Cina
Gli SMS rivelano il pensiero eugenetico di Biden junior

Da alcuni messaggi recuperati nel famoso computer abbandonato da Hunter Biden, emergono posizioni non esattamente consone a quella che si definisce una famiglia «cattolica»
«Penso che le donne dovrebbero essere in grado di porre il veto allo sperma di un uomo rilasciato intenzionalmente o accidentalmente nella vagina di una donna con il suo consenso e spesso senza il suo consenso», ha scritto Biden jr. in un messaggio di testo del 2018.
Il linguaggio crudo non è una novità per chi ha familiarità con i contenuti del laptop, che includono foto e video osceni, insieme alle prove di ciò che molti ritengono essere prove schiaccianti di tradimento e collusione con potenze straniere.
Il linguaggio crudo non è una novità per chi ha familiarità con i contenuti del laptop, che includono foto e video osceni, insieme alle prove di ciò che molti ritengono essere prove schiaccianti di tradimento e collusione con potenze straniere.
Il materiale osceno proveniente dall’«hard disk venuto dall’inferno», come lo chiama Rudy Giuliani che ne è in possesso di una copia, pare non esaurirsi mai.
Il materiale osceno proveniente dall’«hard disk venuto dall’inferno», come lo chiama Rudy Giuliani che ne è in possesso di una copia, pare non esaurirsi mai.
I nuovi messaggi di testo arrivano tramite Jack Maxey, il giornalista più noto per aver spinto ostinatamente i media mainstream a rivelare le prove di crimine e tradimento nel laptop, che è stato verificato come appartenente a Hunter Biden, il secondo figlio di Joe Biden. Maxey ha rivela per la prima volta in un messaggio al sito LifeSiteNews i testi di Hunter Biden che esprimono le sue opinioni sull’aborto.
Questi SMS dimostrano una convinzione eugenica per cui anche i figli dei criminali sono destinati ad essere criminali. Scrive Hunter: «Se una donna sente di non essere attrezzata per crescere un bambino ed è stata violentata dal marito e sceglie un aborto, dovrebbe in grado di scegliere che i geni di suo marito non dovrebbero essere portati in una nuova generazione di stupratori».
Hunter Biden, corrotto e drogato, quando non sta caricando le proprie prodezze sessuali su Pornhub, trova quindi il tempo per lasciar trasparire una matrice di darwinismo sociale che lo ispira – e che probabilmente non è il solo, in famiglia, a condividere
Hunter Biden, corrotto e drogato, quando non sta caricando le proprie prodezze sessuali su Pornhub, trova quindi il tempo per lasciar trasparire una matrice di darwinismo sociale che lo ispira – e che probabilmente non è il solo, in famiglia, a condividere.
Nonostante pare sia oggetto di una (silenziosissima!) indagine federale per le sospette operazioni ucraine quando il padre era vicepresidente (e andava a Kiev a promettere armi e miliardi, se presidente e autorità rimuovevano il giudice che stava indagando sugli affari del figlio), Biden junior sta attraversando un periodo d’oro, con un tour televisivo senza sosta per la presentazione della sua autobiografia, dove racconta tutto tranne le cose essenziali – e cioè i crimini di cui è sospettato, e magari anche le bizzarrie più oscene, tra cui l’essere divenuto amante della cognata vedova e tante altre oscenità che continuano a rifluire dal suo caso.
Insomma: l’autobiografia di Biden junior è una intensa, precisa operazione di riciclaggio, la mondature di problemi possibilmente devastanti per l’amministrazione Biden: se il pubblico si concentra sui disperati orrori drogastici di Biden figlio, magari sorvola sulle cointeressenze degli affari del padre mentitore seriale ora finito, non si sa ancora bene in che modo, alla Casa Bianca.
Da notare come ancora ad ottobre 2020 testate dissidenti cinesi accusavano Biden di essere «controllato al 100% dal Partito Comunista Cinese»; mentre un professore pechinese disse pubblicamente che i miliardi cinesi per finanziare il fondo internazionale di Hunter (dove forse anche il padre aveva un ruolo) servivano a creare un canale di comunicazione tra il PCC e il potere USA che era andato perso con Donald Trump.
Biden jr. è sospettato di essere in affari con persone legate all’Intelligence cinese e perfino al massimo potere di Pechino, Xi Jinping
Biden jr. è sospettato di essere in affari con persone legate all’Intelligence cinese e perfino al massimo potere di Pechino, Xi Jinping.
Tuttavia, niente paura: anche l’Italia partecipa a questa operazione di ri-verginazione. Se ne occupa, direttamente, il primo quotidiano nazionale, il Corriere della Sera, che pubblica direttamente con la propria casa editrice (Solferino editore) il libro di Hunter Cose belle, lo reclamizza in prima pagina del quotidiano, e riprende il rampollo in stupenda firma sulla copertina di un suo magazine – la settimana dopo la copertina avrebbe raffigurato Enrico Letta che corre sulla spiaggia schizzando l’acqua del mare con i piedi, come una Claudia Schiffer dei tempi felici.
Non sappiamo, francamente, cosa sia più rivoltante: la laida storia di Hunter Biden, o le menzogne dei media?
Immagine di Ralph Alswang via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)
Cina
Pechino dichiara guerra al fumo

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La Cina è il primo produttore e consumatore di tabacco, con 300 milioni di fumatori e oltre un milione di morti l’anno. Decine di divisioni provinciali hanno già stretto le norme e il piano «Healthy China 2030» punta a ridurre al 20% i fumatori adulti. Shanghai da mesi sta sperimentano i divieti anche all’aperto in aree sensibili. Intanto cresce l’attivismo civico e anche gli studenti spingono per campus liberi da fumatori.
In Cina è guerra aperta contro il vizio del fumo. Si tratta di un problema molto serio per un Paese considerato il maggiore produttore e consumatore di tabacco al mondo, con oltre 300 milioni di fumatori e più di un milione di persone che muoiono ogni anno per malattie legate ad esso.
Già nella prima metà dello scorso anno, 24 divisioni provinciali avevano introdotto normative locali per contrastare il consumo di tabacco. Mentre da tempo è in vigore l’iniziativa nazionale «Healthy China 2030», che mira a ridurre al 20% la percentuale dei fumatori dai 15 anni in su entro il 2030.
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Pioniera nel controllo del tabacco in Cina è stata la città di Shanghai, avendo istituito per prima il divieto di fumo nei locali pubblici al chiuso nel 2010. Da allora chiunque venga sorpreso accendersi una sigaretta all’interno di ambienti come scuole, ospedali, mezzi pubblici e ristoranti, riceverà prima un avvertimento e poi una multa da 50 a 200 yuan (da 6 a 24 euro circa), in caso di resistenza.
Nel tentativo di compiere un ulteriore sforzo per ridurre la dipendenza da tabacco, a marzo di quest’anno la città ha lanciato un programma pilota per combattere il fumo anche negli spazi pubblici all’aperto. Secondo le linee guida pubblicate dalle autorità locali, siti turistici, scuole, ristoranti e bar in tutta la città sono tenuti ad apporre cartelli antifumo nelle aree di attesa e a formare il personale per scoraggiare il vizio. I cittadini possono segnalare le violazioni chiamando un numero verde governativo. I trasgressori individuali rischiano multe fino a 200 yuan (circa 24 euro), mentre i locali possono essere multati fino a 30.000 yuan (circa 3.600 euro).
L’iniziativa sembra essere stata molto apprezzata dai residenti. Rispondendo a un sondaggio condotto dagli enti di regolamentazione sanitaria della città, oltre il 90% degli intervistati ha ammesso di non tollerare di essere costantemente esposto al fumo passivo mentre cammina per strada.
Tra di loro vi è anche Zhang Yu, impiegato finanziario di professione e fervente influencer antifumo. Alcuni video apparsi sui social media cinesi mostrano Zhang mentre affronta con modi gentili ma decisi coloro che violano il divieto di fumo nei centri commerciali, nei condomini, negli ospedali e in altri spazi pubblici di Shanghai, esortandoli a «spegnere la sigaretta o andarsene».
«Fumare è una questione molto personale, ma quando danneggia gli altri, diventa una cosa davvero brutta», ha dichiarato a Sixth Tone. Ha aggiunto, inoltre, che la maggior parte dei suoi interventi si risolve senza grossi intoppi e che solo in rari casi, trovandosi di fronte a dei fumatori ostinati, è stato costretto a chiamare la polizia. Sui social il sostegno a Zhang è pressoché unanime: in molti dichiarano di aver iniziato a seguire il suo esempio e lo incoraggiano a «continuare così».
Tra le fila dei paladini antifumo vi è anche Xu Lihong, operatrice sanitaria 26enne di Chengdu con oltre 5.600 follower su Xiaohongshu. «Non chiediamo ai fumatori di smettere definitivamente, ma crediamo che la libertà di fumare non debba andare a discapito del diritto altrui a evitare il fumo passivo», ha affermato Xu, autoproclamandosi «ambasciatrice del controllo del tabacco».
Per rendere più efficaci le misure antifumo nella sua città, l’attivista suggerisce di distinguere in modo inequivocabile le aree dove è consentito fumare da quelle dove invece non lo è. Ha notato infatti che quando i cartelli che indicano il divieto sono chiaramente visibili, le persone sono molto più propense ad accondiscendere ai suoi richiami.
Secondo Xu, inoltre, le sanzioni previste per chi viola la normativa sono troppo blande e per questo inefficaci. Nonostante le difficoltà, la giovane è ferma nel suo impegno e ha costruito una rete con altri attivisti antifumo per condividere esperienze e offrire supporto. «Spero in un futuro in cui tutti gli spazi pubblici siano liberi dal fumo passivo», ha affermato.
Zhang Ruicong, studentessa universitaria della provincia dello Zhejiang, ha raccontato di essere stata aggredita verbalmente dopo aver chiesto a una persona di smettere di fumare su una scala mobile della stazione ferroviaria. Le è capitato anche di vedere diversi uomini in un ristorante che continuavano a fumare accanto a dei bambini, nonostante i ripetuti solleciti a smettere.«Molte persone considerano il fumo una cosa normale o temono di causare problemi parlandone», ha affermato, sottolineando i radicati atteggiamenti sociali in Cina nei confronti di questa abitudine. Ha aggiunto che persino sua madre considera la sua posizione «estrema».
Nonostante tutto la giovane resta ottimista. Crede che a guidare il cambiamento su questo tema siano soprattutto le giovani generazioni e, citando la campagna «campus senza fumo» della sua università, ha ribadito come secondo lei «gli studenti siano catalizzatori del progresso sociale».
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Il cambiamento di atteggiamento nei confronti del fumo si riflette anche nella cultura popolare. Recentemente, diversi comici hanno incorporato una sorta di «propaganda antifumo» nei loro spettacoli, incontrando il favore del pubblico a livello nazionale.
Particolarmente indicativa è una vicenda accaduta lo scorso agosto a Shaoxing, città natale di Lu Xun (1881-1936), uno dei principali intellettuali della Cina moderna. Un murale raffigurante il famoso scrittore che fuma, situato presso il memoriale a lui dedicato, è stato al centro di un acceso dibattito dopo la denuncia di un visitatore, preoccupato per l’influenza negativa che l’immagine avrebbe potuto avere sui giovani. L’uomo, un certo Sun, non ha esitato a presentare un reclamo tramite la piattaforma governativa della provincia di Zhejiang, ritenendo che l’opera rischiava di rendere il fumo un’abitudine affascinante per gli adolescenti.
L’opinione pubblica si è quindi divisa tra i sostenitori di Sun, convinti che gli spazi pubblici dovrebbero evitare immagini che tendono a normalizzare il fumo, e i suoi oppositori, secondo cui rimuovere o apportare modifiche all’iconico ritratto avrebbe causato solo uno spreco di risorse pubbliche. Per questi ultimi, inoltre, agire in tal senso avrebbe significato compiere una distorsione storica, dal momento che all’epoca di Lu Xun il fumo non era considerato un vizio, né era condannato come un pericolo per la salute pubblica. Alla fine ha prevalso il secondo fronte: le autorità culturali locali hanno deciso di preservare il murale, in quanto ritenuto parte dell’immagine storica di Lu Xun.
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Cina
La Cina impone controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare

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Cina
Trump: gli USA imporranno dazi del 100% alla Cina

Il presidente Donald Trump ha dichiarato che, a partire dal 1° novembre 2025, gli Stati Uniti applicheranno dazi del 100% sui prodotti cinesi, in reazione a quelle che ha definito restrizioni commerciali «straordinariamente aggressive» introdotte da Pechino.
Giovedì, la Cina ha reso noti nuovi controlli sulle esportazioni di minerali strategici con applicazioni militari, giustificando la misura come necessaria per tutelare la sicurezza nazionale e adempiere agli obblighi internazionali, inclusi quelli legati alla non proliferazione.
In un messaggio pubblicato venerdì su Truth Social, Trump ha accusato la Cina di aver assunto «una posizione estremamente ostile in materia di commercio», annunciando l’intenzione di imporre «controlli su larga scala sulle esportazioni di quasi tutti i prodotti che producono, inclusi alcuni non realizzati da loro», secondo una comunicazione inviata a livello globale. Tali misure, ha sottolineato il presidente, avrebbero impatto su tutti i paesi «senza eccezioni».
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«In risposta a questa posizione senza precedenti della Cina, gli Stati Uniti imporranno un dazio del 100% sui prodotti cinesi, in aggiunta a qualsiasi tariffa attualmente in vigore», ha scritto Trump, specificando che, dalla stessa data, saranno introdotti controlli sulle esportazioni di «qualsiasi software critico».
Ad agosto, Stati Uniti e Cina avevano concordato una tregua tariffaria di 90 giorni, che ha ridotto i dazi americani sui prodotti cinesi dal 145% al 30% e quelli cinesi sui prodotti americani dal 125% al 10%. Questa tregua scadrà a novembre. Trump ha definito la mossa di Pechino «assolutamente inaudita nel commercio internazionale» e «una vergogna morale nei rapporti con altre nazioni», precisando di parlare esclusivamente a nome degli Stati Uniti, non di altre nazioni similmente minacciate.
L’annuncio ha provocato un forte impatto sui mercati globali, con un crollo delle borse statunitensi nella giornata di venerdì. Come visibile nella finance card sopra, l’indice S&P 500 ha registrato un calo del 2,7%, segnando la peggiore perdita giornaliera da aprile, mentre il Dow Jones Industrial Average è sceso di circa 900 punti, pari all’1,9%.
Il NASDAQ, fortemente legato al settore tecnologico, ha subito un ribasso del 3,6%, con gli investitori che hanno venduto titoli ad alta crescita, particolarmente vulnerabili alle interruzioni nelle catene di approvvigionamento cinesi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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