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Politica

Le spiagge italiane, la loro storia, la questione politica intorno ad esse. Intervista ad una balneare

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Ieri Renovatio 21 ha cercato di descrivere in profondità il tema, sia politico che antropologico, dei cosiddetti «balneari» e del clamore che ciclicamente si genera intorno ad esso.

 

Oggi, per avere un quadro più nitido della tematica spiagge, abbiamo fatto quattro chiacchiere con la signora Monica, titolare di un bagno riccionese, persona molto gentile ed equilibrata, che ci ha raccontato in maniera schietta e sincera questa spinosa problematica.

 

Ci potrebbe spiegare, per sommi capi, questa controversa questione?

Io cerco di parlarti del dato oggettivo. C’è una normativa non facile e soprattutto tante sentenze avute in Consiglio di Stato e nella Corte di Giustizia Europea. Uno rischia di perdersi e poi ci sono singole situazioni in varie località balneari sparse nella penisola. Mancando una normativa unitaria nazionale, i singoli comuni si muovono un po’ come vogliono loro.

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Ti faccio l’esempio di Riccione. Qui siamo sul demanio, ma non è tutta aria demaniale, in alcune zone ci sono delle parti che erano private. Alcune aree sono state vendute dal comune ai bagnini che le hanno comprate anche in vista della situazione che stiamo vivendo ora, spostando le loro strutture in modo che quella parte, essendo diventata proprietà privata non sarebbe andata in evidenza pubblica. Ciò che ci sarebbe andato sarebbe stata solo la sabbia in prossimità del mare e quindi l’interesse per i terzi sarebbe stato inferiore in quanto la spiaggia è a ridosso di una struttura privata.

 

Così facendo chi ha acquistato si è garantito – almeno in teoria – un’eventuale partecipazione unica a un possibile bando per quel pezzo di spiaggia. Come vedi le realtà sono diverse e si dovrebbe cercare si una normativa unitaria, ma anche che tega conto delle tante differenze che ci sono sparse in tutta la zona costiera italiana.

 

Ci sono tante situazioni tra pubblico e privato. E questo che ti sto dicendo vale solo per la spiaggia, senza contare il lacustre, il portuale, eccetera. Io capisco che sia difficile regolamentare ma ad oggi la cosa preoccupante è l’incertezza. Poi ci sono una marea di decreti, milleproroghe, cavilli burocratici, che uno veramente rischia di perdersi in questa burocrazia, nonostante cerco di stargli dietro il più possibile. Qualunque cosa succederà ci saranno una marea di ricorsi. 

 

Molti comuni, per salvaguardare il proprio sistema turistico – questo lo dico in difesa dei balneari – come Riccione, vorrebbero favorire questo sistema consolidato che di fatto funziona, anche se qualche ammodernamento è necessario. Molti si sono rimodernati per offrire un prodotto sempre più di qualità e chi in questi anni ha dimostrato di gestire al meglio il proprio stabilimento. Cerchiamo di ascoltare le loro esigenze e magari nel momento che si faranno i bandi, di andare incontro a chi si è dimostrato sempre volenteroso nel proporre un’offerta turistica sempre al passo con i tempi. 

 

La proroga automatica della concessione la Direttiva Bolkestein l’ha bocciata, ed è giusto. Fino al 2027 la nostra insistenza è stata dichiarata legittima e da lì in poi i Comuni devono fare le evidenze pubbliche. È un periodo che è stato concesso ai Comuni per organizzarsi in merito. Non è una proroga automatica, non siamo abusivi – parola ultimamente usata troppo spesso – e faccio fatica a comprendere tutte le polemiche in merito.

 

Poi ne ho lette di ogni che nemmeno sapevo: tornelli in spiaggia, divieto di portare il cibo in spiaggia… la spiaggia non è un bene nostro, non possiamo vietare il passaggio in alcun modo, abbiamo la concessione e nella concessione ci sono dei principi che vanno osservati assieme alle ordinanze balneari. 

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Nel 1992 le concessioni sono state fatte in modo automatico e il rinnovo avveniva tacitamente ogni sei anni, giusto?

Sì. Non ho memoria di casi di qualcuno che abbia desiderato o si sia fatto avanti per ottenere una concessione al posto di uno che già l’aveva. Per essere precisi bisognerebbe scartabellare i verbali, ma dubito. Ci sono stati dei casi, in alcuni bagni, che gli ex proprietari hanno venduto l’azienda e hanno fatto il passaggio dell’affidamento – legittimo – e sono subentrare altre persone.

 

Mentre prima portavi tutto a casa con due soldi, nel momento in cui si è visto che la parte turistica poteva svilupparsi con l’offerta di vari servizi in più, ci poteva essere un guadagno, in un momento di crisi di tanti altri settori, allora è diventato un punto su cui focalizzare l’attenzione.

 

Il fatto che ci siano stati dei privilegi è vero, non voglio nasconderlo. I miei hanno sempre fatto questo mestiere. Io sono convinta che se ci fosse stata una normativa nazionale dove si rivedeva il canone e altri aspetti, tutto questo non sarebbe successo. È sempre stato un mondo che si tramandava familiarmente.

 

Un mondo artigianale.

Mio nonno era pescatore. Questi qua erano tutti appezzamenti con file di tende con tutte sdraie, perché non esistevano neanche i lettini. Non c’era niente e si è dovuto anche un po’ bonificare. Poi piano piano, arriva la gente che vuole sempre un servizio migliore e così col passare degli anni c’è stata una crescita, ed è quello che si vorrebbe che venisse riconosciuta.

 

Mi commuovo quando ti dico queste cose, perché so cosa ha voluto dire tutto questo. A volte contesto qualche collega che dice: «la mia spiaggia». Non è così. Il problema è aver creduto che quello che ci è stato dato in concessione fosse nostro, ma non è così. Però al tempo stesso c’è stato tra di noi non tutti hanno avuto la stessa mentalità di cambiamento.

 

Al tempo il Comune fece il piano spiaggia con la possibilità di rimodernarsi. Alcuni si sono modernizzati altri no. Sono passati quasi vent’anni e oggi è arrivato il momento di farlo di nuovo, ma il problema è: come cambi? Noi qua abbiamo un bel progetto, ma c’è tanta incertezza.

 

Non vorrei che se aprissero i bandi delle concessioni poi qualche multinazionale o qualcuno che abbia un potere economico importante, subentrasse su più stabilimenti. Il pesce grosso mangia il pesce piccolo. La territorialità nel vostro settore è importante. La riviera romagnola gode parte della sua popolarità anche per il fatto che la gente del posto lavora nei vari settori turistici.

Purtroppo in molti settori accade questo. Si perde sempre più spesso ciò che è tradizione. Il nostro settore poi è un modello, ciò non significa che non possa essere rivisto. Da noi saranno i comuni che devo decidere che normativa fare. Da una parte per tutelare il tipo di sistema turistico nostro, dall’altra parte c’è la Bolkenstein che chiede la concorrenza e di non porre troppi limiti per partecipare. Ma se non sono le multinazionali, possono essere i proprietari delle catene di hotel e dei grandi alberghi.

 

Allora dico ai cittadini che oggi fanno le loro rimostranze che in caso di partecipazione al bando, pensano di avere una chance di vittoria nei confronti di un gruppo economico potente come quelli che ho appena citato? Ma non solo.

 

La spiaggia che verrà, se viene data in concessione a un grande albergo, come saranno poi i prezzi? Se questi investono lo fanno esclusivamente per guadagnarci, mi pare più che ovvio. Se iniziano a snaturare quello che è il nostro modo di fare turismo, il cambiamento non sarà di certo positivo.

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C’è anche chi ha evidenziato il problema delle spiagge vuote questa estate.

Che ore sono adesso, le 8:30? Fino a qualche anno fa vedevi già la spiaggia piena di genitori con i bambini, invece adesso fino alle 10:00 non scende al mare nessuno. C’è un’abitudine diversa oggi. Molta gente si ferma in spiaggia per l’aperitivo ed una cosa piacevole.

 

Fino alle 21:30 ci sono famiglie con i figli in spiaggia. È un nuovo modello. Prima salivano alle 19:00 per poi andare a cena in hotel. È ovvio che se uno viene adesso e fa una foto, gli ombrelloni sono vuoti. A giugno c’è stato un trend positivo.

 

A luglio c’è stato un leggero calo, agosto è sempre agosto e la gente viene sempre. Quello che ho notato è che le famiglie vogliono sempre più servizi e noi cerchiamo di offrirgliene sempre più, soprattutto ai bambini, che possono divertirsi tutto il giorno con quello che trovano da noi. La spesa in fondo è tutta qui. 

 

Oltretutto la nostra costa è molto variegata e offre servizi diversi l’una dall’altra, oltre che avere territori profondamente differenti. C’è anche chi ha sollevato il problema del caro-ombrellone.

Noi qua abbiamo delle basi da cui si parte, ma cerchiamo di rimanere in un prezzo più o meno popolare. Poi ognuno sulla base dei servizi che offre, sulla posizione e via dicendo, ha un suo listino prezzi. Ho notato, in alcuni articoli di giornale che ho letto al riguardo recentemente, alcune imprecisioni.

 

Considera che poi c’è bassa, media, alta stagione nel prezzario e se prendi l’ombrellone per più giorni il prezzo va a scalare. Alla fine puoi arrivare intorno ai venticinque euro di media, più o meno. A Riccione abbiamo tre spiagge libere nelle zone centrali. Ce n’è per tutti i gusti.

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La politica è intervenuta per bocca del Ministro Matteo Salvini in difesa vostra, nonostante il Consiglio di Stato.

Io penso che stiamo aspettando il 2027 quando ci saranno le nuove elezioni e il balneare sarà un settore che si giocheranno per i voti.

 

Tutte le parti in gioco dovrebbe fare la loro parte cercando di riequilibrare un settore caro a tutti noi, perché la «sacralità laica» delle vacanze al mare è una routine irrinunciabile per l’italiano ed è giusto che lo Stato faccia la sua parte sostenendo il settore, ma è altrettanto vero che i gestori debbano fare la loro parte non alzando oltremodo i prezzi e offrire servizi all’altezza della loro clientela. Grazie

Grazie a voi.

 

Francesco Rondolini

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Immagine di Walter Giannetti via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

 

 

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Politica

Costantinopoli, per il sindaco (incarcerato) Imamoglu anche l’accusa di spionaggio

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Dalla cella il leader dell’opposizione definisce il nuovo procedimento è un «complotto» per estrometterlo dalla scena politica. Per analisti e oppositori è un tentativo di governo e AKP – sconfitti alle urne – di assumere il controllo della metropoli. I due volti della Turchia di Erdogan: repressione e carcere per gli oppositori e critici sul fronte interno, mediatore per la pace a Gaza (e in Siria).   Dopo le imputazioni per corruzione e legami con organizzazioni terroristiche, per il sindaco di Istanbul e leader dell’opposizione Ekrem Imamoglu – in carcere dal marzo scorso ma pur sempre il principale rivale del presidente Recep Tayyip Erdogan – arriva anche quella di «spionaggio politico».   Un tribunale turco ha emanato un ordine di arresto – emettere un mandato per una persona già in cella è una pratica tutt’altro che inusuale per il Paese – per il primo cittadino della capitale economica e commerciale, segnando un’ulteriore escalation in un’ottica di repressione. Per critici e cittadini scesi in piazza anche oggi a manifestare sfidando i divieti, il nuovo procedimento è un segnale della «politicizzazione» dei tribunali e l’uso ad orologeria della giustizia, accuse respinte dal governo di Ankara che rivendica l’indipendenza dei giudici.   Il sindaco è apparso ieri in tarda mattinata davanti ai giudici del tribunale di Caglayan, per rispondere dei nuovi capi di imputazione a suo carico in un crescendo di attacchi e incriminazioni, mentre all’esterno un migliaio di sostenitori si sono riuniti per manifestare. Dopo diverse ore l’entourage di Imamoglu ha diffuso una nota, ripresa dalla stampa turca, in cui egli respinge le accuse: «non ho assolutamente alcuna conoscenza o connessione con le agenzie di intelligence o i loro dipendenti» bollandole come «assurde» e collegate a una «complotto» per estrometterlo dalla scena politica.   «Sarebbe più realistico dire» ha concluso «che ho incendiato Roma».

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All’esterno del tribunale, il leader del Partito popolare repubblicano (CHP) Ozgul Ozel ha parlato a una folla di sostenitori e simpatizzanti riunita per protestare contro il nuovo procedimento a carico del sindaco, sorvegliati a vista da poliziotti in tenuta antisommossa. «Lo hanno chiamato ladro, non ha funzionato; lo hanno chiamato corrotto, non ha funzionato; lo hanno accusato di sostenere il terrorismo, non ha funzionato» ha detto di Imamoglu il presidente del CHP. «Ora, come ultima risorsa, hanno cercato di chiamarlo spia. Vergogna su di loro!» ha gridato Ozel, anch’egli finito nel mirino della magistratura.   Il 24 ottobre scorso, infatti, il tribunale ha respinto il processo intentato dal governo a carico del principale partito di opposizione (il Partito Popolare Repubblicano, CHP), che mirava all’annullamento del congresso 2023 e all’elezione del suo leader. Una decisione che sembrava aver allentato la morsa voluta dal presidente Recep Tayyip Erdogan contro il principale schieramento rivale, con decine di sindaci e alte personalità del partito finite sotto processo o già condannate.   Per la Corte le (presunte) irregolarità non hanno alcuna rilevanza giuridica. In realtà, a distanza di pochi giorni è giunta la notizia delle nuove accuse contro Imamoglu in un quadro di continua repressione.   Analisti ed esperti sottolineano che il nuovo attacco al primo cittadino sia un tentativo del governo e del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) – sconfitto alle urne – di assumere il controllo di Istanbul, una metropoli dall’importanza strategica. Imamoglu parla di «calunnie, bugie e cospirazioni», ma resta il fatto che le accuse potrebbero consentire al governatore nominato dallo Stato di assumere per via giudiziale la guida della città. Secondo l’analista di GlobalSource Partners Atilla Yesilada il ministero turco degli Interni ha infatti l’autorità di licenziare Imamoglu e sostituirlo con un fiduciario, assestando un colpo durissimo al partito di opposizione.   Del resto già nel settembre scorso, e nel silenzio internazionale, la magistratura – col benestare del governo – ha di fatto azzerato – e commissariato – i capi del Partito Popolare Repubblicano (CHP), principale movimento di opposizione del Paese, a Istanbul.   Inoltre si sono registrati diversi arresti fra quanti sono scesi in piazza a dimostrare, oltre al blocco di internet e il divieto di manifestazioni nel tentativo di «oscurare» dissenso e malcontento fra la popolazione contraria alla deriva autoritaria impressa dal presidente Recep Tayyip Erdogan. Il giro di vite è parte di una più ampia campagna che si è intensificata dopo le schiaccianti vittorie dell’opposizione nelle elezioni locali del marzo 2024.

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Dall’ottobre dello scorso anno i pubblici ministeri e la polizia hanno condotto indagini su corruzione e terrorismo che hanno portato a centinaia di arresti, tra cui quello, avvenuto a marzo, del sindaco di Istanbul, la personalità più importante finita in cella. Decine di sindaci e amministratori CHP sono stati incarcerati in attesa di processo, con ripercussioni anche economiche per turbolenze sui mercati e preoccupazione di investitori stranieri, mentre il partito ha trasferito la sede provinciale a Istanbul per sfuggire alla morsa della magistratura.   Se, sul fronte interno, il governo di Ankara e il presidente Erdogan alimentano la repressione contro oppositori e critici, a livello internazionale cercano di capitalizzare il ruolo di attore regionale sul fronte mediorientale e un ruolo nella tregua a Gaza e sulla nascitura forza di stabilizzazione. Un tentativo di rafforzare la propria immagine, ben rappresentato dalla foto a Sharm el-Sheikh in cui Erdogan si ergeva in prima fila accanto al padrone di casa Abdel Fattah al-Sisi e al presidente USA Donald Trump, artefice del piano di pace per la Striscia.   Anche in queste ore Erdogan ha insistito per garantire ad Ankara un ruolo nella risoluzione dei vari scenari di crisi dalla Siria all’Ucraina fino alla Striscia. «Ora vi è una Turchia nella regione e nel mondo» ha affermato il presidente «che è rinomata per la sua promessa di esportare pace e stabilità» in quanto «potenza globale» in una prospettiva di «pace, armonia e stabilità».   Un tentativo di leadership, quello turco, che parla di pace ma non disdegna di mostrare i muscoli: è attesa la visita in Turchia del premier Keir Starmer per discutere della vendita, attualmente in sospeso, di 40 jet Eurofighter Typhoon, che secondo le intenzioni di Erdogan dovrebbero rafforzare la pattuglia dei caccia assieme agli F-16 ed F-35 USA.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Politica

La nuova presidente irlandese è NATO-scettica e contraria alla militarizzazione dell’UE

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Catherine Connolly, candidata indipendente e storica sostenitrice della neutralità militare irlandese, nota per le sue critiche all’espansione della NATO e alla militarizzazione dell’UE, ha trionfato nelle elezioni presidenziali irlandesi con una vittoria schiacciante.

 

Mentre lo spoglio dei voti era ancora in corso, la principale avversaria, Heather Humphreys, ha riconosciuto la sconfitta, vedendosi superata con un ampio margine. I risultati preliminari indicavano Connolly al 63% dei voti contro il 29% di Humphreys. «Catherine sarà una presidente per tutti e sarà anche la mia presidente», ha dichiarato Humphreys ai media.

 

Il primo ministro irlandese Micheal Martin ha formalmente congratulato Connolly, definendo la sua vittoria «molto netta».

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Pur essendo indipendente, Connolly, 68 anni ed ex sindaco di Galway, ha ricevuto il sostegno dei principali partiti di sinistra, tra cui Sinn Féin e Labour. Il suo successo è stato attribuito in gran parte alla capacità di attrarre il voto dei giovani, grazie a un’efficace campagna sui social media e a una forte risonanza in un contesto di crescente malcontento per la crisi abitativa e il costo della vita in Irlanda.

 

Durante la campagna, Connolly ha ribadito l’importanza della neutralità irlandese, criticando l’UE per il suo orientamento verso la militarizzazione a discapito del welfare. Pur esprimendo critiche alla Russia per il conflitto ucraino, ha sostenuto che il ruolo «bellicoso» della NATO abbia contribuito alla crisi.

 

Il mese scorso, durante un dibattito all’University College di Dublino, Connolly ha paragonato l’attuale impegno della Germania nel rilanciare la propria economia attraverso il «complesso militare-industriale» al riarmo degli anni Trenta sotto il nazismo, affermando: «Vedo alcuni parallelismi con gli anni Trenta».

 

Sebbene il ruolo del presidente in Irlanda, una democrazia parlamentare, sia principalmente simbolico, esso comporta poteri significativi, come la possibilità di deferire leggi alla Corte Suprema per verificarne la costituzionalità e di sciogliere la Camera Bassa del Parlamento, convocando nuove elezioni in caso di perdita della fiducia da parte di un primo ministro.

 

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Politica

Il presidente romeno fischiato per il sostegno all’Ucraina

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Il presidente rumeno Nicusor Dan è stato contestato per il suo sostegno all’Ucraina durante un evento commemorativo tenutosi venerdì.   Decine di manifestanti hanno espresso il loro dissenso quando Dan è giunto al Teatro Nazionale di Iasi per partecipare a una celebrazione storica, come riportato dall’emittente locale Digi24.   Un video mostra Dan scendere dall’auto e salutare i manifestanti, che gridavano «Vergogna!» e «Vai in Ucraina!».  

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Secondo il quanto riportato, le proteste sono continuate anche dopo l’evento, al momento dell’uscita del presidente dal teatro.   Come riportato da Renovatio 21i, Dan, politico favorevole all’UE, è salito al potere quest’anno dopo una controversa ripetizione delle elezioni, in seguito all’annullamento della vittoria iniziale del candidato conservatore Calin Georgescu, critico esplicito della NATO e delle forniture di armi occidentali all’Ucraina. Georgescu è stato successivamente escluso dalla competizione elettorale e affronta accuse di aver pianificato un colpo di Stato, tanto da essere arrestato.   Georgescu, che ha sempre avuto il favore di migliaia e migliaia di manifestanti pronti a scendere in piazza, ha definito la UE «una dittatura». Di contro, Bruxelles ha rifiutato di commentare l’esclusione del candidato dalle elezioni rumene. A inizio anno Georgescu aveva chiesto aiuto al presidente americano Donaldo Trump.   Georgescu aveva definito Zelens’kyj come un «semi-dittatore», accusando quindi la NATO di voler utilizzare la Romania come «porta della guerra».   Il CEO di Telegram Pavel Durov aveva parlato di pressioni su di lui da parte della Francia per influenzare le elezioni presidenziali in Romania.   Il Dan ha ribadito il suo impegno a sostenere l’Ucraina. La Romania ha già destinato 487 milioni di euro a Kiev, principalmente in aiuti militari, dall’intensificarsi del conflitto nel 2022, secondo i dati del Kiel Institute tedesco.  

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