Economia
La Bulgaria chiede alla UE di bandire le uova ucraine
La Bulgaria ha chiesto alla Commissione europea di vietare le uova di gallina provenienti dall’Ucraina, sostenendo che i produttori nazionali stanno subendo una concorrenza sleale a causa dell’eccesso di importazioni a basso costo.
Secondo quanto riportato dal ministero, la proposta è stata avanzata dal ministro dell’Agricoltura bulgaro Georgi Tahov durante una riunione del Consiglio Agricoltura e Pesca dell’UE tenutasi lunedì a Bruxelles.
Tahov ha affermato che la produzione nazionale in Bulgaria è stata duramente colpita dall’afflusso di uova dall’Ucraina, che sono fino al 30% più economiche di quelle sul mercato locale.
Secondo i dati ufficiali, nella prima metà del 2024 l’Ucraina ha esportato in Bulgaria oltre 2.600 tonnellate di uova, ovvero cinque volte di più rispetto ai primi sei mesi dell’anno scorso.
Ciò «mette una forte pressione sui prezzi sul mercato interno» e ha causato un’ondata di fallimenti tra gli allevamenti di pollame bulgari, ha osservato Tahov. «Sosteniamo fermamente il popolo ucraino, ma questo non dovrebbe in alcun modo causare fallimenti e violare i diritti dei nostri agricoltori», ha sottolineato il ministro.
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Tahov ha affermato che se le preoccupazioni della Bulgaria non saranno affrontate, lo Stato membro dell’UE è pronto a prendere in considerazione «misure protettive» per limitare gli scambi commerciali con l’Ucraina.
All’inizio di quest’anno, il Parlamento europeo ha prorogato fino a giugno 2025 la sospensione di tutti i dazi e delle quote sulle importazioni agricole ucraine nell’UE.
Il regime di libero scambio prevede un «freno di emergenza» per pollame, uova e zucchero, il che significa che le tariffe potrebbero essere reimposte se gli afflussi superano i livelli medi del 2022 e del 2023.
Nel 2022, l’UE ha sospeso i dazi e le quote sui prodotti agricoli ucraini per consentire la spedizione di cereali e altri prodotti agricoli dall’Ucraina ai mercati globali.
Come riportato da Renovatio 21, i prodotti agricoli ucraini importati in Europa avevano sollevato alla protesta di agricoltori polacchi, che si unirono al blocco dei camionisti con proteste massive che hanno bloccato le strade verso Varsavia. La protesta arrivò a bloccare anche il confine ucraino.
Gli agricoltori polacchi erano stati attaccati dal presidente ucraino Zelens’kyj, ma incoraggiati dai vescovi del Paese.
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Economia
Softwarista canadese nega di essere Satoshi, l’inventore del Bitcoin
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Economia
Sachs: gli USA trasformano il dollaro in un’arma
Il governo degli Stati Uniti ha trasformato il dollaro in un’arma anziché usarlo come mezzo di scambio o riserva di valore, ha affermato Jeffrey Sachs, pluripremiato economista e analista di politiche pubbliche americano.
Sachs ha fatto questa osservazione giovedì nel suo discorso tramite collegamento video a un incontro dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali dei BRICS. I funzionari si sono incontrati a Mosca per discutere del miglioramento del sistema monetario e finanziario internazionale, in vista del vertice BRICS 2024 a Kazan alla fine di questo mese.
Secondo l’economista, la militarizzazione del dollaro stava ovviamente avvenendo attraverso il sequestro di beni russi congelati. Ha anche menzionato il congelamento da parte del governo statunitense di fondi statali iraniani, venezuelani, afghani e di altri.
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Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno congelato circa 300 miliardi di dollari in asset della banca centrale russa, di cui circa 5 miliardi di dollari sono depositati in banche americane, come parte della campagna di sanzioni relativa all’Ucraina. Ad aprile, il presidente Joe Biden ha firmato una legge che consente il sequestro dei fondi russi detenuti negli Stati Uniti e il loro trasferimento a un fondo per la ricostruzione dell’Ucraina.
«Non si può usare il dollaro come meccanismo di pagamento», ha detto Sachs, quando un presidente da solo può firmare ordini e sequestrare essenzialmente miliardi di dollari in asset russi. La valuta statunitense è diventata «uno strumento di politica aggressiva», ha concluso l’economista statunitense.
«Ho detto al mio governo negli ultimi 15 anni “smettetela di farlo, è una follia, distruggerà la fiducia nel dollaro”. Non si può continuare con questo sistema, non riguarda solo la Russia».
Il Sachs ha sottolineato che la Cina desidera avere scambi commerciali normali senza minacce di sanzioni da parte degli Stati Uniti ma, sebbene le banche cinesi facciano parte del sistema SWIFT, devono rispettarlo per paura di essere tagliate fuori dalla rete finanziaria internazionale.
«Quindi, il punto è che abbiamo bisogno di alternative, questo è chiaro», ha affermato Sachs. «Certo, i Paesi hanno bisogno di meccanismi di pagamento non in dollari. Avremo bisogno di alcune entità veloci, veicoli speciali che non siano anche coinvolte nei sistemi di pagamento in dollari… entità che non possono essere direttamente sanzionate».
L’economista ha sottolineato che «la migliore alternativa sarebbe che gli Stati Uniti recuperassero il buonsenso, la decenza e la legalità e smettessero di imporre sanzioni unilaterali».
Le azioni degli Stati Uniti sono «assolutamente scorrette» e illegali secondo gli standard del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite, ha affermato Sachs, che è anche presidente dell’UN Sustainable Development Solutions Network.
Il Sachs è l’inventore della shock therapy, il processo per portare il capitalismo spinto in Paesi non-liberisti, come ad esempio quelli dell’ex mondo sovietico, dove egli ha lavorato a lungo negli anni Novanta, arrivando ad essere consigliere economico del presidente russo Boris Eltsin.
Sachs, che ha lavorato anche lungo le bisettrici geopolitiche di Giorgio Soros, è stato spesso ospite del Vaticano Bergogliano, arrivando ad aiutare, a quanto si dice, la stesura dell’enciclica ecologista Laudato Sii. Alcuni, tuttavia, ritengono che egli già collaborasse con il papato di Wojtyla per la stesura dell’enciclica Centesimus Annus, scritta nel centenario della Rerum Novarum di papa Leone XIII e inerente alla dottrina sociale della Chiesa in materia economica.
Il cattedratico sembra da qualche anno entrato in una sorta di arco di redenzione: dieci anni fa si oppose frontalmente alla politica militare di Obama in Siria, ora a quella di Biden in Ucraina e in Palestina.
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In un recente evento organizzato dai venture capitalist del podcast All-in, Sachs è comparso assieme a John Mearsheimer, capofila del pensiero geopolitico realista, nemico dell’interventismo americano.
In due lunghe interviste con Tucker Carlson, Sachs negli scorsi mesi è sembrato poter mettere a fuoco molto bene i problemi che affliggono la macchina governativa americana nelle sue relazioni con il mondo, sottolineando la miopia, e la prepotenza, di Washington, e facendo rivelazioni interessanti, come quando racconta di quella volta che, informato sul campo del fatto che il presidente haitiano François «Papa Doc» Duvalier stava venendo fatto evacuare dagli americani (in pratica, un piccolo colpo di Stato in esecuzione), telefonò ad un giornalista del New York Times, che gli disse che il suo caporedattore aveva dichiarato la cosa poco interessante.
Al contempo, il Sachs, come tante persone perbene rimaste raziocinanti, sembra più che mai terrorizzato dall’eventualità di un conflitto termonucleare, citando come fonte della sua preoccupazione il futuro dei suoi nipoti.
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Immagine di World Trade Organization via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Economia
Cuba vuole entrare nei BRICS
#Cuba ha solicitado oficialmente su incorporación a los BRICS como “País Socio”, a través de una misiva al presidente de Rusia, Vladimir Putin, quien ostenta la Presidencia del Grupo, que se consolida como actor clave en la geopolítica global y esperanza para los países del Sur. pic.twitter.com/gapdhZ0pTi
— Carlos M. Pereira (@cmphcuba) October 7, 2024
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