Geopolitica
Il presidente iraniano Pezeshkian a Baghdad, primo viaggio ufficiale all’estero
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La visita è in programma il prossimo 11 settembre. Sarà accompagnato da una delegazione di alto livello, che farà tappa anche a Erbil. Prevista la firma di un memorandum di intesa riguardando la cooperazione e la sicurezza. Una missione prevista da tempo, poi rimandata per la morte del predecessore Ebrahim Raisi nello schianto del suo elicottero.
Il neo-presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha scelto l’Iraq come meta del suo primo viaggio ufficiale all’estero, a distanza di poco più di due mesi dalle elezioni che hanno sancito la vittoria del candidato della fazione «riformista». Il prossimo 11 settembre egli sarà a Baghdad (poi a Erbil, nel Nord) dove incontrerà le massime cariche del Paese per discutere di economica e di diplomazia (regionale e non) in una fase di profonde tensioni in Medio oriente legate alla guerra di Israele contro Hamas a Gaza. E, in aggiunta, del cosiddetto «fronte Nord» che vede impegnato lo Stato ebraico con Hezbollah, movimento sciita filo-Teheran, oltre agli attacchi in Yemen delle milizie ribelli Houthi alle navi in transito nel mar Rosso, con gravi ripercussioni per il commercio internazionale.
Accogliendo l’invito dell’omologo iracheno Mohammed Shia al-Sudani, il presidente Pezeshkian guiderà una delegazione di alto livello per una visita già programmata in passato dal predecessore Ebrahim Raisi, morto in un incidente di elicottero a maggio col ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian. Nel contesto del vertice le due delegazioni – seguendo i dettami della guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, cui spetta l’ultima parola in tema di accordi internazionali e politica estera di Teheran – firmeranno un memorandum di intesa in materia di cooperazione e sicurezza.
Da quando è entrato in carica, Pezeshkian ha promesso di «dare priorità» al rafforzamento dei legami con i vicini della Repubblica islamica.
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Opposti da una sanguinosa guerra negli anni Ottanta, cui sono seguite fasi di profonde tensioni, le relazioni fra Iran e Iraq, entrambi Paesi a maggioranza sciita, sono cresciute negli ultimi due decenni. Teheran è uno dei principali partner commerciali di Baghdad ed esercita una notevole influenza politica non solo nella capitale, ma anche in altre zone del Paese fra cui il sud a maggioranza sciita e il fronte nord, per mezzo di gruppi di potere e milizie armate. Anche nell’attuale Parlamento – e governo. è evidente la presenza di esponenti e partiti che fanno riferimento più o meno direttamente alla Repubblica Islamica.
Nel marzo 2023 i due Paesi hanno firmato un accordo di sicurezza che copre il loro confine comune, mesi dopo che Teheran aveva colpito a più riprese e con crescente intensità i gruppi di opposizione curdi nel nord dell’Iraq. Da allora i vertici dei due Paesi hanno concordato di disarmare i gruppi ribelli curdi iraniani e di rimuoverli dalle aree di confine. Teheran accusa le fazioni combattenti e i movimenti di opposizione in esilio di importare armi e di aver fomentato le proteste del 2022, scoppiate dopo la morte in custodia della donna curda iraniana Mahsa Amini per mano della polizia della morale per non aver indossato correttamente l’hijab, il velo islamico.
Nel gennaio scorso Teheran ha lanciato un attacco mortale nella regione autonoma del Kurdistan, affermando di aver preso di mira un sito utilizzato dalle «spie del regime sionista (Mossad)», con un riferimento nemmeno troppo velato a Israele.
Il 7 settembre scorso un gruppo curdo iraniano in esilio ha dichiarato che uno dei suoi attivisti, Behzad Khosrawi, sarebbe stato arrestato nella città settentrionale di Sulaimaniyah e consegnato ai «servizi segreti iraniani». Le forze di sicurezza locali Asayesh hanno affermato che Khosrawi è stato arrestato «perché non aveva la residenza» nella regione curda, negando ogni legame con «l’attivismo politico».
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Immagine di Khamenei.ir via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior. In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW — Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.
Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.
Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».
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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.
Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.
Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.
Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».
Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.
Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.
Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.
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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.
La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.
Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA. President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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