Geopolitica
Kazakistan, proteste contro la colonizzazione cinese voluta da Nazarbaev
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews
Arresti preventivi, blocco delle comunicazioni non hanno frenato il raduno. In altre città sono stati arrestati diversi partecipanti. L’accusa a Nazarbaev che dà «ai cinesi qualunque cosa essi chiedano». Chiesta la liberazione di Aron Atabek, poeta e dissidente condannato a 18 anni di reclusione.
Una protesta contro il rafforzamento della presenza cinese nel Paese e il contro il «presidente eterno» Nursultan Nazarbaev, ritenuto dagli oppositori il principale responsabile della «svendita» alla Cina: è quella che si è svolta il 27 marzo ad Almaty, la principale città del Kazakistan nel sud del Paese.
Il raduno era stato concordato con le autorità e ha raccolto circa 300 manifestanti, ma è stato condizionato da alcuni arresti preventivi e dal blocco di ogni accesso alla rete internet e ai cellulari sulla piazza.
Già nei giorni precedenti la protesta, la polizia aveva provveduto a fermare diversi potenziali manifestanti. Il raduno si è svolto all’interno di una rete protettiva di macchine della polizia, sulla piazza centrale, presso il monumento a Shokan Walikhanov, fondatore della storiografia kazaka moderna. Il principale organizzatore, Zhanbolat Mamaj, è riuscito a scendere in piazza, con quella parte dei suoi sostenitori che è riuscita a superare il filtro delle forze dell’ordine. In passato le autorità avevano fermato molte sue iniziative.
La protesta criticava la continua apertura in Kazakistan di nuove aziende e iniziative economiche cinesi. Ad esse vengono facilmente concesse in affitto e usufrutto ampie zone del territorio nazionale. Nazarbaev, ancora presidente, aprì la strada al fenomeno, chiedendo a Pechino di aprire le prime grandi linee di credito al governo di Nur-Sultan.
La protesta criticava la continua apertura in Kazakistan di nuove aziende e iniziative economiche cinesi. Ad esse vengono facilmente concesse in affitto e usufrutto ampie zone del territorio nazionale
Al raduno è intervenuto anche Abzal Dostijarov, uno dei promotori della fondazione di un nuovo Partito Democratico kazako. «La ricchezza dei kazaki – ha detto – viene elargita a destra e a manca con la benedizione del potere di Nazarbaev e del suo protetto, l’attuale presidente Tokaev. Se non alziamo la voce, saremo presto inghiottiti dalla Cina e perderemo tutto ciò che ci hanno lasciato i nostri padri».
Il giornalista Rysbek Sarsenbajuly ha accusato «tutti i nostri burocrati, a cominciare da Nazarbaev, che sono corrotti fino al midollo, e danno ai cinesi qualunque cosa essi chiedano».
Alla manifestazione, molti hanno ricordato l’oppressione dei kazaki etnici dello Xinjiang, dove vengono presi di mira tutti i gruppi di lingua turanica, che in maggioranza professano la fede islamica.
«Tutti i nostri burocrati sono corrotti fino al midollo, e danno ai cinesi qualunque cosa essi chiedano»
I kazaki, insieme a un milione di uiguri e persone di altre etnie sono inviati nei «campi di rieducazione»; centinaia di migliaia sono spediti in carcere senza motivo.
Si parla anche della pratica diffusa dei lavori forzati e delle rigide misure di riduzione della natalità, fino alla sterilizzazione imposta alle donne musulmane, tanto da far parlare di «genocidio» dello Xinjiang ad opera del regime comunista.
Molti interventi al raduno di Almaty chiedevano la liberazione dal carcere di Aron Atabek, poeta e dissidente condannato a 18 anni di reclusione dopo la «rivolta di Shanyrak», il quartiere di Almaty dove nel 2006 gli abitanti, ispirati dal poeta, cercarono di difendere dalla distruzione le proprie case costruite abusivamente. Per Mamaj, Atabek è un «difensore della terra kazaka». La folla ha scandito il suo nome insieme a quelli di altri attivisti e difensori dei diritti umani attualmente in prigione, come Askhat Zheksebaev e Kajrat Klyshev, e hanno chiesto «sanzioni personali contro Nazarbaev».
Diversi oppositori sono in carcere per il tentativo di fondare il Partito Democratico, al posto dell’organizzazione Keshe Partjasy dichiarata fuorilegge dalle autorità.
Il promotore dell’iniziativa per il Partito Democratico, l’ex-banchiere ed ex-ministro per l’energia Mukhtar Abljazov, è fuggito in Europa dopo l’arresto del 2017, e vive attualmente in Francia, da dove ha esortato a svolgere il raduno del 27 marzo attraverso le reti social.
Le iniziative di protesta in programma in altre città del Paese, sono state tutte bloccate dalle autorità, con grande dispiego delle forze di polizia
Le iniziative di protesta in programma in altre città del Paese, sono state tutte bloccate dalle autorità, con grande dispiego delle forze di polizia.
Nella capitale Nur-Sultan sono stati effettuati diversi arresti sullo spiazzo davanti a un grande circo; altri arresti sono avvenuti pure a Shymkent, Aktoba, Uralsk e in centri minori.
Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.
Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.
«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.
Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.
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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.
All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.
La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.
Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.
Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.
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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
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Geopolitica
Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania
Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.
Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.
Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)
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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.
Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».
«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».
Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».
Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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