Economia
La Siemens non venderà più turbine eoliche?
Il quotidiano economico tedesco Handelsblatt ha pubblicato il 17 settembre un articolo secondo cui la divisione di energia eolica di Siemens Energy, Siemens Gamesa, che è uno dei maggiori produttori mondiali di turbine eoliche per parchi offshore, avrebbe smesso di venderle e di accettarne ordini.
Siemens Energy ha smentito l’articolo in una dichiarazione al sito web Recharge, affermando che «la nostra priorità assoluta è rivedere [sistemare] i sistemi interessati nei progetti esistenti dei clienti».
Come riportato da Renovatio 21, i problemi alle turbine eoliche prodotte da Siemens hanno causato il crollo delle azioni di Siemens Energy negli ultimi mesi.
Come riportato da Renovatio 21, la Germania ha rinunciato catastroficamente al nucleare nell’era Merkel, affidandosi alle rinnovabili che non solo hanno disatteso le aspettative, ma hanno addirittura fatto riaprire le centrali a carbone.
Nella società tedesca, tuttavia, affioravano segni di pentimento ancora prima della distruzione del gasdotto Nord Stream: scienziati, normali cittadini e pure qualche ministro rivogliono l’atomo inibito dalla cancelliera, fautrice dei multiplo disastri ora slatentizzatisi in Europa.
Come riportato da Renovatio 21, gli anni di politiche folli della Germania merkeliana hanno prodotto disastri grotteschi: non c’è abbastanza vento per le pale eoliche ed è tornata ad far funzionare centrali a carbone, una risorsa che la Germania, alla pari del gas, importava dalla Russia.
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La regressione tedesca è stata tale che ad un certo punto, scrisse un’analisi Deutsche Bank, si era cominciato a parlare nel Paese della fornitura di legna da ardere per passare l’inverno.
Le pale eoliche, che oltre che parte dell’agenda climatica costituiscono per alcuni amministrazioni un vero e proprio culto, hanno dato problemi anche in Texas, Paese che di conseguenza ha subito negli anni scorsi blackout e morti per il freddo.
Secondo un documento recentemente pubblicato da Wade Allison, matematico e fisico dell’Università di Oxford, ricercatore al CERN e membro del Keble College professore emerito, l’eolico «fallisce su ogni aspetto».
Sull’origine della transizione ecologica la parlamentare di Alternative fuer Deutschland Beatrix von Storch ha dato interessanti ragguagli al Bundestag, spiegando bene «il business delle pompe di calore».
«L’azienda statunitense Carrier Global acquista il produttore tedesco di WP Viessmann per 12 miliardi di dollari. Chi possiede Carrier Global? L’86% è detenuto da investitori istituzionali. Ciò significa l’industria finanziaria statunitense, BlackRock, Vanguard, American Star e Capital Group» ha rivelato la deputata di AfD.
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Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Economia
La BCE respinge il ladrocinio dei fondi russi congelati proposto dalla Von der Leyen
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