Spirito
I laici tedeschi pronti a soppiantare i loro vescovi

Il Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZDK) si è riunito il 5 e 6 maggio 2023 a Monaco di Baviera, per considerare il futuro del Cammino sinodale nella sua fase di insediamento e attuazione delle riforme, decise nella fase attiva delle assemblee sinodali.
Il ministro-presidente Markus Söder (CSU) ha reso omaggio ai delegati. Particolarmente degna di nota è stata l’assenza del cardinale Reinhard Marx, invitato. Ma i leader dello ZDK non ne hanno fatto una questione di stato. Si sentono ancora sostenuti da lui, soprattutto a Roma.
In attesa di un appuntamento a Roma
I tanto attesi incontri tra la presidenza dello ZDK e i vertici della Conferenza episcopale tedesca (DbK) a Roma non si sono ancora svolti. Dal punto di vista romano, il motivo è probabilmente che si vuole evitare un riconoscimento ufficiale della via tedesca.
Davanti all’assemblea, Thomas Söding ha chiesto di rispondere in modo motivato alla lettera di tre cardinali della Curia. In particolare l’accusa che i tedeschi vogliano indebolire il ministero dei vescovi integrandoli in nuovi consigli.
La questione del Comitato sinodale ancora nella nebbia
Lo ZDK è per molti aspetti in un periodo intermedio. Il Cammino sinodale è formalmente terminato e la prosecuzione del processo di consultazione e decisione congiunta con i vescovi, inizialmente sotto forma di comitato sinodale, è ancora soggetta a incertezze.
Il consiglio permanente della DBK ha dovuto prendere una decisione in merito in aprile; la presidente dello ZDK, Irme Stetter-Karp lo aspetta ora per giugno. Ma lo ZDK non ha lasciato dubbi sul fatto che i lavori inizieranno a novembre. Anche se non tutti i vescovi vogliono partecipare.
Si ricorda che lo scopo di questo comitato è quello di istituire nella Chiesa di Germania dei consigli sinodali a vari livelli, consigli respinti da Roma a più riprese.
Verso una nuova organizzazione?
Durante il dibattito, diversi segnali hanno mostrato che il contenuto e l’organizzazione erano ormai superati. Entro il 2025, lo ZDK vuole adottare nuovi statuti e una nuova carta. Forse anche un nome nuovo, come dice una voce. Il “Comitato centrale” sa un po’ di vecchio…
Per quanto riguarda «l’associazione capogruppo della società civile cattolica organizzata», suona più come un titolo provvisorio che come una soluzione alla questione del nome. Le proposte sono benvenute!
Alcune regole del Cammino sinodale dovrebbero essere modificate
Lo ZDK desidera modificare le regole della via sinodale nel futuro organo congiunto con il DBK. La presidente ha detto che non accetterà più decisioni legate a una maggioranza di due terzi dei vescovi. Si tratta di una «dolorosa esperienza di apprendimento» del Cammino sinodale.
La Stetter-Karp ha ricordato che una minoranza di vescovi si è interrogata «sulla legittimità del percorso intrapreso». Lei lo ha considerato un “segno di debolezza” all’interno del DBK. In questo contesto, ha ricordato che il Cammino sinodale non è stato un’iniziativa dello ZDK, ma del DBK.
«Ci aspettiamo che la Conferenza episcopale tedesca si assuma le proprie responsabilità nel suo insieme», ha sottolineato Thomas Söding, vicepresidente dello ZDK. «Ci atteniamo a decisioni comuni».
Durante il dibattito, il teologo Matthias Sellmann ha affermato che il partner dello ZDK, il DBK, «è a terra». I vescovi non esercitano la leadership. In questa situazione non ha senso che anche il Comitato centrale si indebolisca, ora deve assumere un ruolo di leadership.
In altre parole: lo ZDK ritiene che la DBK sia diventata più o meno incapace di perseguire le decisioni che impegnano la responsabilità dei vescovi e la loro giurisdizione, in particolare nell’ambito del Comitato sinodale; e che spetta quindi ai laici vedere le cose fino in fondo.
La rivoluzione è completa. I laici tedeschi affermano così di essere pronti a soppiantare i loro vescovi.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
Immagine via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Spirito
Mons. Viganò: «chi aderisce al Concilio si rende responsabile della demolizione della Chiesa»

In occasione dell’anniversario dell’inizio dell’infausto evento, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha pubblicato su X una breve riflessione sul Concilio Vaticano II e sulla catastrofe che da esso è discesa.
«Sessantatre anni fa, in questo giorno, venne solennemente aperto il Concilio Ecumenico Vaticano II, il primo “concilio” della chiesa che da esso prende il nome – la “chiesa conciliare” appunto».
«Esso fu “concilio” perché volle “conciliare” Dio e mondo, Cristo e Belial, vero e falso, bene e male» scrive il prelato lombardo.
«Fu “ecumenico” perché volle legittimare il dialogo interreligioso che la Chiesa Cattolica Apostolica Romana aveva solennemente condannato».
Sessantatre anni fa, in questo giorno, venne solennemente aperto il Concilio Ecumenico Vaticano II, il primo “concilio” della chiesa che da esso prende il nome – la “chiesa conciliare” appunto.
– Esso fu “concilio” perché volle “conciliare” Dio e mondo, Cristo e Belial, vero e… pic.twitter.com/c87pPRz84a
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) October 11, 2025
«Si definì “secondo” per far credere che si ponesse in continuità con il perenne Magistero Cattolico, così da poterlo adulterare usurpando l’Autorità della Chiesa e del Romano Pontefice» continua monsignore.
«Pose le basi pseudo-dottrinali della odierna “chiesa sinodale” che intende sovvertire la costituzione gerarchica della Chiesa e il Papato».
«Chi aderisce consapevolmente a questo “concilio” si rende responsabile della demolizione della Chiesa Cattolica e ratifica con la propria complicità il golpe conciliare e sinodale».
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Come sa il lettore, in molteplici altre occasioni monsignor Viganò si era scagliato contro il Concilio.
Ancora quattro anni fa l’arcivescovo disse che «tutto ciò che il Concilio ha portato di nuovo si è rivelato dannoso, ha svuotato chiese, seminari e conventi, ha distrutto le vocazioni ecclesiastiche e religiose, ha prosciugato ogni slancio spirituale, culturale e civile dei Cattolici, ha umiliato la Chiesa di Cristo e l’ha confinata ai margini della società, rendendola patetica nel suo tentativo maldestro di piacere al mondo».
Come riportato da Renovatio 21, in un’omelia dello scorso novembre Viganò dichiarò che i papi e i vescovi del Concilio Vaticano II «usarono il loro «concilio» non per combattere i nuovi errori, ma per introdurli nel sacro recinto; non per restaurare la sacra Liturgia, ma per demolirla; non per raccogliere il gregge cattolico intorno ai Pastori, ma per disperderlo e abbandonarlo ai lupi».
In un testo di due settimane fa Sua Eccellenza ha scritto dell’«unico dogma irrinunciabile: riconoscere il Concilio Vaticano II, la sua ecclesiologia, la sua morale, la sua liturgia, i suoi santi e martiri e soprattutto i suoi scomunicati e i suoi eretici, ossia i «tradizionalisti radicali» non addomesticabili alle nuove istanze sinodali».
La catastrofe non solo religiosa causata dal Concilio è stata spiegata in un’intervista ad una testata francese dello scorso anno: «La chiesa del Vaticano II, che ci tiene tanto a definirsi così in antitesi alla “chiesa preconciliare”, ha posto le basi teologiche alla dissoluzione della società. Tutti gli errori dottrinali del Concilio si sono tradotti in errori filosofici, politici e sociali dagli esiti disastrosi per le Nazioni cattoliche».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Spirito
Scontri tra Pakistan e Afghanistan

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Scuola
Mostri nei loro barattoli e nella loro formaldeide

Lo splendore della fede professata nel pellegrinaggio giubilare nella Città Eterna, la bellezza luminosa dei dipinti di Georges de La Tour, i sontuosi ricami delle Orsoline di Amiens, l’importanza di una cultura che non trasgredisce la natura ma la trascende, sono questi i temi di Nouvelles de Chrétienté per il nuovo anno scolastico.
Sotto un’apparente diversità, questi temi sono profondamente uniti in un’intenzione comune espressa con «vigore e chiarezza» da Padre Calmel, quando chiede agli insegnanti cristiani di aprire «i loro studenti ai valori dell’arte nelle sue diverse forme», rendendoli al contempo «capaci di una fiera indipendenza e di un bel disprezzo per tutte le anomalie, infezioni, purulenze e mostruosità, che hanno l’audacia di esigere da loro un’ammirazione complice adornandosi della realtà dell’arte e più spesso della sua apparenza».
Il frate domenicano esprime un desiderio preciso: «I mostri torneranno ai loro barattoli e alla loro formaldeide, gli scorpioni artistici reintegrano i loro buchi artistici, il giorno in cui un certo numero di esseri giovani e determinati, non certo per barbarie ma per sovrano rispetto della cultura, tratteranno con disprezzo i prodotti immondi della cultura. La cultura non ha alcun diritto contro i diritti della decenza e dell’onore».
Aggiunge: «non deve essere lontano il tempo in cui l’insidioso sofisma “onestà significa stupidità” sarà privo di ogni credibilità, perché sarà diventata chiara la prova che ciò che è normale è bello e che, in una civiltà degna di questo nome, l’intelligenza, la sottigliezza, la leggerezza, la finezza e l’arte marciano di concerto con l’onestà, la santità, il rifiuto inflessibile dei veleni e delle ignominie. La scuola cristiana deve affrettare l’arrivo di questi tempi di libertà». (Ecole chrétienne renouvelée, cap. XXIX, tre sensible en chrétien aux valeurs d’art, pp. 188-189, ed. Téqui)
Padre Calmel scrisse queste potenti righe alla fine degli anni ’50, lontano dal wokismo, dalla cultura della cancellazione, dello sradicamento e dell’incoscienza… E si aspettava che le suore, autentiche insegnanti, avessero «idee non solo corrette, ma idee che cantano dentro [di loro] e che incantano [i loro] piccoli alunni», per «comunicare loro una verità canterina e germinante». (Ibid., pp. 129 e 131).
È una bella frase da scrivere in cima a un quaderno, in questi giorni di ritorno a scuola!
Abate Alain Lorans
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine da FSSPX.News
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