Geopolitica
Intelligenti segnali distensivi: Biden dice che Putin «non ha un’anima» ed è «un killer»
Tempi duri per chi spera in una distensione tra le superpotenze atomiche. Insulti gravissimi sono volati dalla Casa Bianca al Cremlino grazie all’avvedutezza e alla innegabile lucidità dell’attuale inquilino che occupa Washington.
In un’intervista bomba con George Stephanopoulos di ABC News, Joe Biden ha dichiarato di essere d’accordo sul fatto che Vladimir Putin è un «assassino» («killer») e che ne pagherà un prezzo.
In un’intervista bomba con George Stephanopoulos di ABC News, Joe Biden ha dichiarato di essere d’accordo sul fatto che Vladimir Putin è un «assassino»
«Il prezzo che sta per pagare, lo vedrai a breve», ha detto l’anziano mentitore del Delaware.
La CNN riferisce quindi che sono probabilmente in arrivo nuove sanzioni, specificamente rivolte a «persone vicine al presidente russo Vladimir Putin già la prossima settimana».
«Il prezzo che sta per pagare, lo vedrai a breve»
EXCLUSIVE: Pres. Biden told @GStephanopoulos that he agreed Russian President Vladimir Putin is a “killer” and will “pay a price” for interfering in U.S. elections. https://t.co/rIe2ms8sSv pic.twitter.com/VtAGCvF9hp
— Good Morning America (@GMA) March 17, 2021
Biden ha inoltre ricordato di aver avuto un incontro con Putin durante il quale il presidente della Federazione Russa gli avrebbe detto di «non avere un’anima»
Biden ha inoltre ricordato di aver avuto un incontro con Putin durante il quale il presidente della Federazione Russa gli avrebbe detto di «non avere un’anima». Tale riferimento fa eco ad un famoso incontro faccia a faccia del 2001 tra George W. Bush e Putin. Bush giunse alla conclusione opposta in quel momento: «Ho guardato l’uomo negli occhi… sono stato in grado di avere percezione della sua anima».
Per questa frase, Dubya Bush fu sfottuto grandemente, non da ultima da Hillary Clinton, che disse in pubblico che Putin non aveva un’anima, perché è un agente del KGB i quali per definizione sono privi di anima. È noto che i rapporti tra la Clinton e Putin non sono mai stati troppo buoni.
Le parole sconsiderate di Biden arrivano in un momento preciso: martedì è stato declassificato un rapporto congiunto delle agenzie di spionaggio di Washington, tra cui la CIA e il Dipartimento per la Sicurezza Interna.
Il nuovo documento dichiara (o meglio: ripete) che la Russia ha tentato di influenzare il voto del 2020 con l’obiettivo di «denigrare la candidatura del presidente Biden e il Partito Democratico, sostenere l’ex presidente Trump, minare la fiducia del pubblico nel processo elettorale ed esacerbare le divisioni sociopolitiche negli Stati Uniti»
Il nuovo documento dichiara (o meglio: ripete) che la Russia ha tentato di influenzare il voto del 2020 con l’obiettivo di «denigrare la candidatura del presidente Biden e il Partito Democratico, sostenere l’ex presidente Trump, minare la fiducia del pubblico nel processo elettorale ed esacerbare le divisioni sociopolitiche negli Stati Uniti».
La campagna, ha insistito, è stata condotta da delegati tra cui «individui collegati all’Ucraina con legami con l’intelligence russa e le loro reti», che hanno cercato di diffamare il candidato democratico per presunti collegamenti corrotti con Kiev: si tratta del caso, non occultabile in alcun modo, di Hunter Biden, il figlio drogato e dissoluto di Joe che fu messo nel board di Burisma, una mega-azienda energetica ucraina.
Chi durante la campagna elettorale ha cercato di parlare di questa storia – ammessa con boria dallo stesso Biden che in una conferenza al CFR disse di aver personalmente dato un ultimatum al Presidente ucraino affinché licenziasse il giudice che stava indagando sugli affari del figlio – è stato pesantemente censurato dalla stampa e dai media: è il caso del New York Post, il più antico giornale americano finito bannato da Twitter per aver provato a raccontare al pubblico del sistema corrotto di quella che Rudy Giuliani chiama la «Biden Crime Family».
Si tratta di una ultronea riesumazione, davvero fuori tempo massimo, del Russiagate. Trump deve fare ancora tanto paura. E la sinistra americana (non solo quella) è davvero ridotta ad azioni pavloviane, ripetizioni, demenza conclamata: in questo, bisogna dire che è ben rappresentata
Come rileva RT, Non è immediatamente chiaro come questa presunta rete di influenza ucraina riconduca a Mosca, tuttavia il rapporto afferma che la Russia «quasi certamente vede l’ingerenza nelle elezioni statunitensi come una risposta equa alle azioni percepite da Washington e un’opportunità sia per minare la posizione globale degli Stati Uniti che per influenzare il processo decisionale degli Stati Uniti».
In pratica, si tratta di una ultronea riesumazione, davvero fuori tempo massimo, del Russiagate. Trump deve fare ancora tanto paura. E la sinistra americana (non solo quella) è davvero ridotta ad azioni pavloviane, ripetizioni, demenza conclamata: in questo, bisogna dire che è ben rappresentata.
Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino
La Russia porterà a compimento tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale in Ucraina, ha dichiarato il presidente Vladimir Putin.
Tra gli scopi principali enunciati da Putin nel 2022 vi sono la protezione degli abitanti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk dall’aggressione delle forze di Kiev, nonché la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina.
«Naturalmente porteremo a termine questa operazione fino alla sua logica conclusione, fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale», ha affermato Putin in videocollegamento durante la riunione del Consiglio presidenziale per i diritti umani di martedì.
Il presidente russo quindi ricordato che il conflitto è scoppiato quando l’esercito ucraino è stato inviato nel Donbass, regione storicamente russa che nel 2014 aveva respinto il colpo di Stato di Maidan sostenuto dall’Occidente. Questo, secondo il presidente, ha reso inevitabile l’intervento delle forze armate russe per porre fine alle ostilità.
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«Si tratta delle persone. Persone che non hanno accettato il colpo di Stato in Ucraina nel 2014 e contro le quali è stata scatenata una guerra: con artiglieria, armi pesanti, carri armati e aviazione. È lì che è iniziata la guerra. Noi stiamo cercando di mettervi fine e siamo costretti a farlo con le armi in pugno».
Putin ha ribadito che per otto anni la Russia ha cercato di risolvere la crisi per via diplomatica e «ha firmato gli accordi di Minsk nella speranza di una soluzione pacifica». Tuttavia, ha aggiunto la settimana scorsa in un’intervista a India Today, «i leader occidentali hanno poi ammesso apertamente di non aver mai avuto intenzione di rispettarli», avendoli sottoscritti unicamente per guadagnare tempo e permettere all’Ucraina di riarmarsi.
Mosca ha accolto positivamente il nuovo slancio diplomatico impresso dal presidente statunitense Donald Trump, che ha proposto il suo piano di pace in 28 punti come base per un’intesa.
Lunedì Trump ha pubblicamente invitato Volodymyr Zelens’kyj ad accettare le proposte di pace, lasciando intendere che il leader ucraino non abbia nemmeno preso in esame l’ultima offerta americana.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
Lavrov elogia la comprensione di Trump delle cause del conflitto in Ucraina
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Geopolitica
Gli europei sotto shock per la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per il 2025
I leader europei e i media dell’establishment sono in preda al panico dopo la diffusione, sul portale ufficiale della Casa Bianca, della «Strategia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America 2025» (NSS).
A terrorizzare Bruxelles e dintorni è l’impegno esplicito del governo USA a privilegiare «Coltivare la resistenza all’attuale traiettoria dell’Europa all’interno delle nazioni europee», descritta in termini aspri ma realistici. Il report si scaglia in particolare contro l’approccio dell’UE alla Russia.
L’NSS ammonisce che il Vecchio Continente rischia la «cancellazione della civiltà» se non invertirà la rotta imposta dall’Unione Europea e da altre entità sovranazionali. La «mancanza di fiducia in se stessa» del Continente emerge con evidenza nelle interazioni con Mosca. Gli alleati europei detengono un netto primato in termini di hard power rispetto alla Russia in quasi tutti i campi, salvo l’arsenale nucleare.
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Dopo l’invasione russa in Ucraina, i rapporti europei con Mosca sono drasticamente deteriorati e numerosi europei vedono nella Federazione Russa una minaccia esistenziale. Gestire le relazioni transatlantiche con la Russia esigerà un impegno diplomatico massiccio da Washington, sia per reinstaurare un equilibrio strategico in Eurasia sia per scongiurare frizioni tra Mosca e gli Stati europei.
«È un interesse fondamentale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina, al fine di stabilizzare le economie europee, prevenire un’escalation o un’espansione indesiderata della guerra e ristabilire la stabilità strategica con la Russia, nonché per consentire la ricostruzione post-ostilità dell’Ucraina, consentendole di sopravvivere come Stato vitale».
Il conflitto ucraino ha paradossalmente accresciuto la vulnerabilità esterna dell’Europa, specie della Germania. Oggi, le multinazionali chimiche tedesche stanno erigendo in Cina alcuni dei più imponenti complessi di raffinazione globale, sfruttando gas russo che non possono più procurarsi sul suolo patrio.
L’esecutivo Trump si scontra con i burocrati europei che coltivano illusioni irrealistiche sul prosieguo della guerra, appollaiati su coalizioni parlamentari fragili, molte delle quali calpestano i pilastri della democrazia per imbavagliare i dissidenti. Una vasta maggioranza di europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle scelte politiche, in gran parte ostacolate dal sabotaggio dei meccanismi democratici perpetrato da quegli stessi governi. Per quanto allarmati siano i continentali, l’establishment britannico lo è ancor di più.
Ruth Deyermond, docente al dipartimento di Studi della Guerra del King’s College London e specialista in dinamiche USA-Russia, ha commentato su X che il testo segna «l’enorme cambiamento nella politica statunitense nei confronti della Russia, visibile nella nuova Strategia per la Sicurezza Nazionale – il più grande cambiamento dal crollo dell’URSS». Mosca appare citata appena dieci volte nel corposo documento, nota Deyermond, e prevalentemente per evidenziare le fragilità europee.
In un passaggio esemplare, il report afferma che «questa mancanza di fiducia in se stessa è più evidente nelle relazioni dell’Europa con la Russia». «L’assenza della Russia dalla Strategia di Sicurezza Nazionale 2025 appare davvero strana, sia perché la Russia è ovviamente uno degli stati che hanno l’impatto più significativo sulla stabilità globale al momento, sia perché l’amministrazione è così chiaramente interessata alla Russia (…) Non è solo la mancanza di riferimenti alla Russia a essere sorprendente, è il fatto che la Russia non venga mai menzionata come avversario o minaccia» scrive l’accademica.«La mancanza di discussione sulla Russia, nonostante la sua importanza per la sicurezza e l’ordine internazionale e la sua… importanza per l’amministrazione Trump, fa sembrare che stiano semplicemente aspettando di poter parlare in modo più positivo delle relazioni in futuro».
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La parte dedicata al dossier ucraino – che allude al fatto che «l’amministrazione Trump si trova in contrasto con i politici europei che nutrono aspettative irrealistiche per la guerra» – pare quasi redatta dal Cremlino. L’incipit della Deyermond è lapidario: «Se qualcuno in Europa si aggrappa ancora all’idea che l’amministrazione Trump non sia inamovibile filo-russa e ostile alle istituzioni e ai valori occidentali, dovrebbe leggere la Strategia per la Sicurezza Nazionale del 2025 e ripensarci».
Il NSS dedica scarsa attenzione alla NATO, se non per insistere sulla cessazione della sua espansione indefinita, ma stando ad un articolo Reuters del 5 dicembre, Washington intende che l’Europa rilevi entro il 2027 la gran parte delle competenze di difesa convenzionale dell’Alleanza, dall’intelligence ai missili. Questa scadenza «irrealistica» è stata illustrata questa settimana a diplomatici europei a Washington dal team del Pentagono incaricato della politica atlantica, secondo cinque fonti «a conoscenza della discussione».
Nel corso dell’incontro, i vertici del Dipartimento della Difesa avrebbero espresso insoddisfazione per i passi avanti europei nel potenziare le proprie dotazioni difensive dopo l’«invasione estesa» russa in Ucraina del 2022. Gli esponenti USA hanno avvisato i loro omologhi che, in caso di mancato rispetto del termine del 2027, gli Stati Uniti potrebbero sospendere la propria adesione a certi meccanismi di coordinamento difensivo NATO, hanno riferito le fonti. Le capacità convenzionali comprendono asset non nucleari, da truppe ad armamenti, e i funzionari non hanno chiarito come misurare i progressi europei nell’assunzione della quota preponderante del carico, precisa Reuters.
Non è dato sapere se il limite temporale del 2027 rifletta la linea ufficiale dell’amministrazione Trump o meri orientamenti di singoli addetti del Pentagono. Diversi rappresentanti europei hanno replicato che un tale orizzonte non è fattibile, a prescindere dai criteri di valutazione di Washington, dal momento che il Vecchio Continente necessita di risorse finanziarie aggiuntive e di una volontà politica più marcata per rimpiazzare alcune dotazioni americane nel breve periodo.
Tra le difficoltà, i partner NATO affrontano slittamenti nella fabbricazione degli equipaggiamenti che intendono acquisire. Sebbene i funzionari USA abbiano sollecitato l’Europa a procacciarsi più hardware di produzione statunitense, taluni dei sistemi difensivi e armi made in USA più cruciali imporrebbero anni per la consegna, anche se commissionati oggi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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