Economia
Gli USA preparano 300 nuove sanzioni. La Russia risponde bannando una serie di comici e Obama
Il 19 maggio il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha rilasciato una lunga dichiarazione sulle nuove sanzioni contro la Russia, intitolata «Con oltre 300 sanzioni, gli Stati Uniti prendono di mira l’elusione e l’evasione della Russia, le catene di approvvigionamento militare-industriale e le future entrate energetiche».
L’elenco è pubblicato, con molti di quelli nominati relativi ai servizi finanziari. Viene fornito un collegamento di ricerca per tutte le persone e le entità sanzionate. Le nuove sanzioni sono fatte «in coordinamento con il G7 e altri partner internazionali», per rafforzare le sanzioni globali per «degradare ulteriormente la Russia»
Il comunicato del Tesoro USA fornisce una lunga descrizione delle sanzioni, che sottolinea «la continua vigilanza per potenziali evasioni russe al controllo delle esportazioni», affermando che «la Russia si è rivolta all’evasione e all’elusione per tentare di acquisire i beni di cui il suo complesso militare-industriale ha un disperato bisogno».
In una sorta di simmetrica corrispondenza, lo stesso 19 maggio il ministero degli Esteri russo ha annunciato che avrebbe vietato a 500 americani di entrare in Russia, «in risposta alle sanzioni regolarmente antirusse imposte dall’amministrazione Joe Biden».
Tra i nomi ci sono Barack Obama, l’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Russia e in Cina Jon Huntsman, alcuni giornalisti, tra cui Erin Burnett della CNN, e una serie di comici televisivi come Jimmy Kimmel, Stephen Colbert e Seth Meyers, che in realtà comici non sono visto che non fanno più ridere essendo impegnati esclusivamente nella stolida propaganda pro-NATO, pro-Partito Democratico USA, pro-vaccini mRNA, insomma pro-establishment e Deep State vario.
Colpisce che Obama sia piazzato nella lista al livello di tali comici falliti, dei quali probabilmente è stato spesso ospite nei ricchi salotti TV.
La dichiarazione russa afferma che la lista dei 500 allegata «include anche coloro che nel governo e nelle forze dell’ordine sono direttamente coinvolti nella persecuzione dei dissidenti sulla scia del cosiddetto Assalto al Campidoglio», riferendosi ai moti del 6 gennaio 2021, in cui sono stati profondamente coinvolte agenzie federali, e le cui azioni sono state palesemente portate alla luce in udienze di commissioni parlamentari e nei tribunali.
L’ambasciatore russo negli Stati Uniti Anatolij Antonov ha rilasciato una dichiarazione su Telegram sottolineando che «si ha l’impressione che gli Stati Uniti stiano cercando di fare pressione non solo sulla Federazione Russa, ma anche sulle nazioni in via di sviluppo. Colpire i legami attivamente in espansione della Russia con il Sud del mondo (…) Chiaramente, le economie emergenti vedranno il danno che le politiche degli Stati Uniti stanno arrecando ai loro interessi vitali e alla fine volteranno le spalle a Washington».
«A proposito, permettetemi di attirare la vostra attenzione sull’elenco degli americani pubblicato oggi dal ministero degli Esteri russo a cui ora è vietato entrare in Russia come misura di ritorsione per il loro approccio non costruttivo e unilaterale nei confronti del nostro Paese. Ha molti nomi famosi».
Il divieto russo include 45 membri della Camera degli Stati Uniti, i senatori JD Vance, Katie Britt ed Eric Schmitt, e l’ex ambasciatore in Russia John Tefft.
Nel 2016, negli ultimi giorni dell’amministrazione Obama, quelli dello shock per la vittoria di Donald Trump, il presidente di origini hawaiano-kenyote, umiliato internazionalmente dalla riuscita dell’operazione russa in Siria, espulse dagli USA 35 diplomatici di Mosca, e ci ricordiamo gli insulti alla Russia quando disse pubblicamente ad un Summit sul Nucleare che si tratta di una «potenza regionale», che «minaccia i suoi vicini non per la sua forza, ma per la sua debolezza».
Quella volta, con un gesto plateale, Putin rinunciò a espellere dalla Russia la quantità corrispondente di diplomatici americani, come si usa fare in questi casi. In un’umiliazione finale all’Obama, disse, nei giorni del Natale cattolico – quando il presidente russo usa incontrare i figli dei diplomatici stranieri a Mosca – che non avrebbe espulso nessuno.
Secondo alcuni, come il reporter Wayne Madsen, la famiglia di Barack Obama avrebbe radici nella CIA: ciò spiegherebbe la sua russofobia intransigente, così lontana dall’immagine dell’afroamericano di Chicago che l’uomo vuole proiettare.
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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