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La «Dignitas infinita» promuove una dignità non ben definita

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L’8 aprile 2024 il Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF) ha pubblicato la Dichiarazione Dignitas infinita sulla dignità umana, approvata da Papa Francesco il 25 marzo.

 

La prima parte del documento presenta la «progressiva consapevolezza della centralità della dignità umana». La seconda parte afferma che «la Chiesa annuncia, promuove e garantisce la dignità umana». La terza parte considera la dignità come «fondamento dei diritti e dei doveri umani».

 

Infine, l’ultima parte denuncia «alcune gravi violazioni della dignità umana»: teoria di genere, cambiamento di sesso, maternità surrogata, aborto, eutanasia e suicidio assistito…

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Una nozione squilibrata della dignità umana

Purtroppo, come rileva il sito della Fraternità San Pio X, FSSPX.Attualità del 10 aprile: «la dichiarazione riprende, e la aggrava, la nozione disallineata o squilibrata della dignità umana che era al centro del Concilio Vaticano II, affermata nella Dichiarazione sulla libertà religiosa (Dignitatis humanae)».

 

«Il Concilio ha parlato della dignità posseduta da “tutti gli uomini, perché sono persone, cioè dotati di ragione e di libera volontà”, dignità chiamata “ontologica”. Su questa dignità ontologica il Concilio ha fondato la libertà religiosa, che porta a una relativizzazione della fede cattolica riconoscendo un “diritto all’errore” in materia religiosa. Diritto “negativo”, ma pur sempre legge».

 

FSSPX.Attualità rileva «l’aggravamento di questa dottrina con l’uso del termine “infinito” associato alla dignità ontologica, che non è più nemmeno una deviazione, ma un’aberrazione. Solo Dio è infinito».

 

E ricorda: «l’anima umana, creata direttamente da Dio, è da Lui unita ad un corpo: esercita quindi un duplice ruolo. Essa conferisce innanzitutto la natura umana all’individuo creato, che è quindi persona, secondo la celebre definizione di Boezio, citata nella nota 17 del documento. L’anima è così la fonte della dignità ontologica, che è dunque la stessa per tutti gli esseri umani».

 

«In secondo luogo, l’anima è il principio dell’azione umana attraverso le sue facoltà: intelligenza e volontà. Questa azione costituisce l’ambito morale. Quando gli atti umani ci permettono di far fiorire la nostra umanità, indirizzandoci verso il nostro fine che è Dio, si caratterizzano come “buoni”. Quando, al contrario, ce ne allontanano, questi sono atti “cattivi”».

 

«La dignità morale della persona dipende quindi dal suo agire: l’uomo che fa il bene per raggiungere il suo fine ultimo ha una dignità tanto maggiore quanto più ricerca questo fine. Ma chi si allontana dal suo fine e fa il male cade da questa dignità: se ne spoglia».

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Una visione naturalista dell’uomo

In uno studio pubblicato in due parti su Réinformation.tv, l’8 e il 9 aprile, Jeanne Smits denuncia «una visione naturalista dell’uomo», contenuta nel documento romano.

 

Così, scrive, «la Dignitas infinita, ignorando deliberatamente la natura ferita dell’uomo, basando tutto sul valore della persona, eliminando il bisogno della grazia, nonostante alcune affermazioni contrarie, si colloca generalmente nella sfera dell’utopia orizzontale. Ma questa dichiarazione piacerà senza dubbio a coloro che vi troveranno la condanna di certi eccessi dei tempi».

 

Più avanti, il giornalista francese cita padre Victor Berto, lui stesso citato da padre Bertrand Labouche nel bollettino del convento di Nantes, L’Hermine (n°46, giugno-luglio 2015). Il teologo privato di mons. Marcel Lefebvre al Concilio Vaticano II scrisse sulla Dignitatis humanæ, all’epoca ancora sotto forma di schema:

 

«La dignità umana adeguatamente considerata richiede che si tenga conto dei suoi atti. L’ignorante e l’uomo colto non hanno la stessa dignità; e soprattutto, la dignità non è uguale in chi aderisce alla verità e in chi aderisce all’errore, in chi vuole il bene e in chi vuole il male».

 

«I redattori, che hanno costruito tutto il loro schema su una nozione inadeguata della dignità della persona umana, hanno già presentato con questo un’opera deformata e di straordinaria irrealtà; infatti, che ci piaccia o no, esistono, tra le persone umane adeguatamente considerate, immense differenze di dignità».

 

«E questo è tanto più vero per quanto riguarda lo schema sulla libertà religiosa; perché evidentemente la libertà religiosa si adatta alla persona non secondo la sua dignità radicale, ma secondo la sua dignità operativa, e quindi la libertà non può essere la stessa nel bambino e nell’adulto, nello stolto e nella mente penetrante, nell’ignorante e nell’uomo colto, in uno posseduto del demonio e in quelli ispirati dallo Spirito Santo, etc.»

 

«Ora questa dignità, che chiamiamo operativa, non appartiene all’essere fisico, ma riguarda, è ovvio, l’ordine intenzionale. La negligenza di questo elemento intenzionale, cioè la scienza e la virtù, è nello schema un errore molto grave».

 

In Lo hanno detronizzato, Mons. Lefebvre afferma della dichiarazione conciliare Dignitatis humanæ: «la dignità umana radicale è sì quella di una natura intelligente, capace quindi di scelta personale, ma la sua dignità terminale consiste nell’aderire “in atto” alla verità e al bene».

 

«È questa dignità terminale che merita a ogni persona la libertà morale (la capacità di agire) e la libertà (la capacità di non essere impedito di agire). Ma nella misura in cui l’uomo aderisce all’errore o si lega al male, perde la sua dignità terminale o non la raggiunge, e su di essa non si può fondare nulla! […]»

 

«Parlando delle false libertà moderne, Leone XIII scrive nell’Immortale Dei: “se l’intelligenza aderisce a false idee, se la volontà sceglie il male e ad esso si lega, nessuna delle due raggiunge la perfezione, entrambe cadono dalla loro originaria dignità e si corrompono”».

 

Jeanne Smits conclude il suo studio in questi termini: «basando tutto sulla “dignità infinita dell’uomo”, essendo creato e quindi dipendente da Dio, che solo possiede dignità infinita, la dichiarazione (romana) ipertrofizza il creato in relazione al Creatore; il culto e il servizio a Lui dovuti passano in secondo piano, impantanati da qualche parte nella palude della “libertà religiosa”».

 

«[Dignitas infinita] Esalta l’uomo al punto da facilitarne il culto, in attesa che il giusto stupore di fronte alla creazione conduca questo pensiero all’oblio di Dio e al panteismo, una spiritualità globale che già si delinea in modo sempre più preciso. In ogni caso essa non li contraddice, omettendo di ricordare che senza la grazia, l’uomo nella sua condizione decaduta è in uno stato di sottomissione al male».

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Dignitas infinita e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite

In modo meno teologico e più politico, il blog argentino The Wanderer dell’11 aprile rileva un’altra incongruenza nella Dignitas infinita, vale a dire «l’insistenza nel collegare la dignità dell’uomo alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. Infatti, questo documento delle Nazioni Unite è menzionato 26 volte».

 

«La tesi del cardinale Fernández è che se la questione della dignità umana è sempre stata difesa dalla Chiesa, è proprio con la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo che essa raggiunge il suo splendore […]»

 

«Si scopre quindi che una dichiarazione costituzionalmente atea, come la Dichiarazione dei diritti dell’uomo, che non menziona mai Dio, e alla quale la Chiesa ha ufficialmente resistito, diventa con il nuovo pontificato di Francesco la pietra angolare di una parte importante del suo magistero […]»

 

«Dice il documento romano: “in tal orizzonte, la sua enciclica Fratelli tutti costituisce già una sorta di Magna Charta dei compiti odierni volti a salvaguardare e promuovere la dignità umana’ (n. 6). Dimenticato il De opificio hominis di san Gregorio di Nissa, e l’Agnosce, o christiane, dignitatem tuam della predica della Natività di san Leone Magno».

 

«La Magna Charta sulla dignità dell’uomo non è data dai Padri e dalla Tradizione della Chiesa, ma da… Fratelli tutti di Papa Bergoglio! Sembra uno scherzo». Scherzo sinistro.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Papa Leone XIV convocherà un concistoro straordinario di cardinali a gennaio

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Papa Leone XIV terrà il primo concistoro straordinario dei cardinali del suo pontificato a gennaio.   Secondo un articolo del National Catholic Register (NCR) che, non è ancora stato confermato dalla Santa Sede, dal 7 all’8 gennaio 2026 tutti i cardinali si riuniranno a Roma per un concistoro straordinario, un incontro speciale per discutere questioni chiave che riguardano la Chiesa.   «Il Santo Padre Leone XIV ha in mente di convocare un Concistoro Straordinario per i giorni 7 e 8 gennaio 2026», si legge in un breve inviato ai cardinali. «A tempo debito, il Decano del Collegio Cardinalizio invierà a Vostra Eminenza la relativa lettera con ulteriori dettagli».   Il predecessore di Leone XIII, Papa Francesco, tenne solo due concistori durante i suoi 12 anni di pontificato. Il primo, nel 2014, fu convocato per discutere di famiglia in vista del Sinodo sulla famiglia, che si sarebbe tenuto più avanti nello stesso anno. Durante quel concistoro, il cardinale Walter Kasper pronunciò il suo famigerato discorso in cui suggerì che, in determinati casi, si dovesse prevedere un percorso per i cattolici divorziati e «risposati» per ricevere i sacramenti.

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Diversi cardinali conservatori, come il cardinale Gerardo Müller, allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, avevano subito denunziato il discorso di Kasper, sottolineando che la comunione ai divorziati «risposati» è impossibile e minerebbe l’istituzione del matrimonio.   «Il dogma della Chiesa non è una qualsiasi teoria elaborata da qualche teologo, ma è la dottrina della Chiesa, nientemeno che la parola di Gesù Cristo, che è chiarissima. Non posso cambiare la dottrina della Chiesa», ha affermato il presule tedesco.   Ciononostante, si dice che il discorso di Kasper abbia gettato le basi per l’esortazione apostolica di Francesco del 2016 Amoris Laetitia, in cui il defunto pontefice lasciava intendere che i cattolici divorziati e «risposati» civilmente potrebbero essere in grado di ricevere la Santa Comunione in determinati casi.   Bergoglio non tenne un altro concistoro straordinario fino al 2022, incentrato esclusivamente sulle riforme della Curia romana e sul governo della Chiesa, scrive LifeSite.   Papa Benedetto XVI non tenne alcun concistoro straordinario durante il suo pontificato durato otto anni, mentre Papa Giovanni Paolo II ne convocò sei durante il suo pontificato durato quasi trent’anni.  

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Due omaggi a mons. Lefebvre negli USA

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Due articoli recenti, pubblicati sul sito web americano The Remnant, rendono omaggio a mons. Marcel Lefebvre. Il primo, pubblicato il 23 luglio 2025 da Robert Morrison, è un elogio diretto ed enfatico intitolato: «la Santa Saggezza di mons. Marcel Lefebvre sulla crisi della Chiesa cattolica».

 

Degli scritti più veri oggi di quando furono pubblicati per la prima volta.

 

L’autore sottolinea giustamente: «mons. Lefebvre ha diagnosticato accuratamente la vera fonte di confusione nel suo libro del 1985, Lettera aperta ai cattolici perplessi», da cui cita ampiamente dei passaggi, tra cui: «che i cattolici di questa fine del XX secolo siano perplessi, chi può negarlo? (…)»

 

«Siamo quindi portati a chiederci cosa abbia causato un simile stato di cose. Ogni effetto ha una causa. È forse la fede degli uomini che è diminuita, a causa di un’eclissi di generosità di spirito, di un desiderio di piacere, di un’attrazione per i piaceri della vita e delle numerose distrazioni offerte dal mondo moderno?»

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«Queste non sono le vere ragioni; sono sempre esistite, in un modo o nell’altro. Piuttosto, il rapido declino della pratica religiosa deriva dal nuovo spirito che è entrato nella Chiesa e ha gettato sospetti su un intero passato di vita ecclesiastica, di insegnamento e di principi di vita». (Lettera aperta ai cattolici perplessi, pp. 7-8, edizione Clovis 2016)

 

Robert Morrison riconosce prontamente: «le seguenti citazioni di mons. Lefebvre risuonano più autenticamente oggi di quando le scrisse decenni fa, e illuminano il cammino per rimanere fedeli cattolici».

 

A riprova, cita questo passaggio sulla fonte persistente della crisi, che è l’unione adultera tra Chiesa e Rivoluzione, ponendo verità ed errore sullo stesso piano: «l’unione adultera tra Chiesa e Rivoluzione», scrive mons. Lefebvre, «si concretizza attraverso il dialogo. Nostro Signore ha detto: “Andate, insegnate alle nazioni, convertitele”, ma non ha detto: ‘Dialogate con loro senza cercare di convertirle”».

 

«Errore e verità sono incompatibili; dialogare con l’errore significa mettere Dio e il diavolo sullo stesso piano. Questo è ciò che i papi hanno sempre ripetuto, e che i cristiani hanno prontamente compreso, perché è anche una questione di buon senso. Per imporre un atteggiamento e dei riflessi diversi, era necessario agire sulle menti, in modo da rendere modernisti i chierici chiamati a diffondere la nuova dottrina».

 

«Questo è ciò che si chiama riciclaggio, un processo di condizionamento volto a rimodellare lo strumento stesso che Dio ha dato all’uomo per condurre il suo giudizio». (Lettera aperta ai cattolici perplessi, p. 141, edizione Clovis 2016)

 

E Robert Morrison traccia la strada tracciata di mons. Lefebvre ai sacerdoti e ai fedeli legati alla Tradizione bimillenaria: «quanto a me, non mi rassegnerò; non mi accontento di restare inerte a guardare l’agonia di mia Madre, la Santa Chiesa. […] Se così fosse, capirete che, nonostante tutto, non sono pessimista».

 

«La Beata Vergine sarà vittoriosa. Trionferà sulla grande apostasia, frutto del liberalismo. Un motivo in più per non girarci i pollici! Dobbiamo lottare più che mai per il Regno Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo. In questa battaglia non siamo soli: abbiamo con noi tutti i papi fino a Pio XII compreso».

 

«Tutti hanno combattuto contro il liberalismo per liberare la Chiesa da esso. Dio non ha permesso loro di avere successo, ma questa non è una ragione per deporre le armi! Dobbiamo perseverare. Dobbiamo costruire, mentre altri demoliscono». (Lo hanno detronizzato, pp. 280-281, edizione Clovis 2008)

 

E Robert Morrison conclude: «comprendere questa santa saggezza di mons. Lefebvre non fa scomparire la crisi, ma ci aiuta a servire Dio senza sentirci ‘persi e confusi’ di fronte a ciò che vediamo da Roma. Questo è forse il motivo per cui coloro che cercano di perpetuare la crisi nella Chiesa non cessano mai di denigrare colui che ha fatto più di chiunque altro per opporsi alla rivoluzione del Vaticano II e preservare la Messa tradizionale».

 

«Lungi dall’allontanarci dalle perspicaci opinioni di mons. Lefebvre, questa incessante persecuzione del santo difensore della fede dovrebbe far risplendere la sua saggezza più intensamente per coloro che hanno bisogno di luce nell’oscurità della crisi attuale. Cuore Immacolato di Maria, prega per noi!»

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Se lo hanno detronizzato, deve essere di nuovo posto sul trono.

Il secondo omaggio reso a mons. Lefebvre è indiretto, ma può essere applicato solo al fondatore della Fraternità San Pio X, poiché il titolo riecheggia quello di una delle sue opere più famose: Lo hanno detronizzato [orig. Ils l’ont découronné]. Contrariamente a tutto quanto pubblicato durante e dopo il Concilio Vaticano II, il suo autore, Andrew Pollard, non esita a scrivere: «Cristo Re deve essere nuovamente incoronato per salvare il mondo». Lo afferma il 18 luglio 2025, mentre mons. Lefebvre aveva pubblicato Lo hanno detronizzato nel 1987.

 

Andrew Pollard dichiara: «Il più grande disastro che si sia abbattuto sul mondo è stata la detronizzazione di Cristo Re: l’abbandono di gran parte delle persone della fede in Gesù Cristo come Re di tutti gli individui e di tutte le autorità civili. Questa ribellione di individui e governi contro Cristo Re ha portato al rifiuto delle vere credenze e all’accettazione di false idee e ideologie. Ancora più grave, ha portato alla morte del mondo».

 

Più avanti, aggiunge: «Non solo il mondo ha rifiutato Cristo Re, ma ha anche rinnegato gli insegnamenti della Santa Chiesa di Cristo – la Chiesa Cattolica – e l’ha esclusa dalla vita attiva delle nazioni – un errore grave e distruttivo. Tragicamente, nel mondo moderno, l’uomo si è incoronato al posto di Gesù Cristo. Lo “Stato-Dio” e l'”Uomo-Dio” hanno sostituito Cristo Re e gli insegnamenti della sua Chiesa con false idee secolari. I risultati sono spaventosi. Gli esseri umani stanno distruggendo i loro paesi e le loro civiltà».

 

Tutto questo perché «il mondo ha rifiutato l’insegnamento di Cristo secondo cui ‘ogni potere in cielo e in terra mi è stato dato’. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,18-20).

 

Andrew Pollard sottolinea la responsabilità della Chiesa – in questo caso, la sua complicità – in questa detronizzazione a partire dal Concilio Vaticano II: «Cristo Re è stato detronizzato da una parte della Chiesa cattolica stessa, che ha ampiamente voltato le spalle alla dottrina cattolica tradizionale di Cristo Re. In alcune parti della Chiesa cattolica, l’insegnamento del Regno Sociale di Gesù Cristo è stato persino bandito».

 

Prosegue spiegando: «Pio XI istituì la festa di Cristo Re, celebrata l’ultima domenica di ottobre. Eppure, nel 1969, meno di cinquant’anni dopo la promulgazione di Quas Primas, Papa Paolo VI sostituì la festa di Cristo Re con una solennità intitolata “Gesù Cristo Re dell’Universo”, celebrata alla fine dell’anno liturgico della Chiesa, verso la fine di novembre».

 

Paolo VI sostituì anche molte preghiere e inni della Messa originale di Cristo Re e del breviario. In precedenza, queste preghiere si concentravano sul qui e ora [hic et nunc]; ma nella nuova solennità, l’enfasi è sulla fine dei tempi.

 

Andrew Pollard torna sulla colpevolezza dei poteri civili: «la maggior parte dei governi del mondo odierno ha rifiutato la regalità sociale di Gesù Cristo, nonostante le parole di Papa Pio XI in Quas Primas: ‘Sarebbe un grave errore negare a Cristo Uomo la sovranità sulle cose temporali, qualunque esse siano. […] I capi di Stato non possono quindi rifiutarsi di rendere – in nome proprio e con tutto il loro popolo – pubblico omaggio, rispetto e sottomissione alla sovranità di Cristo». E mostra le conseguenze disastrose di questa detronizzazione per la Chiesa e per il mondo: «Papa Pio XI insegnò in Quas Primas che la detronizzazione di Cristo Re e il rifiuto degli insegnamenti della sua santa Chiesa avrebbero avuto “conseguenze deplorevoli”».

 

«Tutte le credenze, vere o false, laiche o religiose, hanno conseguenze, e coloro che rifiutano i veri insegnamenti di Cristo Re sono in conflitto con la realtà oggettiva e alla fine portano a gravi conseguenze negative, fino al crollo e alla morte di alcune delle più grandi nazioni del mondo».

 

Perché «dove Gesù Cristo non regna, disordine, morte e scomparsa delle nazioni sono inevitabili. Non possiamo rifiutare i comandamenti di Cristo e della sua Chiesa cattolica senza infliggerci gravi danni. Cristo possiede ogni potere e autorità ed esercita la supremazia assoluta sul mondo intero». In definitiva, «detronizzare Cristo Re porta inevitabilmente all’autodistruzione. Gli esseri umani si sono distaccati dalla realtà e, di conseguenza, hanno adottato ogni sorta di false credenze, religioni, illusioni e ideologie. Se le nostre credenze non sono in accordo con la verità oggettiva, ne seguiranno inevitabilmente conseguenze disastrose».

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Una questione di vita o di morte

Da qui l’unica soluzione logica: «l’unico modo per salvare i paesi un tempo cattolici dalla morte è incoronare nuovamente Cristo Re attraverso una rinascita cattolica tradizionale mondiale, o, come la descrisse Papa Pio X: ‘la restaurazione di tutte le cose in Cristo, omnia instaure in Christo’. Nei paesi a maggioranza non cattolica, Cristo deve essere incoronato dall’evangelizzazione della Chiesa cattolica’.Evangelizzare con la fede cattolica tradizionale».

Perché è necessario sottolineare: «Cristo non è solo il Re dei nostri cuori e delle nostre anime, delle nostre coscienze, delle nostre menti e delle nostre volontà, ma anche delle nostre famiglie, delle nostre città, dei nostri popoli e dei nostri paesi. Non solo gli individui, ma anche i leader di tutti i paesi sono tenuti a rendergli omaggio e obbedirgli pubblicamente».

 

Questo è l’unico rimedio realistico: «la vera religione si rivolge al mondo reale; non è una fantasia religiosa. La fede in Cristo Re non è semplicemente una pia pratica religiosa estranea alla vita quotidiana, ma una verità con conseguenze concrete e materiali. Gesù Cristo è veramente il Re del mondo, anche se non ci crediamo».

 

«Rifiutare Gesù Cristo e la sua Santa Chiesa conduce a fantasie, illusioni e peccato». Lo Stato deve riconoscere la verità del cattolicesimo, non per scelta personale, ma perché nessun altro insieme di credenze corrisponde alla realtà oggettiva.

 

Da qui questo appello missionario, sia esteriore, in tutto il mondo, sia interiore, all’interno della Chiesa: «il mondo ha urgente bisogno di una rinascita e di una rigenerazione del cattolicesimo tradizionale, così come dell’evangelizzazione del mondo non cattolico. La fede cattolica tradizionale è la linfa vitale del mondo».

 

«Negli ultimi 70 anni, gran parte del mondo ha subito quello che equivale a un grave infarto. La vera religione deve essere restaurata e diffusa in tutto il mondo per la sopravvivenza dell’umanità. Dio non ci abbandonerà, “ma coloro che lo abbandonano periranno” (Salmo 73, 27)».

 

Agli scettici liberali che dubitano della natura – non solo spirituale ma anche materiale – del pericolo affrontato da coloro che non riconoscono la necessità di riconoscere la regalità sociale di Gesù Cristo, Andrew Pollard fornisce un fatto inconfutabile: il suicidio demografico delle nazioni che un tempo erano cristiane e di quelle che la Chiesa si rifiuta di evangelizzare oggi, in nome della libertà religiosa, dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso.

 

Scrive in modo inequivocabile: «Gesù Cristo deve regnare, altrimenti i paesi moriranno. Il Giappone è la quarta economia mondiale, ma la sua popolazione sta crollando a causa di un tasso di natalità molto basso, ben al di sotto del livello di sostituzione, e di oltre un milione di aborti all’anno». Chi ha orecchie, ascolti… senza indugio.

 

Lo hanno detronizzato e Lettera aperta ai cattolici perplessi sono disponibili in versione italiana sul sito delle Edizioni Piane.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Orban: l’Ungheria è un governo cristiano nell’oceano progressita UE

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L’Ungheria è l’unico Stato dell’UE guidato da un «governo cristiano moderno», ha dichiarato il primo ministro ungherese Viktor Orban durante l’incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca venerdì.   Orban è noto per la sua totale opposizione alle politiche UE, in particolare su conflitto ucraino e immigrazione, e ha accusato in passato Bruxelles di aver reso l’Unione sinonimo di debolezza e caos.   «Siamo un’isola speciale di diversità nell’oceano liberale europeo», ha detto ai giornalisti, sottolineando che il suo esecutivo adotta politiche «diverse da quelle altrui, sia a livello filosofico che pratico».   «Siamo l’unico governo in Europa che si considera un governo cristiano moderno», ha affermato Orban.  

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L’Ungheria è inoltre l’unico Stato UE che ha costantemente appoggiato gli sforzi di Trump per risolvere il conflitto in Ucraina, ha proseguito Orban, confermando la disponibilità di Budapest a ospitare un eventuale summit tra Trump e il presidente russo Vladimiro Putin.   «L’unico governo favorevole alla pace è quello degli Stati Uniti e la piccola Ungheria in Europa», ha dichiarato. Ha respinto la narrazione di un Occidente «unito» nella gestione del conflitto, attribuendo la prosecuzione delle ostilità alla linea bellicosa di Bruxelles e alla convinzione errata che Kiev potesse prevalere sul campo.   A differenza della maggior parte degli altri membri UE, l’Ungheria si è opposta con coerenza alla politica conflittuale di Bruxelles verso la Russia, invocando un approccio più diplomatico. Si è rifiutata di fornire armi a Kiev e ha contrastato la sua candidatura all’UE, avvertendo che l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione potrebbe condurre alla guerra.   A settembre Orban aveva accusato l’UE di essere diventata «un progetto di guerra» che mette a repentaglio le economie dei suoi Stati membri.

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