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Storia

Il Cremlino: gli autori del massacro di Odessa devono essere puniti

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Il fallimento di Kiev nel perseguire i responsabili dell’uccisione di massa degli attivisti anti-colpo di stato a Odessa dieci anni fa è una “pagina vergognosa” nella storia ucraina, ha detto il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov. Lo riporta RT.

 

Decine di manifestanti sono stati uccisi nel cuore della città portuale il 2 maggio 2014, dopo essere stati inseguiti da una folla in un edificio governativo, la locale Casa dei sindacati, che è stato poi dato alle fiamme e barricato. Nell’incendio morirono almeno 40 persone.

 

Gli aggressori avevano appoggiato il colpo di stato armato di Kiev settimane prima e appoggiato le nuove autorità che avevano preso il potere in Ucraina. Le vittime organizzavano manifestazioni quotidiane contro i cambiamenti.

 

«Ricordiamo tutti coloro che morirono tragicamente allora. Siamo convinti che le persone dietro questo crimine debbano essere punite», ha detto Peskov ai giornalisti. «Per tali reati non si applica la prescrizione».

 

Funzionari ucraini hanno affermato che le morti a Odessa erano il risultato di una provocazione da parte di aspiranti separatisti. Affermano che un piccolo gruppo ha attaccato un raduno molto più numeroso di tifosi di calcio e li ha condotti in un vicino accampamento di protesta di attivisti anti-colpo di Stato, provocando uno scontro.

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Le autorità di Kiev attribuiscono la mancata reazione rapida dei vigili del fuoco all’incendio scoppiato nella Camera dei sindacati al caos generale della situazione. Il conteggio ufficiale delle vittime dell’incidente è stato di 48, comprese sei persone morte negli scontri di strada.

 

Mosca ritiene che l’esplosione di violenza sia stata un tentativo deliberato di terrorizzare la popolazione della città di lingua russa affinché si sottomettesse al governo post-colpo di stato e alle sue politiche anti-russe.

 

«Odessa era un osso nella gola del regime, che voleva mettere in ginocchio gli abitanti della città che odiava e soffocare nel sangue ogni resistenza», ha affermato il ministero degli Esteri russo in una dichiarazione in occasione del decimo anniversario della tragedia.

 

«I radicali hanno dato fuoco all’edificio. Hanno ucciso quelli che cercavano di scappare dal fuoco», ha affermato il ministero.

 

La dichiarazione condanna specificamente l’inerzia del presidente Volodymyr Zelens’kyj, che durante la campagna elettorale del 2019 aveva promesso che «sotto il suo governo, le leggi ucraine e il principio dell’inevitabilità della punizione sarebbero stati rigorosamente rispettati».

 

I commenti di Peskov di giovedì sono arrivati ​​in risposta alle osservazioni fatte da Viktor Medvedchuk, l’ex leader dell’opposizione ucraina costretto all’esilio sotto la presidenza di Zelens’kyj. Il politico ha affermato che gli alti dirigenti post-colpo di Stato, compreso il presidente ad interim Aleksandr Turchinov e funzionari a livello di gabinetto, avevano orchestrato le uccisioni di massa.

 

In un’intervista alla TASS, Medvedchuk ha bollato i presunti cospiratori come «fascisti selvaggi» e ha condannato «il fatto che le “democrazie” occidentali non abbiano contestato questo crimine terribile e crudele negli ultimi dieci anni».

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Le origini della CIA e la nascita delle operazioni coperte

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Nel suo saggio storico Disciples lo scrittore e giornalista Douglas Waller racconta come Richard Helms (1913-2002), agente segreto e futuro direttore della CIA, spiegasse come la lega dei gentleman – come William J. «Wild Bill» Donovan (1883-1959) amava chiamarla – conteneva vari disadattati sociali e diversi annoiati uomini d’affari di Wall Street in cerca d’azione.   Secondo Helms probabilmente il servizio segreto americano OSS aveva avuto un minimo effetto sulla guerra, si sarebbe potuta vincere anche senza di esso ma nonostante questo Donovan aveva dato prova di essere un leader e un visionario. Il generale aveva avuto il merito di far conoscere il Pentagono e gli americani nel difficile mondo della guerra non convenzionale.   Con la fine della seconda guerra mondiale, il presidente Harry S. Truman (1884-1972) sciolse l’OSS. La battaglia per la gestione dell’Intelligence nel mondo tra Donovan e J. Edgar Hoover (1895-1972) si risolse in un pareggio a reti inviolate. Ne trasse vantaggio Allen W. Dulles (1893-1969) che inizialmente formò la parte più clandestina con l’aiuto di Frank Wisner (1909-1965) ed infine ne prese formale controllo diventandone direttore.

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Allen Dulles, assieme anche a suo fratello John Foster Dulles (1888-1959) che ricoprì parallelamente l’incarico di segretario di Stato con Dwight D. Eisenhower (1890-1966), concorse a determinare quasi due decenni di politica estera americana. La sua esperienza come spia però venne plasmata agli ordini di Donovan a capo dell’ufficio svizzero e come molti altri colleghi ebbe un rapporto difficile con Wild Bill nonostante la stima reciproca.    Un editorialista scrisse che Donovan aveva avuto una vita da cavaliere medievale, o forse quello che più poteva avvicinarsi per il mondo americano a quell’ideale romantico di stampo prettamente europeo. Scappato dalla povertà della comunità irlandese di Buffalo, visse gli anni del college come quarterback della squadra di football, si laureò alla Columbia in classe con Franklin Roosevelt (1882-1945), venne insignito della medaglia al valor militare per eroismo durante la Grande guerra e divenne miliardario come avvocato di Wall Street.   All’alba della seconda guerra mondiale Roosevelt gli diede l’incarico di formare i servizi segreti americani, quello che poi venne chiamato OSS. Sotto il suo comando assemblò una macchina da più di 10 mila spie, organizzazioni paramilitari, propagandisti e analisti che combatterono l’Asse ovunque nel mondo.   Donovan considerava Dulles, nell’immediato dopoguerra, la sua migliore spia. Ma allo stesso modo aveva sempre sospettato che Dulles pensasse di poter gestire meglio l’OSS di quanto non stesse facendo lui, e non a torto. Inoltre Donovan aveva sempre sospettato che Dulles pensasse di volergli prendere il posto prima o poi, e anche qui non a torto.    Allo stesso modo di Donovan, Dulles, era convinto che il fine giustificasse i mezzi ed era necessario violare le rigide strutture etiche della società per una giusta causa. Dulles reclutò le menti più brillanti, più idealiste, più avventurose d’America e le spedì in giro per il mondo a combattere il comunismo come Donovan aveva fatto per il nazismo qualche anno prima. Li accomunava lo stesso trasporto per le spericolate missioni clandestine e la stessa insofferenza per quelle che non reputavano interessanti. Nonostante non l’avrebbe mai ammesso, l’esperienza nell’OSS durante la guerra l’aveva formato per la vita.    Successivamente alla resa tedesca, Donovan mandò Dulles a Wiesbaden con l’ordine di gestire Germania, Svizzera, Austria e Cecoslovacchia. L’americano stabilì la sede centrale nella fabbrica della Henkell Trocken Champagne a Wiesbaden che, nonostante bombardata, oltre a mantenere attiva la produzione, aveva ancora le cantine sufficientemente gremite di spumante.    Dulles in Wiesbaden portò vari agenti dei servizi e organizzò un sistema di raccolta informazioni e di reclutamento di nuovi agenti esteri a tempo pieno. L’idea dell’americano era quella di mantenere l’intelligence in vita sotto al suo comando. Per questo si circondò di analisti come Arthur M. Schlesinger Jr. (1917-2007) all’epoca agente dell’OSS, vari agenti del controspionaggio e in più tutta una serie di ufficiali esperti in medicina, comunicazioni e amministrazione. Helms e Ides Van der Gracht gestivano la sezione spionaggio, dopo il rifiuto al ruolo di capo dell’intelligence di William J. Casey (1913-1987) la posizione venne affidata a Frank Wisner (1909-1965).    La conferenza di Potsdam nell’estate del 1945 sancì l’inizio della guerra fredda. La paranoia di Stalin sulla rinascita della Germania e delle elezioni libere nei Paesi dell’Est Europa andava di pari passo con la sua profonda sfiducia verso le mosse americane. Gli States non avrebbero potuto capire quel momento senza mantenere una presenza fissa in Europa. Berlino divenne il centro di gravità permanente dell’intelligence del dopoguerra e così da Wiesbaden l’ufficio venne traslocato nella capitale tedesca. 

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Spiare i Russi divenne la priorità per tutta l’agenzia di Dulles a Berlino. Ma venne il giorno in cui Truman avvisò che sarebbe stata creata una nuova agenzia e che l’OSS sarebbe stata soppressa. I fondi a Berlino vennero tagliati e il morale allo stesso modo calò in maniera direttamente proporzionale al passare del tempo finché Dulles per primo non rassegnò le dimissioni e ritornò in America.   Allen Dulles ritornato alla sua carriera da avvocato non riuscì ad abbandonare l’entusiasmo per gli affari internazionali. Crebbe la sua vicinanza con Truman che gli offrì un ruolo da ambasciatore ma venne convinto dal fratello Foster a non accettare seguendo in questo modo la sua aspirazione maggiore. In seguito a un rapporto che scrisse per Truman dove delineò i problemi che stava avendo la CIA nella sua breve nuova vita, gli venne richiesto, in risposta, di gestire le operazioni clandestine.   Il passaggio successivo, dopo un breve periodo, divenne quello di ottenere il ruolo di vice direttore della CIA sotto il generale Walter Bedell Smith (1895-1961). La disciplina marziale richiesta ai suoi subordinati non si accostava al giovane Dulles con il quale nacquero diverse incomprensioni. Nel momento in cui Dwight Eisenhower divenne presidente, nominò sottosegretario il generale Bedell Smith sotto John Foster Dulles che divenne il nuovo segretario di stato.   La potenza di fuoco di John Foster consegnò in mano al fratello il ruolo tanto agognato di direttore della CIA. Bedell Smith, si oppose alla nomina di Dulles considerando la sua passione per le operazioni coperte nociva per l’agenzia e l’intera politica estera americana. Donovan, che si era speso moltissimo con «Ike» Eisenhower per ottenere la carica, allo stesso modo predisse che il suo sottoposto al tempo dell’OSS avrebbe mandato tutto all’aria.   Nonostante le gufate dei suoi ex colleghi, Allen assieme al fratello condussero per un’intera decade la politica estera americana fino all’ascesa politica di John Fitzgerald Kennedy alla presidenza e al disastro della Baia dei Porci del 1962.    Marco Dolcetta Capuzzo  

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Storia

Milei pubblica i documenti segreti di Adolfo Eichmann

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All’inizio del 2025 il presidente argentino Javier Milei ha declassificato e reso pubblici oltre 1.850 fascicoli (migliaia di pagine) che documentano gli sforzi dell’Argentina per individuare e monitorare migliaia di criminali nazisti rifugiatisi in Sud America dopo la Seconda guerra mondiale. L’iniziativa è partita su pressione del senatore repubblicano statunitense Chuck Grassley e del Simon Wiesenthal Center.

 

Come riportato da Renovatio 21, la pubblicazione dei file nazisti era stata annunziata dalle autorità argentine ad inizio anno.

 

I documenti, digitalizzati e caricati sul sito dell’Archivio generale della nazione, coprono soprattutto gli anni tra la fine dei Cinquanta e gli Ottanta e includono decreti presidenziali segreti dal 1957 al 2005. Sono organizzati in sette grandi sezioni dedicate ai principali ricercati: Adolf Eichmann (catturato a Buenos Aires nel 1960 dal Mossad sotto il falso nome di Ricardo Klement), con prove che il governo peronista sapeva della sua presenza e in alcuni casi lo protesse; Josef Mengele, il medico di Auschwitz che visse per anni in Argentina prima di riparare in Paraguay e Brasile; Martin Bormann, Ante Pavelić, Rudolf Höss e Klaus Barbie.

 

Harley Lippman, membro della Commissione statunitense per il patrimonio americano all’estero e del board dell’Associazione Ebraica Europea, ha sottolineato l’importanza storica della pubblicazione: «Da un lato è vergognoso che l’Argentina abbia tenuto nascosti questi documenti per decenni; dall’altro va riconosciuto il coraggio dell’attuale governo nel renderli accessibili. Più che per gli ebrei, è fondamentale che gli argentini stessi facciano i conti con il proprio passato».

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A maggio 2025, durante il trasferimento degli archivi della Corte Suprema, sono state scoperte nel seminterrato 83 casse sigillate dal 1941: contenevano materiale di propaganda nazista intercettato alla dogana argentina su una nave giapponese diretta all’ambasciata tedesca di Buenos Aires. Il governo Milei ha annunciato che anche questi documenti saranno digitalizzati e declassificati.

 

Il capo di gabinetto Guillermo Francos ha spiegato la decisione di Milei: «Non esiste più alcun motivo per continuare a nascondere queste informazioni; non è nell’interesse della Repubblica Argentina mantenere tali segreti».

 

Lippman ha collegato la declassificazione al ritorno dell’antisemitismo globale: «Dopo l’“età dell’oro” di circa 80 anni in cui l’odio antiebraico sembrava sopito, il 7 ottobre 2023 e la successiva narrazione che dipinge israeliani ed ebrei come “genocidi” hanno riaperto vecchie ferite. Molti giovani sotto i 30 anni ignorano l’Olocausto o ne sottovalutano la portata: questi documenti possono ricordare che lo sterminio sistematico di sei milioni di ebrei è avvenuto appena 80 anni fa».

 

I fascicoli, ha aggiunto Lippman, potrebbero anche fare luce sul ruolo delle banche svizzere e argentine nel riciclaggio dell’oro e dei beni sottratti agli ebrei, nonché sul destino degli U-Boot carichi di valori nazisti arrivati in Argentina e sulle cosiddette «ratlines» che, con la complicità di alcuni governi locali, permisero a migliaia di criminali di guerra di rifarsi una vita in Sud America.

 

Come riportato da Renovatio 21, della conversione al giudaismo di Javier Milei si parla da tanto tempo, e abbondano immagini e video in cui il personaggio sventola in pubblico grandi bandiere israeliane, invita l’ambasciatore dello Stato Ebraico alle riunioni emergenziali di gabinetto, piange copiosamente sul muro del Pianto, rituale inflitto a tutti i politici nordamericani ed ora pure sudamericani. Vari giornali argentini hanno ricostruito i rapporti di Milei con rabbini influenti e con oligarchi ebrei legati a Giorgio Soros.

 

Come riportato da Renovatio 21, la scorsa primavera documenti CIA hanno rivelato la ricerca segreta di Hitler negli anni Cinquanta.

 

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Breve storia dei fratelli Dulles, tra nazismo e CIA

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Quanto il peso dei fratelli Dulles nelle scelte di politica estera americana fosse dominante lo si può capire leggendo la prefazione del libro di David Talbot The Devil’s Chessboard.   Il futuro direttore della CIA Allen Dulles (1893-1961), il minore dei due fratelli, durante la Seconda Guerra Mondiale, venne arruolato nell’OSS di William Donovan (1883-1959) e venne mandato a gestire l’ufficio di Berna. In quella stessa città aveva passato il periodo della prima guerra mondiale, dove aveva instaurato un ottimo rapporto con il clima internazionale della città svizzera e con i suoi frequentatori, soprattutto tedeschi con interessi nell’industria americana.    Tra le due guerre il fratello maggiore John Foster Dulles (1888-1959) aveva nel frattempo guadagnato un importante ruolo nella Sullivan & Cromwell, il più importante studio legale americano e forse al mondo in quel momento. Seguendo suo zio Robert Lansing (1864-1928) allora segretario di stato del presidente Woodrow Wilson (1856-1924), in un viaggio in Centro America attraverso alcuni suoi interventi si guadagnò la fiducia del Presidente e venne mandato alla conferenza di pace di Versailles come consigliere legale. 

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Durante la conferenza fece sentire la sua voce perché fosse lasciata una possibilità di recupero alla Germania senza che le imposizioni diventassero troppo pesanti e che fosse data una possibilità di ripagare il debito diluendolo in un numero maggiore di anni. Attraverso il presidente Wilson ricevette anche il mandato di membro del comitato di riparazione di guerra. Successivamente giocò un ruolo fondamentale nell’applicazione del piano Dawes che prevedeva la diminuzione dei pagamenti tedeschi e la presa in carico da parte di società private americane del debito di guerra.   Nel momento in cui anche Allen divenne associato allo studio legale attraverso il fratello, già uomo di punta della firm, venne incaricato di seguire i clienti europei e in particolare quelli tedeschi, avendo maturato ottimi contatti durante il suo periodo a Berna. I fratelli attraverso il loro studio legale crearono un importante flusso di affari con la Germania del primo dopo guerra. I loro interessi personali si fusero totalmente con il piano americano per la ricostruzione della Germania.   John Foster mantenne la rappresentanza di colossi della chimica come IG Farben o dell’acciaio come i Krupp anche durante l’ascesa di Hitler al potere e dichiarò sempre apertamente il suo appoggio alla causa nazista. Il ruolo fondamentale dei Dulles prevedeva che loro mantenessero aperto il canale di approvvigionamento dei colossi industriali tedeschi alle materie prime americane. Il suo appoggio non cambiò nemmeno dopo le leggi antisemite naziste del 1935 e i successivi maltrattamenti riservati alla popolazione ebraica in Germania prima dello scoppio della guerra.    Il fratello Allen, mandato con il compito di raccogliere informazioni dal presidente Franklin Delano Roosevelt (1882-1945), ebbe modo di incontrare Adolf Hitler (1889-1945) di persona nel 1933 nel suo ufficio di Berlino. L’incontro, voluto anche e soprattutto con l’obiettivo di capire quali altre possibilità ci fossero per lo studio legale, lasciò inoltre ai posteri un commento memorabile di Allen sul Führer che suonò pressapoco come «affatto allarmante». Anzi, le fonti dicono che rimase positivamente colpito dalla franchezza e dalla sincerità del capo della propaganda nazista Joseph Goebbels (1897-1945).    Nonostante l’idea di Allen sulla Germania nazista cominciò a mutare verso la fine degli anni Trenta, per deferenza verso il fratello maggiore non la dichiarò mai pubblicamente. Continuò infatti a occuparsi di finanza e industria tedesca senza sosta. Nel momento in cui venne arruolato dal’OSS, molte sue frequentazioni stridevano tanto che venne messo sotto sorveglianza speciale dal leggendario agente segreto canadese, al soldo dei britannici, William Stephenson (1897-1989).   In seguito al trasferimento a Berna, dove la sua carriera da spia ebbe inizio durante la Grande guerra, e con essa i suoi rapporti con il mondo tedesco, in molti storsero il naso. La scelta di Roosevelt suscitò non poche perplessità nel suo gruppo di governo, Dulles rappresentava concretamente il mondo conservatore che voleva farlo fuori. Il piano del presidente però lo avrebbe messo nella condizione di coltivare strettamente i suoi contatti e in questo modo portandoli alla luce. O almeno queste erano le intenzioni di Roosevelt.    Uni dei contatti fondamentali di Allen Dulles a Berna era Thomas McKittrick (1889-1970), un vecchio amico di Wall Street. McKittrick in quel momento si era recato a Berna come neoeletto presidente della BIS, Bank for International Settlement. La banca era stata creata come organo sovranazionale per mettere in comunicazione le varie banche centrali e amministrare i pagamenti verso le nazioni perdenti, leggasi Germania. In poco tempo la BIS si trasformò nel pilastro centrale delle movimentazioni finanziarie sovranazionali.   Quando McKittrick arrivò per ricoprire il suo incarico nel 1940, la banca era di fatto già sotto controllo nazista da molto tempo. Cinque dei suoi direttori in quel momento vennero accusati di crimini di guerra dopo il 1945, tra questi, Hermann Schmitz (1881-1960) proprietario della IG Farben e produttore del Zyklon B, gas che verrà utilizzato nei campi di concentramento nazisti. Schmitz era uno dei tanti imprenditori coinvolti con lo studio legale dei fratelli Dulles e con la BIS che divenne sottotraccia uno dei principali finanziatori del regime nazista di Hitler e delle sue volontà belligeranti. La BIS, inoltre, venne utilizzata dai nazisti per riciclare le centinaia di milioni di dollari di oro sottratto durante i saccheggi e le requisizioni.

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Anche McKittrick era inviso a Roosevelt e ai suoi uomini, in particolar modo a Henry Morgenthau Jr. (1891-1967) che fece di tutto per limitare il suo operato ma con scarsi risultati. I contatti tra Dulles e il presidente della BIS continuarono per tutta la guerra e si concentrarono particolarmente su come riuscire a mantenere in sicurezza gli investimenti dei loro clienti. Quando Roosevelt lanciò l’operazione Safehaven, con l’obiettivo di confiscare i patrimoni nazisti nascosti nelle nazioni neutrali, Dulles e McKittrick di pari passo si industriarono per ostacolarne la realizzazione.   Dulles, al contrario di Morgenthau, preferiva strategicamente che le ricche famiglie tedesche si riprendessero i loro patrimoni e riformassero una Germania forte per contribuire a mettere in atto un solido baluardo contro la potenza sovietica. Resosi conto che non avrebbe mai ottenuto questo da Morgenthau preferì agire nell’ombra sabotando l’operazione fin da subito e lo stesso fece McKittrick. John Foster da New York si dedicò invece ad aiutare i suoi clienti tedeschi a nascondere le loro fortune.    Secondo il giudice della Corte Suprema Arthur Goldberg che all’epoca era un giovane avvocato al soldo dell’OSS, i fratelli Dulles sarebbero dovuti essere accusati di tradimento. Con la morte di Roosevelt nel aprile del 1945, dal lato del mondo democratico non rimaneva la sufficiente forza e volontà a scoperchiare il vaso di Pandora per attaccare due colonne portanti dello stato americano. Allen, consapevole del potere derivante dalla conoscenza, continuò ad operare nel mondo dell’Intelligence durante tutto il dopoguerra, monitorando e indirizzando le informazioni riguardanti lui e suo fratello.   Marco Dolcetta Capuzzo  

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