Spirito
Mons. Viganò: elogio funebre di mons. Williamson

Renovatio 21 pubblica l’elogio funebre scritto dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò in morte di mons. Richard Nelson Williamson.
Tuis enim fidelibus, Domine,
vita mutatur, non tollitur;
et, dissoluta terrestris hujus incolatus domo,
æterna in cælis habitatio comparatur.
Poiché ai tuoi fedeli, o Signore,
la vita è mutata, non tolta;
e venuta meno la dimora terrena,
è preparata la celeste dimora eterna.
Præf. Defunct.
Un caro Amico, un venerato fratello nell’Episcopato, un compagno di battaglia ha concluso il proprio terreno pellegrinaggio ed è passato nell’eternità. E in queste ore di lutto, alleviato solo dagli occhi della Fede, non possiamo non piangere la sua scomparsa, ricordare il suo strenuo combattimento, la sua fedeltà, la sua opera al servizio di Santa Madre Chiesa e ricorrere alla preghiera in suffragio della sua anima.
La mia fraterna amicizia con mons. Williamson è relativamente recente. Essa iniziò nel momento in cui mi trovai a scontrarmi con le Autorità romane, dopo aver maturato la consapevolezza della rivoluzione conciliare e dei suoi effetti devastanti, consapevolezza cui Sua Eccellenza era giunto ben prima di me. Dei nostri incontri conservo il ricordo della sua capacità di contemperare l’incondizionata adesione alla Verità-Cattolica con un afflato di vera Carità e un’instancabile forza nel predicare il Verbo opportune importune.
Ricordo il suo tratto umile e affabile. Da vero gentiluomo britannico, aveva uno spiccato senso dello humor. La sua vasta cultura non gli impediva di comportarsi in modo semplice e modesto, anche nella povertà del vestire. Ricordo bene la talare logora che indossava abitualmente e la sua riluttanza ad artificiosi convenevoli.
Convertitosi dall’Anglicanesimo e educato alla Fede tradizionale alla scuola di un grande Arcivescovo, mons. Marcel Lefebvre, egli seppe rimanergli fedele anche dinanzi ai cedimenti dei suoi confratelli, quando le umane convenienze e i calcoli diplomatici ebbero il sopravvento sull’eredità dell’Arcivescovo francese. Mons. Williamson fu disobbediente per una Roma apostata; disobbediente per un conservatorismo infiacchito che aveva dimenticato le vere ragioni della propria esistenza; disobbediente per un mondo incapace di sentirsi dire in faccia la verità.
Questa sua apparente disobbedienza – che lo lega indissolubilmente alla figura di mons. Lefebvre, il «Vescovo ribelle» che osò sfidare il modernismo di Paolo VI e di Giovanni Paolo II – fu la ragione per cui nel 2012 venne abbandonato ed espulso dalla Fraternità San Pio X cui apparteneva, a causa della sua indisponibilità ad un accordo con la Roma conciliare e con lo pseudo-conservatorismo di Benedetto XVI.
Da allora mons. Williamson si impegnò nella costruzione di una «resistenza cattolica» che potesse efficacemente contrastare da un lato l’apostasia delle autorità romane, dall’altro i compromessi e i cedimenti della Fraternità San Pio X, i cui Superiori erano sempre più presi dalla ricerca di una normalizzazione canonica. Mons. Williamson fu uomo libero, specialmente nel non conformarsi al politicamente corretto, e mai si preoccupò dell’immagine che di lui dava la stampa. Nella sua lucida visione geopolitica, anticipò molte idee che oggi sono suffragate dai fatti, ad iniziare dal ruolo del sionismo nell’attacco alla società cristiana. Ha vissuto senza clamore prove e umiliazioni, mantenendo la serenità d’animo e in tutto cercando solo la gloria di Dio e la propria assimilazione a Cristo Sacerdote.
Quando, nel 2020, levai la voce per denunciare la frode psico-pandemica, abbiamo avuto modo di condividere la stessa visione del mondo e dei suoi travagli geopolitici, individuando nel globalismo il punto di convergenza delle ideologie dei tempi moderni, e nel rapporto tra deep state e deep church la vera minaccia per l’umanità e per la Chiesa.
Fu fervente devoto della Vergine Santissima e specialmente della Madonna di Fatima. La sua persuasione della vittoria del Cuore Immacolato, secondo le promesse della Madonna, è stato il faro della sua vita interiore e della sua azione, e la recita fedele del Santo Rosario la sua arma invincibile.
L’emorragia cerebrale che lo ha colpito nelle ultime settimane non gli ha impedito, per grazia di Dio, di ricevere il conforto dei Sacramenti ed essere accompagnato da quanti gli sono stati vicino al momento in cui obdormivit in Domino. Così, in un quieto sonno del corpo, il Signore ha voluto fargli concludere una vita da combattente nelle trincee della Santa Chiesa, rimpianto dagli amici e ancora rispettato dagli avversari.
La dottrina cattolica sui Suffragi, mirabilmente espressa nella Liturgia tradizionale che mons. Williamson ha sempre e gelosamente custodito e trasmesso, attinge al secondo Libro dei Maccabei dell’Antico Testamento. Perciò Giuda Maccabeo fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato (2Mac 12, 45).
È questo Sacrificio espiatorio che celebriamo con le solenni esequie del nostro venerato fratello Vescovo. Un Sacrificio prefigurato dai segni dell’Antica Legge e compiuto in Cristo nella Nuova ed Eterna Alleanza. Un Sacrificio che mons. Williamson celebrò quotidianamente, nella forma custodita attraverso i secoli dalla Santa Chiesa, perché giustamente egli vedeva in esso il compimento delle promesse antiche, e la promessa di infinite Grazie per il futuro.
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È la Santa Messa, in definitiva, ciò che unisce tutti i Cattolici e in particolare noi Ministri di Dio, in una ininterrotta processione che percorre ogni regione della terra e ogni tempo fino alla fine del mondo. È la Messa Apostolica, la Messa di San Gregorio Magno, di San Pio V, di San Pio X, di Padre Pio, di mons. Lefebvre. La Messa che è nostra nella misura in cui essa è sintesi orante della nostra Fede, della Fede della Chiesa. La Messa che è nostra e dei fedeli, e di cui nondimeno la Roma conciliare e sinodale ci vorrebbe privare, perché sa bene che quel Rito venerando confuta e condanna tutti i suoi errori, tutti i suoi pavidi silenzi, tutte le sue vili complicità.
Tu es sacerdos in æternum secundum ordinem Melchisedech, dice la divina Sapienza. Finché vi saranno sacerdoti e Vescovi che seguiranno l’esempio di veri Pastori come mons. Lefebvre e mons. Williamson, il Sacrificio perenne non verrà meno, e sarà grazie ad esso se riusciremo ad attraversare vittoriosamente questi drammatici momenti di tribolazione che preludono agli ultimi tempi.
Questa assimilazione del Sacrificio non può limitarsi ad essere meramente rituale. Ogni anima sacerdotale – lo dico a voi, cari fratelli chierici – deve farsi anche mistica vittima, sul modello della Vittima pura, santa e immacolata, per portare a compimento nella propria carne quel che manca ai patimenti di Cristo, per il bene del suo corpo che è la Chiesa (Col 1, 24). È ciò che fece mons. Williamson, che accettò di soffrire la persecuzione e l’esilio per amore di Cristo e per non rinnegare i solenni impegni assunti nella pienezza del Sacerdozio.
In Paradiso, raccolti in adorazione dell’Agnello e della Santissima Trinità nell’eterna Liturgia celeste, tutti i Santi di tutti i tempi sono accomunati dall’amore per il Sacrificio perfetto. Preghiamo affinché mons. Williamson possa essere accolto fra le schiere celesti, e che da lì possa guardarci ripetere i gesti sacri e le parole sante che ebbe sulle labbra sino a pochi giorni prima di lasciarci.
Il motto episcopale di mons. Williamson era Fidelis inveniatur, tratto dalla prima Lettera ai Corinti: Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, quanto si richiede negli amministratori è che ognuno risulti fedele (I Cor 4, 1-2). Perché l’amministratore non è il proprietario del bene, ma colui che deve consegnarlo come l’ha ricevuto a chi verrà dopo di lui.
E questo è stato esattamente ciò che ha fatto il nostro fratello Vescovo, memore delle parole dell’Apostolo: Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione (Tim 4, 6-8).
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
31 Gennaio 2025
Renovatio 21 offre questo testo di Monsignor Viganò per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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Immagine da Exsurge Domine.
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Papa Leone XIV nomina un arcivescovo pro-LGBT a ruoli chiave in Vaticano

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Spirito
Ci siamo: ecco l’arcivescova di Canterbury. Pro-aborto e pro-LGBT

Sarah Mullally è stata scelta come nuovo arcivescovo anglicano di Canterbury, segnando la prima volta che una donna viene nominata alla più alta carica ecclesiastica nella Chiesa anglicana.
La sede dell’arcivescovo di Canterbury era vacante dal 7 gennaio 2025, quando l’arcivescovo Giustino Welby si dimise a causa delle accuse di cattiva gestione di un caso di abuso.
Abbiamo quindi la prima «arcivescova» canterburiana. Immaginiamo che a questo punto si debba dire anche «monsignora».
La Mullally diventa ora la prima donna a ricoprire questo prestigioso incarico. Mentre il monarca regnante, in questo caso Re Carlo III, è ufficialmente il capo della Chiesa d’Inghilterra, l’arcivescovo di Canterbury è il vescovo più anziano e il capo spirituale della comunità anglicana mondiale.
La Chiesa anglicana ha iniziato a «ordinare» le donne nel 1994 e la prima «vescova» donna è stata nominata nel 2014.
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La Mullally è stata vescovo di Londra nel 2018, considerata la terza più alta carica della Chiesa d’Inghilterra. In precedenza ha lavorato come infermiera del Servizio Sanitario Nazionale (NHS) ed è diventata la più giovane responsabile infermieristica di sempre per l’Inghilterra nel 1999. La donna deciso di entrare nel clero anglicano all’inizio degli anni 2000. Mullally è sposata e ha due figli.
L’ex infermiera è nota per le sue idee teologiche e politiche progressisti. Si è definita femminista ed è una sostenitrice dell’aborto e dell’agenda LGBT. Nel 2022, come vescovo di Londra, ha promosso la celebrazione del «Mese della storia LGBT+» e l’istituzione di un gruppo consultivo per la diocesi incentrato sulla «cura pastorale e l’inclusione delle persone LGBT+ nella vita delle nostre comunità ecclesiali».
La monsignora ha espresso le sue opinioni pro-aborto in un post su un blog del 2012: «sospetto che descriverei il mio approccio a questo problema come pro-scelta piuttosto che pro-vita [sic], anche se fosse un continuum mi troverei da qualche parte lungo questo percorso, muovendomi verso la vita quando si riferisce alla mia scelta e poi consentendo la scelta quando si riferisce agli altri, se ha senso» ha scritto oscuramente.
Il processo di elezione dell’arcivescovo di Canterbury coinvolge la Commissione per le Nomine della Corona (CNC), che comprende un presidente nominato dal Primo Ministro britannico e rappresentanti della Chiesa d’Inghilterra. La CNC nomina un candidato al primo ministro, che poi lo consiglia formalmente al monarca, che a sua volta nomina (o respinge) formalmente il candidato.
Come riportato da Renovatio 21, la comunione anglicana ha già visto a causa dell’elezione di una donna ad arcivescovo del Galles una rottura nelle sue pendici africane. In una conferenza a Kigali di due mesi fa, a seguito della nomina della «vescova» Cherry Wann ad arcivescovo del Galles, è stato concluso che «Poiché il Signore non benedice le unioni tra persone dello stesso sesso, è pastoralmente fuorviante e blasfemo formulare preghiere che invocano la benedizione nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».
«La decisione della Chiesa in Galles di eleggere la Reverenda Cherry Vann come Arcivescovo e Primate è un altro doloroso chiodo nella bara dell’ortodossia anglicana. Celebrando questa elezione e la sua immorale relazione omosessuale, la Comunione di Canterbury ha ceduto ancora una volta alle pressioni mondane che sovvertono la buona parola di Dio» aveva commentato Laurent Mbanda, Presidente del Consiglio dei Primati della Global Anglican Future Conference (GAFCON).
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Immagine di Roger Harris via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported
Spirito
Viganò: «Leone ambisce al ruolo di Presidente del Pantheon ecumenico della Nuova Religione Globale di matrice massonica»

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