Persecuzioni
India, due sacerdoti cattolici malmenati in casa e rapinati

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
L’assalto di notte in una parrocchia della diocesi di Rourkela. Colpiti con mazze da hockey e spranghe di ferro, prima di derubarli di tutti i soldi raccolti per la scuola e l’ostello. In un altro episodio di violenza avvenuto nel Telangana attaccati i musulmani che portavano del bestiame alla madrassa in vista della festa dell’Eid.
Nello Stato indiano dell’Orissa due sacerdoti cattolici sono stati assaliti sabato nella loro casa da un gruppo di malviventi mascherati, che li hanno malmenati e derubati. Il grave atto di violenza è avvenuto a Jhorabahal, una parrocchia della diocesi di Rourkela che si trova nel distretto di Sundergarh.
Una dozzina di persone mascherate hanno fatto irruzione nella casa dei sacerdoti di notte. Il parroco padre Alois Xalxo, 72 anni, e padre Nirial Bilung, 52 anni, sono stati picchiati con mazze da hockey e bastoni di ferro: ricoverati in ospedale, le loro condizioni sono stabili. «Stavamo dormendo quando i malviventi sono entrati in chiesa dopo aver rotto la porta a vetri», ha raccontato padre Xalxo.
«Erano 10-12 persone» ha aggiunto padre Bilung. «Ci hanno legato e quando abbiamo gridato ci hanno attaccato e ferito. Hanno saccheggiato il denaro custodito in chiesa, oltre ai soldi dell’ostello e della scuola». Secondo quanto riferito dalla polizia il denaro rubato ammonta a oltra 1 milione di rupie (più di 11mila euro).
In una nota la diocesi di Rourkela ha ringraziato la comunità di Jhorabahal e la polizia locale per il sostegno offerto ai due sacerdoti vittime dell’aggressione. «Chiediamo di continuare a pregare per loro – scrive la Chiesa locale – affinché possano guarire presto e superare il trauma. Invitiamo tutti a prestare attenzione e a prendere tutti gli accorgimenti per far sì che questo tipo di incidenti non si ripetano».
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Sempre nelle stesse ore, in India altre gravi violenze di diversa matrice si sono verificate nella città di Medak, nello Stato del Telangana, ai danni della locale comunità musulmana. La violenza è scoppiata quando un gruppo si è opposto al trasporto di bestiame alla Minhaj Ul Uloom Madrassa di Medak, in vista delle celebrazioni della festa islamica dell’Eid al Adha, provocando scontri tra indù e musulmani.
La folla ha anche compiuto atti di vandalismo nei pressi della madrasa, provocando diversi feriti. La folla ha anche vandalizzato l’ospedale dove i feriti della comunità musulmana stavano ricevendo cure. I membri della folla hanno anche danneggiato l’auto di un medico.
Per questi scontri la polizia del Telangana ha arrestato dieci persone, tra cui tre leader del Bharatiya Janata Party: il presidente del distretto di Medak, Gaddam Srinivas, il presidente della città di Medak, M Nayam Prasad, e un altro leader locale Yuva Morcha.
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Immagine di Amrit Ekka via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Persecuzioni
Ciad, lo spettro dell’islamizzazione strisciante

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Persecuzioni
Terra Santa, il Patriarca latino di Gerusalemme vuole credere al piano di Trump

Dopo l’intercettazione da parte di Israele della flottiglia internazionale islamo-sinistra partita da Barcellona, in Spagna, per bloccare il blocco di Gaza, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, discute delle speranze di pace in Terra Santa, riaccese dal piano di pace proposto da Donald Trump.
Il giornalista italiano Mario Calabresi cede la parola a un alto prelato lucido e moderatamente ottimista: «L’abbordaggio della flottiglia era inevitabile. Avevo però parlato con gli organizzatori per dissuaderli dal giungere allo scontro con le autorità israeliane. (…) Tanto più che questa flottiglia non porta nulla agli abitanti di Gaza e non cambia in alcun modo la situazione», spiega il Patriarca latino della Città Santa.
Un giudizio finale che contrasta con la beata ingenuità dei media progressisti occidentali, che vorrebbero dipingere gli agitatori islamo-goscisti della flottiglia in rotta verso la Striscia di Gaza come chierichetti animati da uno spirito di pace e fratellanza.
Tornando alla situazione dei cristiani nella regione, il cardinale Pizzaballa ricorda che nei suoi trentacinque anni a Gerusalemme non ha mai vissuto un periodo così doloroso e tragico. «C’è stato il tempo della guerra, il tempo della speranza, il tempo della faticosa costruzione di un processo di pace, poi il tempo del crepuscolo di ogni possibile convivenza, segnato dalla vittoria degli estremisti e del radicalismo. E oggi stiamo attraversando l’era delle rovine», ritiene.
E a sostegno delle sue affermazioni: «La situazione è drammatica. Le immagini rendono solo in parte giustizia a ciò che si sta vivendo sul campo. La distruzione è colossale. Oltre l’ottanta per cento delle infrastrutture è ridotto in macerie e centinaia di migliaia di persone hanno dovuto essere sfollate ed evacuate tre, quattro, cinque, persino sette volte. Famiglie che hanno perso tutto».
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La sua descrizione della vita a Gaza evoca la fame «reale» provata dagli abitanti, anche se evita di usare il termine carestia, spesso utilizzato a fini propagandistici: «Non è solo una questione di quantità, ma anche di qualità: non arrivano né frutta, né verdura, né carne; due anni senza vitamine né proteine. Un disastro assoluto», spiega l’alto prelato.
A questo si aggiunge «la quasi totale assenza di ospedali, che rende impossibile curare i feriti, i mutilati, ma anche le malattie comuni che non possono più essere monitorate. Penso alla dialisi, che è scomparsa; al cancro, dove l’oncologia non esiste più». I bisogni non si limitano a quelli materiali: «Penso ancora che stiamo entrando nel terzo anno senza scuola per bambini e adolescenti. È molto difficile parlare di speranza se non forniamo una scuola, se l’istruzione diventa impossibile».
La comunità di rifugiati della parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza ha scelto di rimanere. Una decisione rischiosa ma inevitabile: «In parrocchia ci sono musulmani gravemente disabili che non hanno modo di muoversi, assistiti dalle suore. E anziani molto fragili per i quali andarsene significherebbe la morte. Devono rimanere, e i nostri sacerdoti e le nostre suore hanno deciso di rimanere con loro. È la scelta della Chiesa, che decide di rimanere come presenza attiva e pacifica», sottolinea Pizzaballa.
Riguardo al piano di pace imposto alle parti dall’inquilino della Casa Bianca, il patriarca vuole credere che una soluzione pacifica sia ancora possibile: «Il piano di Trump ha molti difetti, ma è vero che nessun piano sarà mai perfetto. Tutti sono stanchi, esausti e devastati da questa guerra, e ormai sembra chiaro che ci stiamo muovendo verso una conclusione».
Tuttavia, anche se le armi tacessero e Hamas accettasse di consegnare gli ostaggi e disarmare, ciò non significherebbe la fine del conflitto: «Il conflitto continuerà a lungo, perché le cause profonde di questa guerra non sono ancora state affrontate. Il conflitto israelo-palestinese non finirà finché al popolo palestinese non verrà offerta una prospettiva chiara, evidente e reale. Le conseguenze e le ripercussioni di questa guerra su entrambe le popolazioni, israeliana e palestinese, dureranno per molti anni», conclude il Patriarca di Gerusalemme.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)
Persecuzioni
Arcivescovo armeno condannato a due anni di carcere

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