Spirito
Fiducia Supplicans e la «benedizione pastorale»
«La Chiesa deve rifuggire dall’appoggiare la sua prassi pastorale alla fissità di alcuni schemi dottrinali o disciplinari».
1. Questo passaggio del numero 25 della recentissima Dichiarazione Fiducia supplicans non è che una ripetizione del principio fondamentale già affermato da Papa Francesco nell’Esortazione postsinodale Amoris laetitia. Questo stesso principio trova la sua giustificazione nel numero 8 della suddetta Dichiarazione, che a sua volta si riferisce al numero 12 del Nuovo Rituale, promulgato da Giovanni Paolo II nel 1985.
«Le benedizioni possono essere considerate tra i sacramentali più diffusi e in continua evoluzione. Esse, infatti, conducono a cogliere la presenza di Dio in tutte le vicende della vita e ricordano che, anche nell’utilizzo delle cose create, l’essere umano è invitato a cercare Dio, ad amarlo e a servirlo fedelmente».
Le benedizioni sono «in continua evoluzione». Perché? Perché il loro scopo è «cogliere» e «ricordare»… Cogliere e ricordare: le benedizioni non sarebbero quindi altro che un linguaggio, puri segni, operanti né più né meno che una consapevolezza? Se è davvero così, è logico che si adattino, come ogni linguaggio, alla mentalità di coloro ai quali si rivolgono. Perché l’essenziale, in ogni pastorale, è farsi capire. Da lì segue tutto il resto.
2. E innanzitutto, per benedire basta ascoltare le diverse persone «che vengono spontaneamente a chiedere una benedizione» (n. 21). Questa stessa richiesta esprime l’esigenza «della presenza salvifica di Dio nella sua storia» (n. 20).
Chiedere la benedizione è riconoscere la Chiesa «come sacramento di salvezza» (ibidem), «ammettere che la vita ecclesiale sgorga dal grembo della misericordia di Dio e ci aiuta ad andare avanti, a vivere meglio, a rispondere alla volontà del Signore» (ibidem). La richiesta, insomma, riflette delle convinzioni, ma cos’altro? Riflette un desiderio di guarigione, una risoluzione efficace?
Esprime il desiderio di conversione? Il numero 21 evoca semplicemente, da parte di coloro che chiedono la benedizione, «la loro sincera apertura alla trascendenza, la fiducia del loro cuore che non confida solo nelle proprie forze, il loro bisogno di Dio e il desiderio di uscire dalle anguste misure di questo mondo chiuso nei suoi limiti».
E uscire dal peccato? A quanto pare, questo non è questo il caso. Il che non sorprende, poiché la benedizione è un ascolto, perché, come ogni ascolto, non deve preoccuparsi di risoluzioni efficaci. Avviene in un momento di speranza e aspettativa.
Sostieni Renovatio 21
3. Benedire non è solo ascoltare; deve esprimere anche l’amore di Dio e per questo è tutto a tutti. Certamente non può «offrire una forma di legittimazione morale a una prassi sessuale extra-matrimoniale» (n. 11). Ma «si deve altresì evitare il rischio di ridurre il senso delle benedizioni soltanto a questo punto di vista, perché ci porterebbe a pretendere, per una semplice benedizione, le stesse condizioni morali che si chiedono per la ricezione dei sacramenti».
«Tale rischio esige che si ampli ulteriormente questa prospettiva. Infatti, vi è il pericolo che un gesto pastorale, così amato e diffuso, sia sottoposto a troppi prerequisiti di carattere morale, i quali, con la pretesa di un controllo, potrebbero porre in ombra la forza incondizionata dell’amore di Dio su cui si fonda il gesto della benedizione». (N. 12)
La benedizione deve quindi esprimere l’amore di Dio in modi differenziati. L’essenziale è non «perdere la carità pastorale, che deve attraversare tutte le nostre decisioni e atteggiamenti» ed evitare di «essere giudici che solo negano, respingono, escludono» (n. 13).
4. Il nuovo «magistero» pastorale inaugurato da Giovanni XXIII non mira più a convertire. Tanto varrebbe dire che non cerca più di condurre le anime fuori dal peccato. Ascolta e dialoga. E così facendo, dà al mondo i mezzi per realizzarsi come tale, fuggendo dal materialismo, in un’apertura alla trascendenza.
«In fondo, la benedizione offre alle persone un mezzo per accrescere la loro fiducia in Dio. La richiesta di una benedizione esprime ed alimenta l’apertura alla trascendenza, la pietà, la vicinanza a Dio in mille circostanze concrete della vita, e questo non è cosa da poco nel mondo in cui viviamo. È un seme dello Spirito Santo che va curato, non ostacolato» (n. 33).
E il peccato? E la conversione? E la salvezza eterna? Non una parola. Vi è stato detto: la benedizione è lì per aiutarvi a cogliere «la presenza di Dio in tutte le vicende della vita».
5. Ecco perché «la Chiesa, inoltre, deve rifuggire dall’appoggiare la sua prassi pastorale alla fissità di alcuni schemi dottrinali o disciplinari». Ciò è comprensibile, poiché la benedizione è un aspetto della pastorale e la pastorale consiste nell’ascolto e nel dialogo, nel «cogliere» e nel «ricordare».
In questo ambito gli schemi non sono adeguati, danno «luogo ad un elitarismo narcisista e autoritario, dove invece di evangelizzare si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare» (citazione di Papa Francesco al n. 25).
Pertanto, «quando le persone invocano una benedizione non dovrebbe essere posta un’esaustiva analisi morale come precondizione per poterla conferire. Non si deve richiedere loro una previa perfezione morale» (n. 25). Perché non si tratta di conversione. Si tratta di dialogo e ascolto.
Il principio base di questo ascolto, che è anche il principio base della Nuova Evangelizzazione, è che «noi per Dio siamo più importanti di tutti i peccati che noi possiamo fare, perché Lui è padre, è madre, è amore puro, Lui ci ha benedetto per sempre. E non smetterà mai di benedirci» (n. 27). Se ci atteniamo a questo principio, esiste l’Inferno? E se esistesse, non sarebbe piuttosto vuoto? …
Questo principio è quello di «far sentire a quelle persone che rimangono benedette nonostante i loro gravi errori, che il Padre celeste continua a volere il loro bene e a sperare che si aprano finalmente al bene» (ibidem). «Aprirsi al bene»: in che senso?
Si tratta solo del «desiderio di uscire dalle anguste misure di questo mondo chiuso nei suoi limiti»? Logicamente sì. Ed è per questo che la conclusione tanto attesa appare inevitabile. Anche le coppie dello stesso sesso hanno il diritto di ricevere la benedizione della Chiesa.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
6. Questa conclusione arriva nero su bianco, non a caso, al numero 31 della Dichiarazione. «Nell’orizzonte qui delineato si colloca la possibilità di benedizioni di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello stesso sesso».
Viene naturalmente specificato che tale benedizione avrà una «forma [che] non deve trovare alcuna fissazione rituale da parte delle autorità ecclesiali, allo scopo di non produrre una confusione con la benedizione propria del sacramento del matrimonio». E il numero 39 si aggiunge a questa precauzione che vuole essere rassicurante – ci chiediamo anche a chi si rivolge:
«Ad ogni modo, proprio per evitare qualsiasi forma di confusione o di scandalo, quando la preghiera di benedizione, benché espressa al di fuori dei riti previsti dai libri liturgici, sia chiesta da una coppia in una situazione irregolare, questa benedizione mai verrà svolta contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi. Neanche con degli abiti, gesti o parole propri di un matrimonio. Lo stesso vale quando la benedizione è richiesta da una coppia dello stesso sesso».
Ma il numero 40 si affretta a riaprire le porte chiuse dal numero precedente: «Tale benedizione può invece trovare la sua collocazione in altri contesti, quali la visita a un santuario (Lisieux?), l’incontro con un sacerdote (alla fine della messa?), una preghiera recitata in gruppo (durante la recita dei vespri o del rosario?) o durante un pellegrinaggio (Lourdes, Fatima?)».
«Infatti, attraverso queste benedizioni che vengono impartite non attraverso le forme rituali proprie della liturgia, bensì come espressione del cuore materno della Chiesa, analoghe a quelle che promanano in fondo dalle viscere della pietà popolare, non si intende legittimare nulla ma soltanto aprire la propria vita a Dio, chiedere il suo aiuto per vivere meglio, ed anche invocare lo Spirito Santo perché i valori del Vangelo possano essere vissuti con maggiore fedeltà».
Le forme rituali proprie della liturgia non sarebbero dunque l’espressione del cuore materno della Chiesa? Sembra di no, poiché il numero 36 specifica che voler fare di queste benedizioni un atto liturgico «costituirebbe un grave impoverimento, perché sottoporrebbe un gesto di grande valore nella pietà popolare ad un controllo eccessivo, che priverebbe i ministri della libertà e della spontaneità nell’accompagnamento pastorale della vita delle persone».
Sempre questa dialettica infantile e dannosa tra autorità e libertà, tra legge e carità, tra giustizia e amore. Ricordiamo per il momento che questo tipo di «benedizione» può avvenire all’interno delle chiese e, perché no, alla balaustra, davanti all’altare maggiore.
Aiuta Renovatio 21
7. Queste benedizioni scenderanno «su coloro che, riconoscendosi indigenti e bisognosi del suo aiuto, non rivendicano la legittimazione di un proprio status, ma mendicano che tutto ciò che di vero di buono e di umanamente valido è presente nella loro vita e relazioni, sia investito, sanato ed elevato dalla presenza dello Spirito Santo» (n. 31).
Si tratta quindi di un miglioramento, basato su ciò che già è buono, non di una cura. Non si dice assolutamente nulla di ciò che è falso e cattivo, anche umanamente parlando, tanto meno del peccato stesso. Niente di niente, né qui né altrove nel resto del documento. Ma almeno esiste?
Ciò che conta è che «le umane relazioni possano maturare e crescere nella fedeltà al messaggio del Vangelo, liberarsi dalle loro imperfezioni e fragilità ed esprimersi nella dimensione sempre più grande dell’amore divino» (ibidem). Imperfezioni e fragilità… Non è dire troppo poco quando si parla di adulterio o di omosessualità?
È vero che «la grazia di Dio, infatti, opera nella vita di coloro che non si pretendono giusti ma si riconoscono umilmente peccatori come tutti. Essa è in grado di orientare ogni cosa secondo i misteriosi ed imprevedibili disegni di Dio». Disegni misteriosi e imprevedibili, sì, alcuni corrispondono a ciò che i teologi designano come volontà divina «di beneplacito».
Ma c’è anche una volontà divina «significata» e che si esprime in modo niente affatto misterioso ma perfettamente chiaro, e che corrisponde a disegni perfettamente prevedibili: la volontà di Dio così come si esprime attraverso i dieci comandamenti e la legge della Chiesa. Prima di benedire in ogni direzione, non sarebbe opportuno ricordare queste esigenze e sollecitarle con tutta la persuasione possibile?
Al numero 40 vengono descritte le ambizioni di questo nuovo ministero pastorale di «aprire la propria vita a Dio, chiedere il suo aiuto per vivere meglio, ed anche invocare lo Spirito Santo perché i valori del Vangelo possano essere vissuti con maggiore fedeltà». L’incoerenza di tali espressioni è troppo vaga per non diventare dilatoria.
8. L’impatto di questa Dichiarazione, sinistra e vergognosa al tempo stesso, si farà sentire soprattutto tra i cattolici, che ancora una volta saranno scossi nella loro morale e veramente scandalizzati, cioè spinti – esortati addirittura – a non più semplicemente tollerare, ma ammettere l’inaccettabile.
Il risultato più tangibile, nell’immediato futuro, si sente sulle prime pagine di tutti i giornali, dove titolano che il Vaticano autorizza finalmente (è la prima volta) la benedizione delle coppie omosessuali.
9. Questa Dichiarazione è dunque davvero scandalosa e lo scandalo che suscita è grande. Dov’è allora la «mola asinaria» del Vangelo (1)?… Ma poiché la bontà di Dio resta grande, sarà senza dubbio necessario creare più spazio nelle chiese della Tradizione, per accogliere – come nella stalla di Betlemme – tutti i poveri cattolici sempre più delusi nella loro fiducia…
Don Jean-Michel Gleize
FSSPX
NOTE
1) «Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare» (Mt, 18, 6).
Don Jean-Michel Gleize è professore di Apologetica, Ecclesiologia e Dogma al Seminario San Pio X di Econe. È il principale collaboratore del Courrier de Rome. Ha partecipato alle discussioni dottrinali tra Roma e la FSSPX tra il 2009 e il 2011.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine: Tiziano Vecellio, Salvator Mundi, circa 1570, Museo dell’Ermitage San Pietroburgo
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia.
Spirito
Chiesa 2.0 del cardinale Walter Kasper
Un’interpretazione molto personale dell’evoluzione della funzione cardinale
Radicata inizialmente nella liturgia, la funzione cardinalizia si sarebbe, secondo le parole dell’ex professore dell’Università di Tubinga, «politicizzata» per diventare il giocattolo delle grandi famiglie romane fino a essere coinvolte nel declino della Roma decadente del tardo Medioevo. In epoca moderna, la funzione cardinalizia si sarebbe poi ridotta all’esercizio del ruolo di funzionario della Curia Romana, prima della grande «riscoperta» di questa veneranda istituzione durante il Concilio Vaticano II, che costituisce tuttora l’alfa e l’omega della Chiesa per Mons. Kasper.Sostieni Renovatio 21
Un’affermazione molto discutibile
Gli studi concordano nel vedere la lontana origine dei cardinali nel presbyterium, un’assemblea di sacerdoti e diaconi che assistono e consigliano il vescovo nella guida del suo gregge. Sant’Ignazio di Antiochia lo menziona come «il Senato del vescovo», al quale i fedeli devono rispetto perché rappresenta il vescovo, ma al di sotto di lui. Anche il vescovo di Roma era circondato da un presbyterium. Ma, «dalla somiglianza di origine e dal fatto che il nome di cardinale era comune all’alto clero romano e all’alto clero di altre città vescovili, sarebbe errato concludere», precisa il Dizionario di Teologia Cattolica, «che questo nome rispondeva in entrambi i casi a identiche prerogative». «Il titolo di papa veniva anticamente dato indiscriminatamente a tutti i vescovi e non venne mai in mente a nessun cattolico di metterli tutti, per questa ragione, sullo stesso rango. È il caso del nome cardinale: in origine era generico e non implicava di per sé alcun ruolo specifico; nessun grado uniforme di potere; il suo valore esatto è stato determinato in base alle circostanze». «I cardinali di una determinata diocesi diversa da quella di Roma non hanno mai potuto ricevere dal loro vescovo, per condividerlo con lui, nessun altro potere se non quello contenuto entro i limiti di quella diocesi; ma i dignitari associati dal Sommo Pontefice all’amministrazione degli affari che gli spettavano acquistarono necessariamente potere e influenza estendendosi a tutta la Chiesa». Bastano queste righe autorevoli per rimettere in discussione i meriti storici di questo «bicameralismo» che il cardinale Kasper difende, e che equivarrebbe a diluire ulteriormente l’autorità del Romano Pontefice. «Speriamo di mantenere Francesco ancora per qualche anno e che i suoi successori completino le sue riforme», ha detto il cardinale Kasper. Una conclusione carica di incertezza, che lascia intendere che il progressismo è ancora lungi dall’aver vinto e che nel prossimo conclave resta l’elezione di tutte le possibilità, sotto la benevola grazia dello Spirito Santo.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Spirito
Ritorno all’affare del catechismo olandese (1966-1968)
È utile raccontare la vicenda del Catechismo olandese, che è stata richiamata da mons. Peter Kohlgraf come punto di paragone con l’evoluzione della Chiesa in Germania.
Sfondo
I cattolici olandesi sono da tempo noti per la loro fede, perché fin dal XVI secolo hanno dovuto lottare contro un clima protestante ostile. Nel XX secolo sono diventati la maggioranza, con strutture importanti, una forte identità e numerosi missionari in tutto il mondo.
Ma dopo la guerra, il materialismo trasformò la vita. La pratica, superiore al 70%, era in declino. Dall’inizio degli anni ’60, tra i cattolici olandesi si diffuse l’uso dei contraccettivi, con la conseguente riduzione delle dimensioni delle famiglie, del numero dei candidati al seminario e una diminuzione del senso di fede. La tradizionale presa di distanza dai protestanti non aveva più senso.
Contesto
Dal 1956 i professori dell’Istituto catechetico superiore di Nimega furono incaricati dall’episcopato olandese di comporre un catechismo per i bambini. Nel 1960 si decise di realizzarlo per adulti. Fu pubblicato nel 1966 con l’imprimatur del cardinale Bernardus Alfrink.
La direzione si deve al gesuita olandese Piet Schoonenberg (1911-1999) e al domenicano belga Edward Schillebeeckx (1914-2009), professori dell’Istituto. Fr. Schillebeeckx era una voce ascoltata al Concilio Vaticano II, anche se non era stato nominato esperto.
Sostieni Renovatio 21
Le origini delle gravi carenze del Catechismo
Il testo considera la situazione del mondo, cercando di cogliere in modo positivo le diverse religioni, compreso il marxismo, come espressioni della ricerca di Dio. Integra la prospettiva delle scienze e quella dell’evoluzione. Questo approccio era difettoso.
Ciò nonostante, la cosa peggiore non fu questa. Sono stati scoperti gravi errori, la cui radice risiedeva in due intenzioni sottostanti. Il primo: andare d’accordo con la parte protestante del Paese, cercando di migliorare le spiegazioni cattoliche, ma evitando anche ciò che potrebbe dispiacere ai riformati.
La seconda: si trattava di raggiungere il mondo moderno. Ciò ha portato alla ricerca di formule morbide, a evitare argomenti difficili (il peccato originale, i miracoli) e a interpretare altri, «meno credibili», come il concepimento verginale, gli angeli e la risurrezione, come metafore. Gli scrittori si erano convinti che questi punti non fossero propriamente questioni di fede e che fossero liberi di cercarne un’interpretazione simbolica.
Infine, gli scrittori hanno cercato espressioni alternative alle formule tradizionali della Fede, sostituendo la terminologia «filosofica». Ciò ha portato a ricostruzioni difficili e insolite dei dogmi centrali – la Trinità, la personalità di Gesù Cristo, il peccato, i sacramenti – che hanno perso precisione. Il problema sta in ciò che non è stato affermato o in ciò che è stato reinterpretato.
Opposizione cattolica
L’opposizione sorse subito da parte dei cattolici ben formati. Hanno denunciato le carenze in un giornale (Confrontatiie) e hanno inviato una lettera al Papa, pubblicata sulla stampa cattolica (De Tijd). Gli autori del catechismo hanno reagito molto male.
Paolo VI nominò allora, d’accordo con Alfrink, una commissione mista composta da tre teologi romani (Edouard Dhanis, Jan Visser, Benedict Lemeer) e tre membri dell’Istituto di Nijmegen (Schoonenberg, Schillebeeckx e W. Bless). Si incontrarono a Gazzada (Italia) nell’aprile 1967, ma la delegazione dell’Istituto rifiutò per principio ogni cambiamento.
La Commissione Cardinalizia
Paolo VI nominò poi una commissione di sei cardinali (giugno 1967): Josef Frings, Joseph-Charles Lefebre, Lorenz Jaeger, Ermenegildo Florit, Michael Browne, Charles Journet. Sarebbero assistiti da sette teologi. L’elenco dei punti da correggere o chiarire è lungo:
L’esistenza degli angeli e dei demoni, la creazione immediata dell’anima da parte di Dio, il peccato originale, il poligenismo, il concepimento verginale di Cristo, la verginità perpetua di Maria, la soddisfazione espiatoria del sacrificio della Croce, la perpetuazione del sacrificio nell’uomo Eucaristia, Transustanziazione, Presenza Reale, infallibilità della Chiesa, sacerdozio ministeriale e sacerdozio comune, primato di Roma, conoscenza della Trinità, coscienza divina di Gesù, battesimo, sacramento della Penitenza, miracoli, morte e risurrezione, giudizio e del Purgatorio, l’universalità delle leggi morali, l’indissolubilità del matrimonio, il controllo delle nascite, i peccati veniali e mortali e lo stato matrimoniale.
La commissione pubblicò una Dichiarazione (15 ottobre 1968), indicando le necessarie correzioni e integrazioni. Come riferisce Omnes, «L’Istituto si rifiutò di correggere il testo e promosse traduzioni in tedesco, francese, inglese e spagnolo, senza rettifiche o nihil obstat […] [E] erano sicuri che la loro proposta fosse il futuro della Chiesa universale ed erano pronti a difenderlo ad ogni costo.
«Si è deciso poi di convertire le correzioni in un Supplemento di circa 20 pagine, che potrebbe aggiungersi ai volumi invenduti delle varie edizioni e traduzioni, previo benestare degli editori».
Influenza del «Consiglio» pastorale olandese
Questo «concilio», iniziato nel 1966, è stato influenzato dagli errori del Catechismo olandese. In particolare, la terza sessione (1969) fu molto segnata dal clima creato dalla questione del Catechismo e dalla tensione con Roma scaturita dal suo esame e poi dalla Dichiarazione della Commissione Cardinalizia.
Ciò spiega in parte gli eccessi che questo «concilio» ha esaminato e poi votato con la benedizione dell’episcopato olandese.
Paolo VI, su richiesta di Jacques Maritain e del cardinale Charles Journet, che prepararono l’ossatura del testo, reagì con la pubblicazione del Credo du peuple de Dieu, proclamato solennemente in Vaticano il 30 giugno 1968, per la chiusura dell’Anno della fede. Il Papa ha sostanzialmente riaffermato le verità di fede negate o messe in discussione dal Catechismo olandese senza nominarlo.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagini di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Spirito
Mons. Viganò: omelia per le Rogazioni contro il cancro conciliare
FIRMAMENTUM MEUM
Omelia nelle Litanie Maggiori, o Rogazioni Pozzolatico (Firenze). 25 Aprile 2024
Dominus firmamentum meum, et refugium meum, et liberator meus. Il Signore è mia roccia, mia fortezza e mio liberatore.
Ps 17, 3
Le Rogazioni riportano molti di noi a tempi remoti, nei quali il 25 Aprile era dedicato alla Benedizione dei campi. Ed era nelle campagne, un tempo nemmeno troppo distanti dalle città, che vedevamo processioni di fedeli e popolo seguire il sacerdote al canto delle Litanie. Ut fructus terræ dare et conservare digneris… Contadini vestiti con l’abito della festa accompagnavano i nostri parroci fino ai loro poderi, dove la sua preghiera echeggiava in un silenzio rotto solo dal canto degli uccelli. Gli alberi da frutto erano in fiore e nell’aria volavano i semi dei pioppi. E si sapeva, nell’intimo di una coscienza che parlava ancora, che il Signore premia il giusto e punisce il malvagio: non solo perché questo era ciò che si sentiva predicare in chiesa, ma anche perché questa giustizia semplice nella comprensione e divina nelle sue manifestazioni mandava le cavallette nel campo di chi lavorava la domenica, e rendeva feconde le coltivazioni, generosi i fianchi delle mucche e delle pecore di chi viveva in Grazia di Dio.Sostieni Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Aiuta Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
-
Cervello2 settimane fa
«La proteina spike è un’arma biologica contro il cervello». Il COVID come guerra alla mente umana, riprogrammata in «modalità zombie»
-
Salute1 settimana fa
I malori della 16ª settimana 2024
-
Pensiero1 settimana fa
Foreign Fighter USA dal fronte ucraino trovato armato in Piazza San Pietro. Perché?
-
Vaccini1 settimana fa
Lanciati i vaccini RNA monodose contro COVID e influenza per i bambini. I critici: «livelli di follia senza precedenti»
-
Autismo2 settimane fa
Autismo, 28enne olandese sarà uccisa con il suicidio assistito: i medici la ritengono che «incurabile»
-
Cancro1 settimana fa
Vaccino mRNA, «aumenti significativi» delle morti per cancro dopo la terza dose: studio giapponese
-
Cina1 settimana fa
TongTong, la «ragazzina» creata con l’Intelligenza Artificiale per la Cina senza figli
-
Droni1 settimana fa
I droni israeliani attirano i palestinesi con audio di bambini che piangono e poi gli sparano