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I monaci shaolini visitano Bergoglio

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Noti soprattutto per il kung-fu, sono i custodi delle radici del buddhismo zen in Cina. L’incontro con il pontefice pochi giorni dopo che nel loro tempio nella provincia dell’Henan hanno tenuto una conferenza mondiale sulla meditazione e il suo contributo alla pace e allo sviluppo dei popoli.
Papa Francesco ha ricevuto in udienza questa mattina in Vaticano una delegazione di monaci del Tempio di Shaolin, luogo fondamentale per la storia del buddhismo in Cina. Alcune immagini diffuse dal sito VaticanNews mostrano il pontefice nel suo studio insieme ai religiosi provenienti dalla provincia cinese dell’Henan.
L’incontro è avvenuto a pochi giorni dal Future World Chan Forum che ha visto riunirsi dal 19 al 22 gennaio presso il Tempio di Shaolin di leader spirituali, personalità e intellettuali da tutto il mondo per riflettere insieme come promuovere a livello globale la meditazione per il benessere individuale e lo sviluppo armonioso dei rapporti tra i popoli.
All’incontro era presenta anche l’imam di al-Azhar Ahmed Al-Tayeb, che in questo congresso tenutosi in Cina ha parlato del contributo offerto dalla Dichiarazione sulla Fratellanza umana da lui firmata con papa Francesco nel 2019
Noti in Occidente soprattutto per essere gli inventori dell’arte marziale del kung-fu (che tuttora praticano), i monaci Shaolin sono in realtà in Cina i custodi della tradizione del buddhismo Zen. Le origini del loro tempio – che sorge alle pendici del monte Song, una delle cinque montagne sacre della Cina – risalgono al V secolo d.C. quando il monaco indiano di nome Bada, 28° successore di una linea di leader religiosi riconducibili al Buddha, arrivò in Cina iniziando a diffondere gli insegnamenti buddhisti. La costruzione iniziò nel 495 per ordine dell’imperatore Wei Xiaowendi: a Shaolin sarebbero poi stati tradotti in cinese i testi sacri indiani, plasmando quelli che sono conosciuti come i precetti del buddhismo zen.
Spesso negli ultimi anni il Tempio di Shaolin – che dal 2010 è riconosciuto come Patrimonio dell’Unesco – è stato criticato sostenendo di aver troppo cavalcato la notorietà turistica suscitata dalla sua storia legata al kung-fu. Anche in risposta a queste critiche i monaci insistono sul fatto che le arti marziali sono solo uno dei volti della cultura e della spiritualità propagata da questo luogo. Raccontano di avere in tutto il mondo oltre 200 centri legati alla loro esperienza, frequentati da oltre 100 milioni di persone.
A Shaolin stanno inoltre realizzando anche un nuovo museo strutturato su tre piani, la cui inaugurazione dovrebbe avvenire nel corso di quest’anno. Il primo piano racconterà la storia del monaco Bada e del buddhismo Zen, mentre il secondo piano fornirà una panoramica completa della storia e della cultura Shaolin attraverso documenti storici, oggetti e installazioni digitali. L’ultimo piano presenterà un’ampia collezione di tesori artistici e culturali di Shaolin, tra cui iscrizioni, sculture, murales, dipinti e opere calligrafiche.
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Il cardinale Müller avrebbe suggerito a papa Leone XIV di revocare le restrizioni alla Messa in latino

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Davanti ai media di tutto il mondo, il nuovo stile di Leone XIV

Il 12 maggio 2025, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, Papa Leone XIV si rivolse ai professionisti dei media riuniti per seguire gli eventi significativi delle ultime settimane: la morte del suo predecessore, il conclave e i primi giorni del suo pontificato. Un intervento dallo stile sensibilmente diverso da quello a cui ci eravamo abituati nel pontificato precedente.
«Continua tra pochi istanti, la prima conferenza stampa in diretta di Leone XIV, dopo una pagina di pubblicità». In Francia, come altrove, il tono è stato dato sui principali canali di informazione continua il 12 maggio 2025, per annunciare quello che il sito web del Vaticano ha presentato più sobriamente come il «Discorso di Papa Leone XIV ai professionisti della comunicazione».
Fin dalle prime parole di un discorso colto che non ha concesso nulla all’improvvisazione, il Romano Pontefice si è concesso una captatio benevolentiae nei confronti delle migliaia di giornalisti presenti nell’Aula Paolo VI: «Desidero ringraziarvi per la vostra presenza e per l’intenso lavoro che avete svolto in queste ultime settimane», esordisce Leone XIV, sottolineando l’importanza del loro ruolo nel trasmettere gli eventi ecclesiali al mondo intero.
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Un tono improntato alla cortesia, che contrasta con gli interventi a volte bruschi di Francesco, il quale non esitava a criticare direttamente i media quando riteneva utile farlo: laddove Francesco poteva, ad esempio, denunciare con vigore le «fake news» o la manipolazione mediatica, Leone XIV scelse un approccio improntato al sigillo della benevolenza, invitando i giornalisti a «diventare artigiani di verità e di pace».
Questo incontro con i media, organizzato solo quattro giorni dopo la sua elezione, testimonia l’importanza che il nuovo papa attribuisce alla comunicazione, come i suoi predecessori: ma Leone XIV scelse di privilegiare una riflessione fondamentale sul ruolo dei media nella società, esortandoli a «disarmare la comunicazione da ogni pregiudizio e risentimento, da ogni fanatismo e perfino da ogni odio».
Questo invito a «disarmare le parole» per «disarmare il mondo» rivela una visione in cui le parole e le immagini, che sono così spesso strumenti di divisione e manipolazione, devono diventare vettori di verità e di pace.
È ancora presto per giudicare cosa succederà in seguito, ma a differenza di Papa Francesco , i cui discorsi potrebbero essere caratterizzati da una spontaneità a volte disarmante – o disperata, a seconda dei casi – il nuovo sovrano pontefice costruisce i suoi primi interventi con un certo rigore. Ogni frase sembra ponderata, ogni idea articolata , come dimostra il suo riferimento alla comunicazione come atto che «plasma la cultura di una società».
In altre parole, il 267° successore di Pietro sembra privilegiare una comunicazione che rasserena piuttosto che turbare, che unisce più di quanto divide: possa riuscire a unire le anime di buona volontà nell’unica fede in Cristo.
Invitando sottilmente i media a «disarmare le parole», Papa Leone XIV sa in ogni caso che avrà difficoltà a farsi ascoltare in un mondo saturo di informazioni in cui l’oggettività non è più la dimensione essenziale.
Per il momento, i giornalisti – testimoni dello spirito del mondo – lo hanno applaudito con entusiasmo, ma come ha dichiarato il romano pontefice, non senza umorismo, forse pensando a come lo giudicheranno i media quando non andrà nella direzione della modernità: «dicono che l’applauso all’inizio non conti molto… Se volete ancora applaudire alla fine, allora… Grazie mille!».
Articolo previamente apparso su FSSPX. News
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Papa Leone saluta subito gli ebrei. In nome del Concilio

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For Purim I’ve dressed up as a Candace Owens Jew (or is it just dress up? Or are we Jews deep down always like this… filth, Money, drunk on Christian blood.. and … dual loyalties for Israel.) I felt that since Candace got fired on Friday, I may as well try and bring her some… pic.twitter.com/CWhjBcRr2p
— Rabbi Shmuley (@RabbiShmuley) March 24, 2024
Me: It’s a nice day on the Internet. 😊
The Internet: Rabbi Shmuley twerking and what appears to be giving a lap dance to a child. 😩 I miss the days of not being bombarded with info against my will. pic.twitter.com/5fnrxdvEug — Nina 🐙 Byzantina (@NinaByzantina) March 25, 2024
Rabbi Shmuley peddles lube with his daughter in the holy land. pic.twitter.com/HoqhZnQGRD
— ADAM (@AdameMedia) April 12, 2025
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Rimane esemplificativa la storia, ricordata a più riprese da Renovatio 21, di Teodoro Herzl, il fondatore del sionismo sulla cui tomba Bergoglio si lasciò portare da Netanyahu nel 2014, che nel 1903 riuscì a farsi ricevere da papa San Pio X – il papa che comprese e bloccò il modernismo religioso –chiedendogli aiuto per far tornare gli ebrei in Palestina. Il Santo rispose con un sereno, cordiale, netto «no». «Sostenere gli ebrei nell’acquisizione dei Luoghi Santi, quello non possiamo farlo» disse San Pio X al fondatore del sionismo, rifiutando l’idea di un ritorno degli ebrei nelle terre di Gesù. «Noi, e io come il capo della Chiesa, non possiamo fare questo. Ci sono due possibilità. O gli ebrei si aggrappano alla loro fede e continuano ad attendere il Messia che, per noi, è già apparso. In questo caso essi non faranno che negare la divinità di Gesù e noi non li possiamo aiutare. Oppure vanno lì senza alcuna religione, e allora potremo essere ancora meno favorevoli a loro». «La religione ebraica è il fondamento della nostra; ma è stata sostituita dagli insegnamenti di Cristo, e non possiamo concederle alcuna ulteriore validità. Gli ebrei, che avrebbero dovuto essere i primi a riconoscere Gesù Cristo, non l’hanno fatto fino ad ora» proseguì il santo romano pontefice. «Il nostro Signore è venuto senza potere. Era povero. È venuto in pace. Non ha perseguitato nessuno. È stato perseguitato». «È stato abbandonato anche dai suoi apostoli. Solo più tardi è cresciuto in statura. Ci sono voluti tre secoli alla Chiesa per evolvere. Gli ebrei hanno avuto quindi il tempo di riconoscere la sua divinità, senza alcuna pressione. Ma non l’hanno fatto fino ad oggi». Così parlò il papa Santo.Rabbi Shmuley campaigns for Cardinal Parolin as his pick for new pope. pic.twitter.com/o0bUrlibWR
— Catholics for Catholics 🇺🇲 (@CforCatholics) May 1, 2025
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