Politica
La moglie di Blair sarà l’avvocato di un oligarca russo: caso da 16 miliardi di dollari

Cherie Blair, moglie dell’ex primo ministro britannico Tony Blair, sta rappresentando il miliardario russo sanzionato Mikhail Fridman nella sua battaglia legale con il Lussemburgo sui beni congelati, riporta Vedomosti.
Blair sta agendo per conto dell’imprenditore in una causa intentata contro la decisione dello Stato di congelare i suoi beni in seguito alle sanzioni dell’UE nei suoi confronti, ha riferito il quotidiano russo citando documenti legali.
Il fondatore di Alfa Group, uno dei più grandi consorzi di investimento privati della Russia, ha intentato martedì una causa arbitrale internazionale contro il Lussemburgo chiedendo quasi 15 miliardi di euro di risarcimento. Ha affermato di aver subito perdite permanenti dopo che il Lussemburgo ha implementato le sanzioni «false e infondate» dell’UE nei suoi confronti.
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Secondo il miliardario, l’introduzione delle sanzioni nei suoi confronti è dovuta esclusivamente alla sua cittadinanza russa e al suo successo imprenditoriale; ha condannato la mossa come una «grave ingiustizia» e una violazione del diritto internazionale.
Nella causa, Fridman avrebbe sostenuto che le azioni del Lussemburgo violavano un trattato del 1989 firmato tra l’Unione Sovietica e il Belgio, che protegge i beni degli investitori da espropriazioni, nazionalizzazioni o «qualsiasi altra misura con effetti simili».
Il 60enne è stato sanzionato dal Regno Unito, dall’UE e dal Canada nel 2022 e dagli Stati Uniti nel 2023. Ha intentato con successo una causa contro l’UE per la sua inclusione nell’elenco delle sanzioni ed è stato rimosso da essa ad aprile.
L’imprenditore miliardario ha la cittadinanza russa e israeliana e aveva vissuto a Londra prima di trasferirsi in Israele all’inizio di ottobre.
Il Fridman, che nel 2003 è stato fotografato con l’allora Primo Ministro Tony Blair mentre firmava un accordo con il gigante dell’energia BP, ha descritto la vita in Gran Bretagna sotto sanzioni come «impossibile», sostenendo che le autorità britanniche si sono rifiutate di consentirgli di pagare la manutenzione della sua villa di Londra e gli stipendi del suo staff.
L’imprenditore è arrivato in Israele solo pochi giorni prima che il gruppo militante Hamas lanciasse il suo attacco a sorpresa del 7 ottobre contro il paese. Fridman è poi fuggito a Mosca, dicendo a Bloomberg che aveva intenzione di «tornare in Israele e viverci permanentemente» una volta che la situazione si fosse calmata.
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L’ex premier britannico aveva tentato di occuparsi negli ultimi anni della questioni israelo-palestinese. Quando era primo ministro si ricordano dure critiche all’esercito israeliano, che paragonò, come termine spregiativo, a quello della Russia – Paese con cui ora si augura una guerra, anche nucleare se necessario. Negli ultimi tempi Blair, ancora fortemente contestato in patria per la guerra in Iraq, si è dedicato alacremente al tema di microchip, ID digitale, passaporto vaccinale ed altre forme di sorveglianza globale. Si era ventilato, ad un certo punto, che il Blair potesse prendere il posto di Klaus Schwab come capo del World Economic Forum.
Una leggenda metropolitana vuole che Cherie Blair, nata Booth, sia discedente dell’attentatore del presidente statunitense Abramo Lincoln, l’attore John Wilkes Booth (1838-1865), che assassinò il presidente americano in un teatro gridando le parole latine «sic semper tyrannis». Tale genealogia è stata però smentita.
Il più enigmatico ritratto di Cherie – cattolica che avrebbe convertito il marito padre dei suoi quattro figli – potrebbe venire da un’opera di finzione, il romanzo Il ghostwriter (2007) di Robert Harris, divenuto poi un thriller cinematografico diretto da Roman Polansky con il titolo di L’uomo nell’ombra (2010).
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Politica
Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro giapponese ha annunciato ieri le dimissioni dopo settimane di tensioni con i membri del Partito Liberaldemocratico, in difficoltà di fronte alla perdita di consenso tra gli elettori conservatori. Diversi candidati si sono già fatti avanti segnalando la volontà di succedere a Ishiba nella presidenza del partito, ma resta il nodo della guida del governo senza la maggioranza in parlamento.
A meno di un anno dal suo insediamento, il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba ha annunciato ieri le dimissioni, aprendo una nuova fase di incertezza politica. La decisione è una conseguenza delle crescenti pressioni all’interno del suo stesso partito, il Partito Liberaldemocratico (LDP), che alle ultime elezioni ha subito significative sconfitte, arrivando a perdere la maggioranza in entrambe le Camere.
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Ishiba si è assunto la responsabilità per i pessimi risultati dell’LDP alle elezioni della Camera dei Consiglieri a luglio e ha sottolineato che le sue dimissioni servono a prevenire un’ulteriore spaccatura all’interno del partito. Già a luglio, il quotidiano giapponese Mainichi aveva per primo riportato che Ishiba si sarebbe dimesso, basandosi su informazioni raccolte tra il premier e i suoi più stretti collaboratori.
Le prime indiscrezioni indicavano che i preparativi per la corsa alla presidenza dell’LDP sarebbero iniziati entro agosto. Ishiba, tuttavia, aveva pubblicamente smentito queste notizie e nelle sue affermazioni aveva sottolineato l’importanza di portare a termine le trattative sui dazi con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che aveva imposto il primo agosto come scadenza ultima.
Nel suo discorso di ieri, Ishiba ha spiegato che l’annuncio delle dimissioni a luglio avrebbe indebolito la posizione del Giappone: «chi negozierebbe seriamente con un governo che dice “ci dimettiamo”?», ha detto.
Ishiba ha poi cercato di placare le pressioni interne all’LDP minacciando di sciogliere la Camera dei Rappresentanti e indire elezioni anticipate, una mossa che ha esacerbato le divisioni e spinto il principale partner di coalizione, il partito Komeito, a ritenere inaccettabile la decisione. Secondo l’agenzia di stampa Kyodo, l’ex primo ministro Yoshihide Suga e il ministro dell’Agricoltura Shinjiro Koizumi entrambi tenuto colloqui con il premier sabato, evitando una scissione all’interno del partito e aprendo la strada all’annuncio delle dimissioni di ieri.
Ora l’attenzione si sposta sulla scelta del prossimo leader dell’LDP, che potrebbe assumere anche la carica di primo ministro se ci fosse una qualche forma di sostegno o di accordo anche con le opposizioni. Tra i principali contendenti ci sono membri del partito che avevano già sfidato Ishiba in passato, tra cui Sanae Takaichi, ex ministra per la sicurezza economica, che ha ricevuto il 23% dei consensi in un recente sondaggio di Nikkei. Takaichi fa parte dell’ala conservatrice e ha una forte base di sostegno tra i fedelissimi dell’ex primo ministro Shinzo Abe, di cui è considerata l’erede, soprattutto per quanto riguarda le politiche economiche, che potrebbero favorire una ripresa dei mercati azionari. Takaichi ha inoltre la reputazione di andare d’accordo con il presidente Donald Trump.
Anche Shinjiro Koizumi, attuale ministro dell’Agricoltura e figlio dell’ex leader Junichiro Koizumi, è un altro papabile candidato, dopo essere riuscito ad abbassare i prezzi del riso appena entrato in carica. Il sondaggio di Nikkei ha registrato un 22% dei consensi nei suoi confronti.
Altri membri del partito hanno segnalato la volontà di candidarsi, tra cui Yoshimasa Hayashi, attuale segretario capo del Gabinetto e portavoce principale del governo Ishiba, che si è classificato quarto nella corsa per la leadership del partito del 2024. Tra gli altri contendenti figurano Takayuki Kobayashi, un altro ex ministro per la sicurezza economica che gode di un maggiore sostegno all’interno dell’ala centrista, e Toshimitsu Motegi, ex segretario generale dell’LDP e il più anziano tra i candidati con i suoi 69 anni.
L’LDP oggi si trova in una posizione di forte debolezza. Molti elettori conservatori alle ultime elezioni hanno preferito il partito di estrema destra Sanseito anche a causa dell’allontanamento di Ishiba dall’ala conservatrice.
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Secondo un sondaggio di Kyodo, condotto prima che fossero riportate le dimissioni di Ishiba, l’83% degli intervistati ha dichiarato che un chiarimento pubblico del partito sulle ultime sconfitte non avrebbe comunque aumentato la fiducia degli elettori. È chiaro, quindi, che il compito del prossimo presidente di partito sarà quello di ripristinare la credibilità del centrodestra.
Chiunque verrà scelto si troverà davanti a un’importante decisione: se indire elezioni anticipate per cercare di riconquistare la maggioranza alla Camera bassa o rischiare di perdere il potere del tutto. Quest’ultima scelta rischierebbe di aprire una nuova fase di instabilità politica senza precedenti, che richiederebbe la ricerca di sostegno anche tra i partiti dell’opposizione per approvare le leggi e i bilanci.
Secondo diversi commentatori, il prossimo leader dovrà prima di tutto godere di una genuina popolarità sia all’interno che all’esterno del partito per affrontare sfide come l’invecchiamento della società, la forza lavoro in calo, l’inflazione e i timori che gli Stati Uniti possano abbandonare il loro ruolo di garanti della sicurezza nella regione asiatica.
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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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