Cina
La Cina pronta alla produzione di massa di androidi. Il mercato toccherà i 150 miliardi nel 2035

Nel prossimo decennio, i robot umanoidi sono destinati a sostituirne un gran numero, con la Cina che ha svelato un piano per la produzione di massa.
All’inizio di questo mese, il Ministero cinese dell’Industria e dell’Information Technology (MIIT) ha pubblicato nuove linee guida sulla produzione di robot per il settore dell’Intelligenza Artificiale, che è in rapido progresso nella Repubblica Popolare, prevedendo che il paese potrebbe produrre in serie robot umanoidi entro il 2025.
Entro il 2027, i robot umanoidi potrebbero iniziare a avere un impatto sull’economia, osserva il documento, pur sottolineando che c’erano ancora diversi progressi tecnologici chiave da realizzare.
A quel punto, «l’innovazione tecnologica dei robot umanoidi sarà notevolmente migliorata, si formerà un sistema di catena di fornitura industriale sicuro e affidabile, sarà costruita un’ecologia industriale con competitività internazionale e la nostra forza globale raggiungerà il livello avanzato mondiale», scrive il MIIT.
La Cina è un leader mondiale nel campo dell’Intelligenza Artificiale e della robotica, con i pianificatori economici del paese socialista che hanno compiuto enormi sforzi per far avanzare il campo nei settori dell’istruzione, della ricerca e della produzione, scrive Sputnik.
Il Consiglio di Stato cinese ha stilato il Piano di sviluppo dell’Intelligenza Artificiale di nuova generazione, una tabella di marcia per diventare leader mondiale nell’intelligenza artificiale entro il 2030, e ha stanziato 400 miliardi di yuan (54,19 miliardi di euro) per sviluppare il nucleo del suo settore dell’Intelligenza Artificiale entro il 2025.
Tuttavia, la corsa sia per l’Intelligenza Artificiale che per i robot umanoidi è globale. All’inizio di quest’anno, l’Unione Europea ha vietato l’esportazione di alcune tecnologie di intelligenza artificiale in Cina, e gli Stati Uniti hanno vietato anche la vendita di alcuni chip per computer legati all’intelligenza artificiale alle aziende cinesi.
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Aziende come Tesla, Agility, Apptronic e Hanson Robotics hanno tutte introdotto robot umanoidi negli ultimi anni e numerose strutture di ricerca e università stanno perseguendo progetti simili.
Goldman Sachs aveva previsto all’inizio di questo mese che entro il 2035, l’industria della robotica umanoide potrebbe valere 150 miliardi di dollari in tutto il mondo, affermando che potrebbe «colmare il 4% della prevista carenza di manodopera manifatturiera statunitense entro il 2030 e il 2% della domanda globale di assistenza agli anziani entro il 2035».
Gli esperti che hanno parlato con i media britannici hanno recentemente evidenziato molti dei potenziali usi dei robot umanoidi intelligenti, dalla cura degli anziani all’esecuzione di medicine di precisione in zone remote della campagna o sul campo di battaglia.
«La produzione di massa di robot a prezzi ragionevoli è realizzabile con economie di scala e progressi tecnologici, e prevediamo tutti i tipi di robot a supporto della forza lavoro nei settori manifatturiero, sanitario, edile, dei trasporti, dell’ospitalità e altro ancora», ha affermato un esperto. «I robot intelligenti possono aumentare la produttività, migliorare il controllo di qualità e contribuire a svolgere compiti ripetitivi o pericolosi».
«Ora disponiamo di robot che reagiscono anche alle emozioni e al comportamento di lettura. Avremo robot che affronteranno disturbi mentali, disturbi comportamentali, con bambini e anche con adulti. Se pensiamo agli anziani, avremo molti over 65. I robot possono entrare in gioco, per supportare e aiutare, il che consente anche alle persone di vivere più a lungo» osserva un altro esperto intervistato.
Un altro ancora ha osservato che i robot possono «più facilmente» svolgere compiti ripetitivi e potrebbero persino sostituire un gran numero di lavoratori umani nelle industrie manifatturiere, ma ha sottolineato che «avremo sempre bisogno di tecnici robot», esseri umani che monitorano e forniscono manutenzione ai robot.
«Penso che li vedremo gradualmente utilizzati in alcuni settori per sostenere i lavoratori esistenti», ha detto l’esperto.
«Ad esempio, i robot umanoidi potrebbero essere impiegati in fabbriche di produzione flessibili, lavorando con le persone per assemblare parti di apparecchiature. Potrebbero anche essere utilizzati per l’assistenza sociale o anche come strumenti di supporto all’insegnamento nelle scuole».
La Cina sta portando avanti da anni anche programmi per la creazione di robot militare, che, è stato riportato, intenderebbe utilizzare già nei prossimi conflitti.
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La Cina schiera di fatto già da tempo robot militari impressionanti. È il caso degli sciami di droni autonomi assassini in grado di inseguire ed eliminare esseri umani anche tra le foreste di bambù, studiati dall’Università del Zhejiang. Si tratta della realizzazione di veri e propri slaughterbots.
Dimostrazioni di sciami di droni militari sono state date altre volte dalle forze armate cinesi.
Pechino ha inoltre militarizzato modelli di robocane, portandoli sul sempre irrequieto confine himalayano con l’India, dove è schierato il robo-yak.
Un video particolarmente inquietante mostra un robocane armato essere trasportato in cima ad un palazzo da un drone.
Blood-Wing, a Chinese defense contractor, demonstrates drone-deploying an armed robodog.
The Future is Now. pic.twitter.com/tRKnKa8xvp
— Lia Wong (@LiaWong__) October 4, 2022
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E non possiamo dimenticare, mai, l’uso di robocani e droni nel pattugliamento del grande lockdown 2022 di Shanghai.
Shanghai has deployed robotic dogs to blare lockdown instructions to the public. pic.twitter.com/PK72YIPfxs
— Ian Miles Cheong (@stillgray) March 30, 2022
Come riportato da Renovatio 21, secondo l’Australian Strategic Policy Institute (ASPI), un think tank solitamente anti-cinese finanziato dagli Stati Uniti, la Cina è davanti a tutte le «democrazie occidentali» nella ricerca di base nella grande maggioranza delle aree tecnologiche «considerate critiche per la crescita economica e il potere militare nei prossimi decenni»
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Cina
Pechino dichiara guerra al fumo

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La Cina è il primo produttore e consumatore di tabacco, con 300 milioni di fumatori e oltre un milione di morti l’anno. Decine di divisioni provinciali hanno già stretto le norme e il piano «Healthy China 2030» punta a ridurre al 20% i fumatori adulti. Shanghai da mesi sta sperimentano i divieti anche all’aperto in aree sensibili. Intanto cresce l’attivismo civico e anche gli studenti spingono per campus liberi da fumatori.
In Cina è guerra aperta contro il vizio del fumo. Si tratta di un problema molto serio per un Paese considerato il maggiore produttore e consumatore di tabacco al mondo, con oltre 300 milioni di fumatori e più di un milione di persone che muoiono ogni anno per malattie legate ad esso.
Già nella prima metà dello scorso anno, 24 divisioni provinciali avevano introdotto normative locali per contrastare il consumo di tabacco. Mentre da tempo è in vigore l’iniziativa nazionale «Healthy China 2030», che mira a ridurre al 20% la percentuale dei fumatori dai 15 anni in su entro il 2030.
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Pioniera nel controllo del tabacco in Cina è stata la città di Shanghai, avendo istituito per prima il divieto di fumo nei locali pubblici al chiuso nel 2010. Da allora chiunque venga sorpreso accendersi una sigaretta all’interno di ambienti come scuole, ospedali, mezzi pubblici e ristoranti, riceverà prima un avvertimento e poi una multa da 50 a 200 yuan (da 6 a 24 euro circa), in caso di resistenza.
Nel tentativo di compiere un ulteriore sforzo per ridurre la dipendenza da tabacco, a marzo di quest’anno la città ha lanciato un programma pilota per combattere il fumo anche negli spazi pubblici all’aperto. Secondo le linee guida pubblicate dalle autorità locali, siti turistici, scuole, ristoranti e bar in tutta la città sono tenuti ad apporre cartelli antifumo nelle aree di attesa e a formare il personale per scoraggiare il vizio. I cittadini possono segnalare le violazioni chiamando un numero verde governativo. I trasgressori individuali rischiano multe fino a 200 yuan (circa 24 euro), mentre i locali possono essere multati fino a 30.000 yuan (circa 3.600 euro).
L’iniziativa sembra essere stata molto apprezzata dai residenti. Rispondendo a un sondaggio condotto dagli enti di regolamentazione sanitaria della città, oltre il 90% degli intervistati ha ammesso di non tollerare di essere costantemente esposto al fumo passivo mentre cammina per strada.
Tra di loro vi è anche Zhang Yu, impiegato finanziario di professione e fervente influencer antifumo. Alcuni video apparsi sui social media cinesi mostrano Zhang mentre affronta con modi gentili ma decisi coloro che violano il divieto di fumo nei centri commerciali, nei condomini, negli ospedali e in altri spazi pubblici di Shanghai, esortandoli a «spegnere la sigaretta o andarsene».
«Fumare è una questione molto personale, ma quando danneggia gli altri, diventa una cosa davvero brutta», ha dichiarato a Sixth Tone. Ha aggiunto, inoltre, che la maggior parte dei suoi interventi si risolve senza grossi intoppi e che solo in rari casi, trovandosi di fronte a dei fumatori ostinati, è stato costretto a chiamare la polizia. Sui social il sostegno a Zhang è pressoché unanime: in molti dichiarano di aver iniziato a seguire il suo esempio e lo incoraggiano a «continuare così».
Tra le fila dei paladini antifumo vi è anche Xu Lihong, operatrice sanitaria 26enne di Chengdu con oltre 5.600 follower su Xiaohongshu. «Non chiediamo ai fumatori di smettere definitivamente, ma crediamo che la libertà di fumare non debba andare a discapito del diritto altrui a evitare il fumo passivo», ha affermato Xu, autoproclamandosi «ambasciatrice del controllo del tabacco».
Per rendere più efficaci le misure antifumo nella sua città, l’attivista suggerisce di distinguere in modo inequivocabile le aree dove è consentito fumare da quelle dove invece non lo è. Ha notato infatti che quando i cartelli che indicano il divieto sono chiaramente visibili, le persone sono molto più propense ad accondiscendere ai suoi richiami.
Secondo Xu, inoltre, le sanzioni previste per chi viola la normativa sono troppo blande e per questo inefficaci. Nonostante le difficoltà, la giovane è ferma nel suo impegno e ha costruito una rete con altri attivisti antifumo per condividere esperienze e offrire supporto. «Spero in un futuro in cui tutti gli spazi pubblici siano liberi dal fumo passivo», ha affermato.
Zhang Ruicong, studentessa universitaria della provincia dello Zhejiang, ha raccontato di essere stata aggredita verbalmente dopo aver chiesto a una persona di smettere di fumare su una scala mobile della stazione ferroviaria. Le è capitato anche di vedere diversi uomini in un ristorante che continuavano a fumare accanto a dei bambini, nonostante i ripetuti solleciti a smettere.«Molte persone considerano il fumo una cosa normale o temono di causare problemi parlandone», ha affermato, sottolineando i radicati atteggiamenti sociali in Cina nei confronti di questa abitudine. Ha aggiunto che persino sua madre considera la sua posizione «estrema».
Nonostante tutto la giovane resta ottimista. Crede che a guidare il cambiamento su questo tema siano soprattutto le giovani generazioni e, citando la campagna «campus senza fumo» della sua università, ha ribadito come secondo lei «gli studenti siano catalizzatori del progresso sociale».
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Il cambiamento di atteggiamento nei confronti del fumo si riflette anche nella cultura popolare. Recentemente, diversi comici hanno incorporato una sorta di «propaganda antifumo» nei loro spettacoli, incontrando il favore del pubblico a livello nazionale.
Particolarmente indicativa è una vicenda accaduta lo scorso agosto a Shaoxing, città natale di Lu Xun (1881-1936), uno dei principali intellettuali della Cina moderna. Un murale raffigurante il famoso scrittore che fuma, situato presso il memoriale a lui dedicato, è stato al centro di un acceso dibattito dopo la denuncia di un visitatore, preoccupato per l’influenza negativa che l’immagine avrebbe potuto avere sui giovani. L’uomo, un certo Sun, non ha esitato a presentare un reclamo tramite la piattaforma governativa della provincia di Zhejiang, ritenendo che l’opera rischiava di rendere il fumo un’abitudine affascinante per gli adolescenti.
L’opinione pubblica si è quindi divisa tra i sostenitori di Sun, convinti che gli spazi pubblici dovrebbero evitare immagini che tendono a normalizzare il fumo, e i suoi oppositori, secondo cui rimuovere o apportare modifiche all’iconico ritratto avrebbe causato solo uno spreco di risorse pubbliche. Per questi ultimi, inoltre, agire in tal senso avrebbe significato compiere una distorsione storica, dal momento che all’epoca di Lu Xun il fumo non era considerato un vizio, né era condannato come un pericolo per la salute pubblica. Alla fine ha prevalso il secondo fronte: le autorità culturali locali hanno deciso di preservare il murale, in quanto ritenuto parte dell’immagine storica di Lu Xun.
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Cina
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