Militaria
La vaccinazione militare del Portogallo
L’Italia non è l’unico Paese in cui la campagna di vaccinazione è stata affidata ai militari.
Il caso più prossimo al nostro è quello del Portogallo. Il governo di Lisbona ha affidato il programma di vacinação integrale della nazione al vice ammiraglio Henrique Gouveia e Melo, un ex comandante sommergibilista.
Il militare eseguì gli ordini e ha portato il Portogallo, 8 mesi dopo, in testa alla trista classifica dei Paesi più vaccinati, con circa l’86% della popolazione bucata con la siringa del siero genico sperimentale.
Il governo di Lisbona ha affidato il programma di vaccinazione integrale della nazione al vice ammiraglio Henrique Gouveia e Melo, un ex comandante sommergibilist
Un verso successone: circa il 98% di tutti coloro che possono essere vaccinati, ovvero chiunque abbia più di 12 anni, è stato completamente vaccinato, ha affermato l’ammiraglio Gouveia e Melo al NYT, che sostiene che, a questo punto, in Portogallo non rimane più nessuno da sottoporre all’ago mRNA.
«Crediamo di aver raggiunto il punto di protezione del gruppo e quasi l’immunità di gregge – ha detto il sommergibilista-vaccinatore capo al giornale americano – Le cose sembrano molto buone».
Il Portogallo il mese scorso ha quindi iniziato ad allentare le restrizioni pandemiche.
Tuttavia, l’ammiraglio esperto in sottomarini e siringhe non demorde. Il Portogallo potrebbe presto iniziare a offrire la terza dose alle persone anziane e a coloro che sono ritenuti clinicamente vulnerabili, afferma l’ammiraglio Gouveia e Melo, il quale è fiducioso sul fatto che la nuova campagna sarà completata entro dicembre.
Il Portogallo, scrive il giornale americano, si trovava davanti ad una «marea di disinformazione», cioè, tradotto, alla libertà di parola e alla libertà di cura.
«La prima cosa è fare di questa cosa una guerra», ha dichiarato in un’intervista l’ammiraglio Gouveia e Melo. «Uso non solo il linguaggio della guerra, ma il linguaggio militare»
Il militare ha così deciso di indossare la mimetica in tutte le apparizioni pubbliche e televisive. «La prima cosa è fare di questa cosa una guerra», ha dichiarato in un’intervista l’ammiraglio Gouveia e Melo. «Uso non solo il linguaggio della guerra, ma il linguaggio militare».
E questa «guerra», di cui parla l’ammiraglio, ha delle figure nemiche precise: i no vax.
Ecco quindi che il militare ricorda quando i manifestanti stavano bloccando l’ingresso a un centro di vaccinazione a Lisbona. Lui, intrepido, impavido, ha indossato la sua uniforme da combattimento ed è andato lì senza alcuna scorta, fa sapere.
«Ho attraversato queste persone pazze» dice il militare dimostrando grande comprensione umana e saggezza. «Hanno iniziato a chiamarmi “assassino, assassino”». Ma guarda un po’ che strano.
I militari, nemmeno nei Paesi che furono «fascisti», spaventano più le classi progressiste, che invece plaudono i generali con la siringa quando non i celerini che usano manganello e gas lacrimogeno sugli operai del porto di Trieste
«Ho detto che l’assassino è il virus», ha ricordato orgoglioso l’ammiraglio Gouveia e Melo. Il vero killer, ha detto, sono le persone che vivono come se fosse il 13° secolo senza alcuna nozione di realtà.
Che dire: una mente elastica, tollerante. L’uomo giusto per la missione. Un militare. Un sommergibilista, uno che di lavoro si inabissa per lanciare torpedini.
Il Portogallo è un Paese che, come l’Italia, ha vissuto una dittatura di destra, con una certa propensione militare, nel Novecento. I militari, nemmeno nei Paesi che furono «fascisti», spaventano più le classi progressiste, che invece plaudono i generali con la siringa quando non i celerini che usano manganello e gas lacrimogeno sugli operai del porto di Trieste.
Come vi ha ripetuto spesse volte Renovatio 21: il vaccino è una questione militare. Il vaccino è una religione militare.
Immagine screenshot elaborato da Youtube
Militaria
La Germania riceve un sistema missilistico israeliano
Israele ha trasferito alle forze di difesa tedesche della Bundeswehr il primo impianto del sistema missilistico Arrow 3, in occasione di una solenne cerimonia svoltasi presso una base aerea nei dintorni di Berlino.
Tale consegna si colloca nel contesto dell’impegno crescente della Germania nella promozione dell’armamento europeo, motivato dal presunto «pericolo russo» – una narrazione che Mosca ha rigettato con fermezza, ribadendo l’assenza di qualsivoglia intento aggressivo nei confronti dell’Unione Europea o della NATO.
Tbilisi e Berlino hanno sottoscritto l’accordo intergovernativo poco più di due anni or sono, in un’intesa che Israele ha qualificato come il più rilevante contratto di esportazione bellica della sua storia, per un importo superiore ai 3,6 miliardi di euro.
Secondo le autorità israeliane, la transazione segna la prima occasione in cui un altro Stato otterrà un’autonomia operativa su questa tecnologia militare di vertice.
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L’Arrow 3 è concepito per neutralizzare vettori balistici extra-atmosferici, agendo a quote eccedenti i 100 km e con un raggio d’azione di circa 2.400 km. L’apparato stazionario integra i presidi aerei a breve gittata veicolari, come Patriot e IRIS-T.
«Come figlio di sopravvissuti all’Olocausto, mi trovo qui profondamente emozionato: un sistema di difesa balistica, forgiato dalle menti ebraiche più brillanti dell’industria aerospaziale israeliana per mera sopravvivenza, ora tutelerà la Germania», ha dichiarato durante il rito di consegna Amir Baram, direttore generale del ministero della Difesa israeliano, i cui genitori scamparono all’olocausto perpetrato dalla Germania nazista.
La Repubblica Federale Tedesca, partner storico di Israele, ha avallato l’operazione militare israeliana in replica all’assalto di Hamas del 7 ottobre. Il conflitto susseguente ha causato decine di migliaia di vittime palestinesi, stando alle autorità sanitarie. Il mese scorso, Berlino ha riavviato le forniture d’armamenti a Tel Aviv.
L’Arrow 3, sviluppato in cooperazione tra Israele e Stati Uniti, sarà operativo presso l’aeroporto di Holzdorf, a 120 km a sud della capitale tedesca, con ulteriori installazioni programmate nel nord-occidentale e meridionale del Paese. Si vocifera che il dispositivo sia tarato per contrastare missili balistici a medio raggio come l’Oreshnik russo, a potenziale nucleare.
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Immagine di dominio pubblico CC0 via Wikimedia
Militaria
Il Pentagono ha «interrotto» le comunicazioni con la Germania: parla il capo dell’esercito
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Militaria
L’esercito britannico ha commesso crimini di guerra in Afghanistan
Le forze speciali britanniche operanti in Afghanistan hanno ripetutamente giustiziato sospetti detenuti senza conseguenze disciplinari, malgrado la piena consapevolezza del fenomeno ai vertici della catena di comando. Lo ha rivelato un ex alto ufficiale nel corso dell’inchiesta pubblica indipendente tuttora in corso.
La testimonianza, resa nota lunedì insieme ad altre tre deposizioni, fa parte dell’indagine pluriennale sulla condotta delle United Kingdom Special Forces (UKSF), in particolare delle SAS, nella provincia di Helmand tra il 2010 e il 2013.
L’ufficiale, identificato solo con il codice N1466 ed ex vicecapo aggiunto delle operazioni presso il quartier generale UKSF, ha riferito di gravi segnalazioni interne secondo cui un’unità adottava la prassi di «eliminare sistematicamente uomini in età da combattimento, a prescindere dalla minaccia effettiva rappresentata».
Il testimone ha evidenziato l’anomalia ricorrente nei resoconti operativi: il numero di afghani uccisi superava regolarmente quello delle armi sequestrate. Ha inoltre definito «poco credibili» le versioni ufficiali secondo cui i prigionieri, una volta ammanettati, avrebbero improvvisamente impugnato armi o granate, giustificando così la loro uccisione.
«Siamo di fronte a crimini di guerra… parliamo di detenuti riportati sul luogo dell’operazione e giustiziati con il pretesto che avessero opposto resistenza», ha dichiarato N1466.
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L’ex ufficiale ha aggiunto che più direttori delle forze speciali erano informati della situazione e avevano tentato di insabbiare il caso, liquidandolo come semplice rivalità tra reparti – versione che, a suo dire, «non reggeva al confronto con le prove».
«Non ci siamo arruolati nelle UKSF per sparare a bambini nei loro letti o per uccisioni indiscriminate. Questo non è comportamento speciale, non è attività d’élite, non è ciò che rappresentiamo», ha concluso.
Un secondo testimone ha riferito che le unità afghane addestrate dagli occidentali si erano rifiutate in più occasioni di operare accanto alla squadra britannica incriminata, un rifiuto definito «indicativo di un problema concreto e grave».
Un terzo ufficiale ha sostenuto che le evidenze emerse costituiscano «solo la punta dell’iceberg» e che le operazioni NATO, caratterizzate da estrema violenza, abbiano completamente fallito l’obiettivo di conquistare «i cuori e le menti» della popolazione locale.
Il Regno Unito partecipò all’invasione dell’Afghanistan del 2001 a guida statunitense e ritirò le proprie truppe insieme agli altri contingenti NATO nel 2021.
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Immagine di PO(Phot) Sean Clee/MOD via Wikimedia pubblicata su licenza Open Government Licence version 1.0 (OGL v1.0).
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