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Le prove dell’invalidità dell’elezione di Bergoglio in mano ad un cardinale? Le parole di mons. Viganò

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Nella sua ultima intervista rilasciata al direttore, Matt Gasper di Catholic Family News monsignor Carlo Maria Viganò ha raccontato che vi sarebbe un cardinale, presente al conclave 2013 che avrebbe confidato agli amici di «di esser stato testimone di fatti tali da rendere nulla l’elezione di Jorge Mario». Già nel 2022 monsignor Viganò espresse i suoi dubbi sulla validità del conclave del 2013 e chiese un’indagine.

 

Finora, diversi articoli e libri hanno indicato che all’epoca esistevano schemi e riunioni organizzate per promuovere l’elezione di Jorge Bergoglio.

 

In particolare, un vaticanista vicino a papa Francesco, Gerard O’Connell, ha pubblicato nel 2019 il  libro The Election of Pope Francis: An Inside Account of the Conclave That Changed History («L’elezione di papa Francesco: un resoconto interno del conclave che ha cambiato la storia»),in cui rivela che l’11 marzo 2013, un giorno prima, si è svolta una riunione di cardinali progressisti per discutere di un possibile candidato. del primo giorno del conclave. Tra i cardinali c’erano Godfried Danneels, Walter Kasper, Cormac Murphy-O’Connor e Karl Lehmann, tutti membri della cosiddetta «mafia di San Gallo».

 

Catherine Pepinster, ex redattore capo del settimanale cattolico britannico The Tablet, afferma nel libro The Keys and the Kingdom: The British and the Papacy from John Paul II to Francis che il ministero degli esteri britannico potrebbe aver svolto un ruolo importante nella Elezione papale del 2013, soprattutto organizzando un altro incontro chiave in vista del conclave che doveva promuovere Bergoglio, definito un «very British coup», cioè un golpe molto britannico, dove avrebbero avuto un ruolo di primo piano il cardinale Murphy-O’Connor e l’ambasciatore britannico presso la Santa Sede Nigel Baker. Ricordiamo, en passant, che qualcuno indica il ruolo particolarmente attivo di un altro monsignore britannico, Paul Gallagher, nei rapporti con Zelens’kij, al punto da intrattenersi con il presidente ucraino durante l’ultima visita di questi in Vaticano.

 

È inoltre nota la spinta data dall’ex cardinale americani Theodore McCarrick, sberrettato da Bergoglio dopo l’emersione di scandali a base di omosessualità e pedofilia che lo riguardavano personalmente. Ricordiamo, en passant, che proprio dall’appoggio dato al papa a McCarrick è partita la rivolta di monsignor Viganò, forse per questo divenuto obiettivo primario della lobby vaticana – cioè della quasi totalità dell’Oltretevere.

 

Secondo quanto riportato da Lifesitenews, McCarrick aveva detto in pubblico che prima che i cardinali elettori «entrassero nelle conversazioni generali», era stato avvicinato da «un gentiluomo italiano molto interessante e influente». L’influente italiano ha visitato McCarrick al seminario dove McCarrick si trovava a Roma. Questo «uomo molto brillante, uomo molto influente a Roma» disse: «E Bergoglio? Ha una possibilità?» McCarrick si disse sorpreso dalla domanda e ha risposto: “Non credo perché nessuno ha menzionato il suo nome». L’uomo ha detto, riferendosi a Bergoglio: «Potrebbe farlo, sapete, riformare la chiesa».

 

Ad oggi non è ancora chiaro chi sia questa misteriosa figura che confabulava con il cardinale americano poi accusato di crimini e peccati abominevoli.

 

A questi enigmi, ora si aggiungono le parole di monsignor Viganò.

 

Renovatio 21 riporta di seguito lo sconvolgente passaggio dell’intervista dell’arcivescovo già Nunzio Apostolico negli Stati Uniti d’America.

 

 

In una recente intervista, ha detto che alcuni cardinali «creati da Benedetto XVI si sono dimostrati completamente inferiori alle aspettative dei fedeli conservatori» e che alcuni di loro «all’ultimo Conclave hanno assistito a cose che non denunciano pubblicamente». A cosa crede abbiano assistito e perché non le denunciano?

Alcuni cardinali entrati in Conclave nel 2013 sembrano non comprendere la gravità di quanto è avvenuto e sta avvenendo, sotto false apparenze di legalità formale. Li abbiamo sentiti difendere a spada tratta il Papato, dichiarando che gli errori propalati da Bergoglio e le sue estemporanee provocazioni non sono da ritenersi Magistero papale; li abbiamo sentiti chiedere a Bergoglio di sciogliere i Dubia senza che questi si sia nemmeno degnato di rispondere, e tutto è finito lì.

 

Ma questa denuncia degli effetti – cioè il «pontificato» presente – è del tutto inutile quando rifiuta, a prescindere, di riconoscere le loro cause nella rivoluzione conciliare. La loro volontà tetragona di «salvare» lo pseudomagistero del Vaticano II, che è causa remota della crisi presente, rende del tutto vana qualsiasi azione in difesa della Chiesa. 

 

Per quel che riguarda il silenzio sugli eventi occorsi durante il Conclave, vedo anche qui prevalere la mentalità legalista sulla necessità impellente di porre fine al colpo di stato eversivo della deep church.

 

La loro principale preoccupazione è non mettere in crisi l’osservanza di norme valide in tempi di relativa normalità, perché non si possa dire che abbiano violato dei precetti umani, mentre con il loro rispetto delle procedure si trovano ad avvallare la violazione dei precetti divini da parte – nientemeno – che dei vertici della Gerarchia cattolica. 

 

Trovo incomprensibile che un membro del Collegio cardinalizio possa confidare ad amici di esser stato testimone di fatti tali da rendere nulla l’elezione di Jorge Mario, e che allo stesso tempo non li voglia denunciare pubblicamente per non infrangere il segreto pontificio: quel segreto che ha già infranto parlandone a qualcuno che non può fare nulla, costringe Sua Eminenza al silenzio dinanzi alla Chiesa, i cui Pastori forse potrebbero dirimere la questione.

 

Ma qui non parliamo del Sigillo della Confessione, ma di questioni che hanno ragione di essere riservate fino a che questo non va in danno dell’istituzione che le ha poste in vigore; altrimenti ci ritroviamo come i farisei del Vangelo, che chiedevano a Nostro Signore se fosse lecito tirar fuori dal pozzo un asino nel giorno di sabato.

 

Le indiscrezioni di questi Cardinali vertono sull’evidenza di gravi irregolarità, senza fornire ulteriori dettagli. Mi viene in mente quanto avvenne nel 1958, con la questione della fumata inizialmente bianca e poi diventata nera: sembra che l’eletto fosse il Card. Giuseppe Siri, ma che per l’opposizione del regime comunista sovietico si sia forzata la mano costringendo i Padri a eleggere un altro Papa, che guarda caso fu il conciliante Angelo Giuseppe Roncalli. 

 

Se davvero queste confidenze fossero vere, non oso pensare il travaglio morale di chi si appresta a portarsi il segreto nella tomba, quando avrebbe l’opportunità di smascherare i maneggi della Mafia di San Gallo. Se non fossero vere, non avrebbe senso parlarne nemmeno con le persone di maggior fiducia (che però con qualcuno hanno parlato, visto che la notizia è trapelata). 

 

Dal punto di vista umano, crede che il prossimo Conclave non ripeterà l’esito del 2013?

Salvo interventi straordinari della Provvidenza, il Collegio cardinalizio è stato ampiamente screditato da Bergoglio: Caligola si limitò alla minaccia di nominare sacerdote e console il suo cavallo Incitatus; questo invece crea Cardinali che sotto Pio IX sarebbero stati spediti in partibus infidelium.

 

L’esito del prossimo conclave appare quindi scontato, rebus sic stantibus. Ma se dovessero emergere prove di una qualche grave irregolarità nel Conclave del 2013, questo renderebbe ipso facto nulla l’elezione che ne è seguita, e conseguentemente tutti gli atti di governo e di magistero posti in essere dall’eletto.

 

Tra questi atti, la creazione dei Cardinali, sicché tutti i Concistori di Bergoglio sarebbero nulli: ci ritroveremmo d’incanto alla situazione del 2013 e questo scompaginerebbe i piani di Bergoglio, perché gli Elettori del prossimo Conclave sarebbero certamente meno propensi a ripetere gli errori già commessi e, forti dell’esperienza di questo decennio, potrebbero eleggere il meno peggiore tra loro. 

 

 

 

 

 

Immagine di Tenan via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)

 

 

 

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Capitano della squadra campione di pallavolo entra in un ordine cattolico tradizionale

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Un noto giocatore di pallavolo francese ha annunciato che intende unirsi a una piccola e tradizionale comunità di canonici. Si tratta di Ludovic Duée, 32 anni, capitano della sua squadra vincitrice del campionato nazionale francese di pallavolo. Lo riporta LifeSiteNews.

 

Il Duée ha annunciato a Ouest France la sua intenzione di entrare a far parte dei Canonici Regolari della Madre di Dio, un istituto religioso maschile di diritto pontificio dedito alla liturgia latina. Il campione ha dichiarato che sta scegliendo tra la «vocazione e la professione».

 

Nei giorni scorsi, il pallavolista professionista capitano della sua squadra del Saint-Nazaire Volley-Ball Atlantique, ha vinto il titolo nazionale di pallavolo francese. Tuttavia la partita del campionato nazionale sarà anche l’ultima, secondo le sue stesse dichiarazioni ai media.

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Duée entrerà quest’anno tra i Canonici Regolari, dove trascorrerà i primi mesi come postulante. Con sede nel sud della Francia, la comunità relativamente giovane segue la Regola di Sant’Agostino e ha una spiritualità mariana basata su San Luigi Maria di Montfort e San Massimiliano Kolbe.

 

Cresciuto cattolico ma senza prestare molta attenzione alla sua fede da adolescente, Duée ha detto che vedeva Dio come qualcuno «con una pistola, pronto a colpirmi se mi fossi allontanato».

 

La sua scoperta dei Canonici è avvenuta durante gli anni di restrizioni legate al COVID-19, durante i quali è stato costretto a un periodo di riflessione più intensa. Dopo aver incontrato i Canonici, che erano vicini a dove viveva, la stella della pallavolo ha dichiarato che la sua percezione di Dio è cambiata. Ha abbandonato la sua idea di «un padre minaccioso che era lì per colpire», a favore di «un Dio amorevole».

 

«Ho scoperto che Dio mi amava e che aspettava solo una cosa, che anch’io lo amassi». Questa, ha detto, «è stata la base di questo viaggio».

 

Fondata nel 1971, la comunità conta circa 39 religiosi maschi, con un ramo femminile dell’ordine stabilito a circa 30 chilometri di distanza. I suoi membri sono dediti alla celebrazione della Messa tradizionale.

 

Dopo aver completato il postulato, presumendo che sia lui che la comunità esprimano un discernimento di continuazione, Duée vestirà l’abito ed entrerà nel noviziato che dura almeno un anno. I voti temporanei vengono emessi al termine del noviziato, ed è circa cinque anni dopo l’ingresso nella comunità e l’assunzione dell’abito che un membro prende i voti permanenti.

 

Gli stessi Canonici affermano che la loro vita spirituale «è quella della vita cristiana: appartenere a Cristo e vivere nella Chiesa. Ciò richiede naturalmente la devozione alla Beata Vergine, modello e Madre della Chiesa». Notano che nella loro comunità la devozione mariana si avvale in modo particolare della consacrazione a Maria.

 

In quanto canonici, i membri della comunità hanno il carisma speciale di vivere in comunità e di basarsi sulla loro chiesa particolare. La loro vita canonica è costruita sulla liturgia, vivendo una vita comune sia nel lavoro che nella preghiera, e nel loro apostolato.

 

«L’obiettivo è diventare prete. Rispondo a quella che considero una chiamata interiore», ha detto Duée. Ha descritto i Canonici come «molto dinamici e molto aperti al mondo, con un lato apostolico molto pronunciato».

 

In effetti, la giovane comunità ha attirato attorno a sé numerose famiglie e giovani, offrendo ritiri per uomini e donne, preparazione al matrimonio e un luogo in cui gli studenti possano trascorrere del tempo nello studio tranquillo e nella preghiera.

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Ai visitatori dell’abbazia viene anche offerta l’opportunità di prendere direzione spirituale con uno dei canonici, e i canonici vengono regolarmente visti guidare e prendere parte a vari pellegrinaggi agli antichi santuari in tutta la Francia.

 

I canonici vendono parte dei loro prodotti per sostenere la loro vita quotidiana, fanno affidamento sul sostegno dei donatori per i loro bisogni e per l’attuale restauro dell’abbazia stessa.

 

La cosiddetta Opus Mariæ fu fondata nella diocesi di Gap nel 1969 da Roger Péquigney. Nel 1988, i suoi membri abbracciarono lo stile di vita dei canonici regolari, che coniugava contemplazione e attività pastorali. L’8 maggio 1997, la comunità fu ufficialmente eretta come abbazia, seguendo la regola di sant’Agostino, e adottò il nome di «canonici regolari della Madre di Dio».

 

La comunità ha mantenuto la liturgia latina come definita nella riforma promulgata da papa Giovanni XXIII nel 1962.

 

Nel 2004, la comunità si trasferì a Lagrasse, nella diocesi di Carcassonne.

 

L’ordine ricevette l’approvazione della Santa Sede l’18 ottobre 2002 ed è sotto la giurisdizione della Pontificia Commissione «Ecclesia Dei».

 

All’ordine è associato il ramo femminile delle canonichesse regolari della Madre di Dio, residenti nel monastero Mater Dei ad Azille.

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Caso di devozione da parte dei giovani francesi non compaiono nelle cronache, ma esistono eccome. Ne è prova una storia annessa al dramma di Annecy dello scorso anno.

 

Come riportato da Renovatio 21, quando un immigrato siriano si era messo ad accoltellare i passanti, tra cui dei bambini, in riva al lago, era intervenuto per fermarlo Henri d’Anselme, un giovane pellegrino che stava facendo un tour delle cattedrali francesi. Intervistato dalla tv di «informazione continua» BFM TV, un canale molto popolare in Francia, il ragazzo in 14 minuti di conversazione era riuscito ad inserire nel suo racconto dell’accaduto parole come «cattedrale», «cristianità», «Santa Vergine», «Cristo», «preghiera», «spirito cavalleresco».

 

 

Qualcosa sta accadendo all’ultima generazione, anche nella laicissima – cioè dominata da massoni – Francia.

 

Se a Parigi vi sono personaggi che parlano con nonchalance di guerra anche atomica, se al vertice potrebbero aver instaurato programmaticamente un abominio oscuro e indicibile, nelle valli e nelle campagne, nelle cittadine e perfino nelle isole lontane, un ritorno della purezza potrebbe manifestarsi – e trascinare rispedire l’élite malvagia all’Inferno.

 

E allora: vive la France. Dieu le Roi!

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Immagine di Mathieu MD via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

 

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Spagna, crollo delle vocazioni dopo il Concilio Vaticano II

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Il sito Religión Confidencial ha pubblicato un’analisi approfondita sullo stato dei seminari in Spagna. Il calo delle vocazioni al sacerdozio sembra inevitabile. Di fronte a questa situazione molto preoccupante, la Conferenza episcopale spagnola ha deciso di non fornire tutti i dati degli ultimi cinque anni.  

Una mancanza di trasparenza

Dall’analisi di Religion Confidencial emerge la crescente preoccupazione per la mancanza di trasparenza in seguito alla decisione della Commissione episcopale per il clero e i seminari di non pubblicare i dati annuali suddivisi per diocesi sui seminaristi in Spagna.   Questa pratica si è interrotta dopo l’anno accademico 2018/2019, che ha suscitato preoccupazioni in diversi ambienti ecclesiali che vedono in essa un passo indietro in termini di trasparenza e un possibile occultamento delle crisi vocazionali in alcune diocesi.   Nonostante la sua riluttanza a pubblicare dati dettagliati, la Conferenza Episcopale continua ad aggiornare sul suo sito alcuni dati sulle diocesi, anche se con alcune incongruenze e senza precedenti dettagli per diocesi.  

Una forte tendenza al ribasso a partire dagli anni ’60

Il numero dei seminaristi in Spagna ha visto un notevole calo a partire dagli anni ’60. A quel tempo la Spagna contava più di 7.000 seminaristi. Dieci anni dopo, quel numero era sceso a 1.500. Un calo di quasi l’80%. Dopo aver superato quota 2.000 tra il 1985 e il 1990, lo scorso anno la tendenza è tornata a scendere sotto quota 1.000.   Se consideriamo la distribuzione dei seminaristi per diocesi, anche qui la situazione è allarmante: nel 2023, 6 diocesi non avevano seminaristi. Inoltre, 8 diocesi hanno avuto un solo seminarista per l’anno accademico 2022/2023. Così, l’anno scorso, 14 delle 69 diocesi spagnole avevano da 0 a 1 seminarista.

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All’estremo opposto, 14 diocesi hanno più di 20 seminaristi, il seminario più attrezzato è quello di Madrid con 119 seminaristi. Nella capitale il calo del numero dei seminaristi appare catastrofico.   Il calo del numero delle ordinazioni segue ovviamente il calo del numero dei seminaristi, e negli ultimi due anni sono stati ordinati meno di 100 seminaristi diocesani nella penisola iberica – esclusi i sacerdoti ordinati in una società religiosa. Quindi sono stati ordinati solo 97 sacerdoti nel 2022 e 79 nel 2023.   Questa preoccupante dinamica ha portato alla chiusura di un certo numero di seminari: il numero è difficile da specificare, perché recentemente i nomi hanno cambiato, da seminario a casa di formazione. In ogni caso, l’indagine di Religion Confidential ha contato 21 seminari attualmente chiusi in Spagna.  

Roma impone l’unificazione dei seminari

Con una simile realtà davanti agli occhi si può comprendere il recente intervento romano per il quale i vescovi sono stati convocati in Vaticano. Papa Francesco ha imposto un processo di unificazione dei seminari. Non sembra necessario imporlo, perché la realtà impone di ripensare la mappa dei seminari e delle case di formazione.   In questo Paese dal passato gloriosamente cattolico, il progressismo ha provocato un profondo caos che ora lascia la Chiesa quasi senza sangue.   Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Chiesa 2.0 del cardinale Walter Kasper

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Riforma radicale dell’ecclesiologia attraverso l’instaurazione di una forma di bicameralismo all’americana: è più o meno questa la strada che il cardinale Walter Kasper auspica vedere intrapresa dalla Chiesa all’indomani del Sinodo sulla sinodalità.

 

Il 10 aprile 2024, l’arciabbazia di San Pietro a Salisburgo (Austria) – il più antico monastero benedettino del mondo di lingua tedesca – pullula di curiosi accorsi per ascoltare la conferenza introduttiva tenuta da un illustre ospite come parte del simposio «Cardinali e Benedettini».

 

Il cardinale Kasper, che difende una linea progressista nell’interpretazione del Concilio Vaticano II – che un tempo lo metteva in opposizione con il cardinale Josef Ratzinger – ha intitolato il suo intervento «Cardinali al servizio della Chiesa e del papato».

 

Il porporato, che ha avuto un ruolo di primo piano negli ultimi due conclavi – ma che ora è privato del diritto di voto a causa dell’età – resta una voce ascoltata dall’attuale Romano Pontefice. Secondo lui il Sinodo sulla sinodalità sarebbe un’occasione per riportare i cardinali al loro vero posto.

 

L’ex vescovo di Rottenburg-Stoccarda ritiene che, nel quadro del Sinodo, papa Francesco abbia lanciato un grande movimento per il decentramento della Chiesa: occorrerebbe inoltre fare un nuovo passo verso la riforma del collegio cardinalizio, in senso di un cosiddetto ritorno alle fonti.

 

In questa prospettiva ai cardinali verrebbe attribuita una nuova prerogativa: quella di presiedere i consigli plenari nelle regioni da cui provengono. Al fine di istituire una sorta di sistema bicamerale nel governo della Chiesa, composto dal Sinodo dei vescovi e dal Consiglio dei cardinali. Mai visto prima nella Storia della Chiesa.

 

Un’interpretazione molto personale dell’evoluzione della funzione cardinale

Radicata inizialmente nella liturgia, la funzione cardinalizia si sarebbe, secondo le parole dell’ex professore dell’Università di Tubinga, «politicizzata» per diventare il giocattolo delle grandi famiglie romane fino a essere coinvolte nel declino della Roma decadente del tardo Medioevo.

 

In epoca moderna, la funzione cardinalizia si sarebbe poi ridotta all’esercizio del ruolo di funzionario della Curia Romana, prima della grande «riscoperta» di questa veneranda istituzione durante il Concilio Vaticano II, che costituisce tuttora l’alfa e l’omega della Chiesa per Mons. Kasper.

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Un’affermazione molto discutibile

Gli studi concordano nel vedere la lontana origine dei cardinali nel presbyterium, un’assemblea di sacerdoti e diaconi che assistono e consigliano il vescovo nella guida del suo gregge. Sant’Ignazio di Antiochia lo menziona come «il Senato del vescovo», al quale i fedeli devono rispetto perché rappresenta il vescovo, ma al di sotto di lui.

 

Anche il vescovo di Roma era circondato da un presbyterium. Ma, «dalla somiglianza di origine e dal fatto che il nome di cardinale era comune all’alto clero romano e all’alto clero di altre città vescovili, sarebbe errato concludere», precisa il Dizionario di Teologia Cattolica, «che questo nome rispondeva in entrambi i casi a identiche prerogative».

 

«Il titolo di papa veniva anticamente dato indiscriminatamente a tutti i vescovi e non venne mai in mente a nessun cattolico di metterli tutti, per questa ragione, sullo stesso rango. È il caso del nome cardinale: in origine era generico e non implicava di per sé alcun ruolo specifico; nessun grado uniforme di potere; il suo valore esatto è stato determinato in base alle circostanze».

 

«I cardinali di una determinata diocesi diversa da quella di Roma non hanno mai potuto ricevere dal loro vescovo, per condividerlo con lui, nessun altro potere se non quello contenuto entro i limiti di quella diocesi; ma i dignitari associati dal Sommo Pontefice all’amministrazione degli affari che gli spettavano acquistarono necessariamente potere e influenza estendendosi a tutta la Chiesa».

 

Bastano queste righe autorevoli per rimettere in discussione i meriti storici di questo «bicameralismo» che il cardinale Kasper difende, e che equivarrebbe a diluire ulteriormente l’autorità del Romano Pontefice.

 

«Speriamo di mantenere Francesco ancora per qualche anno e che i suoi successori completino le sue riforme», ha detto il cardinale Kasper.

 

Una conclusione carica di incertezza, che lascia intendere che il progressismo è ancora lungi dall’aver vinto e che nel prossimo conclave resta l’elezione di tutte le possibilità, sotto la benevola grazia dello Spirito Santo.

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