Essere genitori
Homeschooling, la testimonianza di una mamma
Una mamma, la signora Anna, ha deciso insieme al marito di intraprendere l’esperienza dell’istruzione parentale per il proprio figlio. Molto volentieri mettiamo a disposizione dei lettori di Renovatio 21 questa interessante testimonianza.
Carissima Redazione di Renovatio 21,
Avendo letto alcuni vostri articoli sulla scuola parentale e sull’homeschooling, sarei lieta di poterVi raccontare la nostra crescita familiare, nella speranza che questa testimonianza diretta possa essere utile ad altre famiglie.
Abbiamo iniziato tardi la nostra esperienza di homeschooling, solo dalla seconda media, ma se avessimo saputo prima che andare a scuola non è obbligatorio, avremmo certo cominciato molto prima.
Se avessimo saputo prima che andare a scuola non è obbligatorio, avremmo certo cominciato molto prima
Tant’è che l’istruzione parentale l’avevamo già iniziata senza saperlo: infatti, nostro figlio è andato in prima elementare sapendo già leggere, scrivere, fare sottrazioni e addizioni.
E aveva imparato con gioia, divertendosi; per lui la matematica era un bel gioco.
A nostro modesto parere, la scuola ha reso lo studio un’imposizione, un obbligo mal tollerato
A nostro modesto parere, la scuola ha reso lo studio un’imposizione, un obbligo mal tollerato.
Parimenti, l’istruzione omologata ha ucciso la curiosità, togliendo ai bambini la passione di imparare.
Grazie a Dio siamo finalmente venuti a conoscenza di questo nostro diritto ed abbiamo deciso, contro tutto e contro tutti, di intraprendere questo cammino, che a distanza di due anni possiamo affermare con sicurezza essere il più adatto, la migliore decisione che abbiamo preso per nostro figlio.
L’istruzione omologata ha ucciso la curiosità, togliendo ai bambini la passione di imparare
Dobbiamo tuttavia ancora lottare con le critiche di parenti e conoscenti, ma non ci facciamo più caso perché la serenità della nostra famiglia non ha prezzo.
Certo è impegnativo, ma anche di grandissima soddisfazione sia per lui che per noi genitori.
Dobbiamo tuttavia ancora lottare con le critiche di parenti e conoscenti, ma non ci facciamo più caso
Stiamo imparando insieme ad amare la conoscenza, a studiare ciò che piace e incuriosisce, coltivando gli interessi per argomenti o discipline che non sono nei programmi ministeriali.
Grazie al Cielo ci sono anche persone che ci appoggiano e ci aiutano.
C’è tanto tempo in più da passare in famiglia o da dedicare a gite e visite d’istruzione,
C’è tanto tempo in più da passare in famiglia o da dedicare a gite e visite d’istruzione, e la socializzazione continua nelle attività extrascolastiche con persone che condividono tanti nostri interessi.
Gli esami obbligatori a fine anno non devono spaventare, sono comunque un’esperienza di vita, e vi assicuro che fanno molta più paura a noi genitori che non ai bambini.
Abbiamo detto addio alle levatacce all’alba , alle corse in auto per non arrivare tardi, alla caccia al parcheggio, al pranzo a orari improponibili
Abbiamo detto addio alle levatacce all’alba , alle corse in auto per non arrivare tardi, alla caccia al parcheggio, al pranzo a orari improponibili (in molte scuole per avere la settimana corta fanno uscire i ragazzi alle 14.00), alle incomprensioni fra genitori e insegnanti, allo studio il fine settimana, al guardaroba per la scuola, all’ansia per le attività di dubbia morale (la teoria del gender esiste, e lo abbiamo toccato con mano negli anni in cui nostro figlio è andato a scuola).
Finalmente ci possiamo godere la famiglia, alzarci con calma, pranzare insieme, recuperare tempo e denaro, niente stress di compiti e interrogazioni, ma soprattutto possiamo vivere serenamente
Finalmente ci possiamo godere la famiglia, alzarci con calma, pranzare insieme, recuperare tempo e denaro, niente stress di compiti e interrogazioni, ma soprattutto possiamo vivere serenamente.
Questo è il dono più grande per nostro figlio: la libertà dal sistema.
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Il 25% dei bambini di età compresa tra 3 e 4 anni possiede uno smartphone: studio
Uno studio condotto dall’autorità governativa di regolamentazione delle comunicazioni nel Regno Unito ha rilevato che un quarto dei bambini di soli 3-4 anni possiede uno smartphone. Lo riporta il giornale britannico Telegraph.
Dallo studio di Ofcom è infatti emerso che un quarto di tutti i bambini sotto i 7 anni possiede un dispositivo intelligente, con un aumento di circa il 5% in un anno.
I dati per i bambini di età inferiore a 7 anni sono stati forniti dai genitori, quindi il numero reale potrebbe essere molto più alto se alcuni genitori scegliessero di essere liberali riguardo alla verità.
Lo studio ha rilevato che quasi il 60% dei bambini di età compresa tra gli 8 e gli 11 anni possiede un telefono e, quando si arriva ai 12-17 anni, essenzialmente tutti i bambini possiedono uno smartphone.
Ofcom ha osservato che «i bambini delle scuole materne sono sempre più online e godono di una maggiore indipendenza digitale da parte dei genitori».
Lo studio ha anche scoperto che i bambini riescono ad aggirare i controlli sull’età per accedere alle app dei social media, semplicemente inventando la loro data di nascita.
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Più della metà (51%) di età inferiore ai 13 anni utilizza un’app di social media di qualche tipo sui propri telefoni, nonostante il fatto che la maggior parte delle app di social media richieda che gli utenti abbiano più di 13 anni.
Un totale del 40% dei bambini di età compresa tra 8 e 17 anni ha dichiarato a Ofcom di aver mentito sulla propria età per accedere a un’app.
Nella fascia di età 5-7 anni, un terzo dei genitori ha affermato che i propri figli utilizzano le app completamente senza supervisione e un terzo ha affermato di consentire ai propri figli di utilizzare le app prima che raggiungano l’età minima consigliata.
Il commissario governativo per l’infanzi britannicoa, Rachel de Souza, ha commentato che «l’uso dei social media e delle piattaforme di messaggistica da parte dei minorenni è molto diffuso. Le tutele previste dall’Online Safety Act devono essere implementate in modo rapido e deciso, con efficaci garanzie sull’età».
I risultati arrivano mentre il governo di Londra sta valutando la possibilità di attuare un divieto totale per i minori di 16 anni di acquistare smartphone, scrive Modernity News..
Tuttavia, tale legge non impedirebbe ai genitori di acquistare i dispositivi e di darli ai bambini, come avviene nella stragrande maggioranza delle case. Il governo sta anche valutando una legge che richiederebbe l’approvazione dei genitori quando i bambini di età inferiore ai 16 anni si iscrivono ad account sui social media.
Richard Collard della National Society for the Prevention of Cruelty to Children ha sottolineato che «il numero di bambini molto piccoli che utilizzano i social media indica un fallimento sistemico da parte delle aziende tecnologiche nel far rispettare i limiti di età da loro stabiliti”.
Gli studi hanno dimostrato che esistono ampie prove che l’uso dei social media è collegato ad un aumento dell’ansia, della depressione e ad un declino del benessere mentale tra i giovani. Le connessioni tra telefonino e l’aumento del cortisolo – l’ormone dello stress – sono discusse da diversi anni.
Come riportato da Renovatio 21, una curiosa circolare del ministero dell’Istruzione italiano dell’anno scorso descriveva lo smartphone come una droga «non diversa dalla cocaina».
Negli anni è emerso che le app degli smartphone spiano i bambini su «una scala scioccante», hanno rivelato esperti a Children’s Health Defense.
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«Influencer» per genitori condannata per abusi su minori
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Lucifero vittima ed eroe: i cartoni animati riscrivono il Bene e il Male
Un video girato da una mamma italiana preoccupata sta circolando sui social media.
La signora mostra come su un popolare e onnipresente servizio di streaming vi sia un cartone che, alla prima puntata, riscrive completamente la storia biblica.
Per il cartone, Lucifero era buono, ed è stato punito ingiustamente. Si sarebbe poi trovato, «attratto dalla fiera indipendenza», con Lilith, prima moglie di Adamo poi divenuta demone – e già la presenza di questo personaggio nel cartone animato è indicativa, vista la sua persistenza nella mitologia femminista: di fatto, la vediamo scappare dal primo uomo che ancora prima di essere padre già la tratta come un patriarca.
Il lettore può vedere da sé il livello di inversione a cui si arriva: il «Paradiso» è cattivo, Lucifero è vittima della sua crudeltà; l’atto di dare la mela ad Eva è un atto prometeico di amore per l’umanità…
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Si resta sbalorditi.
Pare addirittura, ma potremmo sbagliarci, che a San Michele Arcangelo, colui che sconfisse Lucifero, siano assegnate fattezze mostruose.
È semplicemente sconcertante: e provate a pensare a una piccola mente che assorbe questa storia prima di poter frequentare il catechismo, dove, in teoria, dovrebbero raccontargli la versione opposta. A chi crederà, alla TV o al catechista? Cosa sortirà la dissonanza cognitiva prodotta?
Apprendiamo che il cartone si chiama Hazbin Hotel ed è realizzato da un’artista poco più che trentenne, Vivienne Medrano, che sempre a tema infernale produce anche un’altra serie chiamata Helluva Boss. Dopo aver lavorato nei film horror, si è fatta largo su YouTube, per poi fare il suo primo cortometraggio «Son of 666» (2013). Bisessuale, si definisce «una donna queer su internet che ha fatto qualcosa di popolare».
La protagonista di Hazbin Hotel è Charlie Morningstar (Carla Stella del Mattino – anche qui, un riferimento a Lucifero) principessa dell’Inferno, nella sua ricerca per trovare un modo per «riabilitare» i peccatori e ammetterli in Paradiso, tramite il suo «Hazbin Hotel», come alternativa all’annuale «sterminio» delle anime da parte del Paradiso a causa della sovrappopolazione dell’Inferno.
La ragazzina protagonista è aiutata dalla sua «fidanzata» Vaggie, che è anche la sua manager, e da un attore pornografico chiamato Angel Dust. Il prodotto è R-rated, cioè, secondo la classificazione americana, adatto ad un pubblico di under 17 solo se accompagnati da un adulto. Amazon lo segna come «18+», tuttavia sappiamo che almeno al pubblico italiano ogni cartone suggerisce di default l’essere fatto per bambini, e il primo episodio è stato distribuito su YouTube, dov’è ancora possibile vedere liberamente anche il trailer, con violenza e oscenità sin dai primi secondi.
Attacco: «Ciao a te, peccatore perduto, ti piace il sangue, la violenza, e la depravazione di natura sessuale?». Segue turpiloquio vario.
La serie è prodotta in collaborazione con Amazon Studios dalla società di intrattenimento indipendente A24, una casa di produzione basata a Nuova York con all’attivo film e serie controversi come Spring Breakers e Euphoria. Lanciato il 19 gennaio 2024, Hazbin Hotel è il suo primo progetto di animazione, già disponibile con doppiaggio italiano.
Non si dichiara come un cartone per bambini: ma allora, per chi è? Quanti adulti amano vedere disegni stilizzati, caricature in movimento, invece che guardare del cinema? Una domanda antica, a cui forse non sappiamo rispondere perché sottovalutiamo l’infantilizzazione delle masse.
Torniamo un secondo sulla presenza in questo prodotto di intrattenimento del demone Lilith, scritto anche Lilit, Lilitu o Lilis, una figura femminile nella mitologia mesopotamica e giudaica, che secondo alcuni teorie non cristiane sarebbe stata la prima moglie di Adamo e presumibilmente un demone primordiale, una creatura «bandita» dal Giardino dell’Eden per non aver rispettato e obbedito ad Adamo – e per questo oggi citata e riverita dai movimenti femministi che combattono il patriarcato e la figura maschile. Si pensa che sia menzionata nella Bibbia in ebraico nel Libro di Isaia (34, 14), in una lista di animali notturni, dove è tradotto dalla versione CEI con «civetta».
La figura è più consistente nella tarda antichità nella mitologia mandea e nelle fonti della mitologia ebraica dal 500 d.C. in poi. Lilith appare in formule di incantesimo che incorporano una breve storia mitica (conosciuti oggi come historiolas nella mitologia mesopotamica, greca, aramaica, mandea e cabalistica) in vari concetti e località che danno descrizioni parziali di lei. La demonessa è menzionata nel Talmud babilonese, nel testo apocrifo Vita di Adamo ed Eva come la prima moglie di Adamo, e nello Zohar Leviticus come «una donna focosa e focosa che per prima convisse con uomo». Molte autorità rabbiniche tradizionali, tra cui Maimonide e Menachem Meiri, rifiutano l’esistenza di Lilith.
Perché un tale personaggio, di fatto conosciuto per lo più solo da chi è appassionato di esoterismo ed affini, compare in un cartone? Perché gli autori sono immersi nella cultura femminismo e nel gender che glorificano Lilith, le streghe, i demòni, l’Inferno. E credono che sia giusto immergere in questo calderone anche i vostri figli, per cucinarli secondo la ricetta del Moloch perverso-polimorfo che si sta impadronendo dell’Occidente e della sua cultura.
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È molto chiaro quello che sta accadendo, e non parliamo del macro-piano spirituale e morale dove è impossibile non vedere l’insorgenza del demoniaco sulle famiglie: a livello più concreto, è facile rintracciare la genealogia di questa cultura che viene fatta percolare nell’industria dell’intrattenimento, anche infantile. Si tratta del rifiuto radicale del cristianesimo tipico del genderismo, che non esita, come visibile in tanti Gay Pride, ad allearsi a forme e motivi del satanismo – sempre, ovviamente, con la scusa della «satira» a portata di mano.
Non si tratta di un caso isolato. Il principale soggetto dell’industria del family entertainment, Disney, sappiamo bene essere diretto lì. Dopo l’ultimo film di Natale I terribili nove (The Naughty Nine) con personaggi apparentemente LGBT e le scene con baci omoerotici nel cartone Lightyear (2022), vi sarebbe anche il caso della serie TV in via di produzione chiamata Little Demon, che ha suscitato presso i cristiani americani polemiche per la «normalizzazione del paganesimo» e il sostegno a Satana e all’Anticristo.
Come riportato da Renovatio 21, il film natalizio 2022 della Disney conteneva una sequenza che mostrava un gruppo di bambini che tengono in mano cartelli che recitano «WE LOVE YOU SATAN», cioè «TI AMO SATANA». Si tratta di un equivoco che dovrebbe far ridere: «Satan» è l’anagramma di «Santa», cioè Santa Claus, Babbo Natale, quindi nella pellicola i bambini si sono sbagliati, del resto basta invertire due lettere.
Non c’è molto da ridere. Invece c’è da tenere lontani i bambini dall’intrattenimento attuale, la cui agenda di inversione propriamente diabolica non è nemmeno più discutibile.
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