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Il premio Oscar Burns: Mark Zuckerberg è «nemico dello Stato» da portare a Norimberga

Il documentarista due volte premio Oscar Ken Burns ha definito il CEO di Facebook Mark Zuckerberg «un nemico dello Stato» a cui «non frega un cazzo» degli Stati Uniti.
Zuckerberg e la sua n. 2, Sheryl Sandberg, dovrebbero essere processati per crimini contro l’umanità e mettere in prigione, ha dichiarato Burns in un’intervista nel podcast della giornalista tecnologica del New York Times Kara Swisher.
«Sa che può trascender e tutto. Può scappare in qualsiasi posto – il pluripremiato documentarista e storico cinematografico – E quindi si tratta solo di sporco lucro, tutto qui».
Il Burns, riconosciuto maestro mondiale del documentario, ha tirato fuori il nome di Zuckerberg di sua sponte anche se l’intervistatrice non aveva chiesto nulla a riguardo del giovine patron di Facebook.
Il documentarista due volte premio Oscar Ken Burns ha definito Zuckerberg «un nemico dello Stato» a cui «non frega un cazzo» degli Stati Uniti
La Swisher, che pure altre volte aveva criticato frontalmente Zuckerberg (e con cui aveva un tempo un filo diretto), non ha dato seguito ai commenti di Burns. Ha però risposto cripticamente: «Adorerai il mio libro di memorie, Ken».
Il grande regista non ha specificato perché pensa che Zuckerberg sia un traditore.
Nel discorso il Burns, per anni importante fiancheggiatore del Partito Democratico USA, ha dichiarato di pensare che magnati della tecnologia come Zuckerberg, la Sandberg (il COO di Facebook) e altri dovrebbero essere processati come i nazisti a Norimberga dopo la seconda guerra mondiale.
«Una Norimberga di questa cosa, se mai accadesse, e non accadrà, sarebbe molto interessante».
Burns ha quindi stigmatizzato il modo in cui tutti hanno temporeggiato e lasciato che questo accadesse.
«Una Norimberga di questa cosa, se mai accadesse, e non accadrà, sarebbe molto interessante».
Ken Burns è autore di incredibili documentari, come una serie sulla guerra civile americana che ad inizio degli anni Novanta incollò decine di milioni di americani al teleschermo del solitamente poco seguito canale pubblico PBS. Nelle sue serie di documentari trattato con estrema profondità temi di rilevanza nazionale come il baseball, Frank Lloyd Wright, la guerra in Vietnam, la famiglia Roosevelt.
Il software di montaggio di Apple ha un effetto, chiamato apputno Ken Burns, che omaggia un suo tratto personale, ossia il lento zoom su una foto fissa.
Quanto a Zuckerberg, è oramai possibile pensare che la reputazione sua e di Facebook non sia più in alcun modo recuperabile.
Come riportato da Renovatio 21, il presidente Trump, bannato a vita anche da Twitter, ha chiamato per una gigantesca class action contro i giganti di Big Tech, promettendo di ripristinare la libertà di parola in America e arrivando a chiedere agli altri Paesi di vietare i social media.
Renovatio 21 stessa, come sa il nostro lettore, è stata censurata e probabilmente è ancora sotto una sorta di censura che limita il numero di contatti alla nostra pagina.
Il fondatore di Renovatio 21 è stato più volte bannato, l’ultima volta per un mese filato. Prima non si poteva dire che il virus può essere uscito dal laboratorio, ora si può, ma hanno ritenuto di punirci per un articolo in cui virgolettavamo il pensiero di un monaco del Monte Athos, con buona pace dell’art. 19 della Costituzione Italiana che vuole che la religione e la sua propaganda siano libere.
Abbiamo l’impressione che tutti i politici italiani siano schiavi, oltre che delle potenze transnazionali che disintegrano la nostra sovranità, anche di un’azienda che offende i nostri diritti costituzionali, quelli sanciti su quella Carta che i politici dovrebbero giurare di difendere
In Italia non una forza politica si è impegnata a frenare questo costante abuso dei diritti costituzionali dei cittadini, e capiamo anche perché: il politico più popolare, almeno fino a quando non si è offerto al Draghi, doveva tutta la sua popolarità a Facebook, sul quale aveva costruito una macchina acchiappaconsensi ribattezzata «la Bestia». Parliamo di Matteo Salvini.
Salvini, e con lui Renzi, e Letta, e Berlusconi, e la Meloni, non hanno nessun motivo per sfidare i tentacoli di Zuckerberg, che potrebbe, e con una certa indifferenza, chiudere loro l’algoritmo, facendo loro perdere visibilità, quindi voti.
Sì, abbiamo l’impressione che tutti i politici italiani siano schiavi, oltre che delle potenze transnazionali che disintegrano la nostra sovranità, anche di un’azienda che offende i nostri diritti costituzionali, quelli sanciti su quella Carta che i politici dovrebbero giurare di difendere.
Non difendono né la Costituzione né i cittadini, invece. Perché sono schiavi di Facebook, che finalmente il maestro Burns ha chiamato con il suo nome: «nemico di Stato».
E, aggiunge Renovatio 21, nemico del Popolo.
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Immagine di DonkeyHotey via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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Israele paga gli influencer 7000 dollari a post sui social media USA

Israele ha finanziato influencer per pubblicare contenuti sui social media al fine di migliorare la propria immagine negli Stati Uniti. Lo riporta la testata online Responsible Statecraft.
Come riportato da Renovatio 21, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha recentemente evidenziato l’importanza dei creatori di contenuti per mantenere il supporto allo Stato Ebraico, incontrando, a margine della sua problematica apparizione all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, gli influencer filosionisti.
Martedì, Responsible Statecraft ha riportato che documenti presentati in conformità al Foreign Agents Registration Act (FARA) degli Stati Uniti hanno svelato i dettagli di una «campagna di influencer» gestita da una società di consulenza con sede a Washington che collabora con il ministero degli Esteri israeliano.
Le fatture inviate ad un gruppo mediatico tedesco, che coordina la campagna, indicano un finanziamento di 900.000 dollari tra giugno e novembre 2025 per un gruppo di 14-18 influencer. I documenti stimano tra 75 e 90 post in quel periodo, con un costo per post tra 6.143 e 7.372 dollari, secondo Responsible Statecraft. Non è stato reso noto quali influencer siano coinvolti.
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La società statunitense avrebbe coinvolto un ex portavoce delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) e un ex rappresentante della società israeliana di spyware NSO Group, produttrice del celeberrimo software-spia per smartphone Pegasus.
La settimana scorsa, Netanyahu ha dichiarato in una conferenza stampa che è essenziale rafforzare la «base di sostegno di Israele negli Stati Uniti» attraverso gli influencer, soprattutto su piattaforme come TikTok – di cui si è beato per l’acquisto da parte del miliardario filo-israeliano Larry Ellison – e X, posseduto dall’«amico» Elone Musk.
La campagna d’immagine di Israele si colloca in un contesto di diminuzione del sostegno negli Stati Uniti, in particolare riguardo alla guerra di Gaza. Un recente sondaggio del New York Times ha rivelato che il 60% degli americani ritiene che Israele debba porre fine al conflitto, e più della metà si oppone a ulteriori aiuti economici e militari allo Stato degli ebrei .
Alcuni legislatori, come la deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene, hanno definito la situazione a Gaza un «genocidio» e si sono opposti a ulteriori aiuti a Israele.
Come riportato da Renovatio 21, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, pur continuando a sostenere Israele, ha recentemente ammesso che l’influenza della lobby israeliana, che un tempo aveva un «controllo totale» sul Congresso, è diminuita.
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Internet
Netanyahu saluta l’acquisizione di TikTok come la nuova «arma» di Israele nella guerra dell’informazione

NEW – Netanyahu mission-briefed American influencers today, stating TikTok is the “most important” weapon in securing Israel’s right-wing support: “Weapons change over time… the most important ones are the social media,” he said. “The most important purchase that is going on… pic.twitter.com/EeszHlcZmN
— Disclose.tv (@disclosetv) September 27, 2025
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Come riportato da Renovatio 21, nel discorso all’Assemblea Generale ONU Netanyahu ha assicurato che non vi sarà uno Stato palestinese, riconosciuto però dallo stesso scranno dai rappresentanti di molti Paesi.These people all walked out of the UN general assembly because they didn’t want to hear Netanyahu speak. Their job isn’t to be protesters. They’re diplomats and their job is to deal with governments they don’t like, but they’re more interested in virtue signaling for TikTok. pic.twitter.com/5rNWOCpOon
— Ian Miles Cheong (@stillgray) September 26, 2025
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Intelligence
Il CEO di Telegram afferma che l’intelligence francese ha cercato di ricattarlo sulle elezioni moldave

Pavel Durov, fondatore di Telegram, ha dichiarato in un post su X di domenica che circa un anno fa, mentre era sotto sorveglianza giudiziaria in Francia dopo il suo arresto in un aeroporto di Parigi, è stato contattato dai servizi segreti francesi attraverso un intermediario. Questi avrebbero chiesto a Telegram di rimuovere diversi canali moldavi in vista delle elezioni presidenziali in Moldavia.
Durov, originario di San Pietroburgo, ha confermato che Telegram ha eliminato alcuni canali segnalati che violavano palesemente le sue politiche. Tuttavia, ha rivelato che l’intermediario ha poi trasmesso una proposta inquietante: l’Intelligence francese si sarebbe offerta di parlare favorevolmente al giudice del suo caso in cambio di una collaborazione più ampia.
🇲🇩 About a year ago, while I was stuck in Paris, the French intelligence services reached out to me through an intermediary, asking me to help the Moldovan government censor certain Telegram channels ahead of the presidential elections in Moldova.
After reviewing the channels…
— Pavel Durov (@durov) September 28, 2025
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«Questo era inaccettabile per diversi motivi», ha scritto Durov, sottolineando che un eventuale contatto tra l’agenzia e il giudice avrebbe rappresentato un’interferenza nel processo giudiziario, mentre in caso contrario sarebbe stato un tentativo di sfruttare la sua situazione legale per influenzare gli sviluppi politici in Moldavia.
Durov ha aggiunto che, successivamente, Telegram ha ricevuto una seconda lista di canali moldavi «problematici», ma, a differenza del primo gruppo, questi erano quasi tutti account legittimi e conformi alle regole della piattaforma. L’unico tratto comune, ha osservato, era il loro contenuto politico sgradito ai governi moldavo e francese. «Ci siamo rifiutati di ottemperare a questa richiesta», ha dichiarato.
Le accuse arrivano mentre la Moldavia si prepara alle elezioni parlamentari, con il Partito d’Azione e Solidarietà (PAS) filo-europeo della presidente Maia Sandu opposto al Blocco Elettorale Patriottico (BEP), che promuove la neutralità costituzionale e accusa il governo di reprimere il dissenso. Recentemente, le autorità elettorali moldave hanno escluso due partiti di opposizione per presunti finanziamenti esteri, aggiungendoli a una lista che include il disciolto Blocco della Vittoria e il partito SOR.
I gruppi di opposizione accusano la Sandu di manipolare il processo elettorale, limitando i seggi in Russia, dove risiedono centinaia di migliaia di moldavi, e aumentando quelli nell’UE, spesso in piccole città, mentre chiudono numerosi media critici del governo.
La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha commentato che le rivelazioni di Durov confermano le accuse di lunga data di Mosca: «L’Occidente agisce senza scrupoli su tutti i fronti», ha detto.
Durov, che possiede sia la cittadinanza russa che quella francese, è stato arrestato nell’agosto 2024 con accuse di complicità in crimini legati agli utenti di Telegram, tra cui estremismo e abusi su minori. Rilasciato su cauzione di 5 milioni di euro, è rimasto sotto sorveglianza giudiziaria. Ha definito il tentativo francese di collegare il suo caso alla politica moldava come «uno schema già osservato altrove, come in Romania».
Durov ha ribadito che Telegram non accetterà censure politiche: «Siamo impegnati per la libertà di parola e non rimuoveremo contenuti per motivi politici. Continuerò a denunciare ogni tentativo di pressione per censurare la nostra piattaforma».
Elon Musk ha attirato l’attenzione sulle accuse di Durov, condividendo il suo post su X e commentando «Wow». Durov ha reso pubbliche queste dichiarazioni mentre i moldavi votavano alle elezioni parlamentari. La presidente Maia Sandu, filo-europea, è stata rieletta nel 2024 nonostante accuse di irregolarità, con l’opposizione che sostiene che i voti decisivi siano arrivati dalla diaspora in Europa.
— Elon Musk (@elonmusk) September 28, 2025
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Come riportato da Renovatio 21, in precedenza, Durov aveva accusato il capo dell’Intelligence francese Nicolas Lerner di avergli chiesto di censurare contenuti conservatori in Romania prima delle elezioni presidenziali di maggio, richiesta che ha respinto. Parigi ha negato con forza tali accuse.
Musk aveva già espresso sostegno a Durov in quell’occasione, commentando con un «Ecco, ecco!»
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