Spirito
La decadenza della teologia morale per Joseph Ratzinger, in occasione delle accuse
In questi giorni lo studio legale Westpfahl Spilker Wastl ha pubblicato un rapporto sugli abusi sui minori nella diocesi di Monaco-Frisinga tra il 1945 e il 2019. In questo rapporto Ratzinger, che fu arcivescovo di Monaco dal 1977 al 1981, è accusato di negligenza in quattro precisi casi. Dettagli e prove di quanto affermato non sono stati resi noti al pubblico, ma l’ex-papa ha rigettato ogni accusa in una dichiarazione scritta.
Non sta certo a noi accusare o difendere il vescovo Ratzinger, consci tuttavia della difficoltà di dare per scontata la totale attendibilità di questo tipo di «rapporti» e il loro tempismo. Nemmeno pensiamo che l’allora arcivescovo di Monaco abbia voluto essere complice di questi gravissimi mali, né possiamo giudicare la portata o la gravità della «negligenza» di cui viene accusato.
La lettera di Ratzinger del 2019: la denuncia della decadenza teologica post-conciliare
Il nostro commento qui vuole riprendere quanto il teologo bavarese affermò nella sua nota lettera dell’aprile 2019, dove cercava di esaminare le cause della decadenza morale del clero in questi ultimi decenni. Furono molti a lodare la denuncia della mondanizzazione del pensiero ecclesiastico avvenuta nel post-concilio, nella temperie sessantottina, per cui tutto diventava lecito.
Il clima di libertà sessuale, dice l’ex-papa nella sua lettera di allora, aveva fatto particolare danno tra le file del clero in quel periodo proprio perché era al tempo stesso stato rigettato il vecchio impianto della teologia morale, ma non si era ancora capito come sostituirlo.
Egli parla dei vari tentativi di sostituire il concetto di «diritto naturale» con una morale unicamente biblica o con altri sistemi, finiti nel nulla. Per fortuna però, a detta di Ratzinger, staremmo uscendo da questa nebbia teologica grazie alla nuova teologia morale elaborata sotto Giovanni Paolo II e agli interventi di Papa Francesco (sic)
Egli parla dei vari tentativi di sostituire il concetto di «diritto naturale» con una morale unicamente biblica o con altri sistemi, finiti nel nulla. Per fortuna però, a detta di Ratzinger, staremmo uscendo da questa nebbia teologica grazie alla nuova teologia morale elaborata sotto Giovanni Paolo II e agli interventi di Papa Francesco (sic). Vedremo tra poco che pensarne.
Fin qui, il vecchio teologo bavarese pone il problema in termini corretti, e sicuramente la sua analisi è una testimonianza «interna» della situazione ecclesiale del post-concilio estremamente autorevole. Il fronte conservatore e perfino quello tradizionalista possono trovarsi confermati nel loro pensiero da questi elementi di prima mano.
La decadenza della teologia ha sicuramente contribuito (pur non essendo l’unico fattore) alla crisi degli abusi.
Una nuova concezione morale sostituisce quella tradizionale
Il problema però viene nel seguito dell’analisi e nei rimedi che il vescovo-che-fu-Papa ritiene siano stati trovati per rimettere la morale in piedi.
La prima cosa che colpisce nel leggere l’analisi è quanto l’autore sembri estraneo agli eventi che racconta: eppure, parlando di crisi dottrinale, Ratzinger dovrebbe ricordare di essere stato per quasi tre decenni Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e successivamente Papa per otto anni.
La tesi fondamentale dell’emerito si può riassumere così: prima del Concilio c’era una morale di tipo giusnaturalista (sic), che si è voluto rifondare secondo le esigenze della mentalità e filosofia contemporanea. Ne è seguito un periodo di caos, con diversi tentativi abortiti (come quello di rifondare la morale unicamente sulla Santa Scrittura)
Ma le cose sorprendenti che emergono dal testo sono ben altre. La tesi fondamentale dell’emerito si può riassumere così: prima del Concilio c’era una morale di tipo giusnaturalista (sic), che si è voluto rifondare secondo le esigenze della mentalità e filosofia contemporanea. Ne è seguito un periodo di caos, con diversi tentativi abortiti (come quello di rifondare la morale unicamente sulla Santa Scrittura).
Finalmente, Giovanni Paolo II ha rifondato la morale cattolica in una prospettiva nuova con l’enciclica Veritatis splendor. Quale sia questa nuova prospettiva, Ratzinger lo aveva già detto nel libro-intervista con Seewald dal titolo menzognero Ultime conversazioni: si tratta del personalismo, che ha superato quella che già allora Ratzinger chiamava la visione «giusnaturalista» precedente, che era ancora presente (secondo lui) in Humanae vitae.
Tralasciamo il fatto che Ratzinger qualifichi la morale cattolica tradizionale di «giusnaturalismo», quasi riducendola a una scuola fra le altre, e pure tralasciamo di discutere quanto un tale termine sia appropriato.
Le affermazioni di Ratzinger fanno capire quel principio chiave del suo modernismo, per cui la rivelazione deve (ri)prendere forma a seconda del destinatario, in questo caso l’uomo moderno con le sue filosofie, pena il non essere più adeguata.
Le affermazioni di Ratzinger fanno capire quel principio chiave del suo modernismo, per cui la rivelazione deve (ri)prendere forma a seconda del destinatario, in questo caso l’uomo moderno con le sue filosofie, pena il non essere più adeguata
Sulle implicazioni e conseguenze di questo «personalismo», abbiamo spesso avuto occasione di scrivere; ci basti vedere qui quale formidabile assist Ratzinger dà a Francesco, dicendogli che Humanae vitae non è ancora aggiornata al nuovo sistema.
L’autorità morale della Chiesa messa in discussione da Ratzinger
Ratzinger poi ci spiega che in quella gravissima crisi della teologia morale del post-concilio qualcuno arrivò a dire che la Chiesa non aveva autorità magisteriale infallibile sulle questioni di costumi ma solo su quelle di fede. Come dire che la Chiesa non avrebbe autorità nel definire quali sono i comportamenti corretti.
Forse che il nostro custode della fede si senta di condannare una tale aberrante visione, direttamente contraria al Vaticano I? No. Ratzinger dice semplicemente che «in questa tesi c’è senz’altro qualcosa di giusto che merita di essere ulteriormente discusso e approfondito». Non è perfetta, certo, ma c’è qualcosa di giusto: infatti per Ratzinger si deve dire che «c’è un minimum morale che è inscindibilmente connesso con la decisione fondamentale di fede e che deve essere difeso, se non si vuole ridurre la fede a una teoria e si riconosce, al contrario, la pretesa che essa avanza rispetto alla vita concreta». Un minimum.
Il minimum di Ratzinger getta un’oscura luce sulla famosa espressione «valori non negoziabili», tanto cara ai conservatori in morale: vorrebbe sostanzialmente dire che a parte quel minimum, tutto il resto è negoziabile
Se la Chiesa può definire infallibilmente solo un minimum di morale, questo comporta che ci sono azioni umane non connesse con il fine eterno; o che ci sono situazioni in cui i princìpi non bastano, e ciascuno deve valutare secondo la propria coscienza, il che ci porta esattamente alla teologia di Papa Bergoglio in Amoris laetitia; o comunque che la morale è evolutiva, e che tranne un minimum il resto può sempre essere ridiscusso.
Il minimum di Ratzinger getta un’oscura luce sulla famosa espressione «valori non negoziabili», tanto cara ai conservatori in morale: vorrebbe sostanzialmente dire che a parte quel minimum, tutto il resto è negoziabile.
E il minimum, a quanto pare, si stabilisce volta per volta.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news
Spirito
Richiesta di preghiera per Mons. Huonder
Dal 19 marzo mons. Vitus Huonder, che risiede abitualmente presso l’istituto Sancta Maria di Wangs, è ricoverato a Coira per gravi problemi di salute.
Molto indebolito ma completamente lucido, sorridente e sereno, offre le sue sofferenze con edificazione per la Chiesa.
Il Superiore Generale della Fraternità San Pio X ha potuto fargli visita, e ogni giorno un sacerdote dell’Istituto Sancta Maria va a portargli la comunione.
Mons. Huonder è molto commosso e grato per i segni di sostegno spirituale e fraterno che riceve.
La Casa Generalizia della Fraternità San Pio X chiede delle ferventi preghiere per questa intenzione.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine da FSSPX.news
Spirito
L’anticristo si presenterà come re e papa. Meditazione di mons. Viganò per la Domenica delle Palme
Exsulta satis, filia Sion, jubila filia Jerusalem. Ecce Rex tuus venit tibi.
Za 9, 9
Le solenni celebrazioni della Settimana Santa iniziano con l’entrata trionfale di Nostro Signore in Gerusalemme, salutato come Re di Israele. La Santa Chiesa, popolo della Nuova ed Eterna Allenza, fa proprio il tributo di pubblici onori al suo Signore: Hi placuere tibi, placeat devotio nostra: Rex bone, Rex clemens, cui bona cuncta placent Tuttavia, quasi a mettere in evidenza quanto sia volubile e manipolabile la moltitudine, oggi vediamo la folla festante con rami di palme e di olivo, e pochi giorni dopo la sentiamo gridare il Crucifige e mandare a morte quello stesso Re, sul patibolo riservato agli schiavi. Non ci è dato sapere se quanti accolsero esultanti il Signore alle porte della Città Santa fossero gli stessi che si riunirono dinanzi al Pretorio e vennero sobillati dai Sommi Sacerdoti e dagli scribi del popolo; ma non è difficile supporre – anche sulla base di altri episodi analoghi nel corso della Storia – che molti fossero presenti in entrambe le circostanze, per il semplice gusto di assistere ad un evento, di seguire la massa, di «farsi un selfie» diremmo oggi. D’altra parte, non furono gli stessi Ebrei nel deserto a costruirsi un vitello d’oro, mentre Mosè riceveva sul Sinai le tavole della Legge? E quante altre volte quegli stessi Ebrei che avevano acclamato al Dio di Israele finirono con l’accogliere «ecumenicamente» i sacerdoti di Baal e contaminarsi con gli idolatri, meritando i castighi annunciati dai Profeti e pentendosi poi della loro infedeltà, per ricominciare poco dopo? Questa è la massa, cari fratelli; la massa che assiste alla moltiplicazione dei pani e dei pesci, alla guarigione dei lebbrosi, degli storpi, del servo del centurione e alla resurrezione di Lazzaro, ma poi si assiepa lungo il sentiero che porta al Golgota per insultare e sputare su Nostro Signore, o anche solo per stare a guardare, ut videret finem (Mt 26, 57): per vedere come andava a finire. Chi era assente all’entrata regale del Signore a Gerusalemme? L’autorità civile e quella religiosa, così come erano assenti i potenti alla Nascita del Salvatore in quella remota capanna di Betlemme la notte del 25 Dicembre di duemilaventiquattro anni fa. Non c’erano i Sommi Sacerdoti, né gli scribi, né Erode; i quali in realtà non erano nemmeno considerabili come vere autorità, dal momento che tanto i Sommi Sacerdoti Anna e Caifa quanto il re Erode erano saliti al potere con frodi e nomine manipolate – nihil sub sole novi – e non rappresentavano quindi il potere legittimo. In particolare Caifa non era della casa di Aronne – la tribù sacerdotale degli Ebrei – ma era stato nominato Pontefice da Valerio Grato nel 25 d.C. ed era riuscito a rimanere in carica sino al 36 d.C., quando venne deposto dal Governatore della Siria Lucio Vitellio. Nomina imperiale, dunque, e non diritto ereditario come stabilito da Dio e come fatto ininterrottamente fino all’epoca dei Maccabei (1 Mac 10, 20), quando Gionata assunse il Pontificato.Sostieni Renovatio 21
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Oligarcato
Bergoglio, Milei e il World Economic Forum di Davos
In occasione del World Economic Forum (WEF) di Davos, che si è tenuto in Svizzera dal 15 al 19 gennaio 2024, Papa Francesco ha inviato un messaggio a dir poco sorprendente. Dichiara, infatti, che questo incontro globalista «fornisce un’importante opportunità di coinvolgimento di più soggetti interessati, per esplorare modi innovativi ed efficaci per costruire un mondo migliore».
E insiste sulla «evidente necessità di un’azione politica internazionale che, attraverso l’adozione di misure coordinate, possa perseguire efficacemente gli obiettivi della pace mondiale e dello sviluppo autentico».
Come ha opportunamente sottolineato Philip Lawler sul sito web di Catholic Culture il 31 gennaio: «Il WEF di Davos sostiene gli sforzi per combattere il cambiamento climatico, per sostenere la diversità e l’inclusione e per promuovere opinioni “illuminate”».
Purtroppo, in questa occasione, il papa non ricorda la dottrina sociale della Chiesa: il salario minimo vitale, la salvaguardia delle famiglie, l’educazione alle virtù… A questo silenzio, il giornalista cattolico ha reagito energicamente: «ciò che dovrebbe sentire il WEF da parte della Chiesa cattolica non è un messaggio di sostegno, ma di sfida».
Per ironia della sorte, a Davos, questa sfida è stata lanciata dal presidente argentino Javier Milei, oppositore della Chiesa cattolica, che ha denunciato il «programma di aborto cruento» e il tentativo di frenare la crescita demografica.
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«Milei ha giustamente osservato che il WEF è caduto sotto il fascino dei marxisti che stavano conquistando il potere “appropriandosi dei media, della cultura, delle università e anche delle organizzazioni internazionali”».
Philip Lawler aggiunge: «Il Forum di Davos pretende di parlare a nome dei poveri, ma in pratica mira all’obiettivo della crescita zero della popolazione, eliminando così la povertà eliminando i poveri».
«Il WEF denuncia i consumi eccessivi, ma i suoi leader giramondo visitano resort esclusivi e cenano in ristoranti di lusso, suggerendo politiche agricole restrittive che rendono il cibo più costoso.
«Il gruppo di Davos professa rispetto per le culture indigene, ma è ovvio che la cultura cristiana tradizionale dei fondatori europei non conta». Così «la manifestazione religiosa più memorabile di questa conferenza di Davos ha avuto luogo quando una sciamana brasiliana, originaria dell’Amazzonia, Putanny Yawanawá, ha eseguito un rituale pagano per invocare il potere dei suoi “spiriti” sul lavoro della conferenza».
È vero che Francesco aveva già dato un triste esempio assistendo, nei giardini vaticani, a un culto idolatrico della dea pagana Pachamama, il 4 ottobre 2019, in occasione del sinodo sull’Amazzonia.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di World Economic Forum via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic
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