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Gorilla positivi al COVID. Come la tigre, la papaya e la Coca-cola
Diversi gorilla dello zoo safari di San Diego sono risultati positivi al coronavirus, manifestano – riferiscono le cronache – perfino alcuni sintomi della malattia. Si tratterebbe del primo caso di contagio in primati in cattività.
La direttrice esecutiva del parco, Lisa Peterson, ha detto lunedì all’Associated Press che si ritiene che otto gorilla che vivono insieme nel parco abbiano il virus e che molti abbiano addirittura tossito. Gavin Newsom, il non amatissimo governatore della California, ha confermato nel suo briefing di lunedì che almeno due gorilla erano risultati positivi mentre tre erano sintomatici.
La notizia è di per sé una bomba: abbiamo quindi anche i gorilla asintomatici
La notizia fornita dal governatore democratico (figlio di colui che portò i soldi di Getty ai rapitori calabresi del nipote) è di per sé una bomba: abbiamo quindi anche i gorilla asintomatici, un tema di cui bisogna discutere subito, i TG si attrezzino quanto prima con immagini di repertorio, la RAI mandi subito gli inviati in California.
Sentiamo già dire a qualcuno: Harambe, il gorillone fucilato seduta stante qualche anno fa perché si era preso un ragazzino caduto nella gabbia, in realtà non è morto per le pallottole. Harambe è morto di COVID.
Harambe è morto di COVID
Il contagio interspecifico è stata a lungo un’area di preoccupazione per il COVID-19, che secondo l’ente per le epidemie americano CDC probabilmente ha avuto origine da un pipistrello – conoscete di certo la narrativa principale che da una certa coinvolgeva anche il pangolino, poi derubricato dalle colpe – Revenge of the Pangolins, titolò il New York Times – ma rimasto nell’immaginazione e nel cuore di tutti noi.
È la teoria dello spillover, il «traboccamento» del virus da una specia all’altra, resa notissima anche dal bel libro (intitolato sibillinamente Spillover), best seller 2020, che tentava di spiegare le dinamiche delle pandemie e, tra una cena cinese di ratto cinese e un giro in grotta cinese tra le cacche di chirottero cinese, forniva molti elementi che oggi suonan come profetici.
Il virus sembrerebbe avere una predilezione per i grandi felini: del resto il 2020, oltre che del Coronavirus, è stato l’anno di Tiger King
Il Pipistrello a ferro di cavallo non vive a Wuhan ma migliaia di chilometri più a Sud, tuttavia a Wuhan c’è l’unico laboratorio di massima sicurezza BSL-4 per lo studio dei patogeni, che stava studiando proprio il virus SARS da pipistrello ed era stato oggetto di controversia proprio per questo (chi se lo ricorda il servizio di TG3 Leonardo), tuttavia se provate anche solo con il pensiero ad unire i puntini siete dei complottisti da Black list immediata.
La storia degli animali infettati aveva preso piede in primavera 2020 con cani e gatti giapponesi e di Hong Kong contagiati, con casi anche negli USA; c’è poi la storia della gatta di uno dei primi testimoni diretti del lockdown di Wuhan, l’inglese Connor Reed; la gatta cinese si ammalò di un qualche male contestualmente al padroncino britannico, il quale è stato trovato morto nella sua università in Galles poche settimane fa: l’ipotesi è suicidio.
In realtà, non è chiaro quali animali possano essere infettati, tuttavia il virus sembrerebbe avere una predilezione per i grandi felini. Una tigre malese di quattro anni di nome Nadia è risultata positiva allo zoo del Bronx a New York ad aprile e, poco dopo, anche altre tre tigri e tre leoni allo zoo sono risultate positive. Bashir, una tigre malese di 11 anni allo zoo di Knoxville nel Tennessee, è risultata positiva al coronavirus in ottobre ed è entrata in quarantena con le tigri malesi Arya, 6 anni, e Tanvir, 11 anni, che mostravano anche tosse lieve, letargia e un diminuzione dell’appetito. Il mese scorso, NeeCee, un leopardo delle nevi di cinque anni allo zoo di Louisville nel Kentucky, è risultato positivo .
Renovatio 21 non è convinta del tutto che si tratti di una novità, in quanto assai probabile che nei posti di vertice vi siano ora scimpanzé, orango-tanghi, lemuri, mandrilli, tarsi spettro, macachi, cebi, cercopitechi
Il lettore non si stupisca: il 2020, oltre che del Coronavirus, è stato l’anno di Tiger King.
Rimane nella memoria in caso della Tanzania, dove il presidente John Magufuli rese noto che, in seguito agli esami effettuati, una capra, una quaglia e una papaya erano risultati positivi al nuovo coronavirus.
Lo scorso dicembre Michael Schnedlitz, un membro del Parlamento Austriaco affiliato al partito FPÖ, aveva dichiarato che anche un test eseguito sulla Coca -Cola aveva dato esito di positività al Coviddo. L’onorevole è stato sommerso da diecine di fact-checker e sbufalatori di professione che tentano di zittirlo sommergendolo di pagine internet e di bollini sui social.
Vale la pena di ricordare, tuttavia, che l’onorevole fece il test al povero analcolico moro proprio durante il suo veemente discorso davanti al Nationalrat, che non è un «ratto nazionale» (che sarebbe di per sé sospetto di contagiosità), ma il Parlamento di Vienna.
Si preannuncia insomma una grande crisi pandemica anche per il pianeta delle scimmie.
Davvero non è difficile vedere che oggi, a livello globale, al potere ci sono degli animali.
Tuttavia, Renovatio 21 non è convinta del tutto che si tratti di una novità, in quanto assai probabile, vedendo la risposta alla pandemia, che nei posti di vertice vi siano scimpanzé, orango-tanghi, lemuri, mandrilli, tarsi spettro, macachi, cebi, cercopitechi.
Davvero non è difficile vedere che oggi, a livello globale, al potere ci sono degli animali.
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Maiale salva due soldati russi che stavano calpestando una mina: come i muli degli Alpini
In un video diffuso di recente su Telegram, un maiale ha evitato che due soldati russi calpestassero una mina antiuomo.
Ripreso da un drone, il video mostra due militari russi che si avvicinano a un fabbricato in rovina, con un maiale domestico nelle prossimità. Il filmato è stato caricato sabato sul canale Telegram RVvoenkor.
Il soldato in avanguardia balza in avanti allorché il compagno è a pochi metri, innescando una mina antiuomo. I due soldati deviano quindi il cammino, procedendo lungo i ruderi di una staccionata adiacente.
🇷🇺🇺🇦🐽 Help came from where it was not expected. A Ukrainian pig saved good Russian people by stepping on a mine. There are heroes even among khokholys pigs. Be kind! pic.twitter.com/stMHahKvIF
— Black Diamond (@blackdiammon) November 15, 2025
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«Il destino finale dell’animale resta ignoto. Le nostre unità hanno alterato il tragitto e proseguito l’operazione», ha commentato l’emittente. Non ha precisato la data né il luogo delle riprese. Stando al Ministero della Difesa di Mosca, le truppe russe stanno progredendo su più assi lungo il fronte, tra cui i presidi ucraini assediati di Kupyansk, nella regione di Kharkov, e Krasnoarmeysk (detta Pokrovsk in Ucraina) nella Repubblica Popolare di Donetsk.
Le forze del raggruppamento congiunto «Est» hanno completamente liberato il villaggio di Yablokovo dal dominio ucraino nella regione russa di Zaporiggia, ha annunciato sabato il dicastero. Si tratta del nono centro strappato dalle unità «Est» nel corso del mese, ha precisato.
Non è il filmato più bizzarro che abbiamo visto provenire dal teatro di guerra ucraino.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa un soldato russo ha sconfitto un drone ucraino con un sacco di patate, un altro ha catturato un drone a mani nude, un altro ancora lo ha preso a testate.
La vicenda del maiale minatore ricorda la pratica degli Alpini riguardo al mulo. Come noto, gli Alpini usavano spesso muli come animali da soma per trasportare equipaggiamenti, munizioni e razioni in terreni impervi dove i veicoli non potevano arrivare. Tuttavia, c’è una credenza diffusa – supportata da testimonianze di veterani e resoconti militari – secondo cui i soldati tenevano i muli molto vicini a sé (a volte legati o condotti a mano) non solo per praticità, ma anche per sicurezza personale. Tenendolo accanto o davanti, i soldati speravano che il mulo facesse da «scudo vivente» (assorbendo l’esplosione), che l‘esplosione avvenisse in prossimità, permettendo ai soldati di gettarsi a terra o reagire immediatamente, che si riducesse il rischio di mine attivate dietro il gruppo (dove magari c’erano altri soldati o animali).
In pratica, il mulo era programmaticamente, per gli alpini, un sistema anti-mina. Lasciarlo libero poteva servire da operazione di sminamento, oppure era visto come un rischio, perché il mulo deambula erraticamente, innescando potenzialmente le bombe che possono danneggiare i militari e la loro operazione.
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Immagine screenshot da Twitter
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Dinosauro morto sotto un museo di dinosauri
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Il Giappone invia truppe per contrastare l’aumento degli attacchi mortali degli orsi
Il 5 novembre il Giappone ha dispiegato truppe nel Nord del Paese per aiutare a gestire gli orsi nella zona, dopo che le autorità locali hanno ammesso di essere in difficoltà di fronte a un’ondata di attacchi senza precedenti.
Stando a quanto riferito dal quotidiano nipponico Asahi Shimbun, i soldati della Forza di Autodifesa Terrestre giapponese (GSDF) sono stati inviati nella regione per collaborare con i cacciatori locali e tenere sotto controllo gli animali.
Alle truppe, tuttavia, non sarà consentito l’uso di armi da fuoco durante l’operazione: potranno impiegare solo spray anti-orso per deterrenza e protezione, oltre a contribuire a posizionare trappole a scatola, condurre pattugliamenti, trasportare cacciatori, spostare orsi catturati o abbattuti e raccogliere informazioni.
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L’intervento è partito da Kazuno, città nella prefettura di Akita (nota ai lettori di Renovatio 21 per essere sede dell’ultima, apocalittica, apparizione mariana approvata dalla Chiesa), all’estremo nord dell’isola principale di Honshu. Nelle ultime settimane a Kazuno si è registrato un forte incremento degli avvistamenti di orsi; i residenti sono stati invitati a evitare i boschi fitti intorno all’insediamento e a rimanere in casa dopo il tramonto per scongiurare gli orsi in cerca di cibo vicino alle abitazioni.
La premier giapponese Sanae Takaichi ha inoltre annunciato in parlamento che entro metà mese il governo deciderà misure di emergenza per affrontare la problematica degli orsi. «Adotteremo le misure necessarie tempestivamente, senza attendere la decisione finale», ha dichiarato la Takaichi, secondo l’agenzia Jiji.
Secondo il ministero dell’Ambiente, da aprile in Giappone si sono verificati oltre 100 attacchi di orsi, con un record di 13 persone uccise nel Paese nello stesso periodo.
Due terzi di questi decessi si sono concentrati nella prefettura di Akita e nella confinante Iwate. Ad Akita, le autorità riferiscono che gli avvistamenti di orsi sono aumentati di sei volte quest’anno, superando gli 8.000, e gli attacchi sono in procinto di stabilire un nuovo primato, spingendo il governatore a richiedere l’intervento delle Forze di autodifesa la settimana scorsa.
Dopo Kazuno – cittadina di circa 30.000 abitanti nota per le sorgenti termali e il paesaggio – i soldati GSDF si sposteranno a Odate e Kitaakita, in base a un accordo che durerà fino a fine mese, secondo NHK.
L’incremento della popolazione di orsi, lo spostamento delle fonti alimentari naturali e lo spopolamento delle aree rurali stanno portando a un maggior contatto con gli esseri umani. Nel frattempo, i cacciatori – molti dei quali anziani – su cui le autorità contavano per gestire il problema si sono trovati sopraffatti quest’anno.
Nelle ultime settimane gli orsi hanno attaccato clienti all’interno di un supermercato, un turista diretto a una fermata dell’autobus vicino a un sito UNESCO e un dipendente di un resort termale.
Gli attacchi degli orsi raggiungono tipicamente il picco tra ottobre e novembre, quando gli animali accumulano cibo prima del letargo.
Secondo Bear Conservation, gli orsi neri giapponesi, diffusi in gran parte del Paese, possono pesare fino a 125 kg, mentre gli orsi bruni dell’isola settentrionale di Hokkaido superano i 600 kg.
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A settembre il governo ha allentato le norme sulle armi da fuoco per facilitare ai cacciatori l’abbattimento degli orsi nelle aree urbane. La modifica legislativa consente ora alle autorità comunali di richiedere a cacciatori autorizzati di catturare o eliminare gli orsi, purché garantiscano la sicurezza delle comunità limitando il traffico ed evacuando i residenti in collaborazione con la polizia.
In precedenza, la legge proibiva ai cacciatori di sparare agli animali in zone densamente popolate, salvo ordine della polizia per pericolo imminente alla vita, scrive il quotidiano giapponese in lingua inglese Japan Times.
Il terrore scatenato del Sol Levante dai malvagi tardigradi era stato già descritto da Renovatio 21 due anni fa. Aveva fatto notizia anche l’impiego dell’Intelligenza Artificiale per arginare il fenomeno, ma a quanto pare l’opzione migliore è mandare l’esercito, o meglio, il suo surrogato nipponico (per Costituzione, il Paese è pacifista e privo di forze armate ufficiali).
Resta da capire, a questo punto, cosa un giapponese, che assiste nel suo Paese a centinaia di attacchi ursini, possa pensare dell’Italia che gli orsi li importa dall’Estero – per poi vedere i suoi cittadini danneggiati, impauriti, aggrediti e perfino sbranati a morte.
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