Spirito
Istanbul, prima messa a Sant’Efrem, unica chiesa di epoca repubblicana
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La cerimonia prevista in origine il 19 febbraio, ma è stata rimandata a causa del terremoto. Si tratta del solo edificio cristiano (siro-ortodosso) realizzato nell’ultimo secolo in Turchia. Al suo interno può accogliere 750 fedeli, molte le richieste per la funzione inaugurale. Leader cristiano: un messaggio di libertà e tolleranza.
Per i cristiani di Istanbul, cuore economico e commerciale della Turchia, domani 8 ottobre è una giornata di festa: all’interno della chiesa siro-ortodossa di Sant’Efrem, la prima e unica a essere edificata in epoca moderna e repubblicana, viene celebrata la prima liturgia eucaristica alla presenza dei fedeli dopo oltre tre anni di lavori.
Il luogo di culto, il solo «a essere costruito da zero» in oltre un secolo, sorge nel quartiere di Yesilkoy, nella parte europea della metropoli, e la realizzazione sono stati spesi attorno ai quattro milioni di euro. Interpellato dall’agenzia ufficiale turca Anadolu Sait Susinthe, presidente della Istanbul Syriac Kadim Foundation, esprime entusiasmo e soddisfazione a nome di tutta la comunità per l’apertura.
Sebbene l’inaugurazione dei lavori con la posa della prima pietra risalga al 2019 – all’evento era presente anche il presidente Recep Tayyip Erdogan – sono serviti quasi 10 anni per completare i vari passaggi che hanno portato alla realizzazione dell’opera. «Avremmo dovuto inaugurare il 19 febbraio scorso» ricorda il leader cristiano Susin, ma il devastante terremoto del 6 febbraio «ha interrotto piani. Si è trattato di una grande tragedia per tutto il Paese. In queste circostanze, era fuori questione per noi – spiega – procedere con l’inaugurazione».
Egli prosegue spiegando che si tratta di un’opera che ha avuto ampio seguito fra le comunità siriache nel mondo, che hanno seguito da vicino il processo di costruzione e molti hanno fatto richiesta fra i cristiani in Turchia per poter partecipare alla prima celebrazione.
«I nostri telefoni squillano continuamente. Questo è anche un prestigio – aggiunge Susin – per il nostro Paese» ed è anche un messaggio di libertà e tolleranza verso i «preconcetti» che nutrono all’estero nei confronti dell’ex impero ottomano. «Spero che le preghiere offerte qui – sottolinea – siano utili a rafforzare l’unità, la solidarietà e la coesione nella nostra nazione».
La cerimonia di inaugurazione vedrà la partecipazione di un rappresentante del Patriarcato e di un gruppo eterogeneo di delegati provenienti sia dalla Turchia che dall’estero, oltre a funzionari governativi al piano superiore dell’edificio che per funzioni e cerimonie legate al culto ha una capacità di 750 persone.
La chiesa, concepita come un progetto di cinque piani in un’area vuota del cimitero cattolico latino, si trova a Yesilkoy nella zona europea, dove risiede la gran parte della comunità assira.
Un piano della struttura è riservato a sala culturale per la comunità, che potrà riunirsi dopo la messa o a conclusione di cerimonie come battesimi, funerali e matrimoni, oltre che per incontri e conferenze. Al pianterreno si trovano gli alloggi del vescovo, le camere per accogliere gli ospiti e un parcheggio.
In Turchia vi è libertà di culto, tuttavia negli ultimi 20 anni si sono registrati diversi casi di violazione alla pratica religiosa, cambi d’uso di quelle che un tempo erano basiliche cristiane (Santa Sofia e Chora) e fatti di sangue a sfondo confessionale.
In particolare le interferenze del governo turco nella scelta dei leader cristiani, l’assassinio di personalità di primo piano – don Andrea Santoro nel 2006 e mons. Luigi Padovese nel 2010 – i sequestri di chiese ed edifici e la controversa vicenda del pastore USA Andrew Brunson.
Nei mesi scorsi si sono inoltre verificati casi di controversie sui terreni, profanazione di cimiteri ed espropri dei luoghi di culto.
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Spirito
Papa Leone XIV pronto a concedere ampie deroghe a Traditionis Custodes
La notizia è stata riportata dal quotidiano The Pillar, che l’ha ottenuta da fonti vicine alla Conferenza Episcopale Cattolica di Inghilterra e Galles (CBCEW). Il Nunzio Apostolico, Arcivescovo Miguel Maury Buendia, ne ha parlato di recente in un discorso ai vescovi britannici.
Fonti vicine alla Conferenza Episcopale Cattolica di Inghilterra e Galles hanno riferito a The Pillar che Papa Leone XIV sembrava pronto a concedere ampie esenzioni a Traditionis Custodes, senza revocare il motu proprio stesso.
Il prelato spagnolo, mons. Miguel Buendía, Nunzio Apostolico in Gran Bretagna, si è recentemente rivolto all’assemblea plenaria della CBCEW. Tra gli altri argomenti, ha informato i vescovi che il Vaticano sarebbe stato «generoso» in caso di richiesta di dispensa dalle restrizioni alla liturgia tradizionale, secondo l’alto funzionario ecclesiastico che ha riferito la notizia a The Pillar.
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La fonte, presente durante il discorso, ha sentito il nunzio spiegare che Leone XIV «non è disposto a modificare [Traditionis Custodes], ma poiché ci sono molti riti diversi nella Chiesa, non c’è motivo di escludere la Messa latina tradizionale».
«I dettagli erano un po’ vaghi», ha aggiunto la fonte. Il nunzio ha spiegato che, sebbene i parroci avranno ancora bisogno dell’approvazione del vescovo per celebrare la forma straordinaria della Messa nelle chiese parrocchiali, e i vescovi diocesani dovranno comunque richiedere l’autorizzazione al Dicastero per il Culto Divino, «Leone XIV chiederà al cardinale Arthur [Roche, prefetto del dicastero] di essere generoso».
Secondo un ecclesiastico presente, sebbene il Papa non sia propenso ad abrogare il motu proprio dell’era di Francesco, «l’impressione [data dal nunzio] è stata che il Papa volesse che la porta rimanesse aperta e non fosse ristretta o chiusa. Questo era solo un punto tra i tanti» sollevati dal nunzio, ha chiarito The Pillar, e non il tema centrale del discorso.
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Una prima (apparentemente) solida informazione sul futuro di Traditionis Custodes
Le numerose speculazioni suscitate dall’elezione di Papa Leone XIV riguardo al motu proprio di Francesco – che ha drasticamente limitato le concessioni fatte da Benedetto XVI riguardo alla celebrazione della Messa tradizionale – sembrano consolidarsi.
Va notato che queste speculazioni avevano un certo fondamento. Dopo la pubblicazione di Traditionis Custodes e l’interpretazione supplementare ancora più restrittiva fornita dal cardinale Arthur Roche, alcuni vescovi hanno continuato a concedere permessi come prima della pubblicazione del motu proprio, mentre altri li hanno praticamente proibiti.
Inoltre, alcune diocesi hanno ottenuto dispense iniziali dalle norme di Traditionis Custodes per un periodo di transizione di due anni, ma sotto Papa Francesco era ampiamente accettato che non sarebbero state concesse ulteriori proroghe.
Tuttavia, dall’elezione di Leone XIV, il Dicastero per il Culto Divino ha iniziato a prorogare queste dispense e a concederne di nuove, il che ha fatto ipotizzare che il nuovo Papa potrebbe essere disposto ad allentare o addirittura ad annullare i requisiti stabiliti dal suo predecessore.
Una fonte vicina alla CBCEW ha affermato che dai commenti del nunzio è emerso che il papa desiderava lasciare la porta aperta alla celebrazione della vecchia liturgia. L’approccio generale del Papa sembra essere «Todos, todos, todos – compresi coloro che aderiscono alla Messa tradizionale», ha affermato la fonte.
Questa sarebbe una buona notizia se confermata. Ma i fondamenti invocati – pluralismo liturgico o inclusività – rimangono piuttosto limitati e non preannunciano un rinnovamento liturgico attraverso il ritorno della tradizione liturgica a Roma, privata del suo tesoro più prezioso. E se la notizia è accurata, si tratta dell’ennesima dimostrazione dell’approccio «allo stesso tempo» che il Papa sembra prediligere.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Ambiente
Viganò: «non vi è alcuna emergenza climatica, Prevost profeta del globalismo massonico»
Se vi fosse veramente un’emergenza climatica – alla quale le organizzazioni globaliste rispondono con mezzi non adeguati, mentre la Chiesa Cattolica propone soluzioni ragionevoli e coerenti con il Vangelo e con la sua Dottrina sociale – si potrebbe credere che in questi appelli… pic.twitter.com/thIv4fsrKa
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) November 18, 2025
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