Politica
I sostenitori di Bolsonaro invadono il Parlamento, il Palazzo Presidenziale e la Corte Suprema

Migliaia di supporter di Jair Messias Bolsonaro hanno invaso il Congresso Nazionale di Brasilia – il Parlamento carioca – così come il Palazzo Presidenziale è la Corte Suprema. Lo riporta l’agenzia LUSA.
Filmati condivisi sui social media mostrano centinaia di persone che si riversavano negli edifici del potere brasiliano, nonostante gas lacrimogeni della polizia.
Secondo LUSA, il gruppo, indossando magliette gialle e verdi e bandiere brasiliane, ha attraversato le barriere della polizia e si è arrampicato sulla rampa che consente l’accesso al tetto degli edifici della Camera dei Deputati e del Senato.
BRASÍLIA
ESPLANADA DOS MINISTERIOS
08/01/23
CONGRESSO E PLANALTO TOMADOS ???????????? pic.twitter.com/VFdHgpN9eh— Léo Maranhão ???????????? (@LeoMaranhao22) January 8, 2023
O poder é do povo! ???????????????? pic.twitter.com/Kt7qC3zYGG
— Gutbsb PERDI 20K ???? (@gutbsb) January 8, 2023
01.08.23 Brazil .. for the seventieth consecutive day, the Brazilian people are in the streets. Protesters demand the ineligibility of candidate Lula, justice in elections and respect for the constitution. Today the people occupied the area of the 3 powers in Brasília DF. pic.twitter.com/BR8FfnGcp5
— Pavão Misterious???????? (@misteriouspavao) January 8, 2023
I manifestanti chiedono l’intervento militare per rovesciare il presidente Luiz Inacio Lula da Silva, che è stato insediato la scorsa settimana, e che essi ritengono un presidente illegittimo uscito da elezioni truccate.
È comparso sopra un palazzo anche un grande striscione che recita «vogliamo il codice sorgente». La Corte Suprema si sarebbe infatti rifiutata di consegnare il software che provava con certezza che le elezioni sono avvenute regolarmente.
????????Brazilians are asking:
“We want the elections SOURCE CODE”.
The Supreme Court has refused to provide the PROOF that the elections weren’t stolen.
——
????????Supremo é o povo! #Brasil #brasilia pic.twitter.com/oC02UesAGW— Jamile DeSouza-Davies (@JamileDavies) January 8, 2023
Le proteste massive dei brasiliani durano dal 30 ottobre, con folle oceaniche che scendono in piazza e bloccano le strade, circondando le caserme per chiedere un intervento delle forze armate – dalle quali, ricordiamo, Bolsonaro proviene.
Come riportato da Renovatio 21, la polizia il mese scorso ha iniziato a sparare contro i manifestanti pro-Bolsonaro. Sulla scorta di quanto accaduto ai camionisti canadesi a inizio 2022, ci sono segnalazioni di conti bancari congelati ai brasiliani in protesta.
Negli scorsi giorni proteste veementi si erano avute anche per l’arresto di un attivista indigeno pro-Bolsonaro, la cui detenzione per «presunti atti antidemocratici» era stata ordinata dal giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes, considerato un avversario di Bolsonaro e del suo popolo.
Bolsonaro e i suoi sostenitori si sono spesso scagliati contro la Corte Suprema, accusata di essere faziosa al punto da darsi il potere di annullare le lezioni in caso di fake news. Ora il Palazzo della Corte Suprema di Brasilia è attaccato non solo verbalmente.
URGENTE ⭕️ | Bolsonaristas tomaron el Supremo Tribunal Federal de Brasil pic.twitter.com/ByIO5FPBxf
— El Destape (@eldestapeweb) January 8, 2023
???????? Imagens da destruição no interior do Supremo Tribunal Federal do Brasil. pic.twitter.com/F2KbX4GYL9
— Mundial News (@MundialNews08) January 8, 2023
In alcuni video è possibile vedere il popolo caricare le architetture di Oscar Niemeyer che caratterizzano la capitale del Paese.
Bolsonaristas invadem o prédio do Supremo Tribunal Federal (STF), em Brasília. pic.twitter.com/4UtOnYH8ix
— Pop Updates (@sitepopupdates) January 8, 2023
Emergono in rete pure immagini di poliziotti che assistono placidi all’invasione scattando pure qualche foto col telefonino a fianco del popolo bolsonarista.
Policiais militares do Distrito Federal tirando selfie com os terroristas fascistas que invadiram Congresso Nacional e o STF. pic.twitter.com/UKwZ7hTdTm
— Crônicas de um historiador. (@ProfessorLuizC2) January 8, 2023
Al momento Lula si trova a Rio de Janeiro mentre Bolsonaro è negli USA.
Come riportato da Renovatio 21, un anno fa vi fu l’irrituale visita in Brasile del capo della CIA William Burns, che avvertì Bolsonaro di non contestare il risultato delle elezioni che si sarebbero tenute l’anno successivo.
Immagine da Twitter
Politica
Trump dice che risolvere Gaza potrebbe non bastare per andare in paradiso

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha suggerito, con tono scherzoso, che probabilmente non finirà in paradiso, nonostante i suoi sforzi per negoziare la pace tra Israele e Hamas.
Domenica, durante un volo sull’Air Force One diretto in Israele, Peter Doocy di Fox News ha chiesto a Trump se la fine della guerra a Gaza potesse aiutarlo a «guadagnarsi il paradiso».
«Sto cercando di fare il bravo», ha risposto Trump con un sorriso. «Non credo che qualcosa mi porterà in paradiso. Non penso di essere destinato a quel posto. Forse sono già in paradiso ora, volando sull’Air Force One. Non so se ci arriverò, ma ho migliorato la vita di molte persone», ha aggiunto.
Trump ha poi elogiato le sue doti di negoziatore, sostenendo che il conflitto tra Israele e Hamas sarebbe stata «l’ottava guerra che ho risolto».
Lunedì, Hamas ha rilasciato i 20 ostaggi israeliani ancora in vita in cambio di circa 2.000 prigionieri palestinesi. L’esercito israeliano aveva precedentemente sospeso le operazioni offensive e si era ritirato da alcune aree della Striscia di Gaza.
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Nello stesso giorno, Trump e i leader di Egitto, Qatar e Turchia hanno firmato una dichiarazione a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai, approvando il cessate il fuoco e un percorso verso «accordi di pace globali e duraturi».
Il piano di pace in 20 punti di Trump prevede che Gaza diventi una «zona libera dal terrorismo e deradicalizzata». Sebbene Hamas abbia accettato lo scambio di prigionieri previsto dal piano, ha rifiutato di disarmarsi o cedere il controllo dell’enclave palestinese. Israele, da parte sua, non si è ancora impegnato per un ritiro completo dalla Striscia.
Trump, cresciuto nella fede presbiteriana, ha goduto di un forte sostegno tra i cristiani evangelici e dei cattolicidurante la sua carriera politica.
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa Trump aveva affermato di voler «provare ad andare in paradiso, se possibile» mentre discuteva dei suoi sforzi per porre fine alla guerra in corso in Ucraina.
«Se riesco a salvare 7.000 persone a settimana dall’essere uccise, penso che sia questo il motivo per cui voglio provare ad andare in paradiso, se possibile», ha detto all trasmissione della TV via cavo americana Fox and Friends. «Sento dire che non sto andando bene, che sono davvero in fondo alla scala sociale. Ma se posso andare in paradiso, questo sarà uno dei motivi».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
Essere euroscettici oggi. Renovatio 21 intervista l’onorevole Antonio Maria Rinaldi

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Politica
Zelens’kyj priva della cittadinanza i suoi oppositori

Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha revocato la cittadinanza a diverse figure pubbliche di rilievo, tra cui il sindaco di Odessa Gennady Trukhanov, il celebre ballerino Sergei Polunin e l’ex parlamentare Oleg Tsarev, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa UNIAN. Tutti loro avevano in precedenza criticato le politiche di Kiev.
Martedì, lo Zelens’kyj ha annunciato su Telegram di aver firmato un decreto che priva «alcuni individui» della cittadinanza ucraina, accusandoli di possedere passaporti russi. Secondo i media, Trukhanov, Polunin e Tsarev erano inclusi nell’elenco.
Gennady Trukhanov, sindaco di Odessa, è noto per la sua opposizione alla rimozione dei monumenti considerati legati alla Russia. Ha sempre negato di possedere la cittadinanza russa e ha dichiarato di voler ricorrere in tribunale contro le notizie che riportano la revoca della sua cittadinanza.
Sergei Polunin, nato in Ucraina, è cittadino russo e serbo e ha trascorso l’adolescenza presso l’accademia del British Royal Ballet a Londra. Si è trasferito in Russia nei primi anni 2010, interrompendo in gran parte i legami con il suo Paese d’origine. Dopo la sua esibizione in Crimea nel 2018, è stato inserito nel controverso sito web Mirotvorets, che elenca persone considerate «nemiche» dell’Ucraina.
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Oleg Tsarev, deputato della Verkhovna Rada dal 2002 al 2014, ha sostenuto le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk dopo il colpo di Stato di Euromaidan del 2014, appoggiato dall’Occidente. Successivamente si è ritirato dalla politica e si è stabilito in Crimea. Nel 2023, è sopravvissuto a un tentativo di assassinio, che secondo la BBC sarebbe stato orchestrato dai Servizi di Sicurezza dell’Ucraina (SBU).
Zelens’kyj ha utilizzato le accuse di possesso di cittadinanza russa per colpire i critici di Kiev. Sebbene la legge ucraina non riconosca la doppia cittadinanza, non la vieta esplicitamente. È noto il caso dell’oligarca ebreo Igor Kolomojskij – l’uomo che ha lanciato Zelens’kyj nelle sue TV favorendone l’ascesa politica – che possedeva, oltre al passaporto ucraino, anche quello cipriota ed ovviamente israeliano. L’uomo, tuttavia, ora è oggetto di raid da parte della giustizia e dei servizi del suo ex protegé.
Diversi ex funzionari ucraini e rivali politici di Zelens’kyj sono stati presi di mira con questa strategia, tra cui Viktor Medvedchuk, ex leader del principale partito di opposizione del Paese, ora in esilio in Russia dopo essere stato liberato dalle prigioni ucraine.
Come riportato da Renovatio 21, a luglio, anche il metropolita Onofrio, il vescovo più anziano della Chiesa ortodossa ucraina (UOC), la confessione cristiana più diffusa nel Paese, è stato privato della cittadinanza ucraina, a seguito di accuse di possedere anche la cittadinanza russa.
La politica della revoca della cittadinanza ai sacerdoti della UOC, ritenuti non allineati dal regime di Kiev, era iniziata ancora tre anni fa.
Immagine di Le Commissaire via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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