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Mons. Viganò: Meditazione per il Tempo d’Avvento

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Renovatio 21 pubblica questa meditazione di Mons. Carlo Maria Viganò, Il testo è stato richiesto e pubblicato per la prima volta da CatholicFamilyNews.

 

 

VENI, UT FACIAS SALUTEM IN TERRIS, IN CŒLO GAUDIUM.

 

«Quaere, inquit, servum tuum, quoniam mandata tua non sum oblitus».

 

Veni ergo, Domine Jesu, quaere servum tuum, quaere lassam ovem tuam; veni, pastor, quaere sicut oves Joseph. Erravit ovis tua, dum tu moraris, dum tu versaris in montibus. Dimitte nonaginta novem oves tuas, et veni unam ovem quaerere quae erravit. Veni sine canibus, veni sine malis operariis, veni sine mercenario, qui per januam introire non noverit. Veni sine adjutore, sine nuntio, jam dudum te expecto venturum; scio enim venturum, quoniam mandata tua non sum oblitus. Veni non cum virga, sed cum caritate spirituque mansuetudinis. (1)

 

 

 

Il sacro tempo dell’Avvento è di antica istituzione e lo troviamo menzionato intorno al secolo V, come momento dell’Anno Liturgico destinato alla preparazione della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo secundum carnem.

 

L’Avvento segna anzi l’inizio dell’Anno Liturgico, permettendoci di cogliere questa opportunità di seguire la voce della Chiesa con santi propositi. 

 

La disciplina della penitenza e del digiuno quaresimale in preparazione alla Pasqua è certamente di origine apostolica, mentre quella in expectatione Domini è successiva e ispirata alla prima, ma meno rigida e passata nel corso dei secoli alla sola astinenza in alcuni giorni della settimana.

 

«È vero che san Pier Damiani, nell’XI secolo, suppone ancora che il digiuno dell’Avvento fosse di quaranta giorni e che san Luigi, due secoli dopo, continuava ad osservarlo in questa misura; ma forse questo santo re lo praticava in tal modo per un trasporto di devozione particolare» (2).

 

La mollezza delle generazioni moderne ha indotto la materna saggezza della Chiesa a mitigare i rigori del passato, senza impedire di praticarli volontariamente; ma forse la situazione presente ci induce a considerare quantomai opportune – proprio perché non imposte – le privazioni che praticavano i nostri antenati obbedendo a un precetto ecclesiastico.

 

La liturgia del tempo d’Avvento si deve in massima parte all’opera di San Gregorio Magno, non solo per i testi dell’Ufficio e della Messa, ma anche per le stesse composizioni in canto piano.

 

L’antico tropo Sanctissimus namque, che introduce l’introito Ad te levavi della Domenica I d’Avvento, ricorda l’ispirazione del Santo Pontefice da parte dello Spirito Santo, apparso in forma di colomba. (3)

 

Nate inizialmente nel numero di sei e poi divenute cinque, le settimane di preparazione al Santo Natale furono ridotte a quattro tra la fine del secolo IX e l’inizio del X, per cui l’uso attuale è almeno di mille anni. La Chiesa Ambrosiana mantiene ancora oggi sei settimane, per un totale di quarantadue giorni, sul modello della Quaresima. 

 

Tra i primi autori di omelie aventi come tema l’Avvento annoveriamo Sant’Ambrogio, Dottore e Padre della Chiesa.

 

È partendo da una preghiera che troviamo nel Commento del Salmo 118 che vorrei compiere questa meditazione. L’incipit della preghiera è Quaere, inquit, servum tuum. Come potete vedere voi stessi, l’intero testo è costellato di citazioni della Sacra Scrittura: non per sfoggio di una cultura biblica che pure il Santo Vescovo di Milano possedeva certamente, ma per quella conoscenza della Parola di Dio che è frutto di un’assiduità intima e quasi vitale per l’anima, come è indispensabile l’aria per respirare.

 

Quest’assiduità porta Sant’Ambrogio a parlare e scrivere egli stesso usando le parole dell’Autore sacro, non perché voglia plagiare la divina Sapienza, ma perché egli le ha fatte talmente sue, da ripeterle a propria volta senza quasi accorgersene. 

 

Quando ci avviciniamo, quasi come profani, agli scritti di questi Santi, possiamo in qualche modo sentirci disorientati e confusi; ma se abbiamo la grazia di unirci alla preghiera liturgica con l’assistenza alla Messa e la recitazione dell’Ufficio divino nella forma tradizionale, scopriamo che è la voce stessa della Chiesa che ci accompagna in questa meditazione delle Scritture, sin dall’Invitatorio dei Mattutini.

 

E questo vale anche per la liturgia dell’Avvento: Regem venturum Dominum, venite adoremus, canta appunto la prima preghiera che si intona nel cuore della notte aspettando il sorgere del vero Sole Invitto. A questo solenne invito all’adorazione del Re divino, segue l’inizio del libro del Profeta Isaia, che suona come un severo rimprovero al Suo popolo: 

 

«Udite, o cieli, ascolta, o terra, così parla il Signore: “Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende”. Guai, gente peccatrice, popolo carico d’iniquità! Razza di scellerati, figli corrotti! Hanno abbandonato il Signore, hanno disprezzato il Santo d’Israele, si sono voltati indietro. Perché volete ancora essere colpiti, accumulando ribellioni? Tutta la testa è malata, tutto il cuore langue. Dalla pianta dei piedi alla testa non c’è nulla di sano, ma ferite e lividure e piaghe aperte, che non sono state ripulite né fasciate né curate con olio» (Is 1, 2-6).

 

L’oracolo del Profeta mostra l’indignazione del Signore dinanzi all’infedeltà del Suo popolo, ostinato nel ribellarsi alla Sua santa Legge. Ma il senso letterale o storico (4) del passo di Isaia che riguarda gli Ebrei si accompagna al senso morale, ossia relativo a ciò che dobbiamo fare noi.

 

È quindi a noi che la Maestà di Dio si rivolge – «Così parla il Signore» (ibid., 2) – ancora una volta per ammonirci, per mostrarci i nostri tradimenti, per spronarci alla conversione. 

 

Così, mentre chiediamo al Signore di liberarci de ore leonis et de profundo lacu, ci rendiamo conto di quanto poco meritiamo la misericordia di Dio, di quanto indegni siamo della Sua pietà e di quanto meritevoli dei Suoi castighi.

 

Deus, qui culpa offenderis, pœnitentia placaris…

 

Alle prostituzioni – così le chiama la Scrittura – in cui sono caduti gli Ebrei, si affiancano nuove e ben peggiori prostituzioni non di un popolo al quale era stato promesso il Redentore, ma di quello che è nato dal Suo costato, il Corpo mistico del Redentore stesso; o meglio: di coloro che si dicono Cattolici ma che per la loro infedeltà disonorano la Sposa dell’Agnello, come membra tanto della Chiesa discente, quanto di quella docente.

 

Il novello Israele non si è mostrato meno ribelle dell’antico, e il nuovo Sinedrio romano non è meno colpevole di quanti fabbricarono il vitello d’oro offrendolo all’adorazione degli Ebrei

Il novello Israele non si è mostrato meno ribelle dell’antico, e il nuovo Sinedrio romano non è meno colpevole di quanti fabbricarono il vitello d’oro offrendolo all’adorazione degli Ebrei.

 

Se dunque il Profeta minaccia terribili flagelli su coloro che disobbedirono al Signore senza aver visto il Messia venturo; quanto maggiori dovranno essere le parole di un Profeta “degli ultimi tempi”, dinanzi alla ribellione dell’umanità redenta dal Sangue di quel Messia divino, avendo potuto vedere il compiersi delle Profezie e l’Incarnazione della Seconda Persona della Santissima Trinità? 

 

Nella drammatica crisi che da ormai sessant’anni affligge la Chiesa di Cristo, e che oggi si mostra in tutta la sua gravità, un pusillus grex chiede al suo Signore di risparmiare l’umanità traviata, quando la corruzione e l’apostasia sono penetrate anche nel sacro recinto e fin sul più alto Soglio.

 

La maggioranza di coloro che sono stati rigenerati nel Battesimo e hanno così meritato di essere chiamati «figli di Dio» rinnega quotidianamente le promesse di quel Battesimo, sotto la guida di mercenari e falsi pastori

Ed è pusillus perché la maggioranza di coloro che sono stati rigenerati nel Battesimo e hanno così meritato di essere chiamati «figli di Dio» rinnega quotidianamente le promesse di quel Battesimo, sotto la guida di mercenari e falsi pastori. 

 

Pensiamo a quanti fedeli, cresciuti nell’assoluta ignoranza dei rudimenti della Fede nonostante abbiano frequentato il Catechismo, sono intrisi di dottrine filosofiche e teologiche eretiche, convinti che tutte le religioni si equivalgano; che l’uomo non sia ferito dalla colpa originale ma naturalmente buono; che lo Stato debba ignorare la vera Religione e tollerare l’errore; che la missione della Chiesa non sia la salvezza eterna delle anime e la loro conversione a Cristo, ma la tutela dell’ambiente e l’accoglienza indiscriminata degli immigrati.

 

Pensate a quanti, che pure assolvono il precetto festivo, non sanno che nell’Ostia Santa vi è il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità di Nostro Signore, e pensano sia solo un simbolo; a quanti sono convinti che basti un pentimento tra sé e sé per potersi accostare alla Comunione, senza immaginare i tormenti che incombono su chi riceve il Corpo e il Sangue del Signore indegnamente.

 

Pensate a quanti sacerdoti, a quanti religiosi, a quante suore e monache credono che il Concilio abbia portato una ventata di rinnovamento nella Chiesa, o abbia favorito la conoscenza della Sacra Scrittura, o che abbia permesso ai laici di comprendere la liturgia, fino ad allora ignorata dalle masse e custodita gelosamente da una casta di ecclesiastici rigidi e intolleranti.

 

Pensate a ciò che pensano quanti vedevano in essa un faro indistruttibile contro le tenebre del mondo, una rocca granitica e inespugnabile dinanzi agli assalti della mentalità «moderna», dell’immoralità diffusa, della difesa della vita dal suo concepimento alla sua fine naturale.

 

Pensate infine alla incontenibile soddisfazione dei nemici di Cristo, nel vedere prostrata la Sua Chiesa dinanzi al mondo, alle sue ideologie di morte, all’idolatria dello stato, del potere, del denaro, dei miti della falsa scienza; una Chiesa disposta a rinnegare il proprio passato glorioso, ad adulterare la Fede e la Morale insegnatele da Nostro Signore, a corrompere la sua liturgia per compiacere eretici e settari: nemmeno il più delirante farneticamento del peggior massone avrebbe potuto sperare di veder compiersi il grido di Voltaire: Écrasez l’infame! 

 

Nell’Avvento noi ci troviamo simbolicamente alle porte del tempio, come il Mercoledì delle Ceneri in Quaresima, e guardiamo da lontano ciò che avviene all’altare: qui la Nascita del Re d’Israele, lì la Sua Passione, Morte e Resurrezione.

 

Immaginiamo di dover compiere un esame di coscienza prima di poter essere ammessi nel luogo santo, come singoli fedeli e come parte del corpo ecclesiale.

 

Ecco: possiamo avvicinarci ad adorare il Re dei re, il Signore dei signori solo se comprendiamo da una parte l’infinito Bene che si offre a noi in fasce nella mangiatoia; e dall’altro la nostra assoluta indegnità, alla quale si deve necessariamente accompagnare l’orrore per i nostri peccati, il dolore per aver infinitamente offeso Dio e il proposito di riparare al male compiuto con la penitenza e le buone opere.

 

E dobbiamo anche comprendere che, come membra vive della Chiesa, noi abbiamo anche una responsabilità collettiva delle colpe degli altri fedeli e dei nostri Pastori; e come cittadini, abbiamo una responsabilità delle colpe pubbliche delle Nazioni.

 

Perché la Comunione dei Santi ci consente di condividere con le anime purganti e con le anime beate del Cielo i loro meriti, per bilanciare in modo incomparabilmente più efficace quella «comunione degli empi» che fa ricadere gli effetti delle loro azioni malvage sul prossimo, in particolare su altre persone nemiche di Dio. 

 

«Vieni da me, che sono tormentato dall’attacco di lupi pericolosi – esclama Sant’Ambrogio. Vieni da me, che sono stato scacciato dal paradiso e le cui piaghe sono da tempo penetrate dai veleni del serpente, da me che ho errato lontano dalle tue greggi su quei monti»

«Vieni da me, che sono tormentato dall’attacco di lupi pericolosi – esclama Sant’Ambrogio. Vieni da me, che sono stato scacciato dal paradiso e le cui piaghe sono da tempo penetrate dai veleni del serpente, da me che ho errato lontano dalle tue greggi su quei monti». 

 

Stiamo iniziando a comprendere di essere assediati da lupi rapaci: da chi semina l’errore, da chi corrompe la morale, da chi propaganda la morte e la disperazione, da chi ci vuole uccidere nell’anima ancor prima che nel corpo.

 

Ci rendiamo conto di quanto siamo stati superficiali e stupidi e orgogliosi a lasciarci ingannare dalle false promesse del mondo, della carne e del diavolo; di quanto fossero menzognere le parole di chi, dalla cacciata dei nostri Progenitori, continua a replicare le stesse tentazioni, a sfruttare le nostre debolezze, a far leva sul nostro orgoglio o sui nostri vizi per farci cadere e trascinarci con sé all’Inferno.

 

Abbiamo dimenticato di essere stati cacciati dal paradiso terrestre, di portare i segni del morso velenoso del serpente, di aver peccato abbandonando il pascolo sicuro della vera Fede per lasciarci sedurre dal mondo, dalla carne, dal diavolo.

 

Perché se vivessimo con la consapevolezza della nostra colpa iniziale – anch’essa colpa collettiva e in più ereditaria – e di tutto il male che compiamo e che lasciamo compiere; se meditassimo sulla nostra incapacità di salvarci se non per l’aiuto soprannaturale che Dio ci concede con la Grazia; se non ci persuadiamo che molte nostre azioni sono delle gravi offese alla Maestà di Dio e che meriteremmo di essere cancellati dalla faccia della terra in modo ben peggiore di quello che avvenne agli abitanti di Sodoma e Gomorra, allora non avremmo nemmeno bisogno che il Buon Pastore venga a cercarci, che abbandoni le novantanove pecore al sicuro sui monti, dove «i lupi rapaci non possono attaccarle». 

 

Il Santo Vescovo aggiunge: «Vieni senza cani, vieni senza cattivi operai, vieni senza il servo mercenario, che non sa passare per la porta. Vieni senza aiutante, senza messaggero», perché i cani, i cattivi operai e il servo mercenario sono figure transeunti, destinate a perire, a disperdersi al soffio della bocca di Dio, anche se in questo momento sembra che il mondo appartenga loro.

 

«Vieni, dunque, e cerca la tua pecora non per mezzo dei servitori, non per mezzo dei mercenari, ma tu in persona»

«Vieni, dunque, e cerca la tua pecora non per mezzo dei servitori, non per mezzo dei mercenari, ma tu in persona»: i servitori infedeli ci invitano ad essere «resilienti» e «inclusivi», ad ascoltare il «grido della Madre Terra» (5), a sottoporci alla vaccinazione con un siero fatto con feti abortivi; il mercenario, «cujus non sunt oves propriæ» (…) ci disperde, ci abbandona, non allontana i lupi feroci e non punisce i cattivi operai, anzi li incoraggia. 

 

Perché dunque il Signore dovrebbe venire? Perché possiamo chiederGli «Vieni tu in persona»?

 

Sant’Ambrogio risponde nella preghiera citando il Salmista: «Poiché non ho dimenticato i tuoi comandamenti» (Sal 118, 176).

 

La nostra obbedienza alla volontà di Dio trova perfetta corrispondenza – e un esempio divino – nell’obbedienza del Figlio eterno del Padre sin dall’eternità dei tempi, accettando di incarnarSi, patire e morire per la nostra salvezza:

 

«Allora ho detto: Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà» (Ebr. 10, 7).

 

I servitori infedeli ci invitano ad essere «resilienti» e «inclusivi», ad ascoltare il «grido della Madre Terra», a sottoporci alla vaccinazione con un siero fatto con feti abortivi

Il Signore viene nell’obbedienza al Padre e noi dobbiamo attendere la Sua venuta con l’essere a nostra volta obbedienti al volere della Santissima Trinità, «poiché non ho dimenticato i tuoi comandamenti». 

 

Il motivo per cui possiamo essere certi che il Signore verrà a cercarci, liberandoci dall’assalto dei lupi e dalla nefasta influenza di cattivi operai e mercenari, è che non dobbiamo dimenticare ciò che Egli ci ha ordinato; non dobbiamo prendere il Suo posto decidendo noi cos’è bene e cos’è male; non dobbiamo seguire la moltitudine nell’abisso per rispetti umani o per pavidità o complicità, ma rimanere come le novantanove pecore nei pascoli sicuri della Santa Chiesa, «poiché i lupi rapaci non possono attaccarle finché stanno sui monti», più vicine a Dio con l’essere distaccate dalle cose terrene.

 

Parimenti, dobbiamo esercitare la santa Umiltà, riconoscendoci peccatori: «vieni a cercare la sola pecora che ha errato», perché «tu solo sei in grado di far tornare indietro la pecora errante e non rattristerai quelli da cui ti sei allontanato», ossia i Cattolici di tutti i tempi, rimasti fedeli, al sicuro dai lupi negli alti pascoli. «E anche loro si rallegreranno del ritorno del peccatore».

 

La preghiera di Sant’Ambrogio continua con un’espressione molto profonda e significativa: «Accoglimi nella carne che è caduta in Adamo. Accoglimi non da Sara, ma da Maria, perché sia non soltanto una vergine inviolata, ma una vergine immune, per effetto della grazia, da ogni macchia di peccato».

 

In Maria Santissima, Sancta Virgo virginum, noi troviamo la Mediatrice di tutte le grazie: in Lei, creatura purissima, si è incarnato il Verbo Eterno del Padre, da Lei è nato al mondo il Salvatore; per Suo tramite noi siamo presentati al Suo divin Figlio, e per i Suoi meriti possiamo essere accolti «nella carne che è caduta in Adamo», in virtù della Grazia che ci restaura nell’amicizia con Dio. Un ottimo spunto di meditazione per prepararci al Santo Natale. 

 

Ma vi è un’altra considerazione, molto importante, che Sant’Ambrogio lascia alla fine della Sua orazione:

 

«Portami sulla croce che dà la salvezza agli erranti, nella quale soltanto c’è riposo per gli affaticati, nella quale soltanto vivranno tutti quelli che muoiono».

 

Tutto orbita intorno alla Croce di Cristo, essa si innalza nel tempo e nell’eternità come segno di contraddizione, perché ci ricorda che essa è strumento di Redenzione, salvezza degli erranti, riposo degli affaticati, vita per i moribondi.

 

Una miniatura del sec. XIV di Pacino di Buonaguida (6) propone un’immagine rarissima, estremamente simbolica: il Signore che sale sulla Croce con una scala – la scala virtutum – ad enfatizzare la volontarietà del Suo Sacrificio e il «paradosso» della Sua duplice Natura.

«Vieni a compiere la salvezza sulla terra, la gioia nel cielo». Sia questa la nostra invocazione durante il sacro tempo dell’Avvento, per prepararci spiritualmente alle prove che ci attendono

 

Nell’iconografia del Seicento troviamo un’immagine ricorrente, nella quale Gesù Bambino dorme sulla Croce (7), esplicita allusione all’amore divino e al sacrificio di Cristo.

 

 

Natale e Pasqua sono intrinsecamente legati, sicché nella preparazione alla Nascita del Salvatore dobbiamo sempre contemplare come centro e fulcro proprio la Croce, su cui riposa il piccolo Gesù e sulla quale sale, tramite una mistica scala, l’Agnello immacolato.

 

È lì che dobbiamo arrivare anche noi, perché è solo sulla Croce che troviamo salvezza, nella sequela del Signore: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9, 23). 

 

«Veni, ut facias salutem in terris, in cœlo gaudium», «Vieni a compiere la salvezza sulla terra, la gioia nel cielo». Sia questa la nostra invocazione durante il sacro tempo dell’Avvento, per prepararci spiritualmente alle prove che ci attendono. 

 

 

Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

 

28 Novembre 2021

Dominica I Adventus

 

 

 

NOTE

1)  «Vieni dunque, Signore Gesù, cerca il tuo servo [Sal 118,176] cerca la tua pecora stanca. Vieni, pastore, cerca, come Giuseppe cercava le pecore [Gn 37,14]. Ha errato la tua pecora, mentre tu indugi, mentre ti aggiri sui monti. Lascia andare le tue novantanove pecore e vieni a cercare la sola pecora che ha errato [Mt 18,12 ss; Lc 15,4]. Vieni senza cani, vieni senza cattivi operai, vieni senza il servo mercenario, che non sa passare per la porta [Gv 10,1-7]. Vieni senza aiutante, senza messaggero. Già da tempo aspetto la tua venuta. Infatti so che verrai, poiché non ho dimenticato i tuoi comandamenti [Sal 118,176]. Vieni non con la verga, ma con carità e in spirito di mansuetudine [lCor 4,21].» – Sancti Ambrosii Episcopi Expositio Psalmi CXVIII, 22, 28. 

2) Dom Prosper Guéranger, L’Anno liturgico, I. Avvento – Natale – Quaresima – Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, pagg. 21-26. 

3) «Sanctissimus namque Gregorius cum preces effunderet ad Dominum ut musicum donum ei desuper in carminibus dedisset, tunc descendit Spiritus Sanctus super eum, in specie columbæ, et illustravit cor ejus, et sic demum exortus est canere, ita dicendo: Ad te levavi…» – Tropo all’Introito della Domenica I di Avvento – Cfr. https://gregobase.selapa.net/chant.php?id=4654 

4) Littera gesta docet, quid credas allegoria, moralis quid agas, quo tendas anagogia (La lettera insegna quanto è avvenuto, l’allegoria quello che devi credere, la morale quello che devi fare, l’anagogia il fine a cui devi tendere) – Nicola di Lyre, Postilla in Gal., 4, 3.

5) Cfr. https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2021-10/ebook-papa-francesco-laudato-si.html e https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/il-grido-della-terra-e-dei-poveri

6) Cfr. https://scriptoriumdaily.com/ladder-at-the-cross/ – Un dipinto di scuola giottesca con identico soggetto si trova nel Monastero di Sant’Antonio in Polesine, a Ferrara. Vedi anche di Anna Eörsi, Haec scala significat ascensum virtutum. Remarks on the iconography of Christ Mounting the Cross on a Ladde.

7) Si veda ad esempio il dipinto di Guido Reni, Gesù Bambino addormentato sulla Croce, olio su tela, 1625 ca

 

 

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Gender

Il cardinale Zen condanna il «pellegrinaggio» LGBT nella Basilica di San Pietro: «offesa a Dio»

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Il cardinale Joseph Zen ha denunciato il pellegrinaggio LGBT in Vaticano e si è unito agli appelli di altri vescovi affinché compiano riparazioni per la profanazione della Basilica di San Pietro. Lo riporta LifeSite.

 

In una dichiarazione in lingua cinese pubblicata mercoledì, Zen ha scritto: «recentemente è emersa la notizia che un’organizzazione LGBTQ+ ha organizzato un evento per l’Anno Santo, in cui i partecipanti sono entrati nella Basilica di San Pietro a Roma per attraversare la Porta Santa».

 

«Ostentavano oggetti di scena color arcobaleno, indossavano abiti con slogan e coppie dello stesso sesso si tenevano per mano con passione: era puramente un’azione di protesta», ha osservato il vescovo emerito di Hong Kong.

 

«Questo non era un pellegrinaggio giubilare (in cui i credenti rinnovano i voti battesimali, si pentono dei peccati e si impegnano a riformarsi). Tali azioni offendono gravemente la fede cattolica e la dignità della Basilica di San Pietro: una grave offesa a Dio!»

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«Il Vaticano era a conoscenza di questo evento in anticipo, ma non ha poi emesso alcuna condanna. Troviamo ciò davvero incomprensibile!»

 

Zen ha sottolineato che «coloro che provano attrazione per persone dello stesso sesso» dovrebbero essere trattati con beneficenza; tuttavia, «non possiamo dire loro che il loro stile di vita è accettabile».

 

«Non siamo Dio», ha continuato. «Dio ci chiama a trasmettere ciò che Gesù ci ha insegnato: il vero amore per loro. Dobbiamo aiutarli a ottenere la grazia attraverso la preghiera e i sacramenti per resistere alla tentazione, vivere virtuosamente e percorrere la via verso il cielo».

 

Zen ha fatto riferimento alla richiesta di atti di riparazione avanzata da quattro vescovi: il vescovo Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, Kazakistan; il vescovo Joseph Strickland, vescovo emerito di Tyler, Texas; il vescovo Marian Eleganti, vescovo ausiliare emerito di Coira, Svizzera; e il vescovo Robert Mutsaerts, ausiliare di ‘s-Hertogenbosch, Paesi Bassi.

 

Il porporato cinese ha affermato di sostenere fermamente questo appello e ha suggerito che, dopo la Festa di metà autunno in Cina, i fedeli dovrebbero «riunirsi con i parrocchiani vicini per tre giorni per recitare le preghiere allegate».

 

«Inoltre, compite un atto di abnegazione o un atto di carità per offrire riparazione davanti a Dio per i peccati dei nostri fratelli e sorelle che hanno sbagliato», ha concluso.

 

Il cardinale Zen ha allegato al suo messaggio la preghiera di riparazione compilata dai quattro vescovi e recitata alla Conferenza sull’identità cattolica lo scorso fine settimana.

 

Il vescovo emerito di Hong Kong si aggiunge alla lista dei prelati ortodossi che hanno pubblicamente condannato il «pellegrinaggio LGBT» in Vaticano. Oltre ai quattro vescovi che hanno redatto la preghiera di riparazione, l’evento è stato criticato anche dal cardinale Gerhard Müller, che ha affermato che si trattava «indubbiamente» di un sacrilegio.

 

Come riportato da Renovatio 21, il cardinale Zen la scorsa estate aveva scritto che «il Dio misericordioso è così disgustato dai comportamenti sessuali tra persone dello stesso sesso perché questo crimine è troppo lontano dal piano di Dio per l’uomo (…) Il Suo piano è che un uomo e una donna si uniscano in un solo corpo con un unico ed eterno amore e cooperino con Dio. Una nuova vita può nascere e crescere nel calore della famiglia».

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Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato lo Zen si era scagliato contro Fiducia Supplicans arrivando a chiedere le dimissioni dell’autore del testo, il cardinale Victor «Tucho» Fernandez, eletto da Bergoglio a capo del Dicastero per la Dottrina della Fede.

 

Il porporato in questi mesi ha attaccato con estrema durezza il Sinodo sulla Sinodalità, accusando Bergoglio di usare i sinodi per «cambiare le dottrine della Chiesa», nonché «rovesciare» la gerarchia della Chiesa per creare un «sistema democratico».

 

Come riportato da Renovatio 21, pochi giorni fa il cardinale Zen ha celebrato una messa tradizionale per la festa del Corpus Domini e ha guidato una processione per le strade di Hong Kongo, città dove le autorità, ora dipendenti da Pechino, lo hanno arrestato ed incriminato, nel silenzio più scandaloso del Vaticano (mentre, incredibilmente, il Parlamento Europeo esorta la Santa Sede a difenderlo!), con il papa Bergoglio a rifiutarsi di difendere il cardinale in nome del «dialogo» con la Cina comunista che lo perseguita.

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Immagine di Rock Li via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported; immagine tagliata 

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Misteri

Candace Owens pubblica i presunti messaggi di Charlie Kirk: «vedo il cattolicesimo in maniera sempre migliore»

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Candace Owens ha pubblicato presunti messaggi personali del defunto Charlie Kirk che dimostrano un crescente interesse per la Chiesa cattolica. Lo riporta LifeSite.   In uno dei messaggi, Kirk affermava che «vedo il cattolicesimo in maniera sempre migliore». Owens ha affermato che Kirk le ha inviato il messaggio nel febbraio 2024 durante conversazioni private sulla teologia e sull’uso politico del termine «giudeo-cristiano».   Candace ha descritto l’osservazione come parte di uno scambio continuo tra amici, aggiungendo di non aver mai affermato che Kirk si fosse convertito o si stesse preparando a farlo. «Charlie stava attraversando alcuni cambiamenti spirituali verso la fine», ha detto l’attivista, affermando che Kirk «non frequentava la chiesa del pastore Rob McCoy», ma piuttosto andava a messa ogni settimana e a volte anche più spesso.  

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Owens ha anche attirato l’attenzione sul ciondolo di San Michele che Kirk indossava al momento della morte, aggiungendo che la sua vedova, Erika, aveva portato un vescovo a pregare sul suo corpo in seguito, e in precedenza aveva portato un prete a casa loro per pregare dopo una «fattura» comminatagli pubblicamente da giornalisti di sinistra.   Aveva anche parlato positivamente dell’importanza della Madonna, presentandola come la «soluzione al femminismo tossico» e invitando gli evangelici a venerarla di più.     Tuttavia, pur notando che i cattolici «speravano che avrebbe fatto il passo successivo perché stava pregando il Rosario», Owens ha insistito sul fatto che Kirk non aveva deciso di convertirsi e che lei non aveva mai affermato il contrario.   La rivelazione arriva nel mezzo di controversie in corso sulla vita spirituale e l’eredità di Kirk, seguite al suo assassinio a settembre. Alex Clark e Andrew Kolvette della TPUSA avevano recentemente discusso dell’interesse di Kirk per il cattolicesimo, definendolo più estetico che teologico.   «Stava diventando cattolico? No», ha detto Kolvet, produttore e caro amico di Kirk. «Ma amava molto la Messa cattolica. Amava il suo rituale. Amava la bellezza delle antiche chiese cattoliche e le vetrate. E lui ed Erika ci andavano ogni tanto».   «Mi è sembrata una specie di insabbiamento», ha detto la Owens a proposito di questa conversazione, chiedendosi perché personaggi vicini a Kirk si fossero affrettati ad affermare che non si stava avvicinando al cattolicesimo.   «Sono rimasto un po’ stupita», ha detto Candace, definendo il modo in cui hanno parlato dell’argomento un «tentativo inautentico di dissuadere l’idea che Charlie si stesse ammorbidendo nei confronti del cattolicesimo».   Le opinioni religiose di Kirk sono diventate un punto focale nella più ampia lotta sulla sua eredità, con personalità interne a Turning Point, e commentatori come la Owens che offrono resoconti divergenti delle sue posizioni private su questioni di fede.   Il giornalista della testata d’inchista di sinistra Grayzone Max Bluementhal ha sottolineato che un’eventuale conversione al cattolicesimo di Charlie lo avrebbe reso forse più distante dall’influenza israeliana, che abbonda tra gli evangelici americani da cui il ragazzo proveniva.   Bluementhal aveva pubblicato uno scoop che raccontava come Kirk avesse rifiutato 160 milioni offerti dal primo ministro israeliano Netanyahu a Turning Point USA (per portarlo «al prossimo livello») e come fosse stato invitato ad un ritrovo nella prestigiosa magione del miliardario hedge fund sionista Bill Ackman, dove gli sarebbe stata fatta pressione al punto che una lobbista israeliana britannica gli avrebbe pure urlato.

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Parimenti, è stato detto che amici avessero rivelato come Charlie avesse «paura» delle forze di Israele, di cui pure era stato un accanito sostenitore. L’insofferenza di Kirk per le pressioni che gli stavano mettendo – specie dopo che aveva fatto parlare ad un evento estivo il giornalista Tucker Carlson e il comico Dave Smith, considerati ora come anti-Israele – erano state rese pubbliche durante una trasmissione con la celebre giornalista Megyn Kelly.   Tutti coloro che si sono interessati del caso ci tengono a ricordare, tuttavia che non vi sono prove che Israele sia implicato nell’omicidio di Kirk.   Come riportato da Renovatio 21, a ribadire l’estraneità dello Stato Ebraico è stato più volte, alla TV americana e in videomessaggi pubblici sui social, il premier israeliano Beniamino Netanyahu, il quale per qualche ragione ha negato simultaneamente anche le accuse sugli assassinii rituali ebraici medievali con vittime i bambini cristiani, come San Simonino.

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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Economia

IOR e APSA, papa Leone riforma le controverse regole della banca vaticana stabilite da Bergoglio

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Lo scorso 29 settembre, papa Leone XIV ha firmato la sua prima lettera apostolica in forma di motu proprio, intitolata Coniuncta cura («Responsabilità condivisa»), pubblicata su L’Osservatore Romano il 6 ottobre.

 

Il documento riforma la gestione degli investimenti finanziari della Santa Sede, abrogando le disposizioni dell’era di Francesco che obbligavano l’APSA (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica) a operare esclusivamente attraverso lo IOR (Istituto per le Opere di Religione), di fatto conferendo a quest’ultimo un monopolio operativo.

 

Lo IOR, la notissima banca vaticana, gestisce i conti e gli investimenti degli enti religiosi, mentre l’APSA funge da organismo curiale che amministra il patrimonio della Santa Sede, con funzioni simili a un ministero delle finanze.

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In particolare, il rescritto del 23 agosto 2022, che vincolava l’APSA a un unico canale di gestione, è stato revocato. Pur confermando che l’IOR dovrebbe essere «generalmente» il canale privilegiato, il nuovo testo concede all’APSA la possibilità di scegliere intermediari finanziari con sede in altri Paesi qualora ciò risulti «più efficiente o vantaggioso».

 

Con questa decisione, il papa ha ripristinato l’autonomia strategica e decisionale dell’APSA, rafforzandone il ruolo di organismo centrale per la gestione economica e patrimoniale della Curia romana.

 

Fin dall’inizio del suo pontificato, Francesco aveva cercato di centralizzare il controllo sulle attività finanziarie, promuovendo maggiore trasparenza e un allineamento con la missione della Chiesa, con particolare attenzione ai poveri. Inizialmente, aveva persino valutato la chiusura dello IOR, considerandone l’immagine pubblica troppo compromessa.

 

Tuttavia, nel 2015, con la nomina di Gian Franco Mimmì – amico di lunga data dai tempi di Buenos Aires – Francesco trasformò lo IOR nel pilastro della sua strategia finanziaria, elevandolo da istituzione controversa ad alleato chiave.

 

Il rescritto di Francesco imponeva inoltre che tutti i beni finanziari degli enti affiliati alla Santa Sede fossero trasferiti allo IOR entro 30 giorni. Questa misura generò interrogativi e preoccupazioni in Vaticano, con diversi attori privati che interpretarono la direttiva come un segnale di maggiore controllo, temendo ripercussioni sull’autonomia nella gestione delle proprie risorse.

 

Leone XIV ha dedicato grande attenzione alle sfide economiche della Santa Sede sin dai primi mesi del suo pontificato. Consapevole delle tensioni accumulatesi tra l’APSA, la Segreteria per l’Economia e lo IOR, ha scelto di delegare a collaboratori curiali – per lo più ancora legati all’era di Francesco – la gestione di altre questioni teologiche e pastorali, incluse delicate questioni come gli accordi segreti con la Cina.

 

In questa fase di riorganizzazione economica, un ruolo di primo piano è stato affidato al vescovo salesiano Giordano Piccinotti, presidente dell’APSA e figura di fiducia del Papa, ricevuto in udienza il 2 ottobre.

 

In una recente intervista estesa, Leone XIV ha elogiato apertamente la dirigenza dell’APSA, sottolineando il successo del suo bilancio 2024 – oltre 60 milioni di euro – e chiedendo retoricamente: «Perché parlare di crisi, allora?»

 

Il romano pontefice ha anche riconosciuto che uno dei problemi principali è stata la comunicazione: «il Vaticano ha spesso inviato un messaggio sbagliato, e questo non incoraggia certo le persone a dire “Vorrei aiutare”, ma piuttosto “Mi terrò i miei soldi”».

 

Nel 2013 Beroglio aveva nominato prelato allo IOR monsignor Battista Ricca, allora protagonista di un articolo finito in copertina su L’Espresso con titolo: «Il prelato della Lobby gay». Durante il volo di ritorno dal viaggio apostolico in Brasile di Bergoglio, la giornalista Ilze Scamparini, ebbe il coraggio di fargli una domanda in merito, porgendogli una domanda molto precisa, nome e cognome incluso.

 

«Vorrei chiedere il permesso di fare una domanda un po’ delicata: anche un’altra immagine ha girato un po’ il mondo, che è stata quella di mons. Ricca e delle notizie sulla sua intimità. Vorrei sapere, Santità, cosa intende fare su questa questione? Come affrontare questa questione e come Sua Santità intende affrontare tutta la questione della lobby gay?» chiese la Scamparini.

 

La domanda non è ricordata da nessuno; tuttavia la risposta fu storica: «se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?». Come noto, questa frase guadagnò a Bergoglio la simpatia universale e il premio di uomo dell’anno da parte della rinomata rivista gay The Advocate.

 

L’inchiesta del vaticanista de L’Espresso Sandro Magister era partita proprio fresca nomina di Ricca, da parte di Bergoglio, alla carica di «prelato» dello IOR. Il monsignore di Offlaga come noto era anche direttore della Domus sanctae Marthae, dove papa Francesco per qualche ragione aveva scelto di vivere.

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Al di là di questo caso, i danari vaticani in questi anni furono al centro di controversie tra investimenti da palazzinari a Londra e soldi al film biografico su Elton John e a Lapo Elkann.

 

Nella storia recente dei misteri delle finanze vaticane entra anche la vicenda, drammatica e dolorosa, del cardinale australiano George Pell, noto per le sue tendenze conservatrici.

 

Prefetto della Segreteria per l’economia, Cardinale George Pell, viene messo in galera in Australia nel corso di un incredibile processo per pedofilia. Le accuse paiono incredibili, ma l’anziano porporato finisce davvero in carcere. La Corte Suprema australiana poi lo libera, lasciando il mondo a pensare che quello che lo aveva spedito in prigione fosse stato davvero un processo-farsa.

 

In tutto questo intrigo, spuntano fuori, anche qui, dei danari: dalla Città del Vaticano all’Australia vengono bonificati 2,3 miliardi di dollari australiani (oltre 1,4 miliardi di euro), attraverso più di 400 mila transazioni. La polizia australiana, dopo un’indagine, chiude il caso. «I trasferimenti finanziari avevano generato il sospetto di un tentativo di pilotare il processo per pedofilia a carico del cardinale George Pell. Ma la polizia di Canberra non ha rivelato nessuna condotta criminale» riassume Repubblica. Di questi numeri assurdi, per mole di danaro (Prevost ora si rallegra per 60 milioni in bilancio!) e frequenza di operazioni (come si possono fare quasi mezzo milione di transazioni? In quanto tempo) nessuno parlerà più.

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Immagine di Catholic Church of England and Wales via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0

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