Connettiti con Renovato 21

Storia

Medioevo terrapiattista? Storia di una falsificazione

Pubblicato

il

No, la falsificazione di cui parleremo non viene dalla NASA, ma riguarda l’idea radicata e tuttavia falsa di un Medioevo «terrapiattista», e le basi ideologiche di questo mito.

 

La recente incoronazione di Carlo III ci ha regalato un’immagine che sembra uscita da un libro di storia: il nuovo re Carlo III tiene in mano le insegne del potere reale, tra cui il globo crucigero, vale a dire la sfera sormontata da una croce, che simboleggia la Terra redenta dalla Croce di Gesù Cristo. Questa sfera ha un uso molto antico.

 

Lo si ritrova in tutto il Medioevo, in particolare nelle rappresentazioni di Cristo, che tiene il globo in mano o sotto i piedi. La sfera presenta un emisfero delineato in tre parti a causa dei tre continenti conosciuti all’epoca. Spicca quindi un fatto: la Terra è rappresentata come una sfera molto prima della scoperta dell’America.

 

Ciò dovrebbe sollevare interrogativi su un mito estremamente diffuso, ovvero che «nel Medioevo si credeva che la Terra fosse piatta». Lo sentiamo dalla bocca di giornalisti, intellettuali, ex ministri come Marlène Schiappa o Claude Allègre, e perfino nei film storici, nei libri di storia e nei libri di testo scolastici, anche recenti.

 

In una trasmissione del 2022 di «C Jamy», sponsorizzata dal famoso Jamy Gourmaud, l’oratore ha detto: «nel XV secolo, ai tempi di Cristoforo Colombo, molte persone pensavano che la Terra fosse piatta. Si basavano su ciò che dice la Bibbia, ma Cristoforo Colombo non ci ha creduto nemmeno per un secondo». (1)

 

E se consultiamo il barometro del pensiero dominante, ovvero ChatGPT, ci dice questo: «Nel Medioevo si pensava generalmente che la Terra fosse piatta. (…) Teorie scientifiche sulla forma della Terra, come quelle sviluppate dagli antichi greci, erano note, ma spesso furono considerate controverse o eretiche dalla Chiesa”. (2)

 

Vediamo quindi che il presunto «terrapiattismo» medievale è associato alla fede cattolica, che avrebbe dogmatizzato questa idea ingenua basata sulla Bibbia contro la conoscenza dei greci pagani. Solo che sono passati diversi decenni da quando gli studi hanno dimostrato inequivocabilmente che si tratta di un mito. (3)

 

Innumerevoli prove

Al di là del discorso iconografico, basterebbe aprire qualche libro erudito di un sacerdote cattolico di questo vasto periodo per mettere fine al mito del «terrapiattismo» medievale. Sappiamo che Cristoforo Colombo basò la sua audace impresa su un’opera incompiuta di papa Pio II († 1458), la Historia rerum ubique gestarum, che l’esploratore aveva annotato.

 

Fin dalle prime righe di quest’opera enciclopedica, Pio II asserisce: «su pochissime cose, tutti sono d’accordo che la forma del mondo (4) sia sferica [rotundam]; si è d’accordo allo stesso modo sul tema della Terra». Nella stessa opera, il Papa tratta delle misurazioni della circonferenza terrestre compiute da Eratostene (III secolo aC) e Tolomeo (II secolo).

 

Cristoforo Colombo aveva annotato anche un’opera del cardinale Pierre d’Ailly († 1420), l’Imago mundi. Il dotto cardinale vi parlò del raggio e del volume della sfera terrestre, delle zone climatiche secondo la latitudine o dei poli. Egli vi affermava, ad esempio, per conclusione logica, che “quelli che vivrebbero al Polo avrebbero durante la metà dell’anno il sole sopra il loro orizzonte, e durante l’altra metà, una notte continua» (5), il che è straordinariamente esatto.

 

Pierre d’Ailly si ispirò al Trattato della Sfera di Nicolas Oresme († 1322), vescovo di Lisieux e consigliere di Carlo V. Il titolo dell’opera è sufficientemente evocativo. Lo stesso Oresme si ispira a un’opera eponima, il Trattato della Sfera del monaco inglese Jean de Sacrobosco († 1256) che fu un grande successo pedagogico ripubblicato, integrato e commentato per diversi secoli.

 

Allo stesso tempo, san Tommaso d’Aquino, nelle primissime pagine della Summa Theologica, volendo mostrare che alla stessa conclusione si può giungere per vie diverse, così illustra il suo punto: “Si tratta infatti della stessa conclusione dimostrata da l’astronomo e il fisico, per esempio, che la terra è rotonda». (6)

 

Si tratta quindi di un’ovvietà accettata dai vari studiosi dell’epoca. A cavallo del II millennio, Gerberto d’Aurillac († 1003), eletto papa con il nome di Silvestro II, realizzò un globo terrestre e, come molti dotti dell’epoca, commentò Macrobio (7) († 400), che asserisce la sfericità.

 

Aggiungiamo anche san Beda il Venerabile († 735) che ci dice che «la Terra è simile ad un globo», sant’Isidoro di Siviglia († 636) che parla di «globo terrestre» nelle sue famose Etimologie, Boezio († 524) che evoca la «massa rotonda della Terra» (8), san Gregorio di Nissa († 395) che ci descrive un’eclissi mediante la proiezione della «forma sferica» (9) della Terra sul Luna, etc. (10).

 

Naturalmente, la cosmologia antica asserisce anche una Terra immobile al centro di un cosmo sferico chiuso, ma questi errori sono presi dai Greci.

 

Sostieni Renovatio 21

 

Retroscena del mito

Potremmo dare poca importanza a tutto questo. Dopotutto, il cristiano può salvare la sua anima indipendentemente dalla forma che attribuisce alla Terra. L’essenziale non è forse questa spaventosa riduzione dell’aspettativa di vita che oggi è «di soli» 85 anni mentre nel Medioevo era la speranza della vita eterna? Certamente, ma ciò che qui ci interessa non è la forma della Terra o la scienza dei tempi antichi, ma l’origine del mito contemporaneo e ciò che esso ci racconta del nostro tempo. Questo mito è servito per lungo tempo come formula preconfezionata per ridicolizzare in un colpo solo la presunta stupidità dell’epoca cristiana condensata sotto il termine riduttivo di «Medioevo». Ma questo presunto “oscurantismo” si rivolta contro i propagatori del mito, tanto più fortemente quanto l’accesso alla conoscenza è incomparabilmente migliore oggi che all’epoca in cui la stampa non esisteva ancora. È facile sfatare il mito del «terrapiattismo» medievale, mentre nel Medioevo erano necessarie notevoli energie per preservare il sapere degli antichi.

 

In un buon libro pubblicato nel 2021, La Terre plate, généalogie d’une idée fausse (11), due accademici tracciano l’origine di questo tenace mito. Dovremmo stupirci di scoprire che l’autore principale del mito altri non è che Voltaire?

 

Lattanzio e Cosma

Ci sono infatti alcuni elementi che hanno contribuito a fondare il mito, in particolare l’apologista cristiano Lattanzio († 325) che rappresenta l’unica eccezione occidentale a favore della Terra piatta. Ma la sua opinione non fu seguita da nessuno e non fu mai annoverato tra i Padri della Chiesa.

 

In Oriente troviamo un certo Cosma Indicopleuste († intorno al 550) che scrisse una Topografia cristiana «terrapiattista». Questo illustre sconosciuto, il cui stesso nome è incerto, sembra essere un mercante di lingua greca dello scisma nestoriano. La prima traduzione latina della sua Topografia risale al 1707.

 

È necessario forse specificare che egli è totalmente sconosciuto all’Occidente medievale? Voltaire, tuttavia, cita Lattanzio e Cosma come rappresentanti della posizione di tutti i Padri: «i Padri consideravano la Terra come una grande nave circondata dall’acqua; la prua era a est e la poppa a ovest».

 

Ciò significa perdere una contestualizzazione elementare che misuri la trasmissione delle idee. Con tali amalgami si potrebbe anche dire che il terzo millennio è «terrapiattista» se si giudica da certi video presenti su Internet: questo vuol dire prendere per norma una tesi marginale. Ancora oggi non è raro vedere Cosma citato come il riferimento che non è mai stato.

 

La questione degli antipodi

Nella Città di Dio, sant’Agostino dice che non bisogna credere a chi afferma l’esistenza degli antipodiani (13), cioè degli abitanti della parte opposta della Terra, perché questa teoria si basa su congetture incerte e su resoconti non conclusivi. Sant’Agostino mostra qui un’esigenza empirica che difficilmente gli si potrebbe rimproverare e che non riguarda la forma della Terra.

 

Da ciò, Voltaire tuttavia concluse che il grande dottore della Chiesa negava la sfericità della Terra! Voltaire afferma anche che «Alonso Tostado, vescovo di Avila, alla fine del XV secolo, dichiara, nel suo Commento alla Genesi, che la fede cristiana vacilla non appena si crede che la Terra sia rotonda».

 

Tuttavia, non appena apriamo il libro in questione, scopriamo subito la menzogna di Voltaire, perché questo vescovo parla della «Terra sferica», o del «nostro emisfero» (14). D’altronde Tostado pensa, come sant’Agostino, che gli antipodi non sono abitati. Pierre d’Ailly, nell’opera sopra citata, qualifica come «opinioni» le varie tesi sull’abitazione degli antipodi. Qui siamo molto lontani dal dogma.

 

È a questa questione marginale degli «antipodi» che l’esplorazione di Cristoforo Colombo fornisce una risposta. Creò poi la leggenda di un Cristoforo Colombo venuto a infrangere il dogma «terrapiattista» sullo scoglio dell’esperienza, soprattutto in una biografia prodotta da Washington Irving, che contribuì notevolmente a questo mito.

Aiuta Renovatio 21

La Bibbia è «terrapiattista»?

Al tribunale del «terrapiattismo», Voltaire chiama ovviamente al banco degli imputati le Sacre Scritture. Scrive con la sua caratteristica ironia caustica: «il giusto rispetto per la Bibbia, che ci insegna tante verità più necessarie e più sublimi, è stato la causa di questo errore universale tra noi. Abbiamo trovato nel Salmo 103 che Dio ha steso il cielo sulla Terra come una pelle» (15).

 

Certamente, se si vuole tirare fuori dalla Scrittura un’ammissione di «terrapiattismo», possiamo sempre ingabbiare questa idea preconcetta in un versetto che in qualche modo si adatti ad essa (16). È possibile anche il contrario, poiché la Vulgata designa regolarmente la Terra con la parola “orbis” che tradurremmo prontamente con «globo» (17).

 

Ma invece di condurre questi dibattiti sterili, ricordiamo questo noto principio cattolico secondo cui la Scrittura deve essere letta alla luce dell’interpretazione dei Padri. Ma Voltaire non è un Padre della Chiesa. Lasciamo invece la parola alla straordinaria saggezza di san Basilio di Cesarea († 379):

 

«I fisici che si sono occupati del mondo hanno parlato molto della forma della terra, hanno esaminato se è una sfera o un cilindro, se somiglia a un disco e se è arrotondata su tutti i lati, o se è ha la forma di un carro, e se è cava al centro; poiché tali sono le idee che hanno avuto i filosofi e con le quali si sono combattuti tra loro».

 

«Quanto a me, non arriverò a disprezzare la nostra formazione del mondo perché il servo di Dio, Mosè, non ha parlato della forma della terra, che non ha detto che ha circonferenza 180.000 stadi (18); perché non ha misurato lo spazio dell’aria in cui si stende l’ombra della terra quando il sole ha lasciato il nostro orizzonte; perché non ha spiegato come questa stessa ombra, avvicinandosi alla luna, causi le eclissi».

 

«Poiché ha taciuto su questi punti che – essendo per noi inutili – non ci interessano, dovremmo svalutare, paragonandoli alla folle sapienza [del mondo], gli insegnamenti dello Spirito Santo? O piuttosto, glorificheremmo Colui che, lungi dal divertire le nostre menti con vanità, ha voluto che tutto fosse scritto per l’edificazione e la salvezza delle nostre anime?»

 

«Non riuscendo, mi sembra, a capirlo, alcuni hanno tentato, con alterazioni di significato e interpretazioni figurate, di attribuire loro stessi alle Scritture una profondità presa in prestito. Ma questo significa essere più saggi degli oracoli dello Spirito Santo e, sotto il colore dell’interpretazione, introdurre pensieri personali nel testo. Prendiamo quindi [questi oracoli] così come sono scritti». Omelie sull’Esamerone, h. IX.

 

Troviamo un’osservazione simile in sant’Agostino, a proposito del movimento degli astri: «mai il Vangelo mette sulle labbra del Signore parole come queste: “vi mando il Paraclito per insegnarvi il corso della luna e del sole”. Gesù Cristo ha voluto fare dei cristiani e non dei matematici. Su questi argomenti gli uomini hanno bisogno soltanto delle lezioni impartitegli nelle scuole». Contro Felice il Manicheo, l. I.

 

La Chiesa è «terrasferista»?

La Chiesa non ha quindi affermato né la piattezza né la rotondità perché non afferma nulla su questo argomento. Tutti i Padri, teologi e papi che affermano che la Terra è sferica non basano il loro pensiero sulla fede, perché la ritengono silenziosa su questo argomento. Sistematicamente si riferiscono a «filosofi», «fisici», «matematici».

 

Forniscono argomenti tratti dalla ragione e dall’osservazione: l’ombra della Terra sulla Luna durante le eclissi, l’albero della nave che scompare dopo lo scafo o anche le nuove stelle che appaiono all’orizzonte durante i viaggi. Questo è un punto importante, perché il mito cercava di insinuare che la fede sarebbe stata detentrice della scienza.

 

Il credente sarebbe stato portato a cercare la verità nella sola fede senza lasciare alcuno spazio alla ragione. Ma questo non è il pensiero della Chiesa. I Padri della Chiesa avevano solo a cuore di respingere l’idea dell’eternità del mondo trasmessa dalla cosmologia antica. La cosmologia moderna non li rimprovererà per questo.

 

L’inerzia di una falsificazione

Tutti questi elementi potrebbero fuorviare i non iniziati, ma non possono impressionare uno storico quantomeno serio. I primi propagatori del mito furono i più colpevoli. Ma una volta passate le prime falsificazioni, i successivi ripeterono il catechismo volteriano, mossi da una fede cieca nel progresso, senza occhio critico, e nel tempo, la falsificazione ripetuta migliaia di volte ha assunto il valore di una verità storica consolidata.

 

Michelet, che merita più il titolo di romanziere che di storico, ha ovviamente ripreso questa favola, tra molte altre. Viene ampliato anche da Antoine-Jean Letronne, titolare della cattedra di storia al prestigioso Collège de France nel XIX secolo [1]. Il tempo ha fatto errare un autore come Arthur Koestler, anche se questi ha contribuito a demistificare il caso Galileo. (21)

 

Esiste persino un libro del 2015 che pretende di «sfatare i miti» e ne trasmette una versione leggermente mitigata (22). Inizialmente, questo mito fu diffuso principalmente da circoli anticattolici, ma col tempo finì rapidamente per ingannare i cattolici.

 

Altri elementi furono aggiunti successivamente, come le antiche mappe, talvolta esposte come prova del «terrapiattismo» medievale. Ma prendere dei planisferi come prova del «terrapiattismo» è un argomento di una stupidità sorprendente che ci farebbe classificare i creatori delle mappe Michelino i progettisti di Google Maps come «terrapiattisti», con il pretesto che rappresentano la superficie della Terra piatta.

 

Per quanto riguarda le rappresentazioni sezionali, che potrebbero costituire una prova reale, non sono tratte da manoscritti medievali ma sono produzioni contemporanee destinate a illustrare il mito! Il mito diventa così artefice delle proprie «prove». Si autosostiene.

 

Sostieni Renovatio 21

 

Le origini del «terrapiattismo» contemporaneo

Per ironia della sorte, la nascita dell’attuale fenomeno «terrapiattista» va ricercata nel XIX secolo, poco dopo l’«illuminismo», nell’ascesa del razionalismo, all’interno di una comunità socialista utopica.

 

Infatti, intorno al 1839, Samuel Rowbotham, segretario dell’effimera comunità utopica Manea Fen, di ispirazione owenista (23), effettuò esperimenti sul fiume Bedford, dai quali concluse che la Terra era piatta. Scrisse un opuscolo dal titolo Astronomia zetetica (1849) per difendere la sua strana conclusione facendo appello al suo metodo «zetetico» (24) basato sulla sola ragione.

 

Realizzò poi un’opera più importante (1881) aggiungendo alcuni brani biblici interpretati in modo molto personale, senza fare appello né ai Padri, né a Cosma, né al Medioevo, e certamente non al Magistero, perché è un protestante che non sembra appartenere a nessuna denominazione.

 

Le sue idee furono poi riprese da una setta protestante, la Christian Catholic Apostolic Church, che evidentemente non ha nulla di cattolico malgrado il nome, poi dalla famosa Flat-Earth Society, che persiste ancora oggi.

 

Conclusione

È inquietante e significativo che un errore così grave sia ancora così diffuso. Se un mito del genere può aver ingombrato i libri di testo scolastici per due secoli, quanti altri sono ancora nascosti nelle rappresentazioni contemporanee del cristianesimo medievale? Ad esempio il presunto divieto della dissezione (25), la storia assurda della discussione sull’anima delle donne (26), il mito dello ius primae noctis che Voltaire non si fa problemi ad attribuire ai vescovi (27), etc.

 

La realtà è ancora più difficile da trovare quando si tratta di fatti reali che si mescolano in parte al mito, come la caccia alle streghe, l’inquisizione o il caso Galileo.

 

Tutti questi miti si radicarono tanto più durevolmente quanto arrivarono a rafforzare le idee preconcette degli anticlericali di tutte le convinzioni, rivoluzionarie o protestanti, anche se avevano costantemente in bocca la «lotta contro i pregiudizi».

 

È in questo stato d’animo che dobbiamo trovare la causa principale di questi miti: giudichiamo irrazionale il periodo medievale perché lo guardiamo con uno sguardo irrazionale. Proiettiamo la nostra irrazionalità sul passato per rafforzare meglio l’orgoglio di un presente ritenuto «illuminato» dalla ragione: il passato è «oscurantista» e noi siamo finalmente «illuminati», si dice con orgoglioso manicheismo.

 

Ma l’«illuminazione» del III millennio non è così chiara: non vediamo forse persone ai vertici riflettere seriamente sull’opportunità di collocare uomini nelle carceri femminili o nelle competizioni sportive femminili, semplicemente perché questi uomini hanno dichiarato di sentirsi donna?

 

Davvero, il nostro mondo non gira per il verso giusto. La perdita della fede non avrebbe qualcosa a che fare con questa perdita della ragione? Dimenticando questa verticalità religiosa che fa tendere l’uomo verso Dio, la Terra di oggi ha perso una delle sue dimensioni: è diventata spiritualmente piatta.

 

 

Don Frederic Weil

 

NOTE

1) Evan Adelinet, C Jamy del 22 aprile 2022. Troviamo lo stesso errore da parte di Jamy Gourmaud in un altro episodio dello show.

2) La risposta di ChatGPT alla domanda «Che forma aveva la terra secondo gli abitanti del Medioevo?». Bisogna tenere presente che se poniamo la domanda più specifica: «Cosa dicono gli studi recenti sull’idea che nel Medioevo credevamo che la terra fosse piatta?», otteniamo una risposta diametralmente opposta che smonta il mito. Da dove vediamo come questa IA sia stata «addestrata» con dati contraddittori, la maggior parte dei quali ha ripreso il mito. La prima questione, più ampia, ottiene così la risposta che corrisponde alla maggioranza dei testi, e quindi all’opinione dominante. La seconda domanda mira a indirizzare la risposta verso studi specifici su questa idea ricevuta.

3) Vedi Inventing the Flat Earth, Jeffrey Burton Russel, 1991.

Aiuta Renovatio 21

4) Il «mondo» non è la Terra, ma si riferisce all’antica cosmologia di un universo chiuso e sferico. La confusione tra i due è frequente, anche nelle opere degli storici. Abbiamo cercato di rimuovere questa ambiguità in tutto il nostro articolo.

5) Imago mundi di Pierre d’Ailly, tradotto e commentato da Edmond Buron, volume 1, Maisonneuve frères, 1930.

6) Summa Theologica, I pars, q. 1, a. 1, ad 2um.

7) Commento al sogno di Scipione.

8) La consolazione della filosofia, II, 13.

9) «Secondo gli astronomi, in questo mondo pieno di luce, l’ombra [sulla Luna] è causata dall’interposizione del corpo della Terra. Ma l’ombra, secondo la sua forma sferica, è racchiusa posteriormente dai raggi del sole e assume la forma di un cono. Il sole, parecchie volte più grande della Terra, la circonda da tutti i lati con i suoi raggi e, al limite del cono, unisce tra loro i punti di attacco della luce». La creazione dell’uomo, Sources Chrétiennes n° 6, cap. 21, pag. 181.

10) Sant’Ambrogio afferma la sfericità del «mondo» così come del sole e della Luna, ma è difficile trovare una menzione esatta per la Terra, perché non è questo il tipo di questione che interessa ai Padri. Tuttavia la sua cosmologia presuppone fortemente la sfericità della Terra (cfr. P. L. XIV, col. 133). Lo stesso vale per Eusebio di Cesarea (Collectio Nova Patrum et Scriptorum, ed. Montfaucon, t. 1, p. 460) o san Girolamo (Commento alla Lettera agli Efesini, trad. Abbé Bareille).

11) Violaine Giacomotto-Charra e Sylvie Nony, Ed. Les Belles Lettres, 2021. Ci siamo basati molto su questo libro.

12) Dictionnaire philosophique (1764), articolo Figure. Vedi anche gli articoli «Il Cielo Materiale» e «Il Cielo degli Antichi».

13) La Città di Dio, l. XVI, sec. IX.

14) Alphonsi Tostati Episcopi Abulensis, Opera omnia, Commentaria in Genesim, Venezia, 1728, p.

15) Voltaire aggiunse le parole «sulla Terra» che non si trovano nel versetto citato.

16) Alcuni si rifanno a Isaia (40, 22) parlando del Signore «seduto sul cerchio [gyrum] della Terra», ma, essendo il fatto di porre Dio in posizione seduta chiaramente un antropomorfismo da intendersi in senso metaforico, non ci si può ovviamente affidare a tale versetto per attingere ha un significato letterale corretto. Abbiamo anche questo passo di un salmo: «Ho stabilito le sue colonne» (Sal 74,4), ma sant’Ambrogio dice chiaramente di questo passo «non possiamo considerare che siano vere e proprie colonne, ma di quella virtù per cui [Dio] rafforza e sostiene la sostanza della Terra» (P. L. XIV, col. 133).

17) Cfr. l’introito di Pentecoste: «Lo Spirito del Signore ha riempito il globo delle terre [orbem terrarum]» (Sap 1,7). Il latino orbis è ambiguo in quanto può significare «cerchio» o «sfera». È la stessa ambiguità della parola «rotondo»: parliamo di «Terra rotonda» per designare una sfera, ma parliamo anche di una «tavola rotonda» che tuttavia è piatta. Il dizionario latino di F. Gaffiot traduce così l’espressione «orbis terræ»: «disco della terra secondo le idee antiche, per noi globo terrestreK. Ma è chiaro che Gaffiot è influenzato dal mito. Se guardiamo i testi dei Padri, vediamo ad esempio sant’Ambrogio parlare indiscriminatamente di orbis lunæ e globus lunæ, il che indica che l’orbis è proprio un globo (P. L., t. XIV, col. 127 e 200 ). Nel XVI secolo, lo studioso e poeta Jean-Pierre de Mesmes non esita a fare questa applicazione: «Bisogna dunque concludere che la massa terrestre è rotonda, poiché la sua ombra è rotonda: cosa che confessano i Santi Profeti, chiamando la Terra in diverse occasioni Orbis terræ» (Institutions astronomiques, cap. 18, p. 54–55).

18) San Basilio evoca qui le opinioni dei filosofi greci, perché non tutte sostengono la sfericità. Citiamo il canonico Copernico che ci informa sugli autori di queste diverse opinioni: «La terra non è piatta, come dicevano Empedocle e Anassimene, né a forma di tamburello come diceva Leucippo, né a forma di barca, come diceva Eraclito, né cava in altro modo, come diceva Democrito. Né ancora cilindrica, come diceva Anassimandro, né radicata nello spessore infinito della parte inferiore, come diceva Senofane, ma assolutamente sferica, come pensano i Filosofi». (Copernico, De revolutionibus orbium cœlestium) Questi ultimi filosofi sono essenzialmente Pitagora, Platone e Aristotele. Da notare che l’immaginazione umana va ben oltre la dualità riduttiva tra disco e sfera.

19) Questa è la misura data da Tolomeo nella sua Geografia. Utilizzò lo stadio filetario del valore di 210 metri che dà una circonferenza di 37.800 km. Il valore effettivo è di 40.070 km. Cfr. Pierre Duhem, Le Système du monde, t. II, pag. 7.

20) Des opinions cosmographiques des Pères de l’Eglise, in Revue des deux Mondes, t. 1, 1834.

21) Les Somnambules, 1955. Koestler non è uno storico, ma ha il merito di ricercare spesso nelle fonti… tranne che nel periodo precopernicano dove considera Cosma un’autorità indiscussa.

Sostieni Renovatio 21

22) «Agli inizi del Medioevo, l’oscurantismo imposto dalla Chiesa cattolica fece prevalere l’idea che la Terra fosse piatta. Ma i contemporanei di Cristoforo Colombo sapevano che la Terra non era piatta». Lydia Mammar, C’est vrai ou c’est faux? 300 mythes fracassés, Parigi, L’Opportun, 2015, sezione: Prima di Cristoforo Colombo, tutti pensavano che la Terra fosse piatta.

23) Prende il nome da Robert Owen, fondatore del socialismo utopico britannico. Owen vide in queste comunità l’unico modo per condurre una vita «razionale» e fondò la Rational Society per promuovere la loro ideologia, sostenendo tra le altre cose il controllo delle nascite e visioni molto liberali sul matrimonio. Rowbotham cercò l’approvazione della Rational Society per la sua comunità, ma non ebbe successo, sebbene ci fosse sostegno. La comunità fece notizia e durò appena due anni (1839-1841), dopodiché lo stesso Rowbotham le giudicò “riprovevoli e impraticabili”. Cfr. «A Monument of Union»: Social Change and Personal Experience at the Manea Fen Community, 1839–1841, John Langdon, 2012.

24) Dal greco zeteo, «cerco». Come la maggior parte di coloro che usano ancora oggi il termine zetetico, Rowbotham afferma di basarsi principalmente sull’esperienza, mentre è più un teorico. Non è lui l’inventore di questo uso del termine zetetico. Infatti, si trova nella Società Zetetica dei Liberi Pensatori di Edimburgo, fondata nel 1820 da liberi pensatori atei appartenenti al popolino.

25) Articolo di don Knittel: La Chiesa ha proibito la dissezione?

26) Si veda l’articolo sulla Légende du concile de Mâcon su Wikipedia.

27 La leggenda è stata ripresa da Michelet. Ovviamente non ha basi storiche. Cfr. Dizionario filosofico, Voltaire, articolo Cuissage: «È sorprendente che nell’Europa cristiana sia stato istituito per molto tempo una sorta di diritto feudale, e che almeno fosse considerato un diritto consuetudinario avere la verginità della propria suddita. La prima notte di nozze della ragazza del contadino spettava indiscutibilmente al signore… Non c’è dubbio che gli abati, i vescovi, si attribuissero questa prerogativa in quanto signori temporali».

 

Somma di articoli previamente apparsi su FSSPX.news.

 

 

SOSTIENI RENOVATIO 21



 

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

 

 

Continua a leggere

Arte

Da Nasser a Sting e i Police: il mistero di Miles Copeland, musicista e spia della CIA

Pubblicato

il

Da

La I.R.S. Records venne fondata nel 1979 da Miles Copeland III. L’etichetta produsse alcuni tra i più rappresentativi artisti musicali degli anni Ottanta. L’influenza che esercitò nel punk inglese e nella new wave fu fondamentale producendo prodigi come i Police, i R.E.M., i Dead Kennedys. Il logo della casa discografica statunitense ritraeva un uomo in primo piano con un cappello anni ’50 stilizzato in bianco e nero e chiamato spy guy   Un altro fratello Copeland, Ian (1949-2006), fondò la Frontier Booking International, in acronimo F.B.I., una agenzia di talenti specializzata nella musica e che rappresentò tra gli altri anche i R.E.M., Jane’s Addiction, Snoop Dog, Sting.    Il terzo fratello Copeland, Steward invece era il batterista dei Police e quindi proprio di Sting. Entrato di diritto nella Rock and Roll Hall of Fame come membro dei Police, venne aggiunto anche nella Modern Drummer Hall of Fame e nella Classic Drummer Hall of Fame. Ha avuto poi una carriera come compositore di colonne sonore per il cinema, musicando pellicole rimaste nella storia come il capolavoro di Francis Ford Coppola Rusty il selvaggio (1983), Wall Street (1987) e Talk Radio (1988) di Oliver Stone, Riff-Raff (1991) e Piovono pietre (1993) di Ken Loach e pure il videogioco Alone in the Dark.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Se i tre fratelli denotano una esagerata presenza di talento scorrere nelle loro vene quello che sorprende ancora di più è la fonte da cui questi tre fenomeni derivano. Il loro padre, di nome Miles Copeland, fu uno dei fondatori della CIA nonché musicista e personaggio eccezionale nel panorama politico dalla Seconda Guerra Mondiale in avanti.    Prima della guerra, ancora in Alabama provò a seguire le orme del padre iscrivendosi alla locale università con l’intenzione di diventare medico. Folgorato dal jazz, invece, comprò una tromba e si diede totalmente allo swing. Nel giro di poco si ritrovò a suonare e comporre con giganti come Glenn Miller, Benny Goodman, Buddy Rich, racconta lo storico John Simkin in un suo articolo.   Arrivò però Pearl Harbour e la direzione della sua vita cambiò completamente. Entrò a far parte dell’ufficio finanziario della guardia nazionale. Racconta proprio il sito della CIA che un giorno gli venne chiesto di ripetere un test d’intelligenza perché, dal risultato ottenuto, erano tutti convinti che avesse utilizzato un trucco. Una volta ripetuto guadagnò un risultato se possibile ancora maggiore.    L’esito del test attirò l’attenzione del generale William «Wild Bill» Donovan, direttore di una nuova agenzia chiamata Office of Strategic Service (OSS), la prima agenzia americana che fungeva da servizio segreto. Donovan, che stava formando la base della nuova agenzia, era sempre alla ricerca dei migliori prospetti e con le migliori connessioni. Miles aveva senza dubbio colpito il generale anche per quello che il figlio Stewart chiamava il gift of gab, il dono della chiacchiera. Era un abile oratore e una persona di grande spirito per cui creare empatia non era mai stato un problema.   Amava giocare, si considerava un giocatore, prendeva parte con entusiasmo alle simulazioni di guerra. Nel dopo guerra creò un gioco da tavola cult basato sul suo fondamentale libro, pieno di rivelazioni, Games of Nation, anche questo diventato introvabile oggetto di culto.   Mentre era Londra Copeland divenne amico di Boris Pash, capo della sicurezza del Manhattan Project e anche di Ernest Hemingway. Venne assegnato a dirigere la scuola di controspionaggio, la Corps of Intelligence Police, che divenne nel 1942 la Counterintelligence Corps, CIC, partecipazione che gli valse la Legione di Merito. Copeland partecipò attraverso la CIC all’operazione Overlord, lo sbarco in Normandia ed era parte della BIGOT list, acronimo per British Invasion of German Occupied Territory, un ristrettissimo gruppo di persone con un passato inattaccabile e degne di ottenere i documenti più protetti e riservati.    La CIC, oltre ad impegnarsi nel più famoso Manhattan Project si occupò anche di altri progetti di spicco per l’epoca. Uno di questi, la missione ALSOS, diretta da Boris Pash, era il tentativo da parte degli alleati di raccogliere quante più informazioni possibili sugli sviluppi scientifici nazisti in ambito nucleare; quindi l’operazione Paperclip che cooptò oltre 1600 scienziati, ingegneri e tecnici vari dalla Germania nazista per reinserirli in ambito per lo più scientifico militare statunitense; l’operazione TICOM che aveva come scopo l’impadronirsi di risorse riguardanti la crittografia e le ultime vette della ricerca scientifica sulle telecomunicazioni, ambito in cui i tedeschi eccellevano. Alla fine della guerra Copeland venne anche incaricato di redigere la cronaca del controspionaggio del periodo appena trascorso, intervistando decine di spie e scienziati nazisti.    In seguito alla trasformazione dell’OSS in CIA, Copeland partecipò alla messa a punto del progetto fino alla sua realizzazione nel 1947, anno di nascita della più grande agenzia spionistica americana. Dopodiché ottenne la gestione dell’ufficio dell’agenzia a Damasco in Siria e divenne l’uomo in Medio Oriente per i servizi statunitensi. Nel marzo del 1949 supportò il colpo di stato in Siria in cui venne deposto il governo legalmente eletto in favore del potere militare. Nel 1953 prese parte all’operazione Ajax incaricata di destituire il primo ministro iraniano, Mohammed Mossadegh, reintegrando Reza Pahlavi, assicurando così l’accesso statunitense al petrolio iraniano e contemporaneamente istituendo un avamposto del primo mondo contro i sovietici.    Fluente in almeno dieci lingue, divenne amico personale del presidente egiziano Nasser. Nonostante il cammino tra USA e Egitto avesse preso due strade differenti e i servizi americani avessero preso in considerazione operazioni estreme verso il presidente africano Copeland rimase genuinamente al suo fianco e un ammiratore dell’opera politica di Nasser.    Mantenne ufficialmente questo ruolo per dieci anni costruendo la posizione dell’Intelligence americana nel territorio attraverso il reclutamento di agenti in loco e la costruzione delle reti informative necessarie.

Iscriviti al canale Telegram

In seguito, dopo aver rassegnato le dimissioni perché in totale disaccordo con le politiche di Eisenhower, continuò a lavorare privatamente nel solco dell’Intelligence a stelle e strisce fino agli anni Settanta quando si distaccò completamente dando vita a una nuova carriera di autore. I vari articoli e libri che scrisse ottennero un notevole successo ma ebbero anche la conseguenza di esacerbare definitivamente i rapporti con l’agenzia governativa. Nel 1988, scrisse un articolo «Spooks for Bush» in cui dichiarò il totale supporto del mondo dell’Intelligence verso la candidatura di G. W. Bush all’elezione come presidente del 1994.   E. Micheal Burke, ex ufficiale OSS, CIA, e in seguito con una importante carriera nel mondo dello spettacolo, scrisse nell’agosto 1974 una recensione su uno dei suoi testi più famosi Without cloak or dagger (1974). Copeland nel suo libro descriveva la CIA come il demonio di cui ignoriamo l’esistenza, gestita da una cricca di vecchi commilitoni abbastanza potenti da buttare giù un direttore non particolarmente apprezzato come James Schlesinger.   La CIA è un organo interno più potente dei vari governi succedutosi sullo sfondo che ha come grande dilemma trovare il modo per restare potenti, anonimi, silenziosi ma allo stesso vincere la confidenza del pubblico. Come scrive Copeland nel libro: «conosciamo il nemico, sappiamo come gestirlo, siamo incorruttibili. Anche se non ci conoscete, potete implicitamente fidarvi di noi».   Marco Dolcetta Capuzzo  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
 
Continua a leggere

Spirito

Mons. Viganò: «non c’è paradiso per i codardi!»

Pubblicato

il

Da

Renovatio 21 pubblica questo intervento di monsignor Carlo Maria Viganò.

 

 

Non c’è paradiso per i codardi!

La Vittoria della Lega Santa a Lepanto
Intervento al Convegno dell’Associazione culturale «Veneto Russia» Settimo di Pescantina (VR), 11 Ottobre 2025

 

 

 

Salve, Regina, rosa de spina,
rosa d’amor, Madre del Signor.
Fa’ che mi no mora e che no mora pecador,
che no peca mortalmente e che no mora malamente.

Preghiera del marinaio, recitata da tutta la flotta veneziana
prima di muovere battaglia nelle acque di Patrasso.

 

Cari Amici,

 

consentitemi di ringraziare gli organizzatori di questo evento e di porgere il mio saluto a tutti i partecipanti. È per me un piacere potermi unire a voi nel celebrare l’anniversario della Vittoria di Lepanto, prendendo parte alla nona edizione del Convegno che quest’anno ha come tema il paradosso di un’Europa laicista, liberale e massonica che muove guerra alla Russia cristiana e antiglobalista.

 

Viviamo ormai negli ultimi tempi, in cui lo scontro tra Cristo e Anticristo impone a tutti noi di schierarci sotto le insegne del nostro Re divino e della Sua augustissima Madre, nostra Regina, memori delle parole del Signore: Chi non è con Me, è contro di Me (Mt 12, 30).

 

Il 7 Ottobre 1571, nel Golfo di Patrasso, la flotta della Lega Santa schiacciava vittoriosa l’orgoglio ottomano, rallentando l’espansione islamica nel Mediterraneo occidentale. Un’espansione che non si è mai fermata con il «dialogo» tra Croce e Mezzaluna, ma con l’uso della forza militare, il sacrificio di tante vite umane e la protezione soprannaturale che la Regina delle Vittorie e Mediatrice di tutte le Grazie ha spiegato come un manto sulla Cristianità minacciata dall’Islam.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Anche alle porte di Vienna, il 12 Settembre 1683 – ossia solo 112 anni dopo Lepanto – il Turco venne sconfitto dalle armate cattoliche, sotto il patrocinio del Santo Nome di Maria. Temibile e terribile come un esercito schierato in ordine di battaglia: solo al pronunciare queste parole, sentiamo un nodo alla gola, nella commozione di contemplare la nostra Augusta Regina a capo delle schiere angeliche e terrene.

 

Ella era apparsa in simili sembianze anche il 7 Agosto 626, quando Costantinopoli era assediata dagli Avari, dagli Slavi e dai Persiani Sassanidi e il popolo cristiano riunito nella chiesa delle Blacherne invocava il Suo intervento. Sfolgorante di luce e con Gesù Bambino tra le braccia, la Vittoriosa Condottiera – come è chiamata nell’Inno Akatisto – aveva sbaragliato i nemici, meritando alla Capitale dell’Impero il titolo di «città di Maria».

 

Ma se l’aiuto divino e l’intercessione potentissima della Semprevergine Madre di Dio hanno portato a compimento in modo miracoloso e certamente soprannaturale vittorie umanamente difficili se non impossibili, non possiamo non ricordare che questi prodigiosi e provvidenziali interventi, queste irruzioni della potenza del Deus Sabaoth nelle umane contingenze, si rendono possibili solo dove questo tutto inarrivabile e divino è preceduto dal nulla della nostra cooperazione all’opera della Redenzione.

 

In virtù dell’Incarnazione della Seconda Persona della Santissima Trinità, infatti, l’Uomo-Dio prende possesso dell’umanità di cui per divinità, per stirpe e per diritto di conquista Egli è costituito Signore e Re. Ma questo consorzio della natura divina del Figlio di Dio con la natura umana di Gesù Cristo, attuato dall’Unione ipostatica, fa sì che anche ogni membro del Corpo Mistico possa unirsi alla Passione di Cristo Capo, completando nella propria carne quello che manca ai patimenti di Cristo, per il bene del Suo corpo che è la Chiesa (Col 1, 24). E nell’economia della salvezza, ogni uomo è chiamato a contribuire all’opera della Redenzione attivamente, senza cercare in un fatalismo ben poco cattolico un alibi alla propria ignavia.

 

Ma nel rievocare Lepanto, non possiamo non ricordare anche la figura eroica di Marcantonio Bragadin, nobile veneziano e governatore di Famagosta, a Cipro, durante l’assedio ottomano del 1570-1571. La città cadde nell’agosto 1571, e Bragadin negoziò una capitolazione onorevole con il comandante ottomano Lala Mustafa Pascià, che promise salva la vita ai difensori. I Turchi però, venendo meno alla parola data, violarono l’accordo: Bragadin fu torturato e sottoposto a una morte brutale; venne scorticato vivo e la sua pelle fu riempita di paglia e inviata come trofeo al sultano Selim II.

 

Questo orribile crimine suscitò sdegno nei membri della Lega Santa e la vittoria di Lepanto fu vista anche come una vendetta per l’assedio di Cipro, le atrocità subite da Bragadin (1) e come una punizione per la slealtà dei Turchi, inconcepibile per un cavaliere Cristiano.

 

L’eroismo di Bragadin trovò emuli anche nel golfo di Patrasso: don Giovanni d’Austria, Comandante supremo della Lega Santa a soli ventiquattr’anni e grande stratega, fu uomo di fede. Durante la battaglia incoraggiava i rematori e i soldati al grido: Non c’è paradiso per i codardi!

 

Sebastiano Venier, Capitano generale veneziano e veterano di settantacinque anni, si distinse per coraggio e ardore, incitando i suoi compagni: Chi non combatte non è Veneziano. Il suo eroismo gli meritò l’elezione a Doge nel 1577.

 

Il comandante veneziano Agostino Barbarigo morì in battaglia dopo essere stato colpito da una freccia a un occhio ed aver continuato a comandare l’ala sinistra della flotta, contribuendo così alla vittoria finale. Marcantonio Colonna, Ammiraglio pontificio, si distinse per il suo impegno nel soccorrere i feriti e nel garantire che i prigionieri ottomani fossero trattati con umanità, coerentemente con i valori cristiani che la Lega Santa professava.

Iscriviti al canale Telegram

Fu il loro coraggio, la loro abnegazione, ma soprattutto la loro fede sincera e virile a costituire quel nulla che il Signore attende da noi prima di scendere in campo al nostro fianco e darci una vittoria altrimenti impensabile. Il Suo tutto, il nostro nulla. Il nulla di chi, sulle facciate dei palazzi, non si vergognava di incidere Non nobis Domine non nobis, sed nomini tuo da gloriam. Di chi, costituito in autorità e membro del Serenissimo Senato, non esitò ad attribuire la Vittoria della flotta cristiana non alla potenza navale, né alla forza delle armi, ma all’intercessione della Beata Vergine del Rosario, che San Pio V – il Papa di Lepanto – aveva ordinato di invocare recitando la santa Corona.

 

Perché vi fu un’epoca in cui gli uomini erano uomini, e uomini di valore, uomini di parola, uomini di guerra, uomini di fede. Peccatori certamente, ma coraggiosi, disposti a morire per difendere la Santa Chiesa e ricacciare gli idolatri invasori nelle loro plaghe remote. Ut Turcarum et hæreticorum conatus ad nihilum perducere digneris: Te rogamus, audi nos! Così pregarono a Costantinopoli, così pregavano a Lepanto, così hanno pregato a Vienna: sempre fiduciosi che l’aiuto di Dio sarebbe giunto nel momento in cui esso si mostrava inequivocabilmente divino e soprannaturale, e sempre con la mediazione della Madre di Dio, l’onnipotente per Grazia.

 

Il nostro Dio è un Dio geloso: geloso del Suo popolo e geloso della propria Signoria su di noi, che non permette sia usurpata da alcuno e che vuole condividere con la propria Santissima Madre, nostra Signora e Regina. Egli è Re e come Re vuole regnare: oportet illum regnare, è necessario che Egli regni. E quando regna Cristo, si compie il voto del Salmista: Beatus populus, cujus Dominus Deus ejus (Ps 143, 15), beato il popolo del quale è Signore il suo Dio.

 

Quanto tempo è passato dalla Vittoria di Lepanto! Cinquecentocinquantaquattro anni: oltre mezzo millennio. Ed oggi, in un mondo che guarda con incomprensione e disprezzo all’eroismo dei caduti di Lepanto e alla loro Fede, considerandoli pericolosi fanatici, le orde islamiche non solo non sono respinte ai nostri confini, ma sono accolte e ospitate e nutrite e curate e lasciate libere di delinquere e di trasformare la nostra Patria in una nazione islamica.

 

Trecentonovantun anni dopo Lepanto, il primo «concilio» della «nuova chiesa» – il Vaticano II di cui ricorre oggi l’anniversario dell’apertura – teorizzò quell’ecumenismo sincretico condannato dai Romani Pontefici che nell’arco di pochi anni avrebbe condotto Paolo VI, il 19 gennaio 1967 (2), a restituire lo stendardo che Mehmet Alì Pascià aveva issato sulla sua ammiraglia, la Sultana. In quel gesto sconsiderato Paolo VI umiliava la Chiesa e il suo Predecessore San Pio V, al quale quel vessillo era stato donato da Sebastiano Venier che lo aveva conquistato eroicamente arrembando la Sultana.

 

A dispetto delle smanie ecumeniche dei papi conciliari e sinodali, noi conserviamo ancora il gonfalone che San Pio V benedisse e fece issare al pennone della Reál, l’ammiraglia delle ammiraglie della flotta cristiana: un drappo di seta porpora bordata d’oro, al cui centro campeggia l’immagine del Santissimo Redentore, affiancata dai Santi Apostoli Pietro e Paolo, e il motto In hoc signo vinces. Fu Marcantonio Colonna a riportarlo a Gaeta, come voto fatto a Sant’Erasmo, patrono dei marinai (3). In quell’immagine e in quel motto si riassume il senso della vita cristiana, valido ai tempi gloriosi di Lepanto come nei tempi presenti di apostasia.

 

In nome di un distorto concetto di accoglienza e di inclusività, milioni di islamici sono traghettati e accompagnati nelle nostre città e villaggi, dove le chiese ormai vuote diventano moschee. In molti luoghi il suono sacro e solenne delle campane tace, ma vi risuona la voce del muezzìn che chiama alla preghiera i seguaci di Maometto. Se questo è oggi non solo possibile, ma addirittura incoraggiato e celebrato come conquista di civiltà, lo dobbiamo alla Rivoluzione: alla rivoluzione francese, per l’attacco alla monarchia cattolica nella sfera civile; alla rivoluzione conciliare e sinodale, per l’attacco alla sacra monarchia del Papato nella sfera ecclesiastica. Democrazia e sinodalità sono due facce della stessa falsa moneta. Su un lato campeggia l’emblema del liberalismo massonico, sull’altro quello dell’ecumenismo sincretista irenista.

Aiuta Renovatio 21

L’Europa è tornata da decenni ad essere terra di conquista e sarà presto a maggioranza islamica, specialmente in nazioni ribelli come la Gran Bretagna, la Francia e la Germania. Il loro tradimento di Nostro Signore Gesù Cristo e i loro crimini contro la Legge di Dio gridano vendetta al Cielo e non rimarranno impuniti. Ma anche l’Italia non è meno colpevole, dimentica dell’eredità gloriosa di cui è stata custode e che si fonda sulla Civiltà Cattolica, sulla Regalità di Cristo, su un ordine cosmico che pone al centro il Dio che si è fatto uomo, e non l’uomo che si fa dio. Come sempre è avvenuto nel corso della Storia, saranno i nemici di Dio a punire i Suoi figli ribelli.

 

Tornare a Lepanto? Ricostituire una Lega Santa contro i nemici della Cristianità?

 

La Provvidenza saprà indicarci la via al momento opportuno. Ma in qualsiasi frangente noi dovessimo trovarci, qualsiasi avversità, qualsiasi minaccia alla nostra Fede e alla nostra identità possa incombere su di noi, una sola cosa non dobbiamo dimenticare, delle ragioni della Vittoria: non sottrarci al nostro dovere di testimoniare la Fede che professiamo, il Battesimo nel quale siamo stati incorporati a Cristo, la Tradizione alla quale apparteniamo. Non trovare pretesti per rimanere inerti a guardare i nemici di Cristo mentre demoliscono la Santa Chiesa, soprattutto quando questi traditori sono ai vertici della Gerarchia. Non usare l’obbedienza come una coltre sotto cui nascondere l’ignavia e la mediocrità che la società contemporanea ci addita come modelli di tranquillizzante conformità al pensiero unico.

 

Facciamo la nostra parte, col coraggio e la fortezza dei soldati di Cristo: e Nostro Signore farà la Sua, con l’onnipotenza di Dio.

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

7 Ottobre MMXXV
Maria Santissima Regina delle Vittorie,
Madonna delle Grazie

 

NOTE

1) La sua pelle fu successivamente recuperata dai Veneziani e portata a Venezia, dove è conservata nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo come reliquia. Bragadin divenne un simbolo del sacrificio veneziano contro l’espansione ottomana.

2) Paolo VI, Discorso al nuovo Ambasciatore di Turchia accreditato presso la Santa Sede, 19 Gennaio 1967. Cfr. https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1967/january/documents/hf_p-vi_spe_19670119_ambasciatore-turchia.html: «Poiché Noi stessi desideravamo manifestare in qualche modo i Nostri sentimenti, con un gesto che potesse essere gradito alle Autorità della Turchia contemporanea, è stata per Noi una gioia restituire un antico stendardo, preso al tempo della battaglia di Lepanto, che, da allora, si conservava nelle collezioni del Vaticano».

3 ) Conservato dapprima in un bauletto, nel Settecento fu disteso e incorniciato, così da poter essere esposto al pubblico. Nel ’43 una bomba tedesca lo danneggiò, anche se non irreparabilmente. Restaurato nel dopoguerra, oggi lo Stendardo di Lepanto è conservato – e visibile al pubblico – nel Museo Diocesano della cittadina laziale.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Immagine di Andrea Vicentino (1542–1618), Battaglia di Lepanto (tra il 1571 e 1600), Museo Correr, Venezia

Immagine di Didier Descouens via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

 

Continua a leggere

Intelligence

Il traffico mondiale di droga: la mafia siciliana, la mafia corsa e la CIA

Pubblicato

il

Da

Jonathan Marshall, nel suo testo Drug Wars descrive come i cartelli del narcotraffico odierno siano talmente grandi che sono arrivati addirittura a rivaleggiare con gli Stati più potenti al mondo.    Tuttavia la nascita di queste organizzazioni in seguito alla fine della Guerra Mondiale va fatta risalire al lavoro fatto dalla CIA per assicurarsi un maggiore sostegno possibile in giro per il mondo. Sempre secondo Marshall la CIA era presente all’origine della maggioranza delle organizzazioni atte a produrre e distribuire ma questo, sempre secondo l’autore, è semplicemente finito nel dimenticatoio.   Durante la Seconda Guerra Mondiale i servizi segreti americani, OSS (Office of Strategic Service), e i loro equivalenti in marina ONI (Office of Naval Intelligence), coltivarono stretti rapporti con i maggiori rappresentanti della mafia italiana, uno dei più importanti cartelli di narcotraffico di sempre. Earl Brennan, a capo dell’OSS sezione mediterranea, reclutò ampiamente dal sottobosco di New York e Chicago.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Il rapporto tra i servizi segreti della marina statunitense con la mafia italiana fu ancora più inquietante. Intrecciando relazioni con i capomafia siciliani esiliati da Mussolini trovarono nella malavita un solido interlocutore per assicurare il controllo dell’isola durante lo sbarco della marina e soprattutto successivamente quando vollero cautelarsi contro la propagazione del comunismo nell’isola e nell’Italia intera. Il rapporto più stretto fu quello creato con il mobster più in vista dell’epoca, Lucky Luciano (1897-1962). Il mafioso, in quel momento in prigione, utilizzò il suo personale esercito per garantire la sicurezza dei porti siciliani in previsione dello sbarco degli alleati e inoltre fornì informazioni fondamentali per l’Intelligence a stelle e strisce.    All’apice di questa relazione si potevano contare 155 ruoli coperti dalla liason Stato-mafia e costanti connessioni con i più importanti boss dell’epoca come Luciano, Meyer Lansky (1902-1983), Joe Adonis (1902-1971) e Frank Costello (1891-1973). Questo rapporto diede il potere alle mafie italoamericane di sopprimere la capacità dei sindacati statunitensi, sostituendosi ad essi in cambio, secondo l’autore, di poche informazioni militari di valore rilevante. Le conseguenze furono fondamentali.    Luciano grazie ai cosiddetti meriti di guerra si guadagnò il perdono da parte del governatore di New York Thomas E. Dewey (1902-1971) e poté trasferirsi in Italia. Stabilitosi nel Bel Paese fu in grado di costruire un impero. Mise in piedi una logistica del trasporto dell’eroina che durò per oltre vent’anni. Inizialmente si concentrò nel distruggere il sistema esistente nel mercato, in seguito trovate le connessioni in Turchia e Libano, messi a punto i laboratori di trasformazione in Sicilia e a Marsiglia, organizzò la tratta degli stupefacenti attraverso canali latino americani.    In cambio di questo immenso narcodollarificio, un’enormità di capitali non tassati ma di cui erano pur consapevoli le alte sfere politiche dell’epoca, la mafia aiutò a mantenere sotto controllo la diffusione del comunismo in Italia. Molti furono i confronti di stampo mafioso con i rappresentanti comunisti, una su tutte la strage di Portella della Ginestra. Secondo l’agente della CIA Miles Copeland jr. (1916-1991) se non fosse stato per la mafia, l’Italia nel primo dopoguerra sarebbe stata assorbita in tempi brevissimi dal comunismo. 

Iscriviti al canale Telegram

Lo stesso genere di operazioni vennero portate avanti dalla CIA anche in Francia nel dopo guerra dirottando fondi alla malavita corsa a Marsiglia in cambio di un aiuto con il propagarsi del comunismo nei porti. L’agente corso della CIA implicato in quel momento divenne famoso negli anni Sessanta per essere la congiunzione con quello che divenne in seguito conosciuto come il triangolo d’oro tra Laos e Vietnam. Già nel 1951 Luciano e i corsi si unirono in un cartello che dominò il mercato dell’eroina per i decenni a venire.    La fine di questo schema, che passò alla storia come french connection, arrivò con l’operazione messa in campo dal governo Nixon nel giugno 1971 chiamata cinematograficamente war on drugs, la «guerra alle droghe». Nel giro di un anno vennero arrestati sia Auguste Ricord (1911-1985) che Lucien Sarti (1937-1972), le due figure principali dei cosiddetti marsigliesi andando a chiudere un capitolo ventennale.   Nel giro di qualche tempo la logistica seppe però riorganizzarsi «benedicendo» l’arrivo degli anni Ottanta e la cocaina come suo minimo comune denominatore.   Marco Dolcetta Capuzzo

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine: mugshot del 1936 di Lucky Luciano, dipartimento di Polizia di Nuova York Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Continua a leggere

Più popolari