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Il Vaticano afferma che 4 documenti papali emanati sotto Leone XIV fanno parte del «mandato» di Papa Francesco

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Nel corso della presentazione della nota dottrinale sul matrimonio, Una Caro, presso la Sala Stampa della Santa Sede il 25 novembre, padre Armando Matteo, segretario del Dicastero per la Dottrina della Fede, ha affermato che i due documenti pubblicati questo mese – insieme ai due di prossima uscita – sono da considerarsi parte dell’eredità di papa Francesco. Lo riporta LifeSite.

 

«Insieme alla nota sui titoli mariani e alla nota sulla monogamia», ha detto il segretario , «il dicastero sta attualmente portando avanti un altro studio sul tema della trasmissione della fede, e sta poi completando la relazione finale del noto Gruppo di studio n. 5 sulla partecipazione delle donne alla vita e alla guida della Chiesa, che sarà consegnata direttamente alla Segreteria del Sinodo, che a sua volta la consegnerà a papa Leone».

 

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Don Matteo ha poi precisato che «in questo modo, con questi quattro documenti, si conclude il mandato che papa Francesco ci aveva dato due anni fa. Il dicastero attende ora un incontro ufficiale e completo con Papa Leone a gennaio, per ricevere le istruzioni per i prossimi documenti».

 

Il funzionario vaticano ha riconosciuto che la nota dottrinale sui titoli mariani era stata concepita sotto il pontificato di Papa Francesco e da lui voluta, sebbene la questione fosse già da tempo nota ufficiosamente ai frequentatori degli ambienti vaticani.

 

Il rapporto finale sul ruolo delle donne nella vita e nel governo della Chiesa tenterà di concludere lo studio condotto dal cosiddetto Gruppo di Studio 5 del Sinodo pluriennale sulla Sinodalità. Questo è uno dei punti più dibattuti e controversi del lavoro sinodale degli ultimi anni.

 

Nel corso del pontificato di Bergoglio sono emersi numerosi segnali che dimostrano l’intenzione del gesuita argentino di studiare e giustificare teologicamente la possibilità di introdurre le donne agli Ordini Sacri.

 

Dal 2016 in poi, Francesco ha introdotto diversi gesti e iniziative che hanno aperto il dibattito sul ruolo della donna nella Chiesa: dalla modifica del rito del Giovedì Santo per includere la lavanda dei piedi alle donne, all’istituzione di una commissione di studio sul diaconato, fino ai passaggi di Amoris laetitia che criticano le culture patriarcali e promuovono la dignità della donna.

 

Sempre nel 2016, il quotidiano vaticano L’Osservatore Romano pubblicò articoli a sostegno della predicazione femminile, mentre nel 2017 la rivista gesuita Civiltà Cattolica rilanciò la questione dell’ordinazione femminile. Successivamente, nel 2019, il vescovo Erwin Kräutler – sostenitore del sacerdozio femminile – scrisse l’ Instrumentum laboris per il Sinodo sull’Amazzonia, e nello stesso anno una riunione privata di cardinali e vescovi discusse esplicitamente l’ordinazione femminile. Infine, l’Instrumentum laboris per il Sinodo dell’ottobre 2024 riprese il tema, invitando la Chiesa a riconoscere ministeri ufficiali per le donne, soprattutto nel contesto amazzonico.

 

Durante la prima assemblea del Sinodo dei Vescovi sulla sinodalità, nell’ottobre 2024, accanto ai gruppi di studio ufficiali, era stata segnalata l’esistenza di un gruppo di lavoro riservato – identificato precisamente come Gruppo 5. Questo gruppo, i cui membri non sono stati resi noti, era stato incaricato di affrontare questioni particolarmente delicate.

 

Ufficialmente , nel marzo 2024, il Vaticano ha presentato il Gruppo 5 come un gruppo di studio su «questioni teologiche e canoniche riguardanti specifiche forme ministeriali», come il ruolo delle donne nella Chiesa e «la possibile ammissione delle donne al diaconato».

 

La natura segreta di questo gruppo di studio suscitò l’indignazione di diversi delegati sinodali, che chiedevano chiarezza sulla trasparenza dell’intero processo. La percezione diffusa era quella di un laboratorio strategico in cui si discutevano questioni con un potenziale impatto strutturale sulla Chiesa.

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Il rapporto che presto sarà consegnato «direttamente nelle mani della Segreteria del Sinodo», e successivamente nelle mani di Papa Leone, conterrà le tesi finali di questo gruppo di studio segreto.

 

La Chiesa cattolica insegna infallibilmente che è impossibile ordinare le donne a uno qualsiasi degli ordini sacri. Nella sua lettera apostolica del 1994 Ordinatio Sacerdotalis, Giovanni Paolo II scriveva «la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa».

 

Nel 2018, l’allora prefetto della CDF, il cardinale Luis Ladaria Ferrer, SJ, aveva difeso l’insegnamento di Ordinatio Sacerdotalis come portatore del marchio di «infallibilità», con Giovanni Paolo II che aveva «confermato formalmente e ha reso esplicito, al fine di togliere ogni dubbio, ciò che il Magistero ordinario e universale ha considerato lungo tutta la storia della Chiesa come appartenente al deposito della fede».

 

Come scritto da Renovatio 21più che tramite le «diaconesse» e le donne prete – ipotesi squalificata dallo stesso prefetto Dicastero per la dottrina della fede cardinale Victor Manuel «Tucho» Fernandez  – è da ritenersi che il Vaticano bergogliano e post-bergogliano voglia scardinare la sessualità naturale e la gerarchia attraverso la promozione sempre più aperta del transessualismo.

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Il Sinodo pubblica i Rapporti intermedi

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In un contesto segnato dalla lenta transizione tra due pontificati, la Segreteria Generale del Sinodo ha pubblicato, il 17 novembre 2025, i rapporti intermedi dei dieci gruppi di studio incaricati di esaminare le questioni più delicate emerse durante le sessioni.   Queste sintesi, preparate tra l’estate e l’autunno del 2025, evidenziano l’avanzamento del processo sinodale, rivelando al contempo le difficoltà ancora presenti, in particolare per quanto riguarda il ruolo delle donne e le richieste dei gruppi di difesa dei diritti LGBTQ+ all’interno della Chiesa.   Una delle figure di spicco del precedente pontificato, il Cardinale Mario Grech, nella sua veste di Segretario Generale del Sinodo, è stata incaricata di introdurre la pubblicazione dei rapporti intermedi sinodali con una nota volta a sottolinearne l’attualità.

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«La ricchezza e la complessità dei temi affrontati hanno richiesto più tempo del previsto», scrive, specificando che alcuni gruppi sono prossimi alla conclusione, mentre altri proseguiranno oltre il 2025. Si tratta di un modo per appianare le numerose divisioni e i disaccordi che circondano i testi più controversi.   Disponibili in italiano e in inglese sul sito web del Sinodo, le relazioni si guardano bene dall’avventurarsi nel proporre soluzioni definitive, ma piuttosto aprono «percorsi verso una Chiesa più missionaria e inclusiva», secondo la metodologia sinodale. Potrebbe anche essere un modo per scaricare il peso del passato sul nuovo pontificato, qualora intendesse intraprendere un percorso diverso.   Nel marzo 2024, papa Francesco ha creato dieci gruppi di lavoro per promuovere la collaborazione tra i dicasteri della Curia Romana e la Segreteria del Sinodo. Temi come la povertà, la formazione sacerdotale e le relazioni ecumeniche sono stati individuati come richiedenti uno studio approfondito a livello della Chiesa universale.   Oltre a questi gruppi, si sono aggiunti i lavori della Commissione Canonica e del SECAM – il Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar – sulla poligamia. Più recentemente, papa Leone XIV ha aggiunto due nuovi progetti: uno sulla liturgia in una prospettiva sinodale e l’altro sugli statuti delle conferenze episcopali, avviati a fine luglio 2025.   Inizialmente, le relazioni finali dovevano essere presentate a papa Francesco a fine giugno 2025. La morte del Papa e l’elezione di Leone XIV hanno portato quest’ultimo a concedere una nuova scadenza: il 31 dicembre 2025, «per quanto possibile».   Il primo gruppo di lavoro, guidato dal Dicastero per le Chiese Orientali, si concentra sui rapporti tra le Chiese Cattoliche Orientali e la Chiesa Latina. Ha distribuito un questionario di 25 domande, ha consultato il Consiglio dei Patriarchi Cattolici del Medio Oriente e ha esplorato la cura pastorale dei fedeli cattolici orientali nella diaspora senza una gerarchia locale. Si sta valutando una revisione delle norme del diritto canonico orientale.   Il secondo gruppo si proponeva di ascoltare il «grido dei poveri e della terra». Ha raccolto oltre 200 contributi da istituti religiosi femminili attraverso l’Unione Internazionale delle Superiore Generali (UISG) e ha tenuto diversi incontri. L’attenzione è rivolta all’accoglienza di coloro che sono emarginati dalla povertà, con un impegno personale di ogni membro verso le comunità vulnerabili.   Il terzo gruppo sta rispondendo all’appello sinodale per una Chiesa più «connessa»: consultazioni, il lancio dell’iniziativa «La Chiesa ti ascolta» che coinvolge 1.618 «missionari digitali» e il dialogo con la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori sulle questioni etiche online. Tre sottogruppi stanno preparando un rapporto finale arricchito dai frutti del Giubileo degli Influencer.   Il rapporto del quarto gruppo sulla formazione sacerdotale ritiene prematura una revisione completa della Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis del 2016, poiché è ancora in fase di attuazione in molti seminari. Tuttavia, identifica quelle che definisce esigenze «urgenti», tra cui: la formazione congiunta dei futuri sacerdoti con i laici, il ruolo crescente delle donne e l’adattamento alle sfide dei social media e dell’intelligenza artificiale.   Il ruolo delle donne – Gruppo 5 – sotto l’egida del Dicastero per la Dottrina della Fede, sta procedendo verso un rapporto finale strutturato in tre parti: una sintesi dei risultati, appendici con testimonianze di donne in posizioni di responsabilità – anche all’interno della Curia – e una riflessione sulla famigerata accusa onnicomprensiva di «clericalismo». La questione dell’accesso delle donne al diaconato è stata lasciata a Papa Leone XIV.   Il rapporto tra vescovi e suore è stato al centro del lavoro del Gruppo 6. I sottogruppi tematici hanno analizzato questi rapporti attraverso interviste e questionari, promettendo una maggiore reattività da parte dei superiori generali.   I Gruppi 7 e 8 hanno lavorato per sviluppare una riflessione sul processo di selezione dei vescovi diocesani e i nunzi, con il contributo di esperti di risorse umane di importanti aziende internazionali.

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Più esplosivo, il nono gruppo, su questioni dottrinali, pastorali ed etiche «controverse» – ribattezzato «emergenti» – affronta l’omosessualità e la violenza contro le donne nelle zone di guerra. Ispirato dal «paradigma del cambiamento» di papa Francesco e da Amoris Laetitia, mira a stabilire determinati «criteri di riferimento» piuttosto che soluzioni uniformi.   Infine, l’ultimo gruppo esplora il tema dell’ecumenismo: il primato del romano pontefice, l’ospitalità eucaristica per le coppie di fede mista e l’ascesa dei cosiddetti movimenti protestanti «revivalisti».   Questi rapporti intermedi, pubblicati due giorni dopo l’annuncio del Cardinale Grech, segnano una fase nei lavori del Sinodo che allude alle tensioni tra «sinodalisti» integralisti e «conservatori», che non hanno alcuna intenzione di compromettere la costituzione divina della Chiesa.   Ma non dobbiamo dimenticare la commissione canonica, che ha già prodotto risultati preoccupanti, come sottolineato da questo sito web. Quanto alla commissione sulla poligamia, ha già completato un rapporto, presentato a Roma, che dovrà essere modificato e perfezionato.   La commissione sulla liturgia, come prevedibile, vuole promuovere le celebrazioni «sinodali», nonché sottolineare «la responsabilità che scaturisce dal battesimo», con «il riconoscimento del ruolo delle donne», e «proseguire sulla strada di un sano decentramento liturgico» rafforzando i vescovi diocesani e le conferenze episcopali. In breve, frammentando la liturgia.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Mons. Viganò loda Alberto di Monaco, sovrano cattolico che non ha ratificato la legge sull’aborto

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha lodato il principe Alberto di Monaco che nel principato dove è regnante ha rifiutato di firmare la legge per legalizzare l’aborto.

 

«Il Principe Alberto di Monaco, coerentemente con la Fede che egli professa e con l’autorità sacra che legittima la sua funzione di sovrano del Principato di Monaco, non ratifica la proposta di legge per la depenalizzazione dell’aborto, crimine esecrando» scrive Sua Eccellenza in un post sul social media X. «Nel 1990 fa il Re Baldovino del Belgio abdicò, piuttosto di dare la propria approvazione all’odiosa legge sull’aborto: anch’egli fu un Monarca veramente cattolico».

 

«Suscita sconcerto il silenzio del Vaticano dinanzi a questa testimonianza di Fede, che dovrebbe essere additata ad esempio: un silenzio che diventa assordante quando tace davanti all’uccisione di milioni di innocenti massacrati nel ventre materno. Un silenzio che è riecheggiato quando Joe Biden finanziava l’industria dell’aborto e lo autorizzava fino al momento del parto» continua monsignore.
«La “chiesa sinodale” presta ascolto al “grido della Terra”, mentre finge di non udire il gemito dei bambini sterminati. Essa è troppo impegnata a propagandare gli “obiettivi sostenibili” dell’Agenda 2030 (tra cui figura anche l’aborto, definito ipocritamente “salute riproduttiva”) per denunciare i sacrifici umani di questa società antiumana e anticristica. Troppo occupata a lucrare sul traffico di clandestini che dovrebbe invece denunciare come strumento di islamizzazione dell’Europa un tempo cristiana» tuona l’arcivescovo già nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America.

 

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Come riportato da Renovatio 21, in passato il prelato lombardo ha definito l’aborto come «il sacramento di Satana».

 

«Morte. Solo morte. Morte prima di nascere. Morte durante la vita. Morte prima di morire naturalmente. Significativamente, chi è favorevole alla morte degli innocenti – bambini, malati, anziani – è contrario alla pena di morte. Si può essere trovati indegni di vivere perché poveri, perché vecchi, perché non voluti da chi ci ha concepito; ma se si massacrano persone o si compiono delitti orrendi, la pena capitale è considerata una barbarie» aveva scritto monsignore in un testo di due anni fa.

 

«Dovremmo iniziare a comprendere che i teorizzatori di questa immane strage che si perpetua da decenni e ci ripiomba nella barbarie del peggior paganesimo non si considerano parte dello sterminio: nessuno di loro è stato abortito; nessuno di loro è stato lasciato morire senza cure; a nessuno di loro è stata imposta la morte per ordine di un tribunale. Siamo noi, siete voi e i vostri figli, i vostri genitori, i vostri nonni che dovete morire, e che vi dovete sentire in colpa perché siete vivi, perché esistete e producete CO2».

 

«L’aborto è un atto di culto a Satana. È un sacrificio umano offerto ai demoni, e questo lo affermano orgogliosamente gli stessi adepti della «chiesa di Satana», che negli Stati Americani in cui l’aborto è vietato rivendicano di poter usare i feti abortiti nei loro riti infernali. D’altra parte, in nome della laicità si abbattono le Croci e le statue della Madonna e dei Santi, ma al loro posto iniziano a comparire immagini raccapriccianti di Bafometto» ha detto monsignore.

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«L’aborto è un crimine orrendo perché oltre alla vita terrena priva il bambino della visione beatifica, destinandolo al limbo perché sprovvisto della Grazia battesimale. L’aborto è un crimine orrendo perché cerca di strappare a Dio delle anime che Egli ha voluto, ha creato, ha amato e per le quali ha offerto la propria vita sulla Croce. L’aborto è un crimine orrendo perché fa credere alla madre che sia lecito uccidere la creatura che più di tutte, e a costo della sua stessa vita, ella dovrebbe difendere. E con tale crimine quella madre si rende assassina e se non si pente si condanna alla dannazione eterna, vivendo molto spesso anche nella vita quotidiana il rimorso più lancinante. L’aborto è un crimine orrendo perché si accanisce sull’innocente proprio a causa della sua innocenza, rievocando gli omicidi rituali dei bambini commessi nelle sette di ieri e di oggi. Sappiamo bene che la cabala globalista è legata dal pactum sceleris della pedofilia e di altri crimini orrendi, e che a quel patto sono vincolati esponenti del potere, dell’alta finanza, dello spettacolo e dell’informazione».

 

«Rifiutiamo l’aborto e avremo milioni di anime che potranno amare ed essere amate, compiere grandi cose, diventare sante, combattere al nostro fianco, meritare il Cielo».

 

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Il Patriarca Sako critica la Curia per la sua ignoranza dei cristiani orientali

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Il Cardinale Louis Raphael I Sako, Patriarca della Chiesa Cattolica Caldea, ha espresso aspre critiche alla Santa Sede, affermando che alcuni funzionari della Curia non comprendono la situazione dei cristiani orientali e devono imparare a «lavorare con le Chiese locali, non al di sopra di esse».   «Dovrebbero sapere che sono lì per servire le Chiese», ha detto Sako. «Devono rispettare la nostra identità». Il cardinale Louis Raphaël Sako ha risposto senza mezzi termini alle domande del quotidiano cattolico The Tablet in un’intervista pubblicata online il 5 novembre 2025.   L’alto prelato, membro di diritto del Collegio cardinalizio, ha criticato il Dicastero per le Chiese Orientali – responsabile di tutte le confessioni orientali che hanno coraggiosamente scelto l’unità cattolica romana – per non aver trattato i patriarchi orientali con il rispetto che meritano.   Queste dure parole riflettono la profonda frustrazione del cardinale Sako nei confronti della burocrazia vaticana, dove, a suo dire, la corrispondenza rimane senza risposta per mesi. Il patriarca caldeo ha colto l’occasione per ricordare a tutti che, secondo il Codice di Diritto Canonico delle Chiese Orientali, i patriarchi «precedono tutti i vescovi di ogni grado in tutto il mondo».

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Gli scambi con loro «dovrebbero essere molto educati e molto rispettosi», ha insistito l’alto prelato, lasciando intendere che i membri del dicastero in questione non avrebbero compreso il loro status o le difficoltà affrontate dai vescovi orientali, per i quali è preoccupato. «Siamo come padri», ha aggiunto il patriarca. «Non siamo uomini d’affari. Siamo pastori».   I cattolici caldei costituiscono l’80% dei circa 200.000 cristiani rimasti in Iraq e sono presenti in tutto il Medio Oriente. Nel 1990, il numero di cristiani in Iraq era stimato essere un milione, ma l’instabilità che si è impossessata dell’invasione guidata dagli Stati Uniti del 2003 e la persecuzione da parte degli islamisti dell’organizzazione dello Stato Islamico hanno spinto molti di loro a fuggire dal Paese.   Sebbene la Curia non goda di grande favore agli occhi del cardinale Sako, egli ritiene che Papa Leone XIV comprenderebbe meglio la situazione dei cattolici orientali. L’alto prelato ha parlato frequentemente con l’ex cardinale Robert Prévost durante il conclave dello scorso maggio: «Ho avuto l’opportunità di spiegargli chi siamo», ha affermato il patriarca, ricordando al successore di Pietro come «la nostra presenza in Oriente sia attualmente minacciata».   Durante la loro conversazione, il cardinale Sako ha suggerito che i funzionari della Curia non fossero nella posizione migliore per consigliare il Papa sulla situazione delle Chiese orientali. «Il Papa dovrebbe essere ben informato dai dicasteri», ha affermato, lamentando la mancanza di comprensione locale e di «esperienza pratica» all’interno del Vaticano.   «Quando parlano, usano un discorso di stampo occidentale». Ha aggiunto, citando un esempio, che l’attuale Prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, il cardinale Claudio Gugerotti, possiede solo una conoscenza libresca e accademica del cristianesimo orientale, acquisita attraverso la sua formazione e la sua esperienza come nunzio. «Ha le sue idee, idee fisse sulle Chiese», afferma.   L’approccio del Vaticano, continua Sako, «dovrebbe essere accademico, ma anche realistico», e «dovrebbe impegnarsi di più per coinvolgere i leader politici locali, non limitarsi a fare discorsi», perché la Santa Sede può «avere un impatto sulla vita politica in Medio Oriente».

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Le critiche del Cardinale Sako all’apparato amministrativo della Santa Sede risalgono a una lunga storia. Nel 2023, il patriarca caldeo si appellò al Vaticano affinché ottenesse il riconoscimento formale delle sue funzioni da parte dello Stato iracheno. Il presidente iracheno Abdul Latif Rashid revocò il suo titolo di patriarca il 3 luglio 2023, un’azione percepita come un’usurpazione della sua posizione di amministratore dei beni della Chiesa.   Una destituzione probabilmente istigata da Rayan al-Kildani, leader delle Brigate Babilonia, una milizia nominalmente caldea legata all’Iran, contro la quale l’alto prelato aveva messo in guardia i suoi fedeli. Tuttavia, secondo l’arcivescovo Sako, il sostegno della Curia non è arrivato e la crisi è durata fino alla fine del 2024, con il ripristino dei diritti civili del patriarca da parte delle autorità irachene.   Ma il cardinale Sako è anche controverso al suo interno, accusato di essere stato troppo zelante nel modernizzare la Messa, dando risalto alla lingua volgare rispetto al siriaco tradizionale e ordinando che la celebrazione si svolgesse di fronte ai fedeli anziché ad orientem…   Resta da vedere il primo viaggio apostolico del Papa, previsto in Turchia e Libano dal 27 novembre al 2 dicembre, che si spera possa offrire un po’ di tregua e speranza ai cristiani in Medio Oriente, la cui presenza è più precaria che mai.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News  

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Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)
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