Spirito
La visita apostolica della Fraternità San Pietro potrebbe essere condotta da un arcivescovo progressista membro del WEF (e ammiratore di Giussani)
La visita apostolica annunciata dalla Santa Sede alla Fraternità San Pietro (FSSP) potrebbe essere condotta da un vescovo progressista. Lo riporta la vaticanista statunitense Diane Montagna.
La Montagna riferisce che per la visita di esame al gruppo dedito alla Santa Messa vetus ordo sarebbero stati scelti l’arcivescovo emerito di Dublino d’Irlanda, Diarmuid Martin, e l’arcivescovo emerito di Tours di Francia, Bernard-Nicolas Aubertin.
JUST IN: Sources close to #Vatican say the Archbishop Emeritus of Dublin, Diarmuid Martin, & Archbishop Emeritus of Tours, France, Bernard-Nicolas Aubertin, have been named Visitators for the Priestly Fraternity of St Peter (FSSP) apostolic visitation announced in late September. https://t.co/fWQyIXvXKT pic.twitter.com/VnlpFWJRus
— Diane Montagna (@dianemontagna) October 18, 2024
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Fondata nel 1988 – cioè all’altezza delle ordinazioni episcopali di monsignor Marce Lefebvre presso la Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX) per i sacerdoti che desiderano celebrare la cosiddetta messa in latino in totale continuità con i desiderata vaticani, la FSSP aveva annunciato la visita alla fine di settembre in un comunicato stampa.
«Questa visita non nasce da problemi della Fraternità, ma ha lo scopo di far conoscere al Dicastero chi siamo, come stiamo e come viviamo, per poterci fornire l’aiuto di cui potremmo aver bisogno», aveva affermato allora il gruppo.
Tuttavia l’annuncio è stato visto come un segnale preoccupante di una possibile repressione della FSSP da parte di papa Francesco, poiché le precedenti visite apostoliche di comunità e clero tradizionalisti , tra cui il vescovo Joseph Strickland, i frati francescani dell’Immacolata e le carmelitani di Fairfield, si sono concluse con rimozioni e soprressioni.
Precedentemente sotto la competenza della Commissione Ecclesia Dei (l’ente creato da Wojtyla per i rapporti con i gruppi tradizionalisti), abolita da Francesco nel 2019, la FSSP è stata supervisionata negli ultimi tre anni dal Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, il cui prefetto è il cardinale brasiliano João Braz de Aviz. Il gruppo conta circa 370 sacerdoti e ha effettuato l’ultima visita apostolica nel 2014, scrive LifeSiteNews.
I leader della FSSP hanno avuto un’udienza privata con Papa Francesco in Vaticano il 29 febbraio. Hanno detto in un comunicato stampa che Francesco «ha confermato loro la specificità liturgica della Fraternità di San Pietro», ma che hanno anche condiviso «con lui le difficoltà incontrate nella sua applicazione».
Attualmente, il gruppo è presente in quasi 150 diocesi, celebra la messa in quasi 250 località e ha 48 parrocchie personali in tutto il mondo, insieme a due seminari, uno in Nebraska e l’altro in Germania.
L’arcivescovo Diarmuid Martin, che sarebbe stato scelto per la visita, in passato aveva rilasciato una serie di dichiarazioni pubbliche problematiche per chi crede nella religione cattolica.
Nel 2005, durante una conferenza episcopale, Martin dichiarò a The Tablet che «non si può escludere un candidato al sacerdozio semplicemente perché è gay».
«Dobbiamo fornire servizi di supporto a questi sacerdoti e questo comporterà aiutarli nel loro percorso personale e rassicurarli», aveva affermato l’arcivescovo Martin rispetto ai preti gay trattando della sua profonda preoccupazione per la mancanza di vocazioni nella Chiesa irlandese. «A volte i sacerdoti vivono un’esistenza molto solitaria e devono trovare la propria spiritualità e il contatto con Dio e approfondirli giorno dopo giorno».
Insomma: sacerdoti omosessuali contro la crisi delle vocazioni: «questo è il primo anno nella storia dell’arcidiocesi di Dublino in cui non abbiamo ordinato un sacerdote, il che è una preoccupazione importante per me. “Una comunità cristiana è costruita attorno all’Eucaristia e non puoi avere l’Eucaristia se non ordini sacerdoti».
Nel 2016, in un discorso in vista dell’Incontro mondiale delle famiglie del 2018, Martin ha affermato che i cattolici non devono «lasciarsi intrappolare nel tentativo di produrre definizioni della famiglia» perché diversi valori culturali significano che la famiglia «non può essere definita in modo semplice».
Durante la Settimana Santa e la Pasqua dell’aprile 2017, Martin aveva criticato la Chiesa per la sua «dura esclusione» e il trattamento «giudiziario» riservato alle «persone gay e lesbiche» in «vari momenti della storia, e non solo in un passato remoto».
Nel 2018, ha detto di essere «felice» che l’ex presidente irlandese Mary McAleese abbia citato un’osservazione che aveva fatto in precedenza durante un discorso da lei tenuto a una conferenza femminista, in cui sosteneva che i cittadini irlandesi hanno una visione negativa della Chiesa perché è un «impero di misoginia» in cui «le donne sono invisibili e senza voce nella leadership della Chiesa, nel discernimento legale e dottrinale e nel processo decisionale».
Nel 2019, Martin aveva criticato i pro-life irlandesi che protestavano fuori da una clinica per l’aborto. L’aborto è diventato legale nel paese grazie a una massiccia campagna finanziata da George Soros nel 2018. Molti cattolici irlandesi accusano Martin e i suoi colleghi vescovi di non essere stati più espliciti contro quella proposta, così come contro il recente voto sul «matrimonio» omosessuale. Martin ha anche precedentemente bandito dalla sua arcidiocesi un libro sull’ideologia LGBT scritto dal vescovo ausiliario di Astana Athanasius Schneider.
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Negli ultimi anni, i cittadini irlandesi hanno subito molti attacchi criminali commessi da stranieri importati nel loro paese come «rifugiati». Il giorno di Capodanno del 2019, giorno in cui l’aborto è diventato legale in Irlanda, Martin ha pronunciato un’omelia sulla Brexit e sulla cosiddetta minaccia del nazionalismo invece che sulla necessità di proteggere i cittadini irlandesi e i nascituri, divenuti specie a rischio proprio quell’anno..
Monsignor Martin è membro del cosiddetto «Consiglio dei 100», o C-100, un gruppo di élite del World Economic Forum. L’arcivescovo pare aver frequanto l’evento di Klaus Schwab in diverse annate.
Il C-100 è un’iniziativa del gruppo estremista di Davos che mira a promuovere il dialogo e la comprensione tra «il mondo islamico» e «l’Occidente».
Il gruppo C100 esiste in seno al WEF dal 2004, diviso tra «il mondo musulmano» e «l’Occidente», in cinque settori: politica, religione, affari, società civile/accademia e media. Il Consiglio dei 100 si riunisce in occasione degli incontri del WEF e in particolare di Davos e dell’incontro regionale del Medio Oriente (sebbene si rivolga al mondo musulmano, non al Medio Oriente in sé)
Il C100 è stato ispirato dall’11 settembre e dalle tensioni globali attorno a una serie di questioni dell’Islam occidentale.
«Sono stato a Davos diverse volte e in alcune occasioni c’è stato un vero ottimismo e in altre occasioni c’è stata una chiara ansia e preoccupazione. In questa occasione, c’è un certo livello di incertezza su tutta una serie di aree», aveva detto a Radio Vaticana l’arcivescovo irlandese durante l’edizione del Forum di Davos del 2015.
Come da abitudine del davosiani, l’arcivescovo già allora esprimeva scetticismo sull’attuale potere e significato della politica: «’è preoccupazione sul fatto che le nostre istituzioni politiche e i nostri partiti politici stiano facendo il lavoro che dovrebbero fare?» aveva dichiarato dalla località svizzera del raduno mondialista di Schwab.
In rete abbondano tributi e omelie dell’arcivescovo Martin in esaltazione di don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione, definito «creativo e innovativo».
L’arcivescovo Martin aveva detto in un’omelia del 2019 che la sua speranza è «che nella riflessione sull’opera unica di don Giussani i membri di Comunione e Liberazione presenti siano ispirati a scoprire ulteriori iniziative per rispecchiare il grande talento di don Giussani nella mutevole situazione dell’Irlanda».
«L’educazione religiosa in Irlanda ha molto da imparare dall’approccio di Giussani» aveva dichiarato.
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Immagine di World Economic Forum via Wikimedia pubblicata su licenza Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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«Umiliazione della Chiesa dinanzi a un eretico concubinario globalista»: Mons. Viganò sulla preghiera congiunta del re britannico col papa
Migliaia di Martiri massacrati dalla furia anticattolica di Enrico VIII, Edoardo VI, Elisabetta I, Giacomo I, Carlo I e Carlo II si staranno chiedendo – increduli – come sia possibile che l’odierno successore di Clemente VII comunichi in sacris con il capo della chiesa… pic.twitter.com/cugRJvginQ
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) October 23, 2025
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Quarant’anni fa, l’arcivescovo Lefebvre diceva la verità
Nel 1985, l’arcivescovo Lefebvre pubblicò la sua Lettera aperta ai cattolici perplessi.
Quarant’anni dopo, nel 2025, il sito web americano The Remnant ha pubblicato, sotto la penna di Robert Morrison, un articolo intitolato «La sacra saggezza dell’arcivescovo Marcel Lefebvre sulla crisi della Chiesa cattolica», in cui citava ampi estratti di questa lettera aperta, riconoscendo che «le citazioni dell’arcivescovo Lefebvre suonano più vere oggi di quando le scrisse decenni fa, e illuminano il cammino da seguire per rimanere fedeli cattolici».
Due anni dopo, nel 1987, l’arcivescovo Lefebvre avevaa pubblicato Lo hanno detronizzato: dal liberalismo all’apostasia, la tragedia conciliare. Nel 2025, sullo stesso sito, The Remnant , apparve un articolo di Andrew Pollard intitolato «Cristo Re deve essere re-incoronatoper salvare il mondo».
Quarant’anni fa, agli occhi dei «moderati» impenitenti, l’arcivescovo Lefebvre poteva sembrare uno di quei «profeti di sventura» che Giovanni XXIII non voleva più sentire quando aprì il Concilio Vaticano II, con un ottimismo la cui ingenuità oggi fa sorridere… o piangere.
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Vediamo lo stato attuale della Chiesa: pratica religiosa al suo punto più basso, seminari deserti, conventi vuoti, chiese distrutte o trasformate in sale espositive. Oggi non siamo più «perplessi», ma convinti che la diagnosi di Monsignor Lefebvre fosse corretta.
I fatti gli danno ragione in modo inconfutabile e i rimedi da lui proposti sono più che mai attuali, proprio perché non sono suoi, ma quelli della Tradizione bimillenaria: «Ho trasmesso ciò che ho ricevuto».
Quarant’anni è il tempo impiegato dagli Ebrei ad attraversare il deserto verso la Terra Promessa. Non osiamo affermare che presto raggiungeremo la terra «dove scorre latte e miele», ma adottiamo l’atteggiamento coraggioso dei veri pellegrini.
Nel deserto spirituale in cui viviamo, non costruiamoci idoli a nostra immagine e somiglianza e non rimpiangiamo le “cipolle d’Egitto”: questa sazietà di beni materiali offerta dal progresso tecnico, in cambio della servitù all’ideologia consumistica promossa dai nuovi faraoni.
Andiamo avanti! Non seguendo idoli moderni, ma dietro l’icona della Santissima Vergine. Andiamo avanti! Non sazi delle cipolle appassite di un edonismo ampiamente biodegradato, ma ben fortificati dalla manna della Santa Eucaristia. Andiamo avanti! Con l’inossidabile certezza che alla fine di questa lunga marcia si trova il trionfo dei Cuori uniti di Gesù e Maria.
Smettiamo di lamentarci dell’aridità del deserto spirituale che ci circonda, con i suoi tanti accessori a buon mercato. Con la grazia di Dio, scaviamo dentro di noi un’avidità spirituale : la fame e la sete dell’Unico necessario.
Abate Alain Lorans
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Fotocollectie Elsevier Nationaal Archief via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0); immagine modificata
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