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Il cardinale Sarah respinge con forza Fiducia Supplicans e l’«eresia» delle «benedizioni» omosessuali

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L’eminente prelato africano cardinale Robert Sarah si è unito al numero crescente di vescovi che hanno rifiutato la Fiducia Supplicans, affermando che essa propone «un’eresia che mina gravemente la Chiesa, il Corpo di Cristo, perché è contraria alla Fede e tradizione cattolica».

 

In una dichiarazione pubblicata dal vaticanista Sandro Magister, Sarah, come tanti suoi colleghi delle conferenze episcopali africane, ha respinto l’introduzione delle «benedizioni» alle coppie omosessuali operata dal documento Fiducia Supplicans.

 

Il cardinale sottolinea come l’attività omosessuale sia contraria alla «legge naturale», alla Scrittura e alla legge morale della Chiesa, azioni che «sono contrarie alla legge naturale», ha scritto, attingendo alla dichiarazione Persona Humana.

 

Tali atti «precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati. Qualsiasi approccio pastorale che non richiamasse questa verità oggettiva verrebbe meno alla prima opera di misericordia che è il dono della verità» scrive il porporato.

 

Il cardinale scrive dello scandalo e del caos seguiti alla pubblicazione della Fiducia Supplicans.

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«Proprio la confusione, la mancanza di chiarezza e di verità e la divisione hanno turbato e oscurato la festa di Natale di quest’anno. Alcuni media asseriscono che la Chiesa cattolica incoraggia la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso. Mentono. Fanno il lavoro del divisore» tuona Sarah.

 

«Alcuni vescovi vanno nella stessa direzione, seminano il dubbio e lo scandalo nelle anime dei fedeli pretendendo di benedire le unioni omosessuali come se fossero legittime, conformi alla natura creata da Dio, come se potessero condurre alla santità e alla felicità umana» continua il principe della Chiesa. «Non fanno che generare errori, scandali, dubbi e delusioni. Questi vescovi ignorano o dimenticano il severo monito di Gesù contro coloro che scandalizzano i piccoli».

 

La dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede, che Sarah ricorda essere stata «pubblicata con l’approvazione di papa Francesco, non ha saputo correggere questi errori e fare opera di verità. Di più, con la sua mancanza di chiarezza, non ha fatto che amplificare la confusione che regna nei cuori e alcuni addirittura se ne sono impadroniti per sostenere il loro tentativo di manipolazione».

 

Il porporato guineano oppone un rifiuto talmente netto della situazione da volersi sottrarre alla discussione del testo, in ispecie riguardo le distinzioni tra tipi di benedizioni introdotte con la successiva nota di spiegazione del cardinale Fernandez.

 

«Consentitemi inoltre di non cadere in vani cavilli a proposito del significato della parola benedizione. È ovvio che possiamo pregare per il peccatore, è ovvio che possiamo chiedere a Dio la sua conversione. È ovvio che possiamo benedire l’uomo che, poco a poco, si rivolge a Dio per chiedere umilmente la grazia di un cambiamento vero e radicale della sua vita. La preghiera della Chiesa non si rifiuta a nessuno».

 

Tuttavia, scrive il Sarah, la preghiera «non può mai essere deviata facendola diventare una legittimazione del peccato, della struttura del peccato, o anche dell’occasione prossima del peccato. Il cuore contrito e penitente, anche se è ancora lontano dalla santità, deve essere benedetto».

 

«La libertà che dobbiamo offrire alle persone che vivono in unioni omosessuali risiede nella verità della parola di Dio. Come potremmo osare far loro credere che sarebbe bene e voluto da Dio che rimangano nella prigione del loro peccato?»

 

«Le persone omosessuali sono chiamate alla castità» scrive il cardinale, citando il Catechismo. Al contempo, Sarah cita Benedetto XVI: «Come esseri umani, le persone omosessuali meritano rispetto (…) non dovrebbero essere respinte per questo motivo. Il rispetto per l’essere umano è assolutamente fondamentale e decisivo. Ma ciò non significa che per questo l’omosessualità sia giusta. Resta qualcosa che si oppone radicalmente all’essenza stessa di ciò che Dio ha voluto all’origine».

 

«Benedetto XVI ha sottolineato che “la nozione di ‘matrimonio omosessuale’ è in contraddizione con tutte le culture dell’umanità che si sono succedute fino ad oggi e significa quindi una rivoluzione culturale che si oppone a tutta la tradizione dell’umanità fino ad oggi”. Io credo che la Chiesa d’Africa ne abbia una viva coscienza. Essa non dimentica la missione essenziale che gli ultimi papi le hanno affidato» dichiara il presule del Continente Nero.

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Il cardinale non manca quindi di appoggiare i pronunciamenti delle conferenze episcopali africane che hanno opposto strenuo rifiuto all’applicazione della controversa dichiarazione vaticana pro-omosessualista.

 

«Devo ringraziare le conferenze episcopali che hanno già fatto quest’opera di verità, in particolare quelle del Camerun, del Ciad, della Nigeria, etc., di cui condivido e faccio mie le decisioni e la ferma opposizione alla dichiarazione Fiducia supplicans. Dobbiamo incoraggiare le altre conferenze episcopali nazionali o regionali e ogni vescovo a fare lo stesso. Facendo così, non ci opponiamo a papa Francesco, ma ci opponiamo fermamente e radicalmente a un’eresia che mina gravemente la Chiesa, Corpo di Cristo, perché contraria alla fede cattolica e alla Tradizione».

 

Monsignor Sarah infine mette in guardia, perché il processo non è finito per niente. L’obiettivo, suggerisce, potrebbe essere il prossimo Sinodo.

 

«Tutta questa confusione, suscitata dalla dichiarazione Fiducia supplicans, potrebbe riapparire sotto altre formulazioni più sottili e più nascoste nella seconda sessione del Sinodo sulla sinodalità, nel 2024, o negli argomenti di coloro che aiutano il Santo Padre a scrivere l’esortazione apostolica post-sinodale».

 

In pratica, lo scandalo della dichiarazione del Dicastero va considerato in un’ottica a medio-lungo termine di sovvertimento della chiesa.

 

«Satana non tentò il Signore Gesù per tre volte? Dovremo vigilare sulle manipolazioni e i progetti che alcuni stanno già preparando per questa prossima sessione del Sinodo».

 

Il cardinale conclude con una densa citazione evangelica:

 

«Una parola di Cristo ci giudicherà: “Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio” (Gv 8,47)».

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Immagine di Lawrence OP via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

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Il transgenderismo è in declino tra i giovani americani: «una moda in declino»

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Un recente rapporto indica un calo nell’identificazione transgender tra i giovani americani, dopo il picco registrato durante l’amministrazione Biden.   Il rapporto, intitolato «The Decline of Trans and Queer Identity among Young Americans», redatto dal professor Eric Kaufmann, analizza i dati di studenti universitari negli Stati Uniti attraverso sette fonti.   I risultati mostrano che l’identificazione transgender è scesa a circa la metà rispetto al massimo raggiunto nel 2023, passando dal 7% al 4%.

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Tra il 2024 e il 2025, meno studenti universitari del primo anno si sono identificati come «trans o queer» rispetto agli studenti dell’ultimo anno, invertendo la tendenza osservata nel 2022-2023.   Anche l’identificazione come «non binario» (né uomo né donna) è diminuita della metà in tre delle cinque fonti di dati dello studio. L’identificazione eterosessuale è in aumento, pur rimanendo inferiore rispetto al 2020, mentre quella gay e lesbica è rimasta stabile.   «Questo suggerisce che la non conformità di genere/sessuale continuerà a diminuire», ha scritto Kaufmann su X, commentando i risultati, definendo l’identità transgender e queer una «moda» ormai in declino.   «Il calo delle persone trans e queer sembra simile allo svanire di una tendenza», ha affermato, sottolineando che tale cambiamento è avvenuto indipendentemente dalle variazioni nelle convinzioni politiche o nell’uso dei social media, ma con un ruolo significativo del miglioramento della salute mentale.   «Gli studenti meno ansiosi e, soprattutto, meno depressi [sono] associati a una minore percentuale di identificazioni trans, queer o bisessuali», ha aggiunto.   Come riportato da Renovatio 21, gennaio, il presidente Trump – che prima di rientrare alla Casa Bianca aveva promesso di fermare la «follia transgender» dal primo giorno della sua presidenza –ha firmato un ordine esecutivo per vietare al governo federale di finanziare o promuovere la transizione di genere nei minori. «Questa pericolosa tendenza sarà una macchia nella storia della nostra nazione e deve finire», ha dichiarato.   Sono seguiti interventi dell’amministrazione Trump contro il reclutamento di trans nell’esercito (nonché la cacciata dei già recluati) e la partecipazione di transessuali maschi alle gare sportive delle donne. «la guerra allo sport femminile è finita» ha dichiarato il presidente americano.

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Secondo il Williams Institute, il 76% delle persone transgender (circa 2,8 milioni) ha meno di 35 anni, di cui il 25% (724.000) è tra i 13 e i 17 anni. Il rapporto evidenzia che la composizione razziale delle persone transgender riflette quella degli Stati Uniti. Circa un terzo si identifica come donna, un terzo come uomo e un terzo come non binario.   Dal 2022, il Williams Institute stima che il numero di persone transgender sia cresciuto da 1,6 milioni a 2,8 milioni, un aumento del 75% in tre anni.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa uno studio dell’ente americano Public Religion Research Institute (PRRI) aveva rivelato che più di un americano su quattro (28%) di età compresa tra 18 e 25 anni, nota come Generazione Z, si è identificato come LGBT.   La «moda» ora può essere finita. Tuttavia, ci chiediamo: quale ne è stato il prezzo?   Quanti ragazzi castrati per sempre? Quante ragazze mutilate dei seni? Quanti adolescenti intossicati di steroidi sintetici? Quante famiglie lacerate e distrutte?

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Nuova serie gay sui militari americani: il Pentagono contro Netflix

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Il Pentagono ha accusato Netflix di produrre «spazzatura woke» per una sua nuova serie incentrata su un marine gay. La serie ha debuttato durante la campagna del presidente Donald Trump e del Segretario alla Guerra Pete Hegseth per eliminare la «cultura woke» dall’esercito.

 

Kingsley Wilson, portavoce del dipartimento della Guerra, ha dichiarato a Entertainment Weekly che il Pentagono non appoggia «l’agenda ideologica» di Netflix. L’esercito americano «non scenderà a compromessi sui nostri standard, a differenza di Netflix, la cui leadership produce e fornisce costantemente spazzatura woke al proprio pubblico e ai bambini», ha detto Kingsley, sottolineando che il Pentagono si concentra sul «ripristino dell’etica del guerriero».

 

«I nostri standard generali sono elitari, uniformi e neutrali rispetto al sesso, perché al peso di uno zaino o di un essere umano non importa se sei un uomo, una donna, gay o eterosessuale», ha aggiunto la portavoce.

 

Lo Hegseth ha introdotto nuovi requisiti fisici «di livello maschile» per affrontare situazioni di «vita o morte» in battaglia, affermando: «Gli standard devono essere uniformi, neutri rispetto al genere ed elevati. Altrimenti, non sono standard» criticando approcci alternativi che «fanno uccidere i nostri figli e le nostre figlie». A febbraio, il Segretario alla Guerra ha definito il motto «la diversità è la nostra forza» come il «più stupido» nella storia militare.

 

Il Pentagono lotta da anni con carenze di reclutamento, registrando nel 2023 un deficit di 15.000 unità, il peggiore dalla fine della leva obbligatoria nel 1973. I repubblicani attribuiscono il problema all’eccessiva enfasi sulla diversità a scapito della preparazione militare, come evidenziato da un rapporto del 2021 che criticava la Marina per aver prioritizzato la «consapevolezza» rispetto alla vittoria in guerra.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

 

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Gender

La Commissione Europea svela la sua strategia LGBTQ

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La Commissione Europea sta lavorando per promuovere la causa degli attivisti LGBTQI, verso una transizione di genere senza ostacoli, nonostante le scoperte scientifiche sulla salute di bambini e adolescenti. Mira inoltre a incoraggiare la pratica della maternità surrogata.   L’8 ottobre, la Commissaria Europea per l’Uguaglianza, la Preparazione e la Gestione delle Crisi, Hadja Lahbib, ha presentato la «strategia rinnovata per la parità di trattamento delle persone LGBTQI dopo il 2025» della Commissione Europea.   Sono elencati tutti gli ambiti in cui le istituzioni dovrebbero tenere conto della necessaria difesa dei diritti delle persone LGBTQI, citando ambiti diversi come il sostegno alle vittime, la ricerca, la sicurezza durante gli assembramenti, la prevenzione di crisi geopolitiche, attacchi informatici e calamità naturali, la cultura e i media audiovisivi, lo sport, le commemorazioni e il lavoro di commemorazione delle persecuzioni che queste persone hanno subito nel corso della storia.   La Commissione propone agli Stati membri una moltitudine di strumenti e meccanismi per affrontare la questione. Si impegna a stanziare fondi, per un totale di 3,6 miliardi di euro, per la difesa delle persone LGBTQI+ in Europa. Il documento indica una riduzione dei finanziamenti, ma «nel Sud e nell’Est del mondo». Non negli Stati membri dell’Unione Europea.

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Transizione di genere

La Commissione deplora il fatto che «alcuni Stati membri impongano ancora l’intervento medico come condizione per il riconoscimento giuridico del genere». Un «cambiamento di genere» nello stato civile dovrebbe essere concesso su semplice richiesta.   La transizione non deve essere soggetta a limiti di età: «a Commissione faciliterà lo scambio di buone pratiche tra gli Stati membri per sostenere lo sviluppo di procedure legali per il riconoscimento del genere basate sull’autodeterminazione, senza criteri di età».  

Genitorialità

In nome della «parità di diritti tra gli Stati membri», la Commissione chiede il riconoscimento reciproco in materia di regimi patrimoniali tra coniugi, divorzio, successioni e filiazione.   Le istituzioni europee utilizzano il principio della libera circolazione per garantire che le coppie dello stesso sesso sposate in un paese mantengano gli stessi diritti in un altro paese in cui tali matrimoni non sono riconosciuti. Per quanto riguarda la filiazione: «il diritto dell’UE impone già agli Stati membri di riconoscere la filiazione di un minore così come stabilita in un altro Stato membro».   Tuttavia, è necessario sottolineare che stabilire la filiazione è una prerogativa dello Stato, come ricordato dall’iniziativa della Slovacchia di sancire il divieto di maternità surrogata nella propria Costituzione.   La Commissione osserva che «i minori possono perdere i loro diritti di successione o di mantenimento in un altro Stato membro, o il diritto di avere uno dei genitori come loro rappresentante legale». Ritiene che ciò costituisca una limitazione alla libertà di circolazione, utilizzando questo meccanismo per invadere l’ambito della filiazione, che non è una sua prerogativa.   Nel 2020, Ursula von der Leyen ha dichiarato: «se sei genitore in un Paese, sei genitore in tutti i Paesi». La strategia post-2025 della Commissione ribadisce questo impegno: «il rapporto di filiazione stabilito in uno Stato membro deve essere stabilito in qualsiasi altro Stato membro, a tutti gli effetti, al di là di quanto già garantito dalla legislazione europea in materia di libera circolazione».

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Maternità surrogata

La Francia ha già autorizzato il matrimonio e l’adozione per le coppie dello stesso sesso; tuttavia, la maternità surrogata rimane vietata per il momento. Se la proposta della Commissione europea verrà adottata, i cittadini francesi non avranno difficoltà a stabilire la filiazione tramite maternità surrogata.   Il 13 ottobre 2025, la Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere ha votato la bozza della sua relazione sulla Strategia per la parità di genere 2025, che definirà la strategia della Commissione europea in materia. In questa occasione, la Commissione ha adottato un emendamento che «condanna la pratica della maternità surrogata».   Ma un altro emendamento, anch’esso adottato, ha sostenuto l’attuazione di un «Certificato europeo di genitorialità». Questo imporrebbe agli Stati membri di riconoscere la filiazione dei bambini nati tramite maternità surrogata in un altro Stato. A novembre, la posizione definitiva sarà votata in sessione plenaria. Da che parte penderà la bilancia?   Articolo previamente apparso su FSSPX.News  

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