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Cina

La Cina si era inventata un biologo svizzero per confutare l’origine del COVID

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La Cina Popolare è stata beccata a raccontare un’altra goffa menzogna riguardante il fatale tema dell’origine del coronavirus.

 

Secondo il quotidiano di Hong Kong South China Morning Post, diversi siti web di giornali cinesi hanno rimosso i commenti sulla pandemia di coronavirus che erano stati «erroneamente presentati» come provenienti da un biologo svizzero che sembra non esistere, ha detto il ministero degli Esteri svizzero.

 

I commenti su stampa e social media attribuiti a un biologo inesistente identificato come Wilson Edwards raccontavano di una presunta pressione degli Stati Uniti sui ricercatori durante la pandemia.

 

I commenti su stampa e social media attribuiti a un biologo inesistente identificato come Wilson Edwards raccontavano di una presunta pressione degli Stati Uniti sui ricercatori durante la pandemia

Le autorità cinesi e i media statali hanno respinto in modo aggressivo le critiche all’estero sulla gestione dell’epidemia di COVID-19 da parte della Cina.

 

L’ambasciata svizzera a Pechino ha evidenziato i suoi sospetti sullo scienziato citato con un post ironico su Twitter: «Stiamo Cercando Wilson Edwards, presunto biologo [svizzero], citato dalla stampa e dai social media in Cina negli ultimi giorni».

 

«Se esisti, vorremmo incontrarti!» ha twittato l’ambasciata elvetica in modo poco diplomatico.

 

 

L’ambasciata svizzera: ««Se esisti, vorremmo incontrarti! Ma è più probabile che si tratti di una fake news e chiediamo alla stampa cinese e agli utenti di rimuovere i post»»

«Se esisti, vorremmo incontrarti! Ma è più probabile che si tratti di una fake news e chiediamo alla stampa cinese e agli utenti di rimuovere i post». 

 

Un messaggio inserito con il post, scritto in inglese e cinese, affermava che nessun cittadino svizzero di nome Wilson Edwards era apparso su registri o articoli accademici nel campo della biologia. Viene detto che l’account Facebook in cui sono stati pubblicati i commenti attribuiti a Wilson è stato aperto il 24 luglio.

 

L’ambasciata ha affermato che, pur apprezzando l’attenzione della Svizzera, «deve purtroppo informare il pubblico cinese che questa notizia è falsa».

 

«Mentre supponiamo che la diffusione di questa storia sia stata fatta in buona fede dai media e dagli utenti, chiediamo gentilmente che chiunque abbia pubblicato questa storia la tolga e pubblichi un corrigendum», ha affermato il post dell’ambasciata svizzera.

 

Pierre-Alain Eltschinger, portavoce del Dipartimento degli affari esteri svizzero, ha affermato che i commenti sono stati «erroneamente presentati come provenienti da un biologo svizzero».

 

«Diversi giornali cinesi da allora hanno ritirato quei commenti», ha detto in una e-mail, senza specificare altro.

 

Nel frattempo, il più grande «ente» di lotta contro le fake news – la mega-azienda media chiamata Facebook – lasciava i post che citavano l’inesistenza scienziato amico della Cina.

 

Secondo il quotidiano SCMP, un account Facebook autenticato del quotidiano cinese People’s Daily aveva ancora un riferimento in lingua inglese a un articolo della CGTN, il braccio internazionale dell’emittente statale cinese, che citava Wilson.

 

Nell’articolo della CGTN, Wilson affermava che lui e altri ricercatori avevano subito pressioni e intimidazioni dagli Stati Uniti e da alcuni media per aver sostenuto le conclusioni di uno studio congiunto della Cina e dell’Organizzazione mondiale della sanità con sede a Ginevra sulle origini di COVID-19. 

 

Non si tratta della prima falsità a base di scienziati occidentali che Pechino mette in circolo.

 

Ad inizio 2021, i media statali cinesi ripetevano che Alexander Kekulé, direttore dell’Istituto per la ricerca sulla biosicurezza di Halle in Germania, aveva svolto una ricerca che indicava l’Italia, non la Cina, come origine della pandemia.

 

Non si tratta della prima falsità a base di scienziati occidentali che Pechino mette in circolo.

Foto del dottor Kekulé sono apparse sui siti cinesi di notizie sottoscritte che dicevano: «La Cina è innocente!».

 

Come riportato dal New York Times, il dottor Kekulé, che ha ripetutamente affermato di ritenere che il virus sia emerso per la prima volta in Cina, è rimasto sorpreso. «Questa è pura propaganda», ha detto in un’intervista al quotidiano americano.

 

Le autorità cinesi hanno altre volte tentato di rilanciare l’origine della pandemia come extra-cinese dando pubblica eco alle teorie che esso potrebbe essere arrivato con il pesce congelato o la carne importati dal Sud America o perfino con il gelato.

 

Si tratta del temibile gelato gusto Coviddo, di cui Renovatio 21, al tempo, ha scritto in dettaglio.

 

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube via Flickr pubblicata su licenza Public Domain Mark 1.0 (CCO); immagine ritagliata.

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Cina

La Cina isola gli studenti delle scuole mentre aumentano i casi della nuova variante del COVID

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Le scuole in tutta la Cina stanno sospendendo le lezioni e mettendo gli studenti in quarantena, in risposta all’aumento di una nuova variante del COVID-19. Lo riferiscono diverse fonti di stampa internazionali.

 

Sono stati diramati avvisi di «quarantena domiciliare» agli studenti, che impongono loro di astenersi da scuola per sette giorni e di ottenere un certificato medico valido prima di rientrarvi. Le scuole nelle province dello Shaanxi e del Jiangsu sono state completamente chiuse.

 

Le statistiche ufficiali del regime cinese mostrano che il tasso di infezione da COVID è raddoppiato ad aprile, raggiungendo i 168.507 casi, con 340 casi gravi e nove decessi. I tassi di infezione sono più alti nel nord del Paese rispetto al Sud.

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Il governo cinese sostiene che i contagi hanno raggiunto un picco e ora stanno rallentando. La testata americana Epoch Times sostiene di avere fonti che hanno affermato che la situazione è di gran lunga peggiore di quanto suggeriscano i resoconti ufficiali e le statistiche.

 

I medici che hanno parlato con il giornale hanno affermato che sono stati colpiti soprattutto gli adulti.

 

«Le sospensioni scolastiche e le quarantene hanno accresciuto la preoccupazione pubblica che le draconiane restrizioni COVID-0 applicate dal regime dal 2020 alla fine del 2022, durante le quali le comunità sono state isolate, i test di massa sono stati obbligatori, i viaggi sono stati limitati e i residenti sono stati trasferiti con la forza nei centri di quarantena, possano tornare in vigore» scrive Epoch Times.

 

Le autorità sanitarie cinesi hanno annunciato il 23 maggio che la variante NB.1.8.1 del virus Omicron è attualmente la variante principale che si sta diffondendo nel Paese.

 

 

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Cina

Panchen Lama, il prigioniero politico rapito bambino da 30 anni in mano a Pechino

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Il 17 maggio ricorre l’anniversario del rapimento da parte delle autorità cinesi del bambino designato come reincarnazione della seconda autorità tibetana. Una storia che l’imminente novantesimo compleanno del Dalai Lama ricollega alle preoccupazioni sulle interferenze nella successione. Intanto in esilio è nata Tibet Radio, per riempire il vuoto lasciato dalla chiusura dei programmi in lingua tibetana di Radio Free Asia e Voice of America.   Ricorrono il 17 maggio i 30 anni del rapimento di Gedhun Choekyi Nyima, l’undicesimo Panchen Lama, la seconda maggiore autorità del buddhismo tibetano, fatto sparire dalle autorità cinesi insieme alla sua famiglia quando aveva appena sei anni, appena tre giorni dopo la dichiarazione con cui il Dalai Lama lo aveva riconosciuto ufficialmente come la reincarnazione di Amitabha, il Buddha della conoscenza. Al suo posto pochi mesi dopo, l’8 dicembre 1995, Pechino designò Gyaincain Norbu, il figlio di due funzionari governativi che allora aveva cinque anni, ed è stato educato nella completa adesione alle direttive del Partito comunista cinese.

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Gedhun Choekyi Nyima all’epoca fu considerato il più giovane prigioniero politico del mondo. Oggi dovrebbe avere 36 anni e la sua sorte rimane ignota. Ma l’anniversario del suo rapimento assume un significato del tutto particolare anche in vista di un’altra ricorrenza: il prossimo 6 luglio l’attuale Dalai Lama, Tenzin Gyatso, compirà 90 anni e dunque è sempre più aperta la questione della sua successione come guida spirituale e politica del popolo tibetano.   Come ha ricordato in un appello diffuso ieri Human Rights Watch, «storicamente, i due principali leader spirituali del Tibet hanno svolto ruoli chiave nel riconoscersi reciprocamente nelle loro reincarnazioni. Questo è dunque un momento opportuno affinché i Paesi buddisti, in maniera particolare, alzino la loro voce, chiedendo la liberazione del Panchen Lama».   Anche il Parlamento europeo l’8 maggio ha approvato una risoluzione sul Tibet, in cui viene espressa profonda preoccupazione riguardo alla morte in circostanze sospette dell’attivista tibetano Tulku Hungkar Dorje, avvenuta a marzo 2025 in Vietnam. Viene chiesta un’indagine immediata, indipendente e trasparente, con supervisione internazionale, accesso alle prove e ai testimoni, e il ritorno immediato delle sue spoglie.   La risoluzione, adottata durante la sessione plenaria del Parlamento a Strasburgo, si oppone anche «a qualsiasi tentativo da parte del governo cinese di interferire nella selezione dei leader spirituali buddisti tibetani», incluso il Dalai Lama. E a tale proposito richiede anche il rilascio di Gedhun Choekyi Nyima, da trent’anni insieme alla sua famiglia detenuto dal governo cinese.

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Intanto – dopo che l’amministrazione Trump dal marzo scorso ha congelato i finanziamenti statunitensi ai servizi tibetani di Voice of America e Radio Free Asia – tre ex giornalisti del servizio tibetano di Voice of America hanno co-fondato un’emittente tibetana chiamata Tibet Radio. La testata ha cominciato dall’inizio di questo mese a diffondere materiali informativi attraverso una pagina Facebook e podcast caricati su un canale YouTube.   In un’intervista con Voice of Tibet, Gesang Jinba, uno dei fondatori di Tibet Radio, ha dichiarato che, sebbene avviare un media sia una cosa difficile, il Dalai Lama ha sempre insegnato alle persone a superare le difficoltà. I tibetani continuano comunque a sperare – ha aggiunto – che Radio Free Asia e Voice of America possano riprendere a diffondere informazioni sulla predicazione del leader spirituale e sulla vita della comunità tibetana in esilio.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Immagine di Christian Fortier via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
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Cina

Preti cinesi: la nuova croce della «registrazione»

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Renovatio 21 ripubblica questo articolo di AsiaNews che ha raccolto la lettera di un sacerdote cattolico«sotterraneo» cinese. Si tratta della «questione della “registrazione ufficiale” che le autorità cinesi richiedono oggi a tutti i sacerdoti, facendosi forza anche dell’Accordo del 2018 con la Santa Sede sulla nomina dei vescovi, che pure non richiede questo adempimento. Mese dopo mese le pressioni vanno facendosi più insistenti, soprattutto in quelle province dove tuttora esistono significative comunità “sotterranee”, che in coscienza ritengono di non dover aderire all’Associazione Patriottica dei cattolici cinsi, fortemente influenzata dal controllo e dall’ideologia del Partito» scrive il sito del PIME. «In questa lettera il sacerdote spiega nel dettaglio perché la registrazione non è solo un atto formale, ma un problema molto concreto per l’esercizio del proprio ministero pastorale. E le difficoltà che una volta avvenuta comporta nella vita di un prete».

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Quando il clero sceglie di «registrarsi ufficialmente», cioè di aderire all’Associazione Patriottica dei cattolici cinesi riconosciuta dal governo e al sistema ufficiale, pur ottenendo legalmente uno «status legittimo», sul piano pastorale e della coscienza religiosa si trova ad affrontare una serie di sfide complesse.

 

1. La lacerazione e il conflitto interiore della coscienza religiosa

• Il conflitto di coscienza

La Chiesa cattolica sottolinea la «libertà della coscienza» e la «fedeltà alla fede». Entrare nell’Associazione Patriottica significa accettare la leadership di un’organizzazione messa in dubbio dalla Chiesa universale.

Per alcuni sacerdoti, la registrazione appare come una compromissione con il potere politico, generando un senso di colpa per «tradimento della fede», che si accumula nel tempo.

 

• Ambiguità nella comunione con il papa

Sebbene papa Francesco, per motivi pastorali, abbia accettato la legittimità di alcuni «vescovi registrati», l’accordo sino-vaticano non impone ai sacerdoti l’obbligo di registrazione.

Una volta registrati, alcuni sacerdoti possono essere fraintesi come «non più fedeli alla Santa Sede», generando una zona grigia nella loro identità ecclesiale.

 

2. Spazi pastorali ampliati, ma con molte limitazioni

• Celebrazioni pubbliche sotto controllo

Possono celebrare messe, predicare e amministrare sacramenti nelle chiese approvate dal governo.

Tuttavia, i contenuti delle omelie devono evitare temi sensibili come l’autorità papale, la Chiesa universale, le persecuzioni religiose e la situazione della Chiesa sotterranea.

Le chiese sono spesso dotate di telecamere, e personale governativo può assistere o addirittura intervenire durante le omelie.

 

• Libertà amministrativa limitata

Organizzare eventi, corsi di formazione, catechismo per giovani richiede un’approvazione;

Non è possibile dare vita liberamente a seminari o gruppi di formazione vocazionale;

I fedeli devono ottenere l’approvazione ufficiale per svolgere ruoli di predicazione o conferenze, limitando la collaborazione pastorale con i laici.

 

• La necessità di rinnovare continuamente le certificazioni crea stanchezza mentale nel clero.

 

 

3. Crisi di fiducia da parte della comunità dei fedeli

• Allontanamento dei fedeli sotterranei

I fedeli che da tempo seguono la fede «sotterranea» possono considerare i sacerdoti registrati come «compromessi, sconfitti»;

 

Le reti di fedeli familiari possono interrompersi, compromettendo la continuità pastorale.

 

• Reazioni complesse tra i fedeli ufficiali

Alcuni fedeli ufficiali accettano i sacerdoti registrati, ma a causa della complessa storia ecclesiale possono restare cauti nei confronti della loro identità;

Trovarsi non pienamente accettati da entrambi i lati può far sentire i sacerdoti registrati come «isolati».

 

4. Pressioni per una «nuova trasformazione» o un «auto-azzeramento»

• Continui «ripulimenti» nelle politiche attuate

La registrazione iniziale può apparire solo come un “registro”, ma successivamente il governo richiede:

partecipazione a corsi politici;

organizzazione di conferenze sui «valori fondamentali del socialismo»;

enfasi sullo slogan della «sinicizzazione della religione»;

collaborazione nella rimozione delle croci, nell’esposizione della bandiera nazionale;

«De-sacralizzazione» delle decorazioni e del linguaggio liturgico della Chiesa.

Ogni adesione a questi obblighi rappresenta una nuova «trasformazione» che può ulteriormente diluire la fede.

 

• Essere «intermediari» nella lotta tra governo e religione

Costretti a mediare tra «stabilità sociale» e «cura pastorale»;

Soggetti a domande da parte dei fedeli e ordini da parte del governo, portando a esaurimento psicofisico e ansia di fede.

 

5. Ambiguità a lungo termine nella spiritualità e nell’identità

• Crisi di identificazione interiore

Pur essendo «legalmente riconosciuti», possono sentirsi con un’«identità di fede confusa»;

Facile perdita del senso del ministero, auto-negazione, ritiro e persino insofferenza.

 

• Arresto della crescita spirituale

Per «sicurezza» devono praticare l’«auto-censura»;

Non osano più parlare di vocazione, di incoraggiare i giovani al sacerdozio, né di predicare la verità;

Diventano gradualmente «formali e burocratici», perdendo il ruolo di profeti.

 

Conclusione: la registrazione non è la fine, ma una nuova croce

I sacerdoti registrati si trovano in una situazione molto delicata: apparentemente acquisiscono legittimità, ma interiormente affrontano sfide spirituali più profonde rispetto ai loro colleghi sotterranei.

 

Riusciranno a:

• Mantenere intatta la fede?

• Guidare pastoralmente i fedeli senza perdere autenticità?

• Conservare la coscienza e la testimonianza all’interno del sistema?

 

È un cammino che richiede grande saggezza, coraggio e preghiera per poterlo percorrere fino in fondo.

 

Un prete «sotterraneo» cinese

 

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Immagine di Diego Delso via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

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