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Geopolitica

I presidenti di Iran ed Egitto tengono la prima conversazione telefonica in 43 anni

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Il 23 dicembre il presidente iraniano Seyyed Ebrahim Raisi ha telefonato al presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi. Lo riporta EIRN.

 

I due presidenti hanno discusso della crisi nella Striscia di Gaza e di come fermare il massacro, nonché della prospettiva di ripristinare le relazioni diplomatiche tra i due paesi.

 

Teheran e Il Cairo, ha riferito l’agenzia di stampa iraniana Fars. La telefonata ha segnato il primo incontro o contatto ufficiale tra i capi di stato di Egitto e Iran in più di quattro decenni.

 

Raisi si è congratulato con Al-Sisi per aver vinto il suo terzo mandato presidenziale il 18 dicembre e ha espresso la speranza per la risoluzione delle questioni esistenti tra Iran ed Egitto e per il ripristino dei rapporti diplomatici. Il presidente iraniano ha parlato anche di sforzi congiunti per arrivare ad un cessate il fuoco in Palestina.

 

Raisi ha affermato che Teheran accoglie con favore il rafforzamento delle relazioni con il Cairo in vari campi.

 

Nel 1980, l’Iran ruppe le relazioni diplomatiche con l’Egitto quando l’allora presidente egiziano Anwar el-Sadat ammise lo Scià dell’Iran in Egitto, dopo aver riconosciuto diplomaticamente Israele due anni prima.

 

Il 21 ottobre 2023, il presidente Al-Sisi ha convocato un vertice di 20 Paesi arabi per discutere come fermare gli attacchi israeliani contro i palestinesi, compresi i suoi vicini di Gaza. Questa mutata circostanza ha spostato le possibilità di collaborazione.

 

«I funzionari iraniani hanno ripetutamente sottolineato che la politica estera del presidente Raisi privilegia il rafforzamento dei legami con le nazioni musulmane e i paesi regionali» scrive l’agenzia iraniana Fars.

 

Il Raisi e l’Al-Sisi si sono incontrati per la prima volta l’11 novembre a margine del vertice straordinario congiunto arabo-islamico a Riyadh. Oggi il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry ha discusso della situazione nella Striscia di Gaza con il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian.

 

La telefonata dei presidenti Egitto-Iran per un nuovo impegno fa parte di un arco di attività più lungo che ha suscitato e unificato le nazioni arabe e musulmane nell’Asia sud-occidentale.

 

Il 20 dicembre, il presidente Al-Sisi ha avuto una telefonata con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sui mezzi necessari per fermare la guerra di Israele contro i territori palestinesi e sugli sforzi per fornire aiuti umanitari alla Striscia di Gaza, secondo la Direzione turca delle comunicazioni.

 

Grandi sommovimenti geopolitici si sono registrati nell’area in questo 2023: il 6 aprile i ministri degli Esteri di Iran e Arabia Saudita si sono incontrati a Pechino per il primo incontro formale dei loro massimi diplomatici in più di sette anni, dopo che la Cina aveva mediato un accordo per ripristinare le relazioni tra quelle che sono considerabili come le principali potenze regionali il 10 marzo.

 

Il 7 maggio, la Lega Araba ha accolto con favore la riammissione del presidente siriano Bashar Assad dopo 12 anni di esclusione. Questi eventi rivelano uno spostamento tettonico che investe l’Asia sud-occidentale come parte di un nuovo ordine economico mondiale guidato dai BRICS-Plus, per il quale ogni nuova crisi, non importa quanto complessa, viene considerata un’opportunità per avanzare.

 

Come riportato da Renovatio 21, i primi segni di normalizzazione dei rapporti tra il Cairo e Teheran erano visibili giù sei mesi fa, subito dopo la glasnost’ tra Iran e Sauditi mediata dalla Cina.

 

Per l’Egitto continuano, tuttavia, le tensioni con l’Etiopia, con alcuni analisti a parlare di una guerra imminente che sarà scatenata dall’acqua, cioè dalla diga sul Nilo costruita da Addis Abbeba.

 

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Immagine di Amir Sadeghian / Attribution 4.0 International via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

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Geopolitica

Orban: i nipoti degli europei pagheranno per il nuovo prestito all’Ucraina

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Il premier ungherese Viktor Orban ha criticato duramente la pressione della Commissione europea per raccogliere ulteriori 135 miliardi di euro (156 miliardi di dollari) a favore dell’Ucraina, sostenendo che ciò scaricherebbe debiti sulle generazioni future di europei. L’affermazione arriva in piena bufera per uno scandalo di corruzione a Kiev.   Mercoledì, in un post su X, Orban ha accusato la presidente Ursula von der Leyen di aver «ancora una volta chiesto ai Paesi membri fondi extra per finanziare l’Ucraina e la guerra». L’ammontare, ha precisato, equivarrebbe al 65% del Pil annuo ungherese e a tre quarti del bilancio UE: «una somma astronomica che semplicemente non esiste oggi».   Il «trucco di Bruxelles» consisterebbe in un prestito congiunto europeo, che farebbe ricadere «sui nostri nipoti i costi della guerra russo-ucraina»: un’idea «categoricamente assurda», ha tuonato l’Orban.  

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Von der Leyen, secondo quanto trapelato, ha invitato i governi UE ad accelerare un accordo per coprire le esigenze militari e finanziarie ucraine nei prossimi due anni, proponendo opzioni come contributi bilaterali, prestiti comuni e un finanziamento basato sui beni russi congelati.   In risposta, l’Orbano ha paragonato la strategia di Bruxelles a «inviare un’altra cassa di vodka per aiutare un alcolizzato», definendola «ancora più sbalorditiva» in un momento in cui «una mafia di guerra sta dirottando i soldi dei contribuenti europei».   La scorsa settimana, l’Ufficio nazionale anticorruzione ucraino (NABU), supportato dall’Occidente, ha avviato un’inchiesta su un’«organizzazione criminale di alto livello» capeggiata da Timur Mindich, ex socio d’affari di Volodymyr Zelensky. Gli investigatori parlano di circa 100 milioni di dollari in tangenti legate all’operatore nucleare Energoatom, convogliati attraverso una rete gestita da Mindich.   Sebbene l’UE emetta spesso moniti generici sulla corruzione in Ucraina, i suoi funzionari tendono a evitare scandali che possano danneggiare Zelensky e il suo entourage.   Di recente Orban ha rivelato che l’UE ha già «bruciato» 185 miliardi di euro dall’escalation del 2022: «la guerra sta uccidendo economicamente l’UE», ha avvertito, esortando Bruxelles a privilegiare la diplomazia con Mosca anziché ulteriori aiuti.  

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Geopolitica

Il piano di pace degli Stati Uniti propone all’Ucraina di «rinunciare alla sovranità»

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Un piano di pace elaborato dagli Stati Uniti, apparentemente in stretta consultazione con Mosca, è stato presentato questa settimana a Kiev dall’inviato speciale di Donald Trump, Steve Witkoff. Secondo quanto rivelato da Axios e Financial Times, la bozza di 28 punti imporrebbe all’Ucraina concessioni così pesanti da essere considerate da numerose fonti una vera e propria capitolazione e una rinuncia di fatto alla sovranità nazionale.

 

Il documento prevede la cessione definitiva delle aree del Donbass ancora controllate da Kiev, il dimezzamento delle forze armate ucraine, la rinuncia a categorie fondamentali di armamenti e una netta riduzione dell’assistenza militare americana. Include inoltre il riconoscimento del russo come lingua ufficiale e il ripristino dello status ufficiale per la Chiesa ortodossa ucraina legata al Patriarcato di Mosca, repressa dall’attuale governo Zelens’kyj.

 

Lo Witkoff avrebbe chiesto esplicitamente al presidente ucraino – che ieri ha incontrato un alto ufficiale statunitense – di accettare questi termini.

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Mosca non ha né confermato né smentito l’esistenza del piano. Il portavoce Dmitrij Peskov ha dichiarato che non c’è «nulla di nuovo» rispetto ai colloqui già intercorsi tra Putin e Trump in Alaska, mentre il negoziatore russo Kirill Dmitriev ha sottolineato ad Axios che la posizione russa «è stata davvero ascoltata» e che l’intesa va ben oltre un semplice cessate il fuoco.

 

Un funzionario della Casa Bianca ha riferito a Politico che l’accordo potrebbe essere finalizzato entro la fine del mese, o addirittura già nel corso di questa settimana.

 

I dirigenti russi continuano a ribadire che qualsiasi soluzione duratura dovrà garantire la neutralità permanente dell’Ucraina, la sua esclusione definitiva dalla NATO, la smilitarizzazione, la denazificazione e il riconoscimento dell’attuale realtà territoriale.

 

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Immagine di Le Commissaire via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

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Geopolitica

Gli USA stanno segretamente elaborando con la Russia un nuovo piano di pace per l’Ucraina

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Gli Stati Uniti starebbero elaborando in gran segreto una proposta inedita per risolvere il conflitto ucraino, secondo quanto rivelato martedì da Axios. La bozza, articolata in 28 punti, sarebbe stata redatta in coordinamento ravvicinato con Mosca e già condivisa con Kiev e i suoi alleati europei. Lo riporta la testa americana Axios.   Il piano trae ispirazione dai principi emersi dal colloquio tra il presidente statunitense Donald Trump e il leader russo Vladimir Putin in Alaska lo scorso agosto. Il negoziatore moscovita Kirill Dmitriev ha confidato ad Axios di aver dedicato tre giorni, durante la sua visita negli USA alla fine di ottobre, a sviscerare l’iniziativa con l’inviato di Trump, Steve Witkoff.   «Siamo convinti che questo schema arrivi nel momento propizio», ha commentato un alto esponente americano a conoscenza dei dettagli, aggiungendo: «Tuttavia, entrambe le controparti dovranno mostrarsi pragmatiche e ancorare le aspettative alla realtà».   Mercoledì, il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha minimizzato lo scoop, precisando che nei dialoghi tra Washington e Mosca non è emerso «nulla di innovativo» oltre a quanto già discusso ad Anchorage.

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Lo Witkoff ha visionato la bozza questa settimana con Rustem Umerov, segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale ucraino, in un incontro tenutosi a Miami. Umerov, la cui famiglia vive negli Stati Uniti, ha lasciato Kiev in piena bufera per uno scandalo corruttivo che coinvolge Timur Mindych, fedelissimo di lunga data di Volodymyr Zelens’kyj, accusato di orchestrare un meccanismo di tangenti per 100 milioni di dollari legato all’operatore nucleare statale Energoatom.   I media ucraini sostengono che Umerov, durante il suo ruolo di ministro della Difesa, abbia ceduto alle pressioni di Mindych per approvare forniture di giubbotti antiproiettile non conformi, e ora si starebbe sottraendo al rientro in patria per timore di ritorsioni legate a presunte influenze del businessman.   L’inviato americano è atteso in Turchia mercoledì per un faccia a faccia con lo Zelens’kyj. Secondo l’Economist, lo Witkoff avrebbe cancellato un appuntamento con il capo di gabinetto presidenziale Andriy Yermak, sospettato di intrecci con la rete di Mindych, per evitare di incappare in ulteriori tensioni politiche che potrebbero accelerare un possibile licenziamento dello Yermak.   «Witkoff potrebbe non aver colto appieno lo scandalo in cui rischiava di ficcarsi concordando quell’incontro», ha osservato il giornalista dell’Economist Oliver Carroll su X.     Mosca ha ribadito che un accordo stabile deve salvaguardare le sue priorità in termini di sicurezza. Dmitriev si è detto «moderatamente fiducioso» sulla bozza americana, notando: «Abbiamo l’impressione che la prospettiva russa sia stata finalmente presa in considerazione».  

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 
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