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Politica

Fondamenti e politiche del partito Sanseito, definito come la nuova «estrema destra» giapponese

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Scrivo queste righe la mattina di domenica 20 luglio, nel mio appartamento nel nord est di Tokyo. La stagione delle piogge chiamata tsuyu è ufficialmente finita: tra le poche nuvole il cielo appare di un azzurro brillante, l’umidità è relativamente scarsa e il caldo sopportabile e quasi piacevole.

 

Sarebbe una bellissima giornata estiva, se sul Giappone non incombesse la minaccia del populismo, pronto a sprofondare il paese nella barbarie nazionalista.

 

Squadracce in camicia arancione formano capannelli minacciosi nei pressi delle principali stazioni ferroviarie, mentre i residenti stranieri, presentendo il peggio, già affollano gli aeroporti.

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Vi piacerebbe, vero?

 

O almeno così piacerebbe ai media stranieri che ultimamente hanno preso a volgere i riflettori sul Sanseito, partito emergente nel panorama politico del Sol Levante.

 

Stiamo parlando di una forza politica nata nel 2020, che fino a ora ha raccolto rispettivamente il 2.50% e 3.80% dei voti nelle elezioni per la camera a cui ha partecipato: decisamente numeri ancora piccoli, sebbene la tendenza alla crescita paia essere costante.

 

Viene quindi spontaneo chiedersi cosa renda tanto inquietante il Sanseito agli occhi di Otaku Joe e Gender Fluid Jill, blogger statunitensi che, sorbendo il loro gluten-free soy flat white con quinoa e forfora vegetale in un caffè LGBTQKAIJUU-friendly di Koenjii, aizzano sui social media dell’anglosfera la chiamata alle armi contro il nippopopulismo montante.

 

Tali social media sono il mangime a cui si pasce la mandria dei giornalisti occidentali, che a sua volta produce lo stallatico che vi tocca leggere.

 

Il Sanseito (参政党, «partito della politica partecipata» è una traduzione abbastanza plausibile) e il suo fondatore Souhei Kamiya sono già stati accusati di tutti i peccati capitali della società moderna: antisemitismo, xenofobia, connivenza con la Russia – che, guarda guarda, starebbe influenzando le elezioni in corso – antivaccinismo e omofobia.

 

Aggiungiamoci la misoginia, perché in un comizio Kamiya ha avuto l’ardire di affermare quanto segue: «non sono gli uomini e le donne attempate quelli che mettono al mondo i bambini. Sono le donne giovani a mettere al mondo i bambini!». Impeccabile dal punto di vista biologico, ma evidentemente discutibile dal punto di vista ideologico.

 

Perché i lettori possano autonomamente farsi un’idea di questo partito politico, riporto qui sotto il suo programma come riportato dal volantino che ho trovato nella buca delle lettere. Aggiungo tra parentesi i miei commenti, al fine di fornire il contesto, informazioni utili e occasionale sarcasmo.

 

Il programma del Sanseito si divide in tre fondamenti, ognuno dei quali comprendente tre progetti politici.

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Fondamento I: Rendere ricco il Giappone

Progetto 1: diminuire le tasse, invece che raccogliere le imposte e ridistribuirle. Diminuendo l’IVA e l’importo dell’assicurazione sanitaria, il profitto netto dei cittadini aumenterebbe. (Il tema della diminuzione dell’IVA rispetto al 10% attuale figura nel programma della maggioranza dei partiti, a eccezione della maggioranza di governo).

 

Progetto 2: fare rinascere il Paese per mezzo di un’industria «vincente». Il Giappone è andato via via perdendo il suo ruolo di potenza industriale, il che spiega l’enfasi posta sul turismo negli ultimi anni. Il Paese deve rafforzare la sua industria pesante, mettersi al passo con la rivoluzione digitale rappresentata dall’IA e usare anche il suo arsenale di soft power (la cultura pop giapponese che tutti conoscono).

 

Progetto 3: opposizione all’immigrazione eccessiva degli ultimi anni. Il problema non è soltanto quello della sicurezza, ma anche quello dell’onere economico causato dagli stranieri rispetto ai possibili benefici che apportano. (I cittadini stranieri oggi sono più o meno il 3% della popolazione dell’arcipelago, ma l’aumento negli ultimi anni è stato tangibile. Kawaguchi, nella provincia di Saitama, è il simbolo dei problemi di integrazione: gli stranieri sono l’8% e ci sono grossi problemi di convivenza con la comunità curda).

 

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Fondamento II: Proteggere il Giappone

Progetto 1: stabilità della produzione di riso e sicurezza del cibo. Al momento il Giappone produce soltanto il 38% dei beni alimentari che consuma. L’obiettivo deve essere il 100%. Oltre a questo è necessaria un’informazione chiara riguardo agli additivi presenti nei cibi ed è anche fondamentale intensificare l’agricoltura biologica. (Qui il Sanseito tocca due nervi scoperti. L’autarchia alimentare è un obiettivo che il Giappone, Paese insulare poverissimo di materie prime, ricerca da sempre. Il cattivo raccolto di riso dell’anno scorso ha alimentato molte preoccupazioni nella popolazione. Il secondo punto é altrettanto delicato: gli oppositori sostengono che il Sanseito usi l’argomento del cibo sano per attirare inconsapevoli cittadini nelle spire dell’attivismo populista, un metodo più degno di una setta che di un partito politico. La verità è che c’è una diffusa preoccupazione riguardo all’aumento esponenziale delle allergie negli ultimi anni. La dermatite atopica ha una diffusione quasi epidemica, e non è il solo disturbo di larga diffusione)

 

Progetto 2: diminuire le spese mediche con premi per chi ha uno stile di vita sano. Nella fattispecie, gli anziani che si sono mantenuti in buona salute con il proprio stile di vita e non pesano sul sistema sanitario vanno premiati con viaggi premio all’interno del Paese. (Qui si fa riferimento alla campagna «Go To Travel», lanciata in epoca covidica per sostenere il turismo nazionale). In generale, la medicina deve essere preventiva invece che focalizzarsi sulle terapie farmacologiche a posteriori. (Ottimo modo per farsi dei nemici. Bravo, Kamiya-san!)

 

Progetto 3: Opposizione al trattato pandemico dell’OMS. Il Sanseito si oppone alle pressioni che arrivano dall’estero e ritiene che le politiche dell’OMS, volte al profitto dell’industria medica e di nazioni straniere, vadano riconsiderate.

 

 

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Fondamento 3: Crescere nuovi giapponesi

Progetto 1: Abolire l’educazione basata sui test. (Ho semplificato la traduzione, in realtà dice: abolire l’educazione basata sul controllo della deviazione standard. Quello è il metodo statistico con cui vengono assegnati i punteggi nell’infernale sistema degli esami che regge la scuola giapponese.) Costruire un sistema educativo che non guardi solo al punteggio degli esami, ma che trasmetta l’amore per il proprio Paese e per la famiglia, la coscienza di potere diventare un importante contributo al proprio paese: una nuova scuola fondata sull’amore e sul coraggio. (Tanta roba)

 

Progetto 2: 100.000 yen al mese per ogni bambino. Dare un contributo a ogni bambino fino ai 15 anni perché a tutti sia garantita uguaglianza nell’accesso all’istruzione. Rafforzare gli aiuti economici per realizzare una società in cui sia possibile mettere al mondo un bambino senza ansie e preoccupazioni eccessive.
(Questo popolo si sta estinguendo, nessun problema è più grande di questo al momento)

 

Progetto 3: Una nuova filosofia politica, partendo da una nuova costituzione. Il Sanseito non propone riforme, ma che i giapponesi possano creare da sé la costituzione del proprio paese. (L’attuale costituzione del Giappone è stata scritta dall’occupante statunitense. Parlare di riforma della costituzione in genere sottintende rivedere l’articolo 9, che impedisce al paese di avere un esercito. Questo tema viene discusso spesso, ma qui il Sanseito non sembra alludervi direttamente.)

 

Ho riportato qui sopra, più o meno fedelmente, le parole che il Sanseito usa nel suo materiale di propaganda elettorale. Credo possa essere utile a farsi un’idea in autonomia riguardo a questo fenomeno, senza le imbeccate dell’agenzia politica di turno.

 

Aggiungo una foto del meraviglioso tramonto di ieri, perché sì.

 

Tramonto su Tokyo, foto dell’autore

 

Taro Negishi

Corrispondente di Renovatio 21 dal Giappone

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Immagine di Noukei314 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International 

 

 

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Politica

Orban dice che l’UE potrebbe andare al «collasso» e chiede accordi con Mosca

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L’UE è sull’orlo del collasso e non sopravvivrà oltre il prossimo decennio senza una «revisione strutturale fondamentale» e un distacco dal conflitto ucraino, ha avvertito il primo ministro ungherese Viktor Orban.   Intervenendo domenica al picnic civico annuale a Kotcse, Orban ha affermato che l’UE non è riuscita a realizzare la sua ambizione fondante di diventare una potenza globale e non è in grado di gestire le sfide attuali a causa dell’assenza di una politica fiscale comune. Ha descritto l’Unione come entrata in una fase di «disintegrazione caotica e costosa» e ha avvertito che il bilancio UE 2028-2035 «potrebbe essere l’ultimo se non cambia nulla».   «L’UE è attualmente sull’orlo del collasso ed è entrata in uno stato di frammentazione. E se continua così… passerà alla storia come il deprimente risultato finale di un esperimento un tempo nobile», ha dichiarato Orban, proponendo di trasformare l’UE in «cerchi concentrici».

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L’anello esterno includerebbe i paesi che cooperano in materia di sicurezza militare ed energetica, il secondo cerchio comprenderebbe i membri del mercato comune, il terzo quelli che condividono una moneta, mentre il più interno includerebbe i membri che cercano un allineamento politico più profondo. Secondo Orbán, questo amplierebbe la cooperazione senza limitare lo sviluppo.   «Ciò significa che siamo sulla stessa macchina, abbiamo un cambio, ma vogliamo muoverci a ritmi diversi… Se riusciamo a passare a questo sistema, la grande idea della cooperazione europea… potrebbe sopravvivere», ha affermato.   Orban ha accusato Brusselle di fare eccessivo affidamento sul debito comune e di usare il conflitto in Ucraina come pretesto per proseguire con questa politica. Finché durerà il conflitto, l’UE rimarrà una «anatra zoppa», dipendente dagli Stati Uniti per la sicurezza e incapace di agire in modo indipendente in ambito economico, ha affermato.   Il premier magiaro ha anche suggerito che, invece di «fare lobbying a Washington», l’UE dovrebbe «andare a Mosca» per perseguire un accordo di sicurezza con la Russia, seguito da un accordo economico.   Il primo ministro di Budapest non è il solo a nutrire queste preoccupazioni. Gli analisti del Fondo Monetario Internazionale e di altre istituzioni hanno lanciato l’allarme: l’UE rischia la stagnazione e persino il collasso a causa di sfide strutturali, crescita debole, scarsi investimenti, elevati costi energetici e tensioni geopolitiche.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr  
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Politica

Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Il primo ministro giapponese ha annunciato ieri le dimissioni dopo settimane di tensioni con i membri del Partito Liberaldemocratico, in difficoltà di fronte alla perdita di consenso tra gli elettori conservatori. Diversi candidati si sono già fatti avanti segnalando la volontà di succedere a Ishiba nella presidenza del partito, ma resta il nodo della guida del governo senza la maggioranza in parlamento.

 

A meno di un anno dal suo insediamento, il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba ha annunciato ieri le dimissioni, aprendo una nuova fase di incertezza politica. La decisione è una conseguenza delle crescenti pressioni all’interno del suo stesso partito, il Partito Liberaldemocratico (LDP), che alle ultime elezioni ha subito significative sconfitte, arrivando a perdere la maggioranza in entrambe le Camere.

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Ishiba si è assunto la responsabilità per i pessimi risultati dell’LDP alle elezioni della Camera dei Consiglieri a luglio e ha sottolineato che le sue dimissioni servono a prevenire un’ulteriore spaccatura all’interno del partito. Già a luglio, il quotidiano giapponese Mainichi aveva per primo riportato che Ishiba si sarebbe dimesso, basandosi su informazioni raccolte tra il premier e i suoi più stretti collaboratori.

 

Le prime indiscrezioni indicavano che i preparativi per la corsa alla presidenza dell’LDP sarebbero iniziati entro agosto. Ishiba, tuttavia, aveva pubblicamente smentito queste notizie e nelle sue affermazioni aveva sottolineato l’importanza di portare a termine le trattative sui dazi con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che aveva imposto il primo agosto come scadenza ultima.

 

Nel suo discorso di ieri, Ishiba ha spiegato che l’annuncio delle dimissioni a luglio avrebbe indebolito la posizione del Giappone: «chi negozierebbe seriamente con un governo che dice “ci dimettiamo”?», ha detto.

 

Ishiba ha poi cercato di placare le pressioni interne all’LDP minacciando di sciogliere la Camera dei Rappresentanti e indire elezioni anticipate, una mossa che ha esacerbato le divisioni e spinto il principale partner di coalizione, il partito Komeito, a ritenere inaccettabile la decisione. Secondo l’agenzia di stampa Kyodo, l’ex primo ministro Yoshihide Suga e il ministro dell’Agricoltura Shinjiro Koizumi entrambi tenuto colloqui con il premier sabato, evitando una scissione all’interno del partito e aprendo la strada all’annuncio delle dimissioni di ieri.

 

Ora l’attenzione si sposta sulla scelta del prossimo leader dell’LDP, che potrebbe assumere anche la carica di primo ministro se ci fosse una qualche forma di sostegno o di accordo anche con le opposizioni. Tra i principali contendenti ci sono membri del partito che avevano già sfidato Ishiba in passato, tra cui Sanae Takaichi, ex ministra per la sicurezza economica, che ha ricevuto il 23% dei consensi in un recente sondaggio di Nikkei. Takaichi fa parte dell’ala conservatrice e ha una forte base di sostegno tra i fedelissimi dell’ex primo ministro Shinzo Abe, di cui è considerata l’erede, soprattutto per quanto riguarda le politiche economiche, che potrebbero favorire una ripresa dei mercati azionari. Takaichi ha inoltre la reputazione di andare d’accordo con il presidente Donald Trump.

 

Anche Shinjiro Koizumi, attuale ministro dell’Agricoltura e figlio dell’ex leader Junichiro Koizumi, è un altro papabile candidato, dopo essere riuscito ad abbassare i prezzi del riso appena entrato in carica. Il sondaggio di Nikkei ha registrato un 22% dei consensi nei suoi confronti.

 

Altri membri del partito hanno segnalato la volontà di candidarsi, tra cui Yoshimasa Hayashi, attuale segretario capo del Gabinetto e portavoce principale del governo Ishiba, che si è classificato quarto nella corsa per la leadership del partito del 2024. Tra gli altri contendenti figurano Takayuki Kobayashi, un altro ex ministro per la sicurezza economica che gode di un maggiore sostegno all’interno dell’ala centrista, e Toshimitsu Motegi, ex segretario generale dell’LDP e il più anziano tra i candidati con i suoi 69 anni.

 

L’LDP oggi si trova in una posizione di forte debolezza. Molti elettori conservatori alle ultime elezioni hanno preferito il partito di estrema destra Sanseito anche a causa dell’allontanamento di Ishiba dall’ala conservatrice.

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Secondo un sondaggio di Kyodo, condotto prima che fossero riportate le dimissioni di Ishiba, l’83% degli intervistati ha dichiarato che un chiarimento pubblico del partito sulle ultime sconfitte non avrebbe comunque aumentato la fiducia degli elettori. È chiaro, quindi, che il compito del prossimo presidente di partito sarà quello di ripristinare la credibilità del centrodestra.

 

Chiunque verrà scelto si troverà davanti a un’importante decisione: se indire elezioni anticipate per cercare di riconquistare la maggioranza alla Camera bassa o rischiare di perdere il potere del tutto. Quest’ultima scelta rischierebbe di aprire una nuova fase di instabilità politica senza precedenti, che richiederebbe la ricerca di sostegno anche tra i partiti dell’opposizione per approvare le leggi e i bilanci.

 

Secondo diversi commentatori, il prossimo leader dovrà prima di tutto godere di una genuina popolarità sia all’interno che all’esterno del partito per affrontare sfide come l’invecchiamento della società, la forza lavoro in calo, l’inflazione e i timori che gli Stati Uniti possano abbandonare il loro ruolo di garanti della sicurezza nella regione asiatica.

 

Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.

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Il governo francese collassa

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Il governo francese è collassato dopo che il Primo Ministro François Bayrou ha perso un cruciale voto di fiducia in Parlamento lunedì. Bayrou è il secondo primo ministro consecutivo sotto Emmanuel Macron a essere destituito, precipitando la Francia in una crisi politica ed economica.   Per approvare una mozione di sfiducia all’Assemblea Nazionale servono almeno 288 voti. Quella di lunedì ne ha ottenuti 364, con il Nuovo Fronte Popolare di sinistra e il Raggruppamento Nazionale di destra coalizzati per superare lo stallo sul bilancio di austerità di Bayrou.   Dopo aver resistito a otto mozioni di sfiducia, Bayrou ha convocato questo voto per ottenere supporto alle sue proposte, che prevedevano tagli per circa 44 miliardi di euro per ridurre il debito francese in vista del bilancio di ottobre.

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Bayrou, che aveva definito il debito pubblico un «pericolo mortale», sembra aver accettato la sconfitta. Domenica, ha criticato aspramente i partiti rivali, che, pur «odiandosi a vicenda», si sono uniti per far cadere il governo.   Bayrou è il secondo primo ministro deposto dopo Michel Barnier, rimosso a dicembre dopo soli tre mesi, e il sesto sotto Macron dal 2017.   La caduta di Bayrou lascia Macron di fronte a un dilemma: nominare un Primo Ministro socialista, cedendo il controllo della politica interna, o indire elezioni anticipate, che i sondaggi indicano favorirebbero il Rassemblement National di Marine Le Pen.   Con la popolarità di Macron al minimo storico, entrambe le opzioni potrebbero indebolire ulteriormente la sua presidenza. Gli analisti temono che una perdita di fiducia dei mercati nella gestione del deficit e del debito francese possa portare a una crisi simile a quella vissuta dal Regno Unito sotto Liz Truss, il cui governo durò meno della via di un cavolo prima della marcescenza.   Il malcontento verso Macron è in crescita: un recente sondaggio di Le Figaro rivela che quasi l’80% dei francesi non ha più fiducia in lui.   Come riportato da Renovatio 21, migliaia di persone hanno protestato a Parigi nel fine settimana, chiedendo le dimissioni di Macron con slogan come «Fermiamo Macron» e «Frexit».

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