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Geopolitica

L’avvio della disgregazione dell’Unione Europea

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Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire

 

 

Il Trattato del Quirinale tra Francia e Italia, come del resto l’ipotesi di governo del futuro cancelliere tedesco Olaf Scholz, sono incompatibili con la storia dell’Unione Europea. Parigi e Berlino hanno intrapreso atti concreti che possono solo condurre all’inevitabile processo di disgregazione dell’Unione Europea.

 

 

 

Alla fine della seconda guerra mondiale Winston Churchill ideò un sistema che permettesse agli anglosassoni di mantenere il controllo dell’Europa Occidentale, in modo da impedirle di cadere nelle mani dell’Unione Sovietica: un mercato comune europeo dei Paesi in rovina che accettavano il Piano Marshall. (1)

 

Stati Uniti e Regno Unito procedevano di concerto. In pochi anni gettarono le basi di quello che oggi è il nostro mondo: la NATO, alleanza militare dominata dagli anglosassoni; l’Unione Europea, organizzazione civile degli alleati

Stati Uniti e Regno Unito procedevano di concerto. In pochi anni gettarono le basi di quello che oggi è il nostro mondo: la NATO, alleanza militare dominata dagli anglosassoni; l’Unione Europea, organizzazione civile degli alleati. I membri di un’istituzione non fanno necessariamente parte dell’altra, ma questo non impedisce che NATO e UE, entrambe basate a Bruxelles, siano facce di una stessa medaglia. Infatti i servizi comuni delle due strutture sono installati con discrezione in Lussemburgo.

 

Dopo la crisi fra Washington e Londra durante la Spedizione di Suez, il Regno Unito, che stava perdendo il proprio Impero, decise di entrare in quella che sarebbe diventata l’Unione Europea. Harold Macmillan fallì nel 1958, ma Edward Heath vi riuscì nel 1973. L’equilibrio delle forze mutò di nuovo, così il Regno Unito lasciò l’Unione Europea nel 2020, volgendosi daccapo al suo vecchio Impero (Global Britain).

 

Tutti i documenti dell’Unione Europea sono tradotti in ognuna delle lingue ufficiali dei Paesi membri, nonché in inglese, lingua ufficiale della UE benché dal 2020 non lo sia di alcuno dei suoi membri. Il motivo non è che i britannici ne hanno fatto parte, ma che l’Unione è sotto il controllo della NATO, come recita l’articolo 42, comma 7, del Trattato di Lisbona, che è stato imposto con la forza in sostituzione del Trattato Costituzionale, respinto dalle popolazioni. (4)

 

Ancora oggi i servizi segreti tedeschi sono subalterni agli USA, che li hanno riorganizzati con l’ex personale nazista; inoltre il Pentagono possiede in Germania importantissime basi militari fittiziamente extraterritoriali

La Germania, occupata dai quattro vincitori della seconda guerra mondiale fino al 1990, ossia sin dopo la riunificazione, si è sempre adattata a non essere più una potenza militare. Ancora oggi i servizi segreti tedeschi sono subalterni agli USA, che li hanno riorganizzati con l’ex personale nazista; inoltre il Pentagono possiede in Germania importantissime basi militari fittiziamente extraterritoriali.

 

La Francia vagheggia l’indipendenza militare. Per questa ragione Charles De Gaulle, leader della Francia Libera durante la seconda guerra mondiale, nel 1966 fece uscire il Paese dal comando integrato della NATO. Ma Nicolas Sarkozy, che nell’adolescenza fu educato dal figlio del creatore della rete stay-behind della NATO (Gladio), nel 2009 lo fece rientrare. Oggi le operazioni esterne dell’esercito francese sono di fatto comandate da ufficiali statunitensi.

 

Per anni Germania e Francia hanno assunto la leadership dell’istituzione che ora si chiama Unione Europea. François Mitterrand e Helmut Kohl progettarono di trasformare il mercato comune in uno Stato sovranazionale – comunque vassallo degli Stati Uniti – in grado di competere con URSS e Cina: l’Unione Europea.

 

Nonostante la parvenza, il Consiglio dei capi di Stato e di governo non è un super-governo, ma un organismo deputato a prendere atto delle decisioni della NATO

Questa struttura – cui gli Stati Uniti pretesero che gli Stati dell’ex Patto di Varsavia aderissero e contemporaneamente raggiungessero la NATO – divenne una burocrazia colossale. Nonostante la parvenza, il Consiglio dei capi di Stato e di governo non è un super-governo, ma un organismo deputato a prendere atto delle decisioni della NATO. Ossia di risoluzioni che, prese dall’Alleanza Atlantica dominata da Stati Uniti e Regno Unito, sono poi trasmesse alla Commissione Europea, indi sottoposte al Parlamento e infine ratificate dal Consiglio.

 

Si pensi che la NATO s’impiccia per vocazione di tutto: dalla composizione del cioccolato (nella razione del soldato c’è appunto una barretta di cioccolato) alla costruzione di ponti (che devono essere utilizzabili dai blindati), passando per i vaccini anti-COVID(la salute dei civili condiziona quella dei militari) o i bonifici bancari (bisogna tenere sotto controllo le transazioni nemiche).

 

Solo la forza militare britannica e francese avevano un certo peso nell’Unione Europea; per questa ragione con i Trattati di Lancaster House del 2010 si riavvicinarono. Ma dopo la Brexit, le forze armate francesi si sono ritrovate daccapo sole, come dimostra la rottura del contratto con l’Australia per la costruzione di sottomarini, a tutto vantaggio di Londra.

 

Alla Francia non rimaneva altra scelta che avvicinarsi alle forze armate italiane, che però sono la metà di quelle francesi: questo è quanto è stato appena deciso con il Trattato del Quirinale (2021)

Alla Francia non rimaneva altra scelta che avvicinarsi alle forze armate italiane, che però sono la metà di quelle francesi: questo è quanto è stato appena deciso con il Trattato del Quirinale (2021).

 

Un’operazione favorita dall’ideologia che accomuna Emmanuel Macron, ex banchiere di Rothschild, e Mario Draghi, ex banchiere di Goldman Sachs, nonché dalla leadership condivisa sulla risposta all’epidemia di COVID. Si noti en passant l’incredibile gergo politicamente corretto, lontanissimo dalle tradizioni latine, con cui il documento è stato redatto. (3)

 

Si dà il caso che, contemporaneamente al Trattato del Quirinale, la cancelliera Angela Merkel lasci il posto a Olaf Scholz, cui non interessano né le questioni militari né i deficit di bilancio di Francia e Italia.

 

L’accordo di coalizione per la formazione del governo (4) allinea la politica estera tedesca punto per punto a quella degli anglosassoni (USA più Regno Unito).

 

Il governo Scholz va oltre, impegnandosi a sostenere «ogni iniziativa che promuove la vita ebrea e la sua specificità»: promozione di una minoranza, non più protezione

Fin qui i governi di Angela Merkel combattevano l’antisemitismo. Ora il governo Scholz va oltre, impegnandosi a sostenere «ogni iniziativa che promuove la vita ebrea e la sua specificità»: promozione di una minoranza, non più protezione.

 

Riguardo a Israele, che Regno Unito e Stati Uniti crearono secondo una logica imperialista (5), il nuovo accordo stipula che «la sicurezza d’Israele è interesse nazionale» della Germania e assume l’impegno di bloccare «i tentativi antisemiti di condanna d’Israele, anche all’ONU».

 

Parimenti dichiara che la Germania continuerà a sostenere la soluzione a due Stati del conflitto israelo-palestinese (ossia si opporrà al principio «un uomo un voto»), nonché si compiace della normalizzazione delle relazioni fra Israele e Paesi arabi. In questo modo il governo Scholz affossa la tradizionale politica dell’SPD, il cui ministro degli Esteri in carica dal 2013 al 2018, Sigmar Gabriel, definiva il regime israeliano «apartheid».

 

Olaf Scholz è un avvocato cui sta a cuore far funzionare l’industria tedesca basandosi su un compromesso fra operai e padronato.  Non si è mai interessato molto alle questioni internazionali.

 

Ha designato ministro degli Esteri la giurista dei verdi Annalena Baerbock, che non soltanto è partigiana delle energie pulite, ma è anche persona capace di esercitare influenza per conto della NATO. Sostiene chiaro e forte la fondatezza dell’adesione dell’Ucraina alla NATO e all’Unione Europea. Avversa la Russia, perciò rifiuta il gasdotto Nord Stream 2 e incentiva i terminali per l’importazione del gas degli Stati Uniti con le metaniere, nonostante l’esorbitante costo degli impianti. Inoltre definisce la Cina «rivale sistemico» e appoggia tutti i separatismi: taiwanese, tibetano, uiguro.

 

È prevedibile che le politiche di Berlino e Parigi s’allontanino lentamente fino a far riemergere il conflitto che oppose i due Paesi e che dal 1870 al 1945 causò tre guerre.

 

Diversamente da come viene reclamizzata, e come del resto ho già ricordato, l’Unione Europea non è stata creata per garantire la pace in Europa Occidentale, ma per ancorare durante la guerra fredda la sua popolazione al campo anglosassone.

 

Il conflitto franco-tedesco non è mai stato risolto (…) Berlino e Parigi andavano d’accordo all’interno delle frontiere dell’Unione, ma si facevano guerra all’esterno. Gli esperti di operazioni speciali sanno che ci sono stati morti da entrambe le parti

Il conflitto franco-tedesco non è mai stato risolto. L’Unione Europea, lungi dal favorire la pace, invece di affrontare il contrasto lo ha nascosto sotto il tappeto. Durante le guerre di Jugoslavia i due Paesi si sono scontrati militarmente: la Germania sosteneva la Croazia, la Francia la Serbia. Berlino e Parigi andavano d’accordo all’interno delle frontiere dell’Unione, ma si facevano guerra all’esterno. Gli esperti di operazioni speciali sanno che ci sono stati morti da entrambe le parti.

 

Le politiche estere efficaci sono quelle che esprimono l’identità della nazione. Oggi Regno Unito e Germania vanno per la loro strada, fieri della propria individualità; per contro la Francia è in crisi d’identità. All’inizio del mandato Emmanuel Macron affermava che «non esiste una cultura francese». Poi, sotto la pressione popolare, ha cambiato linguaggio, ma non modo di pensare. La Francia possiede mezzi, ma non sa più quale sia la sua specificità. Insegue la chimera di un’Unione Europea indipendente in grado di rivaleggiare con gli Stati Uniti, ma gli altri 26 Paesi non ne vogliono sapere. La Germania, tuttavia, commette un errore rifugiandosi sotto lo scudo nucleare degli Stati Uniti, ora che questa grande potenza sta disgregandosi.

 

È evidente che siamo entrati nella fase di dissoluzione dell’Unione Europea, struttura a tal punto sclerotizzata che sarà una fortuna per i Paesi membri recuperare la piena indipendenza.

 

È evidente che siamo entrati nella fase di dissoluzione dell’Unione Europea, struttura a tal punto sclerotizzata che sarà una fortuna per i Paesi membri recuperare la piena indipendenza

Ma la sfida potrebbe volgersi in dramma. Gli Stati Uniti imploderanno su loro stessi e l’Unione Europea perderà il suo sovrano.

 

I Paesi membri dovranno confrontarsi gli uni con gli altri. È estremamente urgente che iniziamo a intenderci, non più come semplici partner commerciali, ma come partner a tutto campo. Non farlo ci porterà alla catastrofe, alla guerra generalizzata.

 

Tutti hanno potuto constatare che i membri dell’Unione Europea – tranne gl’inglesi, che però se ne sono andati – hanno elementi culturali comuni. Elementi condivisi anche dalla Russia, più vicina all’Unione di quanto sia il Regno Unito.

 

È possibile sin da ora ricostruire l’Europa, non come una burocrazia centralizzata, ma come una rete di Stati, aprendosi a Paesi da cui siamo stati artificiosamente separati dagli anglosassoni, che volevano assicurarsi il dominio del continente durante la guerra fredda.

 

Questo intendeva Charles De Gaulle quando, contrapponendosi a Winston Churchill, dichiarava di volere l’«Europa da Brest a Vladivostok».

 

 

Thierry Meyssan

 

 

NOTE

1) «Histoire secrète de l’Union européenne», di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 28 giugno 2004.

2) Articolo 42, comma 7 : «Qualora uno Stato membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Ciò non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri. Gli impegni e la cooperazione in questo settore rimangono conformi agli impegni assunti nell’ambito dell’Organizzazione del trattato del Nord-Atlantico che resta, per gli Stati che ne sono membri, il fondamento della loro difesa collettiva e l’istanza di attuazione della stessa».

3) «Trattato del Quirinale», Rete Voltaire, 26 novembre 2021.

4) Mehr Fortschritt wagen. Bündnis für Freiheit, Gerechtigkeit und Nachhaltigkeit, Sozialdemokratischen Partei Deutschlands (SPD), Bündnis 90 / Die Grünen und den Freien Demokraten (FDP), 2021.

5) «Chi è il nemico?», di Thierry Meyssan, Traduzione Matzu Yagi, Megachip-Globalist (Italia) , Rete Voltaire, 5 agosto 2014.

 

 

 

 

Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

Immagine della Presidenza della Repubblica Italiana via Wikimedia; fonte Quirinale.it

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Geopolitica

Blinken: i social media sono responsabili del fallimento delle pubbliche relazioni israeliane a Gaza

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I social media sono parzialmente responsabili delle diffuse critiche internazionali sulla condotta di Israele durante la sua campagna militare a Gaza, ha suggerito il Segretario di Stato americano Antony Blinken.

 

Il massimo diplomatico americano ha rilasciato il commento lo scorso venerdì durante uno scambio con il senatore dello Utah Mitt Romney (un politico di sistema considerato un RINO, cioè «repubblicano solo di nome) al Sedona Forum 2024 del McCain Institute a Sedona, in Arizona.

 

Romney ha chiesto a Blinken il perché delle «pubbliche relazioni così terribili» per Israele nel conflitto a Gaza. «Perché Hamas è scomparso in termini di percezione pubblica? C’è sul tavolo un’offerta per un cessate il fuoco, eppure il mondo grida contro Israele», ha detto. «In genere, gli israeliani sono bravi nelle pubbliche relazioni. Cos’è successo qui?» Romney ha detto.

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Il Segretario di Stato ha ricordato che quando iniziò a lavorare a Washington all’inizio degli anni ’90 «tutti facevano la stessa cosa», ovvero leggere giornali come il New York Times, il Washington Post e il Wall Street Journal, e guardare le reti di informazione nazionali per ottenere informazioni sugli eventi mondiali.

 

Ora invece, nel 2020, «siamo sottoposti a un flusso endovenoso di informazioni con nuovi impulsi, input ogni millisecondo» e i social media «hanno dominato la narrazione», ha affermato.

 

«E c’è un ambiente ecosistemico dei social media in cui il contesto, la storia, i fatti si perdono e prevalgono le emozioni e l’impatto delle immagini. E non possiamo, non possiamo escluderlo, ma penso che abbia anche un effetto molto, un effetto molto, molto stimolante sulla narrazione», ha suggerito Blinken.

 

Tuttavia, ha anche sottolineato che un’altra ragione delle cattive pubbliche relazioni di Israele è stata «l’inevitabile realtà delle persone che hanno e continuano a soffrire gravemente a Gaza. E questo è reale e dobbiamo… essere concentrati su questo e attenti a quello».

 

Israele ha dovuto affrontare aspre critiche da parte della comunità internazionale a causa dell’elevato numero di vittime civili durante gli attacchi nell’enclave negli ultimi sette mesi. A marzo, gli esperti delle Nazioni Unite hanno stabilito che esistevano «fondati motivi» per ritenere che nell’enclave palestinese venisse commesso un «genocidio».

 

Nelle ultime settimane, le università degli Stati Uniti sono state colpite da proteste filo-palestinesi, che sono state interrotte da scontri con la polizia e hanno portato alla detenzione di diverse migliaia di persone.

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Le candide ammissioni del Blinken – ebreo che dice che la sua famiglia è fuggita dalla Russia: idea interessante, riconosce anche Putin, perché risultano di Kiev, che stando a quello che dice significherebbe quindi che Kiev è Russia – arrivano nel momento in cui grazie ad una Commissione alla Camera USA è stato rivelato che la Casa Bianca di Biden aveva indotto Facebook a censurare nel 2020 i riferimenti degli utenti alla teoria della fuga del coronavirus dal laboratorio di Wuhano.

 

Come sa il lettore, Renovatio 21 fu plurime volte vittima di questa tremenda censura, in patente violazione del Primo Emendamento della Costituzione Americana, che stabilisce che il governo di Washington non può interferire con i privati per modulare il discorso pubblico.

 

Tuttavia, come abbiamo imparato dal biennio pandemico, le Costituzioniamericana, italiana, tedesca – ora possono essere ignorate e infrante. E quindi c’è da chiedersi: quale censura vi sarà per la questione di Gaza?

 

Quale censura è già in atto in un’amministrazione in cui il presidente senile fantoccio si dichiara apertis verbis «sionista»?

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
 

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L’Ucraina colpisce un impianto petrolifero nel Donbass

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Le forze ucraine hanno lanciato diversi missili contro infrastrutture civili nella città russa di Lugansk, ferendo almeno cinque persone e provocando un grande incendio in un deposito petrolifero, ha detto il capo regionale Leonid Pasechnik.   L’attacco di martedì notte è stato probabilmente effettuato utilizzando i sistemi missilistici tattici dell’esercito superficie-superficie (ATACMS) forniti da Washington, ha aggiunto il capo della Repubblica popolare russa di Lugansk (LPR). Cinque dipendenti della struttura sono stati ricoverati in ospedale con ferite moderate, mentre i servizi di emergenza erano al lavoro sul posto per domare l’incendio.   «L’Ucraina sta compensando le sue sconfitte in prima linea bombardando obiettivi civili», ha detto Pasechnik, aggiungendo che l’attacco ha danneggiato anche un gasdotto ad alta pressione e le linee elettriche, provocando un parziale blackout nella zona.  

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Il ministero della Difesa russo deve ancora confermare il tipo di proiettili utilizzati nell’attacco. Secondo Mosca, la scorsa settimana le difese aeree russe hanno intercettato almeno 15 missili ATACMS, mentre negli ultimi mesi Kiev ha preso di mira sempre più raffinerie di petrolio, impianti energetici e altre infrastrutture russe.   Alla fine di aprile, funzionari statunitensi hanno confermato le precedenti notizie dei media secondo cui il Pentagono aveva segretamente spedito un numero imprecisato di missili a lungo raggio in Ucraina come parte di un pacchetto di armi annunciato dal presidente Joe Biden a metà marzo.   L’«obiettivo» di fornire a Kiev l’ATACMS era quello di esercitare maggiore pressione sulla Crimea e consentire alle forze ucraine di prendere di mira la penisola «in modo più efficace», riferiva all’epoca il New York Times, citando un anonimo funzionario del Pentagono.   Mosca ha affermato che la fornitura di missili a lungo raggio comporterebbe solo «più problemi» per Kiev. Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha insistito sul fatto che l’uso dell’ATACMS non avrà alcun impatto sull’esito del conflitto, né impedirà alla Russia di raggiungere i suoi obiettivi di sicurezza.   Come riportato da Renovatio 21, il ministro degli Esteri ucraino Kuleba ha sostenuto che l’Ucraina potrebbe smettere con gli attacchi agli impianti petroliferi russi – fenomeno che porta in squilibrio il prezzo globale del petrolio e quindi l’economia mondiale – qualora Kiev ricevesse più armi.   «Devi pensare nei tuoi interessi», aveva detto il Kuleba a Rada TV lo scorso mese. «Se i tuoi partner dicono: “Ti stiamo dando sette batterie Patriot, ma abbiamo una richiesta per te, per favore non fare questo e quello”, allora c’è qualcosa di cui parlare».   Il petrolio è particolarmente sensibile alle questioni geopolitiche: nelle ultime ore, quando si erano sparse le voci di un imminente attacco iraniano ad Israele, il prezzo del greggio era schizzato sopra i 90 dollari al barile. La tensione nel Golfo di Aden, con gli Houthi che attaccano perfino le petroliere russe, contribuisce al caos sui mercati, con Goldman Sachs che ritiene che i prezzi potrebbero perfino raddoppiare. Dopo i forti aumenti registrati nel terzo trimestre 2023, Fitch Rating ha comunicato che il petrolio potrebbe toccare i 120 dollari.   Come riportato da Renovatio 21, la spinta al prezzo del petrolio data dagli attacchi dei droni ucraini su raffinerie russe + stata evidente quattro settimane fa, con il costo dell’oro nero salito a 86 dollari dopo un episodio.  

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Geopolitica

Partita l’operazione dell’esercito israeliano a Rafah. Video atroci emergono dalla zona

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L’esercito di Israele ha lanciato un’operazione antiterrorismo mirata nella parte orientale della città di Rafah, a Gaza, hanno detto martedì le Forze di difesa israeliane (IDF).

 

Le truppe dell’IDF hanno preso il controllo operativo del lato di Gaza del valico di frontiera di Rafah, l’unico punto di passaggio tra l’Egitto e la Striscia di Gaza. Sia le truppe di terra dell’IDF che gli aerei da combattimento dell’IAF hanno effettuato attacchi su obiettivi di Hamas nell’area di Rafah come parte dell’operazione.

 

«Nella notte, le truppe di terra dell’IDF hanno iniziato una precisa operazione antiterrorismo basata sull’intelligence dell’IDF e dell’ISA per eliminare i terroristi di Hamas e smantellare le infrastrutture terroristiche di Hamas in aree specifiche della parte orientale di Rafah» ha scritto l’IDF su Telegram.

 


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Prima di iniziare l’operazione, l’IDF aveva esortato i residenti nell’area orientale di Rafah a evacuare temporaneamente nell’area umanitaria di Al-Mawasi. Il luogo in questione è stato ampliato per ospitare più tende, ospedali da campo, tende e rifornito con ulteriori scorte di acqua, cibo e forniture mediche, scrive il sito governativo russo Sputnik.

 

Tutte le spedizioni di aiuti umanitari a Gaza dall’Egitto attraverso il valico di Rafah sono state sospese, ha riferito il quotidiano israeliano Haaretz.

 

Oltre un milione di civili palestinesi hanno cercato rifugio a Rafah, e rapporti indicano che quasi 100.000 persone potrebbero trovarsi nella zona in cui le forze di difesa israeliane hanno sollecitato l’evacuazione. Il governo dello Stato Ebraico è stata ripetutamente avvertito che un’operazione di terra scatenerebbe una catastrofe umanitaria a Rafah.

 

Nel frattempo, immagini semplicemente atroci stanno emergendo dalla zona degli attacchi.

 


Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant aveva dichiarato domenica che le truppe israeliane si stavano preparando per un’offensiva di terra contro la città di Rafah, nel sud di Gaza, dopo aver accusato Hamas di respingere le proposte israeliane di cessate il fuoco.

 

«Vediamo segnali che Hamas non intende attuare alcun piano. Ciò rende chiaro che nel prossimo futuro inizieranno azioni intensive a Rafah e in altre zone della Striscia di Gaza», aveva detto Gallant alle truppe israeliane secondo il giornale Israel Hayom.

 

Ieri l’ufficio stampa del governo ha annunciato che il gabinetto di guerra israeliano ha deciso all’unanimità di continuare l’operazione a Rafah per fare pressione su Hamas sulla questione del rilascio degli ostaggi.

 

L’operazione a Rafah arriva dopo che il movimento palestinese Hamas ha accettato di rilasciare 33 ostaggi israeliani in cambio di un certo numero di prigionieri palestinesi come parte della prima fase dell’accordo di cessate il fuoco, secondo un documento ottenuto da Sputnik.

 

Sabato la delegazione di Hamas era arrivata al Cairo per negoziare, attraverso i mediatori egiziani, un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e il rilascio dei prigionieri.

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Il presidente dell’ufficio politico del movimento palestinese Hamas, Ismail Haniyeh, ha informato il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani e Abbas Kamel, capo dell’intelligence egiziana, dell’accettazione di una proposta per raggiungere un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, ha detto Hamas lunedì.

 

Tuttavia, l’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha affermato che la proposta di Hamas è «lontana dalle richieste essenziali di Israele», ma invierà i negoziatori a colloqui «per esaurire il potenziale per arrivare ad un accordo».

 

Come riportato da Renovatio 21, il ministro israeliano Itamar Ben Gvir ha minacciato di far cascare il governo Netanyahu, di cui è membro con il suo partito ultrasionista Otzma Yehudit («Potere ebraico») qualora l’esercito israeliano non fosse entrato a Rafah.

 

«Il Primo Ministro ha ascoltato le parole, ha promesso che Israele entrerà a Rafah, ha promesso che la guerra non sarebbe finita e ha promesso che non ci sarebbero stati accordi dissoluti» ha dichiarato il ministro sionista il ministro sionista a seguito di un incontro chiesto ed ottenuto con il premier, avvenuto peraltro dopo un mostruoso incidente d’auto che ha coinvolto in Ben Gvir.

 

«Penso che il primo ministro capisca molto bene cosa significherebbe se queste cose non si verificassero», ha detto il ministro.

 

Il ritorno al potere Netanyahu è dovuto al boom del partito sionista Otzma Yehudit. Il ministro del patrimonio culturale Amichai Eliyahu, che appartiene al partito sionista, ha dichiarato la disponibilità di nuclearizzare la Striscia di Gaza.

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Immagine screenshot da Twitter

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