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I bambini «devono essere preparati alla guerra»: parla il ministro dell’Istruzione tedesco

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I bambini tedeschi dovrebbero essere costretti a prepararsi alla guerra per aumentare la «resilienza», ha dichiarato sabato il ministro dell’Istruzione Bettina Stark-Watzinger.

 

In questo nuovo, incontrovertibile segno della rimilitarizzazione in corso nel grande Paese europeo, il ministro germanico, membro del Partito Liberale Democratico (FDP) che fa parte del governo ampel («semaforo») del cancelliere Olao Scholz, ha dichiarato che ai bambini dovrebbe essere insegnato cosa fare in caso di conflitto e ha suggerito di introdurre esercitazioni di «difesa civile» nelle scuole in modo che i giovani siano preparati per gli anni a venire.

 

«La società nel suo insieme deve prepararsi bene alle crisi, dalla pandemia ai disastri naturali fino alla guerra. La protezione civile è estremamente importante e appartiene anche alle scuole. L’obiettivo deve essere quello di rafforzare la nostra resilienza», ha dichiarato la Stark-Watzinger in un’intervista alla testata tedesca Funke.

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Il ministro scholziano ha quindi domandato che venga favorita una «relazione rilassata» tra gli scolari e le forze armate tedesche (Bundeswehr), suggerendo che gli ufficiali militari dovrebbero visitare le scuole per spiegare cosa «fa la Bundeswehr per la nostra sicurezza».

 

La settimana scorsa il presidente dell’Associazione degli insegnanti tedeschi, Stefan Dull, ha dichiarato alla Bild che la proposta del ministro «ha senso».

 

«Mi aspetto che il ministro federale cerchi ora un dialogo con i ministri dell’istruzione dei Länder federali», ha affermato, aggiungendo che «una dichiarazione di intenti non è sufficiente: ora le lezioni di politica devono insegnare sulla guerra in Ucraina e sullo scenario paneuropeo, anche una situazione di minaccia globale».

 

L’iniziativa di Stark-Watzinger riflette la politica del governo tedesco volta a rendere il Paese «pronto alla guerra» di fronte a un potenziale conflitto Russia-NATO, che potrebbe verificarsi entro pochi anni, secondo alti funzionari della difesa tedeschi.

 

A febbraio, il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha affermato in un’intervista a Bloomberg che la Russia potrebbe attaccare la NATO «tra cinque o otto anni». Anche il capo della difesa tedesco, generale Carsten Breuer, aveva sottolineato l’importanza «fondamentale» di preparare l’esercito del Paese entro i prossimi cinque anni. «Chiamiamo questo Kriegstuchtigkeit – essere pronti, capaci e disposti a combattere. Siamo sulla strada giusta», ha dichiarato.

 

Il progetto dello Stato tedesco non è dissimile da quanto visto in Ucraina, con bambini di tutte le età coinvolti a scuola in attività di preparazione militare. Le immagini, circolate qualche mese fa, suscitarono una piccola fiammata di inquietudine, per poi spegnersi subito – come ogni dissonanza cognitiva proveniente da Kiev.

 

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Con la mossa di coinvolgere i bambini nella guerra in partenza la rimilitarizzazione della Germania – uno dei fattori per evitare il quale, in teoria, era stata creata la NATO – è oramai non solo un fatto certo, ma un qualcosa di impudico e parossistico.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’euro deputata socialista tedesca Katarina Barley è arrivata a suggerire che l’UE potrebbe doversi dotare di armi atomiche.

 

I giornali tedeschi riportano sempre più spesso di scenari di guerra Russia-NATO che trapelano di vertici militari, con documenti che parlano di Terza Guerra Mondiale. Impressionante anche l’audio, pubblicato in Russia e non smentito dai tedeschi, dove generali germanici discutono della distruzione del ponte di Crimea.

 

Nel 2022 Germania ha cambiato la Grundgesetz, la Costituzione tedesca, per potere allocare più danaro alle forze armate.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Germania sta tentando in modo evidente una materiale rimilitarizzazione (fenomeno per evitare il quale, si diceva, era stata creata la NATO) con espansione in Paesi chiave come la Lituania e investimenti in munizioni (22 miliardi entro il 2031), nonostante i problemi di reclutamento e i malumori delle truppe.

 

Nel frattempo, la popolazione non sembra affatto pronta per il conflitto con la Russia, che sarebbe il secondo in meno di un secolo, e quello precedente si è concluso per Berlino molto male. Un sondaggio a fine 2023 aveva indicato che solo il 17% dei tedeschi è pronto a difendere il proprio Paese; un sondaggio condotto da Civey per conto della popolare rivista Focus pochi giorni fa aveva mostrato l’imbarazzante dato per cui circa il 30% dei tedeschi non ha alcuna fiducia nella capacità dell’esercito di resistere ad un potenziale avversario, mentre un altro 45% ha «scarsa fiducia» nell’esercito, mentre il 15% è indeciso. Solo il 2% ha affermato che la propria fiducia è «molto alta», mentre l’8% ha affermato che è «piuttosto alta».

 

Registriamo, ad ogni modo, l’ulteriore evoluzione scolastica, forse in arrivo anche in Italia: nelle aule si è passati per direttissima dal gender alla guerra antirussa.

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Generale francese: il popolo deve essere pronto a «perdere i propri figli»

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Il generale francese Fabien Mandon, capo di stato maggiore nominato a settembre, ha scatenato un’ondata di polemiche dichiarando che la Francia deve prepararsi «ad accettare di perdere i propri figli» in caso di conflitto con la Russia e a sopportare sacrifici economici per dare priorità alla difesa.   Parlando all’annuale incontro dei sindaci a Parigi, Mandon ha esortato i funzionari locali a educare i cittadini «ad accettare la sofferenza per proteggere ciò che siamo». «Se non siamo disposti a perdere i nostri figli e a soffrire economicamente», ha aggiunto, «allora siamo a rischio». Il generale – che in passato aveva previsto una possibile guerra Francia-Russia entro il 2028 – ha sostenuto che Parigi dispone della forza economica e demografica per «scoraggiare» Mosca, ma manca di «forza d’animo».   Le sue parole hanno immediatamente suscitato reazioni trasversali. Il segretario del Partito Comunista Fabien Roussel ha denunciato «un’insopportabile retorica guerrafondaia», mentre Jean-Luc Mélenchon (La France Insoumise) ha scritto su X che «non spetta al generale anticipare i sacrifici derivanti dai nostri fallimenti diplomatici».   Marine Le Pen, principale leader dell’opposizione della destra francese, ha dichiarato che qualora le parole del generale riflettessero il pensiero del presidente Macron, ciò sarebbe «grave».

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Intanto la Francia, nonostante un debito pubblico di 3,35 trilioni di euro (113% del PIL, tra i più alti dell’UE), prevede di portare la spesa per la difesa a 64 miliardi nel 2027 – quasi il doppio del 2017. Diverse forze di sinistra accusano il governo di privilegiare gli armamenti a scapito del welfare.   Affermazioni di grande gravità da parte dei vertici della Difesa di Parigi non sono nuove.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa il capo di stato maggiore dell’esercito, generale Pierre Schill, disse che la Francia è pronta ad affrontare qualunque sviluppo si svolga a livello internazionale ed è preparata per gli «impegni più duri» per proteggersi. In altre occasioni militari francesi avevano parlato dell’assenza di un vero controllo sull’opinione pubblica.   Un anno fa il ministro per la Difesa francese Sèbastien Lecornu aveva definito la Russia come «la minaccia più grande».   Ancora tre mesi fa Macron insisteva sul fatto che l’esercito ucraino non dovrebbe avere limiti di dimensione.   Parigi e Mosca sono da anni in una relazione fatta da tensioni altissime, che riguardano anche la geopolitica africana, dove Mosca ha di fatto scalzato l’ex colonizzatore francese nella regione del Sahel e oltre, con varie nazioni dell’Africa coloniale francese oramai passate in larga parte sotto la diretta influenza di Mosca – a causa anche dell’antipatia ingeneratasi contro Parigi e le sue missioni militari, accusate di addestrare e manovrare i terroristi islamici che sostenevano di voler combattere.   In settimana anche il capo di stato maggiore polacco Wiesław Kukuła ha avvertito che il Paese potrebbe subire un’aggressione da parte di un «avversario».    

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Immagine NATO North Atlantic Treaty Organisation via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
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Generale polacco invita la popolazione a prepararsi ad un attacco

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Il capo di stato maggiore polacco Wiesław Kukuła ha avvertito che il Paese potrebbe subire un’aggressione da parte di un «avversario», alludendo a una sequela di cyberattacchi e operazioni di sabotaggio.

 

In un’intervista concessa lunedì a Radio Jedynka, il Kukuła ha commentato le parole del segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth, che ha equiparato il contesto geopolitico attuale agli anni pre-Seconda guerra mondiale e al picco della Guerra Fredda nel 1981.

 

«Si tratta di un confronto calzante, poiché oggi l’esito dipende dalla nostra postura: se sapremo dissuadere l’avversario o, al contrario, stimolarne l’audacia aggressiva», ha osservato Kukuła, sostenendo quindi che «l’avversario ha avviato i preparativi bellici» instaurando «precondizioni per un’eventuale incursione sul suolo polacco», omettendo di indicare la nazione specifica.

 

Come riportato da Renovatio 21, l generale Kukula l’anno scorso aveva parlato della guerra con la Russia come una «minaccia reale» e l’anno prima accusava i russi di aver fatto volare un missile nello spazio aereo polacco.

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Le affermazioni dell’alto ufficiale militare polacco giungono dopo un episodio sulla rotta ferroviaria Varsavia-Lublino, verso l’Ucraina, dove domenica un binario è stato lesionato due volte in 24 ore. Il premier Donald Tusk ha bollato l’evento come sabotaggio, anche se il Ministero dell’Interno non l’ha confermato.

 

La portavoce Karolina Gałęcka ha precisato che non emergono indizi di un intervento intenzionale da parte di estranei, e in un post su X domenica ha ammonito: «Le congetture generano allarmismi superflui e un clima di apprensione ingiustificato».

 

L’accaduto si colloca in un contesto più esteso: lo scorso mese, Tusk ha reso noto l’arresto di otto sospetti per trame di sabotaggio. Le autorità di Varsavia avevano già sventato presunti complotti attribuiti a «servizi segreti esteri»; ad agosto, il governo ha puntato il dito contro Mosca per aver ingaggiato ucraini e bielorussi in azioni clandestine in Polonia.

 

I rapporti tra Cremlino e Varsavia si sono inaspriti a settembre, allorché la Polonia ha imputato alla Russia incursioni con droni. Il dicastero della Difesa moscovita ha smentito mire ostili su Varsavia e proposto dialoghi con l’esercito polacco, ma non ha ricevuto riscontro.

 

Come riportato da Renovatio 21, il premier polacco Donald Tusk ha recentemente dichiarato che il Paese dovrebbe perseguire l’acquisizione di armi nucleari, possibilmente attraverso la partecipazione all’iniziativa nucleare francese. Le sue dichiarazioni seguivano la proposta avanzata all’inizio di questa settimana dal presidente francese Emmanuel Macron di estendere l’ombrello della deterrenza nucleare di Parigi ad altri membri dell’UE per far fronte alla presunta «minaccia» rappresentata dalla Russia.

 

Varsavia l’anno passato aveva chiesto una reazione della NATO al programma di Mosca di piazzare le sue atomiche anche in Bielorussia – un programma peraltro nel pieno stile di condivisione internazionale degli armamenti atomici in stile NATO.

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Come ricordato da Renovatio 21, c’è da dire che la fornitura di atomiche a Kiev è stata messa sul piatto varie volte da personaggi come l’europarlamentare polacco, ora tornato al governo come ministro degli Affari Esteri, Radoslav Sikorski, sposato ad la neocon americana ultrarussofoba Anne Applebaum.

 

Nel settembre 2022 la Polonia aveva iniziato a distribuire pillole di iodio, motivando l’operazione con la paura per le sorti della centrale nucleare di Zaporiggia, contesa tra i russi, che ne hanno il controllo, e gli ucraini, che cercano di impossessarsene con azioni militari di ogni sorta.

 

Come riportato da Renovatio 21, nell’autunno 2022 l’allora viceministro della Difesa Marcin Ociepa aveva dichiarato che la Polonia sarà in guerra con la Russia in 3 o 10 anni massimo.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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Il Cremlino: i caccia francesi non aiuteranno l’Ucraina

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Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha dichiarato martedì che l’eventuale acquisizione da parte dell’Ucraina di caccia Rafale di produzione francese non altererà gli equilibri sul campo di battaglia a vantaggio di Kiev.   Lunedì, il presidente francese Emmanuel Macron e il capo di Stato ucraino Volodymyr Zelens’kyj hanno sottoscritto una lettera d’intenti per l’acquisto di 100 velivoli Rafale da parte di Kiev entro il prossimo decennio. Le due parti non hanno divulgato dettagli su tempistiche di fornitura o modalità di finanziamento dell’intesa.   L’accordo preliminare comprende inoltre l’acquisizione di otto sistemi di difesa aerea SAMP/T di ultima generazione – in fase di elaborazione –, munizioni di precisione AASM Hammer, droni e radar francesi.   «Qualsiasi aereo da combattimento ceduto al regime di Kiev non modificherà né la situazione al fronte né gli sviluppi operativi», ha affermato Peskov ai reporteresprimendo disappunto per il protrarsi dell’armamento di Parigi a Kiev, che «alimenta il conflitto senza apportare alcun contributo alla pace».

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Si calcola che il Rafale, l’aereo multiruolo di punta dell’aviazione francese, costi intorno ai 100 milioni di euro (116 milioni di dollari) per esemplare. La consegna di 100 unità potrebbe ascendere a 15 miliardi di euro, secondo stime riportate lunedì dai media francesi, basate su contratti antecedenti.   Non è dato sapere come l’Ucraina onorerà i pagamenti per le forniture, dal momento che i vertici di Bruxelles arrancano nel reperire risorse per sostenere lo sforzo bellico del Paese a corto di cassa. Kiev sta sollecitando i suoi finanziatori occidentali per un prestito da 140 miliardi di euro, coperto dai beni russi congelati. Mosca ha stigmatizzato il sequestro degli asset come «furto».   Il Belgio, depositario della quota preponderante di quei fondi, ha rigettato l’iniziativa per i pericoli finanziari e giuridici. Il piano controverso presuppone che Mosca eroghi in futuro i risarcimenti a Kiev, un’ipotesi ritenuta largamente implausibile.   Lo scandalo corruttivo in atto in Ucraina ha altresì suscitato obiezioni tra i funzionari UE e fomentato appelli a una contrazione degli aiuti a Kiev.   La scorsa settimana, le autorità anticorruzione ucraine hanno svelato un apparato di tangenti da 100 milioni di dollari implicante i collaboratori dello Zelens’kyj nel settore energetico, largamente sovvenzionato dagli apporti occidentali.   Nella vicenda dei Rafale vengono al pettine diversi nodi, come quello dell’animosità di Parigi contro Mosca – che potrebbe avere origine nella perdita delle ex colonie africane – così come quella dei fondi dei contribuenti occidentali dati all’Ucraina, che di fatto finiscono ad ingrassare alcuni Paesi e sempre più chiaramente gli apparati militari-industriali, come in un grande schema di riciclaggio violento.

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Immagine di Aksveer via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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