Vaccini
L’Austria promette il lockdown solo per i non vaccinati
In neopremier austriaco Alexander Schallenberg ha annunciato che le persone non vaccinate potrebbero dover affrontare nuovi lockdown se i numeri dei casi di coronavirus continuano ad aumentare.
La sorprendente dichiarazione, prima e per il momento unica nel mondo, è stata fatta lo scorso venerdì sera ad un incontro tra Schallenberg e i leader a livello statale per discutere la loro risposta al numero di casi in rapido aumento.
«La pandemia non è ancora passata – ha detto Schallenberg – stiamo per imbatterci in una pandemia di non vaccinati».
A quota 600 posti in terapia intensiva, cioè circa un terzo del totale, ecco che il governo imporrà il vero lockdown ai non vaccinati, che in questo caso, sarebbero autorizzati a lasciare le loro case solo per motivi specifici
Il calcolo di Schallenberg si basa, sorpresa-sorpresa, sulle unità di terapia intensiva disponibili dal Paese: se il numero raggiungesse i 500, o il 25% della capacità totale dei posti terapia intensiva nel Paese (poco più del doppio di quello attivato nel 2020 da una singola regione italiana come il Veneto), partirebbero limitazioni ai non vacciati: entrare in ristoranti e hotel sara un diritto solo per i vaccinati (e per i guariti, anche se non si sa da quanto tempo…).
Lo Schalleberg ha introdotto un ulteriore gradino: a quota 600 posti in terapia intensiva, cioè circa un terzo del totale, ecco che il governo imporrà il vero lockdown ai non vaccinati, che in questo caso, sarebbero autorizzati a lasciare le loro case solo per motivi specifici.
Sarebbe il caso, quindi, di non chiamarlo più lockdown, ma confinamento, o arresti domiciliari. È di fatto presente una vera e propria punizione assommata alla privazione della libertà, come una condanna per un inesistente, ma oggidì presente e concreto, «reato di non-vaccinazione».
Sarebbe il caso, quindi, di non chiamarlo più lockdown, ma confinamento, o arresti domiciliari. È di fatto presente una vera e propria punizione assommata alla privazione della libertà, come una condanna per un inesistente, ma oggidì presente e concreto, «reato di non-vaccinazione».
Attualmente, il numero di pazienti COVID-19 in terapia intensiva è di 220. La scorsa settimana, l’Austria ha segnalato 20.408 nuovi casi di virus, secondo le autorità sanitarie, portando la media di sette giorni a 228,5 per 100.000 abitanti. Una settimana prima, quella cifra era di 152,5 per 100.000 abitanti. Chiaramente, non ci è noto, e i giornali si guardano bene dallo spiegarlo, se per «caso» si intenda anche l’asintomatico o il paucisintomatico che tossicchia.
In Austria il 65,4% della popolazione totale ha ricevuto una dose del vaccino e il 62,2% è completamente vaccinato. Questi numeri fanno capire che questa ulteriore minaccia di Schallenberg serve per raschiare il fondo del barile: sono arrivati al plateau, il numero oltre il quale non c’è crescita, e quindi provando con la forza d’urto di una simile minaccia.
Schallenberg è primo ministro di Vienna da poche ore. Ha sostituito il giovane Sebastain Kurz travolto da uno scandalo su sondaggi favorevoli pagati dal suo governo.
Appena arrivato, lo Schallenberg ha fatto capire di che pasta è fatto: ma non solo agli elettori, anche a quei poteri che magari tirano qualche filo negli scandali politici viennesi (qualche anno fa, un video riprendeva un ministro del partito destroide FPO che a Ibiza parlava di finanziamenti con una misteriosa donna russa).ù
La società dell’apartheid biotica è una prospettiva sempre più presente. In Sudafrica, però, ai negri di Mandela veniva consentito di uscire di casa. Ai non vaccinati, no.
Questo dell’Austria è il primo caso al mondo dove la fallacia logica del concetto non-vaccinato=untore a rischio viene esplicitato in un programma di governo.
Si tratta, oltre che dell’oltraggio dei diritti costituzionali e dei diritto fondamentali dell’uomo, di un insulto alla logica, visto che nessuno – nemmeno le farmaceutiche – si è preso la responsabilità di dire che il vaccino dà immunità. «Funzionicchia», disse il virologo Galli.
La società dell’apartheid biotica è una prospettiva sempre più presente. In Sudafrica, però, ai negri di Mandela veniva consentito di uscire di casa. Ai non vaccinati, no.
Non è detto che l’Austria diverrà il primo Paese a imporre l’arresto (tecnicamente, questo è) dei non vaccinati. Un Paese limitrofo potrebbe batterla sul tempo. Lo conoscete? Avete presente?
Vaccini
Nuovi studi collegano i vaccini COVID a malattie renali e problemi respiratori
Due nuovi importanti studi lanciano l’allarme sui potenziali rischi che i vaccini contro il COVID-19 possono comportare non solo per le malattie respiratorie, ma anche per i danni renali. Le ricerche sono state pubblicate rispettivamente sull’International Journal of Infectious Diseases (IJID) e sull’International Journal of Medical Science (IJMS).
Il primo ha esaminato le richieste di rimborso assicurativo e i registri vaccinali dell’intera popolazione della Corea del Sud, filtrando i casi di infezione prima dell’inizio dell’epidemia per un bacino di oltre 39 milioni di persone, riferendo che i vaccini contro il COVID erano correlati a impatti contrastanti su altre patologie respiratorie.
Un «calo temporaneo seguito da una recrudescenza delle infezioni delle vie respiratorie superiori (URI) e del raffreddore comune è stato osservato durante e dopo la pandemia di COVID-19», ha concluso. «Nel periodo post-pandemico (gennaio 2023-settembre 2024), il rischio di infezioni delle vie respiratorie superiori e raffreddore comune è aumentato con dosi più elevate di vaccino contro il COVID-19», ha osservato.
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In particolare, i bambini, notoriamente esposti al rischio più basso di contrarre il COVID, presentavano probabilità significativamente più elevate di eventi avversi con il numero maggiore di iniezioni effettuate. Ricevere quattro o più iniezioni era associato a una probabilità del 559% maggiore di raffreddore, del 91% maggiore di polmonite, dell’83% maggiore di infezioni delle vie respiratorie superiori e del 35% maggiore di tubercolosi.
Il secondo studio ha esaminato le cartelle cliniche di 2,9 milioni di adulti americani, metà dei quali ha ricevuto almeno una dose di vaccino contro il COVID e l’altra metà no.
«La vaccinazione contro il COVID-19 è stata associata a un rischio maggiore di successiva disfunzione renale, tra cui insufficienza renale acuta (AKI) e trattamento dialitico», ha rilevato, citando 15.809 casi contro 11.081. «L’incidenza cumulativa di disfunzione renale è stata significativamente più alta nei pazienti vaccinati rispetto a quelli non vaccinati [(..) Al follow-up a un anno, il numero di decessi tra gli individui vaccinati è stato di 7.693, mentre il numero di decessi tra gli individui non vaccinati è stato di 7.364». In particolare, lo studio non ha rilevato differenze nel «tipo di vaccino COVID-19 somministrato».
I ricercatori sottolineano che non si tratta semplicemente di una questione di correlazione, ma che è già stato indicato un meccanismo causale per tali risultati.
«Studi precedenti hanno indicato che i vaccini contro il COVID-19 possono danneggiare diversi tessuti», spiegano.
«Il principale meccanismo patofisiologico delle complicanze correlate al vaccino contro il COVID-19 coinvolge la distruzione vascolare. La vaccinazione contro il COVID-19 può indurre infiammazione attraverso le interleuchine e la famiglia di recettori nod-like contenente il dominio pirinico 3, un biomarcatore infiammatorio. In un altro studio, sono stati osservati episodi di trombosi in pazienti che hanno ricevuto diversi vaccini contro il COVID-19. Inoltre, i vaccini a mRNA contro il COVID-19 sono stati associati allo sviluppo di miocardite e complicanze correlate».
«Lo sviluppo di disfunzione renale può essere influenzato da diversi fattori biochimici» prosegue il paper. «A sua volta, l’insufficienza renale acuta (IRA) può aumentare l’infiammazione sistemica e compromettere la vascolarizzazione e l’aggregazione dei globuli rossi. Dato che il meccanismo alla base delle complicanze correlate al vaccino contro il COVID-19 corrisponde alla fisiopatologia della malattia renale, abbiamo ipotizzato che la vaccinazione contro il COVID-19 possa causare disfunzione renale, il che è stato supportato dai risultati di questo studio».
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All’inizio di agosto, il segretario della Salute USA Roberto F.Kennedy jr. aveva annunciato che il governo avrebbe «ridotto al minimo» i progetti sui vaccini a mRNA per un valore di quasi 500 milioni di dollari e avrebbe respinto future esplorazioni della tecnologia a favore di vaccini più convenzionali. L’HHS ha revocato le autorizzazioni all’uso di emergenza (EUA) per i vaccini anti-COVID, utilizzate per giustificare i mandati da tempo revocati e aggirare altri ostacoli procedurali, e al loro posto ha rilasciato un’«autorizzazione all’immissione in commercio» per coloro che soddisfano una soglia minima di rischio per i seguenti vaccini a mRNA: Moderna (6+ mesi), Pfizer (5+) e Novavax (12+).
«Questi vaccini sono disponibili per tutti i pazienti che li scelgono dopo aver consultato i propri medici», ha affermato Kennedy, mantenendo la promessa di «porre fine agli obblighi sui vaccini COVID, mantenere i vaccini disponibili alle persone che li desiderano, in particolare i più vulnerabili, richiedere alle aziende sperimentazioni controllate con placebo» e «porre fine all’emergenza».
Come riportato da Renovatio 21, tre mesi fa Kennedy ha annullato contratti da mezzo miliardo di dollari per i vaccini mRNA.
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Salute
Kennedy esorta le autorità sanitarie globali a rimuovere il mercurio da tutti i vaccini
Now that America has removed mercury from all vaccines, I call on every global health authority to do the same — to ensure that no child, anywhere in the world, is ever exposed to this deadly neurotoxin again. pic.twitter.com/LYitY3PfRc
— Secretary Kennedy (@SecKennedy) November 3, 2025
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Vaccini
Uno studio danese afferma che gli effetti collaterali del vaccino COVID sono tutti nella tua testa: il pubblico non ci crede
Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Un recente studio danese sul COVID-19 sostiene che molti effetti collaterali segnalati dai vaccini derivino dalla preoccupazione piuttosto che dai vaccini stessi. I risultati hanno suscitato indignazione pubblica, poiché pazienti e sostenitori hanno accusato i ricercatori di ignorare la reale sofferenza e di minare la fiducia nelle istituzioni sanitarie.
Questa settimana è scoppiata una tempesta mediatica in Danimarca dopo che le emittenti nazionali, guidate da Ritzau e dalla piattaforma regionale TV2 Fyn, hanno pubblicato titoli che dichiaravano: «Bekymringen for COVID-vacciner kan skabe symptomer» – tradotto, «La preoccupazione per i vaccini COVID-19 può creare sintomi».
L’articolo riassumeva uno studio finanziato dai contribuenti, in cui si affermava che molti effetti collaterali post-vaccinazione segnalati potrebbero derivare non dai vaccini stessi, ma dall’effetto nocebo, ovvero sintomi scatenati dalla paura o dalle aspettative piuttosto che da un danno biologico.
La ricerca, promossa come definitiva dopo quattro anni di indagini e milioni di corone di finanziamenti, è stata presentata come una risposta a una domanda politicamente inquietante: i vaccini contro il COVID-19 causano effetti collaterali? La conclusione degli autori: «è solo preoccupazione».
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Una nazione divisa tra scienza ed esperienza
La reazione dell’opinione pubblica danese è stata immediata e accesa. I gruppi di difesa dei diritti dei vaccini e i sostenitori della salute hanno accusato il team di studio e i media di patologizzare una sofferenza legittima, riducendo anni di dolore cronico, disturbi neurologici e stanchezza debilitante a «stress psicologico».
Molti critici hanno sottolineato che il rapporto VIVE della Danimarca, commissionato dal Folketing (Parlamento danese), concludeva che «le persone danneggiate dai vaccini sono state abbandonate. Nessun aiuto. Nessun riconoscimento».
Per loro, la nuova inquadratura nocebo sembra meno una scienza e più un licenziamento sponsorizzato dallo Stato: un modo comodo per evitare costose indagini, cliniche specializzate o risarcimenti.
Un utente di LinkedIn, Rikke Mannerup, infermiera e antropologa sanitaria danese, ha scritto:
«Si sono dimenticati di un gruppo di persone, i non-paurosi, che ora sono disabili. Non a causa del nocebo, ma a causa di sintomi fisici e malattie reali conseguenti alla vaccinazione».
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Chi c’è dietro la ricerca?
Il coautore dello studio, il dott. Per Fink, è un nome noto alla comunità danese delle malattie croniche.
Psichiatra da tempo associato al modello del «disturbo da sofferenza corporea», il lavoro di Fink è stato controverso tra i pazienti affetti da encefalomielite mialgica/
sindrome da stanchezza cronica (ME/CFS) e pazienti affetti da COVID di lunga durata , che lo accusano di ridurre complesse condizioni biomediche a fenomeni mentali.
Per molti danesi danneggiati dai vaccini, il coinvolgimento di Fink non ha fatto altro che accrescere la sfiducia. Come ha detto senza mezzi termini un commentatore: «Ogni paziente affetto da ME conosce quel nome».
Chiacchiere online: l’umore pubblico si fa aspro
Sulle piattaforme social danesi si respirava un clima di rabbia e incredulità:
- «Un altro esempio di cattiva e inadeguata gestione del governo», ha scritto un cittadino.
- «I media ripetono sempre la stessa storia», ha affermato un altro, criticando i media nazionali per aver ripubblicato il comunicato di Ritzau senza verificarlo.
- «È un insulto per chi è stato danneggiato», ha scritto l’autore Bente Jacobsen. «Tali conclusioni alimentano la sfiducia nelle istituzioni».
Anche gli operatori sanitari si sono uniti, mettendo in discussione la «debole base empirica» dello studio e la mancanza di convalida clinica.
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Scienza conveniente o indagine attenta?
Sebbene l’ipotesi nocebo abbia una legittima rilevanza scientifica in contesti clinici rigorosamente controllati, applicarla retroattivamente a un dibattito nazionale sulla sicurezza dei vaccini rischia non solo di erodere la fiducia del pubblico, ma anche di aggravare i danni per gli individui che hanno subito lesioni reali, di origine biologica, a causa della vaccinazione contro il COVID-19.
E sì, i danni da vaccino esistono. React19, il più grande gruppo statunitense specializzato in danni da vaccino, ha accumulato un ampio archivio di articoli sui problemi legati al vaccino contro il COVID-19. Vedi Scientific Publications Directory.
TrialSite ha stimato che circa lo 0,002-0,008% delle persone completamente vaccinate negli Stati Uniti potrebbero avere problemi medici ricorrenti che potrebbero essere associati al vaccino.
Questa impostazione assolve opportunamente le istituzioni da ogni responsabilità, senza offrire alcun aiuto concreto a chi è ancora malato.
La reazione danese mette in luce una tensione europea più ampia: la collisione tra inquadramento psicologico e responsabilità biologica. Per i pazienti, l’empatia e l’indagine – non il rifiuto – rimangono la moneta di scambio della credibilità.
Pubblicato originariamente da TrialSite News.
© 7 novembre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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