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Milioni di quadrupedi potrebbero invadere Seoul per la protesta degli allevatori di carne di cane

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Gli allevatori sudcoreani di carne di cane hanno minacciato di rilasciare 2 milioni di cani nelle strade mentre continua la controversia sui piani per vietare il consumo nel Paese. Lo riporta l’agenzia Reuters.

 

I partiti di tutto lo spettro politico stanno lavorando insieme per mettere al bando la carne di cane come parte di un disegno di legge sostenuto dalla first lady del Paese, Kim Keong-hee, moglie del presidente gaffeur Yoon Suk-yeol.

 

Gli allevatori di cani e i proprietari di ristoranti che servono carne canina hanno organizzato proteste davanti al parlamento, chiedendo al governo di non approvare un divieto quest’anno, scrive Reuters.

 

Joo Young-bong, capo dell’Associazione allevatori carne di cane, ha definito «folle» l’idea di mettere fuori legge la carne canina. Il Joo ha detto che i membri dell’organizzazione stanno discutendo del potenziale rilascio di 2 milioni di cani vicino ai principali edifici governativi di Seoul e alle case dei legislatori che hanno promosso la legge.

 

A luglio, circa 200 membri dell’organizzazione hanno organizzato una campagna contro le attività degli attivisti per i diritti degli animali mangiando pubblicamente carne di cane nel centro di Seoul e offrendola ai passanti. All’epoca Joo disse al quotidiano Korea Herald che mangiare carne canina era un diritto che non può essere violato, insistendo sul fatto che il divieto è una forma di discriminazione.

 

La First Lady sudcoreana Kim ha fatto una visita a sorpresa ad una conferenza stampa organizzata da gruppi civici in agosto, promettendo di porre fine alla controversa cultura della carne di cane. Secondo il Korea Times, la Kim ha dichiarato che «gli esseri umani e gli animali dovrebbero coesistere» e che «le attività illegali legate alla carne di cane dovrebbero essere poste fine».

 

Il South China Morning Post ha riferito che il Partito del Potere Popolare, che è una formazione conservatrice, propone una pena massima di cinque anni di carcere o una multa di 50 milioni di won (35.000 euro) per il commercio di carne di cane. Il Partito Democratico di Corea, di tendenza liberale, chiede tre anni di carcere e una multa fino a 30 milioni di won (21.000 euro).

 

Se approvate dal governo, le misure entreranno in vigore nel 2027, con un sostegno finanziario per le imprese che subiscono perdite a causa del divieto.

 

Uno studio di settembre condotto da Nielsen Korea e commissionato dalla Humane Society International (HSI) in Corea ha rilevato che l’86% degli intervistati non ha intenzione di mangiare carne di cane e che la maggioranza è a favore di un divieto.

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Secondo Sangkyung Lee, responsabile della campagna sulla carne di cane per HSI/Corea, «i politici di tutti i partiti stanno mostrando sostegno per il divieto dell’industria della carne di cane», citando «crudeltà» e «condizioni antigeniche» come ragioni principali della mossa.

 

Il cane è una pietanza servita anche in Cina, dove è considerato soprattutto per persone meno abbienti che vogliono nutrirsi secondo la tradizione alimentare olistica cinese del jinbu (letteralmente: «colmare il vuoto»).

 

Per tale tradizione medico-culinaria antica, è preferibile mangiarsi «un cane che è stato inseguito prima di essere macellato, perché alcune persone credono che si ottengano più benefici jinbu dal mangiare un animale il cui sangue ed energia sono aumentati», ha scritto in un articolo del 2020 sul New York Times Yi-Zheng Lian, docente universitario e opinionista.

 

Acerrimo nemico del consumo della carne di cane era stato il defunto politico e magistrato italiano Franco Frattini (1957-2022).

 

A fine 2020 vi fu un caso internazionale quando la Corte suprema svizzera annullò una sentenza Tribunale di Arbitrato Sportivo internazionale TAS di Losanna, presieduto dallo stesso Frattini, accogliendo un ricorso dei difensori del nuotatore cinese Sun Yang, squalificato per doping che «ricusavano l’operato del presidente italiano del TAS» scriveva il Corriere della Sera. Frattini aveva scritto su Twitter «inferno perenne per i sadici bastardi cinesi che uccidono brutalmente cani e gatti nello Yulin, con la complicità delle autorità cinesi». In altri post sulla questione dei cani in Cina avrebbe usato un insulto pesante: «musi gialli».

 

«Post ostili sui social (Twitter) da parte del presidente del panel Franco Frattini – ha scritto la Gazzetta dello Sport – hanno convinto il tribunale federale che il giudice italiano non avrebbe dovuto decidere sulla sentenza. I giudici federali a dicembre hanno rinviato il caso per un nuovo processo al TAS. Frattini, ex ministro degli Esteri italiano, è stato escluso dal nuovo processo». Quindi, «i dubbi sull’imparzialità dell’arbitro erano oggettivamente giustificati».

 

«Nei suoi tweet, l’arbitro [Frattini, ndr] denuncia una pratica cinese di macellazione di cani e denuncia il consumo di questa carne in una festa locale in Cina – ha scritto il tribunale svizzero in una nota riportata dalla Gazza – Alcune espressioni si riferiscono al colore della pelle di alcuni cinesi che prende di mira».

 

La questione della cinofilia alimentare sembra scaldare ancora gli animi e la politica in tutto il mondo.

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Animali

Maiale salva due soldati russi che stavano calpestando una mina: come i muli degli Alpini

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In un video diffuso di recente su Telegram, un maiale ha evitato che due soldati russi calpestassero una mina antiuomo.   Ripreso da un drone, il video mostra due militari russi che si avvicinano a un fabbricato in rovina, con un maiale domestico nelle prossimità. Il filmato è stato caricato sabato sul canale Telegram RVvoenkor.   Il soldato in avanguardia balza in avanti allorché il compagno è a pochi metri, innescando una mina antiuomo. I due soldati deviano quindi il cammino, procedendo lungo i ruderi di una staccionata adiacente.  

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«Il destino finale dell’animale resta ignoto. Le nostre unità hanno alterato il tragitto e proseguito l’operazione», ha commentato l’emittente. Non ha precisato la data né il luogo delle riprese. Stando al Ministero della Difesa di Mosca, le truppe russe stanno progredendo su più assi lungo il fronte, tra cui i presidi ucraini assediati di Kupyansk, nella regione di Kharkov, e Krasnoarmeysk (detta Pokrovsk in Ucraina) nella Repubblica Popolare di Donetsk.   Le forze del raggruppamento congiunto «Est» hanno completamente liberato il villaggio di Yablokovo dal dominio ucraino nella regione russa di Zaporiggia, ha annunciato sabato il dicastero. Si tratta del nono centro strappato dalle unità «Est» nel corso del mese, ha precisato.   Non è il filmato più bizzarro che abbiamo visto provenire dal teatro di guerra ucraino.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa un soldato russo ha sconfitto un drone ucraino con un sacco di patate, un altro ha catturato un drone a mani nude, un altro ancora lo ha preso a testate.   La vicenda del maiale minatore ricorda la pratica degli Alpini riguardo al mulo. Come noto, gli Alpini usavano spesso muli come animali da soma per trasportare equipaggiamenti, munizioni e razioni in terreni impervi dove i veicoli non potevano arrivare. Tuttavia, c’è una credenza diffusa – supportata da testimonianze di veterani e resoconti militari – secondo cui i soldati tenevano i muli molto vicini a sé (a volte legati o condotti a mano) non solo per praticità, ma anche per sicurezza personale. Tenendolo accanto o davanti, i soldati speravano che il mulo facesse da «scudo vivente» (assorbendo l’esplosione), che l‘esplosione avvenisse in prossimità, permettendo ai soldati di gettarsi a terra o reagire immediatamente, che si riducesse il rischio di mine attivate dietro il gruppo (dove magari c’erano altri soldati o animali).   In pratica, il mulo era programmaticamente, per gli alpini, un sistema anti-mina. Lasciarlo libero poteva servire da operazione di sminamento, oppure era visto come un rischio, perché il mulo deambula erraticamente, innescando potenzialmente le bombe che possono danneggiare i militari e la loro operazione.

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Immagine screenshot da Twitter
       
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Dinosauro morto sotto un museo di dinosauri

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Un dinosauro sembra essere morto sul punto esatto in cui hanno poi costruito un museo dei dinosauri, seppellendo il suo fossile sotto la struttura musiva.

 

A Denver alcuni scienziati hanno scoperto un fossile di dinosauro di 67,5 milioni di anni fa nel sottosuolo del parcheggio del museo che ospita questi enormi animali oramai estinti milioni di anni fa. Come il Denver Museum of Nature and Science ha spiegato a Catalyst, la sua rivista online, l’antico frammento osseo è stato sepolto a circa 230 metri sotto il parkingo dell’istituzione.

 

Al di là della coincidenza di tale scoperta sotto un museo di storia naturale, tuttavia, il modo in cui gli amabili resti dinosaurici sono stati rivenuti sfida la credulità del lettore.

 

Diversi mesi fa, i ricercatori hanno iniziato a perforare sotto il parcheggio del museo per vedere se le temperature sotterranee della Terra potrebbero riscaldarle e raffreddarle in modo sostenibile. Questo «riscaldamento geotermico» utilizza lo stesso principio delle sorgenti termali, rendendo questa forma di energia rinnovabile una delle più antiche del mondo, scrive Futurism.

 

Una volta che le due piattaforme di perforazione sono iniziate, gli scienziati dietro il progetto hanno deciso di vedere cos’altro potevano trovare scavando in profondità nella crosta terrestre.

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Come spiega un articolo sull’incredibile scoperta, gli archeologi non solo hanno scoperto interessanti campioni geologici all’interno del nucleo campione di sei centimetri e mezzo, ma anche, per puro caso, l’osso parziale di un dinosauro scomparso circa 70 milioni di anni fa.

 

«È fondamentalmente come vincere alla lotteria e rimanere colpiti da un fulmine nello stesso giorno», ha spiegato il curatore di geologia del museo James Hagadorn in un’intervista a Catalyst. «Nessuno avrebbe potuto prevedere che questo piccolo piede quadrato di terra dove abbiamo iniziato a perforare avrebbe effettivamente contenuto un osso di dinosauro sotto di esso!».

 

Naturalmente ci sono volute alcune ricerche per determinare che l’osso era di un dinosauro di una non determinata specie fosse e comprendere come fosse deceduto. Successivamente, come spiegato nel documento di Rocky Mountain Geology, l’osso è stato catalogato come un frammento vertebrale da un ornitopode, un’ampia classificazione paleontologica per i dinosauri bipedi ed erbivori del periodo Cretaceo.

 

Come comunicato dalla direzione del museo, il ritrovamento ha dell’incredibile.

 

«Questo fossile proviene da un’epoca appena prima dell’estinzione di massa che ha spazzato via i dinosauri», ha spiegato lo Hagadorn, curatore di geologia del museo. «Questa è una scoperta scientificamente e storicamente emozionante».

 

Come sottolinea Rocky Mountain Geology, questi tipi di «scoperte paleontologiche urbane» sono davvero rari, ma quando accadono, «accendono l’interesse pubblico per la scienza e approfondiscono la nostra connessione con la natura».

 

Curioso ripensare a un noto cartone animato dinosauresco trasmesso sulla rete berlusconide qualche decennio fa che ha accompagnato i pomeriggi di tanti bambini parcheggiati dai bommer dinanzi alla TV: Ti voglio bene Denver, con l’inevitabile, come sempre inascolatabile ed inaffrontabile, sigla di Cristina D’Avena.

 

 

La storia parlava di un cucciolo di dinosauro verde, trovato da un gruppo di adolescenti californiani (sportivissimi, capelli lunghi e biondi) ancora all’interno del suo uovo, che ha il potere di teletrasportare qualsiasi essere vivente nella preistoria oppure di mostrare sulla sua superficie scene di quell’epoca, viene rinvenuto. I californici ragazzotti si affezionano al dinosauro, al quale danno il nome di Denver, ispirandosi all’omonima città capitale del Colorado, dopo aver letto questo nome su un autobus. Il Denverro si scopre un abile schettinatore e chitarrista ghiotto di patatine in bustina. Il rettile pasticcione inoltre riesce a parlare il linguaggio degli esseri umani, doppiato in italiano da Graziano Galoforo.

 

Se gli scienziati di Denver chiamassero la creatura preistorica del parcheggio Denver saremmo a cavallo. Di un dinosauro.

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Immagine generata artifizialmente.

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Il Giappone invia truppe per contrastare l’aumento degli attacchi mortali degli orsi

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Il 5 novembre il Giappone ha dispiegato truppe nel Nord del Paese per aiutare a gestire gli orsi nella zona, dopo che le autorità locali hanno ammesso di essere in difficoltà di fronte a un’ondata di attacchi senza precedenti.   Stando a quanto riferito dal quotidiano nipponico Asahi Shimbun, i soldati della Forza di Autodifesa Terrestre giapponese (GSDF) sono stati inviati nella regione per collaborare con i cacciatori locali e tenere sotto controllo gli animali.   Alle truppe, tuttavia, non sarà consentito l’uso di armi da fuoco durante l’operazione: potranno impiegare solo spray anti-orso per deterrenza e protezione, oltre a contribuire a posizionare trappole a scatola, condurre pattugliamenti, trasportare cacciatori, spostare orsi catturati o abbattuti e raccogliere informazioni.

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L’intervento è partito da Kazuno, città nella prefettura di Akita (nota ai lettori di Renovatio 21 per essere sede dell’ultima, apocalittica, apparizione mariana approvata dalla Chiesa), all’estremo nord dell’isola principale di Honshu. Nelle ultime settimane a Kazuno si è registrato un forte incremento degli avvistamenti di orsi; i residenti sono stati invitati a evitare i boschi fitti intorno all’insediamento e a rimanere in casa dopo il tramonto per scongiurare gli orsi in cerca di cibo vicino alle abitazioni.   La premier giapponese Sanae Takaichi ha inoltre annunciato in parlamento che entro metà mese il governo deciderà misure di emergenza per affrontare la problematica degli orsi. «Adotteremo le misure necessarie tempestivamente, senza attendere la decisione finale», ha dichiarato la Takaichi, secondo l’agenzia Jiji.   Secondo il ministero dell’Ambiente, da aprile in Giappone si sono verificati oltre 100 attacchi di orsi, con un record di 13 persone uccise nel Paese nello stesso periodo.   Due terzi di questi decessi si sono concentrati nella prefettura di Akita e nella confinante Iwate. Ad Akita, le autorità riferiscono che gli avvistamenti di orsi sono aumentati di sei volte quest’anno, superando gli 8.000, e gli attacchi sono in procinto di stabilire un nuovo primato, spingendo il governatore a richiedere l’intervento delle Forze di autodifesa la settimana scorsa.   Dopo Kazuno – cittadina di circa 30.000 abitanti nota per le sorgenti termali e il paesaggio – i soldati GSDF si sposteranno a Odate e Kitaakita, in base a un accordo che durerà fino a fine mese, secondo NHK.   L’incremento della popolazione di orsi, lo spostamento delle fonti alimentari naturali e lo spopolamento delle aree rurali stanno portando a un maggior contatto con gli esseri umani. Nel frattempo, i cacciatori – molti dei quali anziani – su cui le autorità contavano per gestire il problema si sono trovati sopraffatti quest’anno.   Nelle ultime settimane gli orsi hanno attaccato clienti all’interno di un supermercato, un turista diretto a una fermata dell’autobus vicino a un sito UNESCO e un dipendente di un resort termale.   Gli attacchi degli orsi raggiungono tipicamente il picco tra ottobre e novembre, quando gli animali accumulano cibo prima del letargo.   Secondo Bear Conservation, gli orsi neri giapponesi, diffusi in gran parte del Paese, possono pesare fino a 125 kg, mentre gli orsi bruni dell’isola settentrionale di Hokkaido superano i 600 kg.

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A settembre il governo ha allentato le norme sulle armi da fuoco per facilitare ai cacciatori l’abbattimento degli orsi nelle aree urbane. La modifica legislativa consente ora alle autorità comunali di richiedere a cacciatori autorizzati di catturare o eliminare gli orsi, purché garantiscano la sicurezza delle comunità limitando il traffico ed evacuando i residenti in collaborazione con la polizia.   In precedenza, la legge proibiva ai cacciatori di sparare agli animali in zone densamente popolate, salvo ordine della polizia per pericolo imminente alla vita, scrive il quotidiano giapponese in lingua inglese Japan Times.   Il terrore scatenato del Sol Levante dai malvagi tardigradi era stato già descritto da Renovatio 21 due anni fa. Aveva fatto notizia anche l’impiego dell’Intelligenza Artificiale per arginare il fenomeno, ma a quanto pare l’opzione migliore è mandare l’esercito, o meglio, il suo surrogato nipponico (per Costituzione, il Paese è pacifista e privo di forze armate ufficiali).   Resta da capire, a questo punto, cosa un giapponese, che assiste nel suo Paese a centinaia di attacchi ursini, possa pensare dell’Italia che gli orsi li importa dall’Estero – per poi vedere i suoi cittadini danneggiati, impauriti, aggrediti e perfino sbranati a morte.

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