un assistente che aiuti a preparare un pasto non sminuisce la gloria dello chef, soprattutto quando l’assistente ha imparato tutto dallo chef, così chiedere alla Madonna di unirsi a Lui nella Sua opera di redenzione dell’umanità, quando è la Sua creatura più grande, non sminuisce la gloria di Nostro Signore.   Considerando questo, consideriamo i passaggi della Mater Populi Fidelis, che esprimono la preoccupazione che chiamare la Madonna «Corredentrice» o «Mediatrice di tutte le Grazie» implichi che ella aggiunga qualcosa all’opera di Nostro Signore: «Né la Chiesa né Maria possono sostituire o perfezionare l’opera redentrice del Figlio di Dio incarnato, che è stata perfetta e non ha bisogno di aggiunte» (n. 21). «È inevitabile che [il termine mediazione] venga applicato a Maria in senso subordinato, e in nessun modo si intende aggiungere efficacia o potenza all’unica mediazione di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo», mentre chiamarla Mediatrice di tutte le Grazie aggiungerebbe qualcosa (n. 25).   «Maria non sostituisce il Signore in nulla che Egli non faccia (deroga) [cioè, non gli toglie nulla] o lo completi (aggiunta). Se, nella comunicazione della grazia, non aggiunge nulla alla mediazione salvifica di Cristo, Maria non dovrebbe essere considerata uno strumento primario di questo dono» (65c).   Pertanto, il documento considera la Corredentrice e Mediatrice di tutte le grazie da una prospettiva protestante, e poi afferma che non possiamo usare questi titoli.

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b) Prospettiva giansenista

Durante la sua vita, San Luigi Maria di Montfort affrontò gli attacchi dei giansenisti. Erano come dei protestanti all’interno della Chiesa cattolica, in quanto avevano sempre paura di tributare troppo onore alla Madonna, per timore di sminuire l’onore dovuto a Nostro Signore.   San Luigi li definì «scrupolosi devoti della Madonna». Ecco le sue parole: «I devoti scrupolosi sono coloro che temono di disonorare il Figlio onorando la Madre, di abbassare l’uno esaltando l’altra. Non sopportano di vedere la Beata Vergine lodata con la stessa giustizia dei Santi Padri; difficilmente tollerano che ci siano più persone inginocchiate davanti a un altare di Maria che davanti al Santissimo Sacramento, come se l’una fosse contraria all’altra; come se coloro che pregano la Beata Vergine non pregassero Gesù Cristo attraverso di lei! Non vogliono che si parli così spesso della Beata Vergine, né che ci si rivolga così frequentemente».   «[Questi devoti dicono]: Dobbiamo ricorrere a Gesù Cristo; egli è il nostro unico mediatore, dobbiamo predicare Gesù Cristo, ecco il centro!» Ciò che dicono è vero in un certo senso, ma in relazione all’applicazione che ne fanno, per impedire la devozione alla Santissima Vergine, è molto pericoloso e una sottile trappola del maligno, con il pretesto di un bene maggiore, poiché mai Gesù Cristo è onorato più di quando la Santissima Vergine è onorata di più, poiché ella è onorata solo per onorare Gesù Cristo più perfettamente, poiché ci si rivolge a lei solo per trovare il fine a cui si tende, che è Gesù. (VD, § 94)   Il documento Mater Populi Fidelis condivide gli stessi scrupoli dei giansenisti, temendo che i titoli di Corredentrice e Mediatrice di tutte le Grazie, applicati alla Madonna, possano minare l’unica mediazione di Nostro Signore.   Corredentrice: «Questo titolo rischia di oscurare l’unica mediazione salvifica di Cristo e, pertanto, può generare confusione e squilibrio nell’armonia delle verità della fede cristiana, perché ‘in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati’ (At 4,12)… [l’espressione corredentrice] non aiuta ad esaltare Maria come prima e massima collaboratrice dell’opera della Redenzione e della grazia, perché il pericolo di oscurare il ruolo esclusivo di Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo per la nostra salvezza, l’unico capace di offrire al Padre un sacrificio di infinito valore, non costituirebbe un vero onore alla Madre.» (n. 22)   Mediatrice: «Come insegna il Concilio Vaticano II, ‘ogni salutare influsso della beata Vergine verso gli uomini […] favorisce e non impedisce minimamente l’unione immediata dei credenti con Cristo’. Per tale motivo, si deve evitare qualsiasi descrizione che faccia pensare, in modo neoplatonico, a una sorta di effusione della grazia per gradi, come se la grazia di Dio discendesse attraverso distinti intermediari – come Maria – mentre la sua fonte ultima (Dio) rimanesse scollegata dal nostro cuore. Queste interpretazioni incidono negativamente sulla corretta comprensione dell’incontro intimo, diretto e immediato, che la grazia realizza tra il Signore e il cuore del credente (…) Non si fa onore a Maria attribuendole una qualsiasi mediazione nel compimento di quest’opera esclusivamente divina». (n. 55)   È necessario sottolineare una certa ipocrisia da parte dell’autore, il Cardinale Victor Fernández. Egli è tormentato dalla preoccupazione che i titoli di Corredentrice e Mediatrice di Tutte le Grazie possano seminare confusione tra i fedeli e costituire ostacoli alla loro unione con Dio, che possano fuorviarli quando è facile comprenderli nel loro corretto significato. Ma non sembrava preoccupato che la sua approvazione della benedizione delle coppie omosessuali nella Fiducia Supplicans potesse inviare loro un messaggio sbagliato o fuorviarli! Possiamo solo chiederci quale senso pastorale abbiano questi prelati quando da un lato si preoccupano dell’eccessiva devozione alla Madonna, mentre dall’altro benedicono contemporaneamente un vizio innaturale. Questi sono uomini che purtroppo sono confusi riguardo al bene delle anime, condannando ciò che è bene e approvando ciò che è male. Sono veri e propri falsi profeti che sviano le anime.   In breve: la Madonna non è un ostacolo all’unione con Nostro Signore. Al contrario, è il mezzo più perfetto per unire noi a Nostro Signore. Dio l’ha resa il mezzo più perfetto scegliendola per cooperare con Lui nell’opera della nostra Redenzione e salvezza. Quando diventiamo freddi verso la Madonna e neghiamo i ruoli che Dio le ha affidato, ci separiamo da suo Figlio!

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2. Un insegnamento pericoloso

a) Problema principale

Il pericoloso insegnamento della Mater Populi Fidelis e la sua eccessiva cautela riguardo all’onore accordato alla Madonna rivelano che il suo problema centrale è questo: pone la Madonna sullo stesso livello di noi, sebbene dovrebbe essere la più alta di questo rango, invece di essere collocata in un rango diverso nel regno soprannaturale.   Vale la pena ricordare che i cattolici riconoscono ai santi un onore chiamato «dulia», un onore accordato ai servi di Dio, mentre noi riconosciamo alla Madonna un onore chiamato «iperdulia». Questo onore accordato alla Madonna è di un ordine diverso e superiore a quello accordato agli altri santi. La ragione di questa differenza è che solo la Madonna è inclusa nell’ordine stesso della nostra redenzione, mentre gli altri santi non lo sono: Dio chiese alla Madonna di unirsi a Nostro Signore nell’atto stesso della Redenzione. Le diede il potere di farlo; lei cooperò con questa grazia, ed era quindi una vera Corredentrice.   Nessun altro è incluso nell’ordine della Redenzione; noi veniamo dopo e non possiamo esservi inclusi.   Consideriamo le parole di San Pio X nell’enciclica Ad Diem Illum, che spiega come la Madonna sia corredentrice e mediatrice di tutte le grazie:   «È quindi lungi da noi attribuire alla Madre di Dio un potere di produrre grazie, un potere che appartiene solo a Dio. Tuttavia, poiché Maria supera tutti gli altri in santità e in unione con Gesù Cristo, e poiché è stata associata da Gesù Cristo all’opera della redenzione, Ella merita per noi de congruo, come dicono i teologi, ciò che Gesù Cristo ha meritato per noi de condigno, ed Ella è la suprema ministra della dispensazione delle grazie». (§ 14)   San Pio X afferma che la Madonna ha meritato tutte le grazie della nostra redenzione, come Nostro Signore, ma le ha meritate in modo diverso. Nostro Signore le ha meritate in tutta giustizia (de condigno), cosa che la Madonna non poteva fare, perché non è Dio. Li ha meritati in modo proporzionato (de congruo): Dio le ha concesso questo merito come congrua ricompensa per il suo atto. Poiché ha meritato le grazie, ha anche il diritto di distribuirle.   Ecco le parole di Papa Benedetto XV: «Maria, con il Figlio sofferente e morente, ha sopportato la sofferenza e quasi la morte. Ha rinunciato ai suoi diritti materni sul Figlio per procurare la salvezza dell’umanità e, per placare la giustizia divina, ha sacrificato il Figlio, nella misura in cui le è stato possibile, così da poter affermare con verità che insieme a Cristo ha redento l’umanità» (Breve Inter Sodalicia).   Affermare che «con Cristo ha redento l’umanità» significa affermare che fa parte dell’ordine della nostra redenzione in quanto Corredentrice.   Chi legge la Mater Populi Fidelis, tuttavia, ha chiaramente l’impressione che la Madonna non occupi un posto all’interno dell’ordine stesso della nostra redenzione e salvezza, ma piuttosto che sia allo stesso livello di noi in queste questioni, ma al livello più alto. Il documento procede in tre modi:  
  • riferendosi sistematicamente alla Madonna solo come Madre e mai come Regina, Corredentrice o Mediatrice di tutte le grazie; al contrario, ci viene detto che non dovremmo usare questi ultimi due titoli per la Madonna;
  • paragonando frequentemente la Madonna ad altri credenti;
  • non attribuendo mai alla Madonna un ruolo universale.
Questo è molto chiaro nella sezione dedicata alla Madonna come «prima discepola» di Nostro Signore (73-75), che cita papa Francesco che afferma: «è più per Maria essere discepola di Cristo che essere stata sua Madre». Lo scopo evidente di questo insolito titolo della Madonna è quello di metterla sullo stesso piano di noi nell’ordine della redenzione. La Madonna non è con Nostro Signore; è con noi, i discepoli di Nostro Signore.   L’introduzione al documento ci dice che il suo scopo è parlarci del posto della Madonna: «questo testo, mentre chiarisce in che senso sono accettabili o meno alcuni titoli ed espressioni riferiti a Maria, allo stesso tempo si propone di approfondire i corretti fondamenti della devozione mariana, precisando il posto di Maria nella sua relazione con i fedeli». La lettura del testo chiarisce qual è questo posto: Ella è una discepola al nostro stesso livello, e non una Corredentrice e Mediatrice associata a Nostro Signore in tutto ciò che Egli fa per la nostra redenzione e salvezza.   Il documento ribadisce costantemente che Nostro Signore è il nostro unico Mediatore e sottolinea che tutti i credenti hanno un ruolo da svolgere nel Suo piano per la nostra salvezza (vedi in particolare i paragrafi 28-33). La Madonna è collocata nella categoria di questi credenti, sottolineando al contempo che è la più elevata in questa categoria.

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b) Conseguenze

Quali sono le conseguenze del collocare la Madonna sullo stesso livello di tutti gli altri, privandola dei titoli di Corredentrice e Mediatrice di Tutte le Grazie? Queste conseguenze non sono esplicitamente dichiarate nel documento, il che è molto intelligente, ma sono numerose e devastanti.   La venerazione della Madonna attraverso l’iperdulia e il titolo di «Mediatrice di tutte le Grazie» non sono dottrine de fide, ma piuttosto qualificate come sententia communis (vedi Ludwig Ott, Fundamentals of Catholic Dogma, pp. 212-216). Una dottrina di «insegnamento comune» «appartiene di per sé all’ambito delle libere opinioni, ma è generalmente accettata dai teologi» (Ott, p. 10).   Ma il rifiuto di queste dottrine mina l’autorità del magistero preconciliare che le ha insegnate, seppur informalmente, e, altrettanto gravemente, mina ciò che crediamo riguardo alla Madonna e quindi anche la nostra devozione nei suoi confronti.   Come affermato sopra, è illogico venerare la Madonna con iperdulia se non appartiene, di fatto, a un ordine diverso dal nostro. Ci si potrebbe anche chiedere perché sia ​​stata assunta in cielo (che è un dogma di fede), poiché una delle ragioni principali dell’Assunzione è che sarebbe stata ricompensata con i frutti della Redenzione alla sua morte, avendo meritato questi frutti con Nostro Signore come Corredentrice. Sarebbe anche difficile comprendere come abbia schiacciato la testa del serpente se non fosse stata Corredentrice, poiché è stato attraverso l’atto della Redenzione che il dominio di Satana è stato sconfitto.   Inoltre, non ci sarebbe motivo per noi di consacrarci interamente alla Madonna, poiché questa consacrazione si basa sul fatto che lei è Corredentrice e Mediatrice di tutte le grazie; l’intera prospettiva di San Luigi sulla consacrazione deriva dalla sua convinzione che la Madonna sia stata scelta dalla Santissima Trinità per svolgere un ruolo universale nella salvezza delle anime. Se Dio non le ha dato questo potere, perché consacrarci a lei?   Poiché gli insegnamenti cattolici riguardanti la Madonna sono tutti interconnessi, indebolirne o eliminarne uno indebolisce anche gli altri. Se affermiamo che la Madonna non è Corredentrice e Mediatrice di tutte le grazie, concludiamo logicamente che non abbiamo bisogno di concederle iperdulia, che non abbiamo bisogno di lei per la nostra salvezza e che i suoi altri privilegi potrebbero essere infondati. In breve, scivoliamo rapidamente in una mentalità protestante. Questo è un terreno pericoloso che ci fa tremare di sacro timore per la nostra salvezza!   Il Cardinale Fernandez afferma che comprendere il ruolo di Maria richiede «un particolare sforzo ecumenico». Ma qualsiasi sforzo volto a rendere la nostra fede più accettabile ai protestanti, e che ci porta a sminuire la dignità che Dio ci ha donato, è un falso ecumenismo e una grave infedeltà a Dio. Piuttosto che cercare di diluire l’insegnamento della Chiesa sulla Madonna in questi tempi di crisi di fede, dobbiamo invece ancorarci a lei consacrando noi stessi, le nostre famiglie e tutto ciò che possediamo a lei. Nella misura in cui le sue prerogative sono sotto attacco, dobbiamo donarci a lei in modo più completo, come suoi servi e come sua proprietà.   In conclusione, teniamo presenti queste parole di San Luigi Maria de Montfort:   «Ciò che Lucifero perse per orgoglio, Maria lo guadagnò per umiltà; ciò che Eva danneggiò e perse per disobbedienza, Maria lo salvò per obbedienza. Eva, obbedendo al serpente, perse tutti i suoi figli con sé e glieli affidò; Maria, essendosi resa perfettamente fedele a Dio, salvò tutti i suoi figli e servi con sé e li consacrò alla Sua Maestà».   «Non solo Dio ha posto inimicizia, ma inimicizie, non solo tra Maria e il diavolo, ma tra la stirpe della Beata Vergine e la stirpe del diavolo; vale a dire, Dio ha stabilito inimicizie, antipatie e odi segreti tra i veri figli e servi della Beata Vergine e i figli e schiavi del diavolo; non si amano, non hanno alcuna corrispondenza interiore tra loro. I figli di Belial, gli schiavi di Satana, gli amici del mondo (perché è la stessa cosa), hanno sempre perseguitato, e perseguiteranno più che mai, coloro che appartengono alla Beatissima Vergine. (…) Ma l’umile Maria avrà sempre la vittoria su questo orgoglioso, e così grande, che arriverà fino a schiacciargli la testa là dove risiede il suo orgoglio; smaschererà sempre la sua malizia serpentina; smaschererà le sue miniere infernali, dissiperà i suoi intrighi diabolici e proteggerà i suoi fedeli servi dalla sua mano crudele fino alla fine dei tempi». (VD, §§ 53-54)   Nei cuori di Gesù e Maria,   Don Paul Robinson   Articolo previamente apparso su FSSPX.News  

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Immagine: Giovanni Battista Salvi da Sassoferrato (1609–1685), Madonna con bambino e angeli (1674), Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Corsini, Roma Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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