Connettiti con Renovato 21

Terrorismo

Ericsson, come un’azienda di telecomunicazioni potrebbe aver finanziato l’ISIS

Pubblicato

il

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

L’International Consortium of Investigative Journalists ha ottenuto i documenti delle indagini interne dell’azienda svedese. Oltre a lampanti casi di corruzione e riciclaggio di denaro in diversi Paesi, dai rapporti emerge che dal 2014 in poi la società per continuare a fare affari potrebbe aver pagato i terroristi.

 

 

Ericsson, il gigante delle telecomunicazioni con base in Svezia, nel 2014 avrebbe chiesto allo Stato Islamico di poter continuare a operare a Mosul e contrabbandato attrezzature nelle aree controllate dall’ISIS. Lo dice un’inchiesta dell’International Consortium of Investigative Journalism (ICIJ), che ha ottenuto i documenti di un’indagine interna dell’azienda.

 

Contratti fittizi, fatture gonfiate, bilanci falsi e pagamenti a «consulenti» dal curriculum fosco: sono solo alcuni degli elementi della Ericsson List che l’ICIJ ha condiviso con una serie di testate internazionali. Dopo la pubblicazione dell’inchiesta, il 15 febbraio Ericsson ha rilasciato una dichiarazione pubblica in cui ha riconosciuto la «cattiva condotta legata alla corruzione» in Iraq e possibili pagamenti all’ISIS.

 

Ufficialmente conosciuta come Telefonaktiebolaget LM Ericsson, l’azienda genera un fatturato annuo di 25 miliardi di dollari e conta circa 100.000 dipendenti in più di 140 Paesi.

 

È uno dei maggiori fornitori di torri, stazioni radio e centri di commutazione mobili, fondamentali per moderne comunicazioni. Le vendite di Ericsson in Iraq sono state di circa 1,9 miliardi di dollari dal 2011 al 2018.

 

Nel 2019 il colosso svedese ha ammesso di aver compiuto pratiche commerciali illecite in cinque Paesi (Cina, Vietnam, Indonesia, Kuwait e Gibuti) e di aver concluso un accordo di corruzione da un miliardo di dollari con le autorità statunitensi per evitare un processo penale.

 

Indagini interne all’azienda stavano inoltre investigando su casi di corruzione dei propri dipendenti in altri 15 Paesi, tra cui l’Iraq.

 

Secondo i documenti trapelati, nel 2014, apice delle conquiste dello Stato islamico in Siria e in Iraq, due dipendenti avevano proposto il ritiro dell’azienda. Scelta subito rifiutata dagli alti piani della multinazionale: abbandonare il Paese «distruggerebbe la nostra attività», avevano detto i dirigenti.

 

Poco dopo Ericsson ha chiesto al proprio partner locale, Asiacell Communications, di «chiedere il permesso all’ISIS per continuare a lavorare a Mosul».

 

Le indagini interne hanno concluso di non poter escludere la possibilità che la società abbia finanziato il terrorismo attraverso i suoi subappaltatori, sebbene non siano stati in grado di identificare nessun dipendente «direttamente coinvolto».

 

L’indagine interna è comunque palesemente incompleta, ha scoperto l’IICIJ, perché non include interviste alle personalità che sarebbero state direttamente coinvolte.

 

Anche così emergono lampanti casi di corruzione: per esempio Elie Moubarak, account manager di Ericsson per Korek Telecom, il più grande cliente dell’azienda in Iraq, era coinvolto in «corruzione e irregolarità finanziarie». Aveva chiesto una «donazione» di 50mila dollari alle forze peshmerga del Kurdistan «per aver combattuto l’Isis».

 

La milizia era guidata da Sirwan Barzani, uno dei principali azionisti di Korek. I Barzani sono una famiglia di oligarchi curdi con cui Ericsson aveva stretti rapporti. Secondo le indagini interne Korek ha evaso tasse e commissioni per un importo di 375 milioni di dollari e ha minacciato di «demolire le torri delle compagnie rivali nel territorio curdo».

 

Ma i problemi maggiori sono arrivati con l’ascesa dello Stato islamico: Ericsson e il suo partner Asiacell avevano bisogno di trasportare ripetitori cellulari e altre apparecchiature da Erbil, nel nord dell’Iraq, a Ramadi, nel centro del Paese.

 

Un appaltatore di trasporti, Cargo Iraq, aveva offerto all’azienda due opzioni: la «via legale» e la «Speedway».

 

Quest’ultima passava attraverso i territori dell’ISIS ma almeno avrebbe evitato i controlli doganali iracheni, che rischiavano di bloccare le merci anche per settimane.

 

Almeno 30 camion hanno pagato tra i 3mila e i 4mila dollari per trasportare attrezzature di vario tipo nei territori dell’Isis. A marzo 2017 la società ha pagato 22mila dollari per tre carichi in un solo giorno.

 

I documenti delle investigazioni, non ancora terminate, non escludono che in questo modo si sia direttamente finanziato il terrorismo.

 

 

Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.

 

 

Renovatio 21 ripubblica questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

 

Immagine di Arild Vågen via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

Continua a leggere

Terrorismo

Il sospettato di terrorismo saudita che ha ucciso 6 persone e ne ha ferite centinaia al mercatino di Natale tedesco si scaglia contro le vittime durante il processo

Pubblicato

il

Da

Giovedì, durante il processo per la strage al mercatino di Natale di Magdeburgo, Taleb al-Abdulmohsen ha inveito contro i testimoni, scatenando sgomento e indignazione tra le vittime, al termine di una serie di giorni contrassegnati da sfoghi deliranti e provocatori. Lo riporta Remix News

 

Mercoledì, le vittime e i sopravvissuti hanno iniziato a deporre, ripercorrendo l’orrore dell’attacco del 20 dicembre 2024. Al-Abdulmohsen, il medico saudita naturalizzato in Germania dal 2006, è imputato di aver volontariamente zigzagato con il suo veicolo attraverso la folla per mietere il maggior numero di vittime possibile, causando sei morti – tra cui un bambino di nove anni – e oltre 300 feriti.

 

L’imputato, tuttavia, sta tentando di insinuare dubbi sulle cause di morte, sostenendo che una delle vittime potrebbe aver soccombuto al coronavirus anziché all’impatto con l’auto.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Il patologo forense Gerald Brenecke, dell’ospedale universitario di Halle, ha aperto le deposizioni descrivendo le autopsie condotte il 21 dicembre su cinque vittime. La prima, Nadine L., 45 anni, presentava «lesioni gravissime al torace superiore e al cranio». Nondimeno, il medico ha rilevato un preesistente danno cardiaco e concluso che «la donna è deceduta per collasso cardiaco acuto» mentre tentava di sottrarsi al veicolo.

 

Al-Abdulmohsen ha colto l’affermazione al volo per insinuare un nesso con la pandemia, argomentando che il COVID-19 avrebbe reso le persone più vulnerabili a infarti improvvisi.

 

La reazione in aula è stata immediata: uno degli avvocati delle parti civili ha protestato con veemenza. «Mi oppongo a che le vittime debbano subire ulteriori umiliazioni. Oggi, per la prima volta, si parla di loro, e devono sorbirsi le idiozie dell’accusato», ha tuonato.

 

Il giudice ha prontamente interrotto l’imputato, ammonendolo a limitarsi a quesiti mirati. Ciononostante, una richiesta formale per sospendere il diritto di al-Abdulmohsen di interrogare i testimoni è stata rigettata dal collegio giudicante.

 

Il presidente della corte ha chiarito: «Pur se ciò appare o risulta intollerabile per le parti civili, il tribunale non può restringere il diritto dell’imputato a interrogare. Altrimenti, si configurerebbe un vizio di nullità». Ha poi aggiunto: «Voglio scongiurare a ogni costo la ripetizione del processo. Siamo consapevoli del peso psicologico che ciò impone ai querelanti e ai loro cari».

 

Quel 20 dicembre non ha strappato solo vite, ma ha inflitto ferite indelebili a testimoni e superstiti, molti dei quali ancora alle prese con le conseguenze emotive e fisiche.

 

Anne Kathrin H., prima vittima ferita dall’assalitore a comparire in aula, ha deposto con la voce rotta dal pianto: «Ero ansiosa di visitare il mercatino con il mio compagno. Siamo usciti poco dopo le 18». Appena terminata la cena, ha proseguito: «L’auto ci ha travolti. Tenebre ovunque. Al risveglio, mi sono accorta di essere a terra. Passanti mi hanno trascinata dai soccorritori. Lì ho rincontrato mio marito Matthias, in lacrime: “Sei viva, sei viva…”».

 

Anche il coniuge ha riportato lesioni. Entrambi sono stati ricoverati all’ospedale universitario: Anne Kathrin è rimasta assente dal lavoro fino a metà febbraio, mentre il marito «zoppica ancora». L’aggressore, ha concluso la testimone, «ha rubato alla nostra famiglia il senso di protezione e gioia». Attualmente, segue una terapia psicologica e partecipa a un gruppo di supporto.

 

Mario T., altro testimone, ha raccontato con la moglie e amici di aver prestato i primi soccorsi: «Di fronte a noi, un bimbo piccolo da rianimare. Abbiamo soccorso un uomo ferito». Le immagini del mercatino devastato «hanno segnato la famiglia», come riportato da Bild. «Mia moglie combatte ancora le ripercussioni mentali», ha aggiunto. «Non esce più in città, solo casa-lavoro e ritorno».

 

Nello stesso giorno, gli esperti forensi hanno illustrato le autopsie delle altre vittime coinvolte.

 

Eyad I., ex medico siriano di Magdeburgo e addetto allo stand d’ingresso del mercatino, ha testimoniato con l’ausilio di un interprete: «Ero lì quando un boato improvviso mi ha fatto trasalire. Non capivo». Poi ha scorto un giovane gravemente ferito: «La lesione era aperta, vedevo l’osso. Mi ha afferrato». Il ragazzo «perdeva sangue dalle ferite, urlava e non mi mollava». Eyad ha tamponato la piaga fino all’arrivo dei paramedici.

Aiuta Renovatio 21

Nel corso dell’udienza, al-Abdulmohsen ha continuato a gridare, ribellarsi e infuriare, con il microfono spesso silenziato – anche durante domande sulla salute mentale dei testimoni. L’ex psichiatra ha ottenuto la licenza medica nonostante evidenze di frodi sulla sua qualifica professionale, unite a una serie di minacce di morte contro tedeschi, documentate sui social. Si tratta di un clamoroso fallimento delle autorità tedesche, che ignorarono pure gli avvisi di un’agenzia di intelligence saudita sulla pericolosità dell’uomo, reiterati più volte tra il 2023 e il 2024.

 

L’imputato ha proclamato uno sciopero della fame dall’avvio del processo, ma i cronisti di Bild notano che «appare in forma smagliante e chiacchiera vivacemente con i difensori mentre l’aula si riempie, con un ritardo di sette minuti sull’orario previsto». Il giorno precedente, era stato atterrato nella sua teca blindata dopo un’ennesima intemperanza, trascinato a terra dagli ufficiali giudiziari.

 

Il maxi-processo grava sulle casse pubbliche tedesche, ma rappresenta una mera frazione rispetto alla spesa annua per l’immigrazione di massa: almeno 50 miliardi di euro per integrazione, alloggi e sussidi sociali. Tale cifra non include l’esplosione dei costi per sicurezza e forze dell’ordine, gonfiati dalla criminalità legata all’afflusso straniero. In tutta la Germania, pure le misure di protezione per i mercatini natalizi stanno lievitando, scaricando ulteriori oneri su contribuenti e piccoli esercenti.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine screenshot da YouTube

Continua a leggere

Terrorismo

L’afghano della sparatoria di Washington aveva collaborato con la CIA

Pubblicato

il

Da

Rahmanullah Lakanwal, il presunto responsabile dell’attentato mortale contro due militari della Guardia Nazionale a Washington DC, aveva collaborato con la CIA durante l’occupazione americana dell’Afghanistan.   Mercoledì l’uomo, cittadino afghano, ha aperto il fuoco a bruciapelo contro due appartenenti alla Guardia Nazionale della Virginia Occidentale che stavano effettuando un pattugliamento. Il giorno dopo è deceduta la specialista dell’Esercito Sarah Beckstrom, mentre il sergente maggiore dell’Aeronautica Andrew Wolfe versa ancora in condizioni critiche.   Secondo le autorità, Lakanwal è arrivato negli Stati Uniti nel settembre 2021 grazie a un visto speciale riservato agli afghani a rischio – inclusi quelli che avevano lavorato con le forze occidentali – dopo la riconquista talebana del Paese.

Sostieni Renovatio 21

Giovedì il direttore della CIA John Ratcliffe ha confermato che il sospettato era stato ammesso negli USA «in virtù del suo precedente impiego con il governo statunitense, compresa la CIA, come membro di una forza partner a Kandahar», rapporto terminato subito dopo l’evacuazione caotica dell’agosto 2021.   «Questo individuo – e purtroppo tanti altri come lui – non avrebbe mai dovuto mettere piede qui», ha dichiarato Ratcliffe, facendo eco alle dure critiche del presidente Donald Trump nei confronti del «disastroso» ritiro ordinato dall’amministrazione Biden.   Anche il direttore dell’FBI Kash Patel ha confermato che Lakanwal «manteneva rapporti in Afghanistan con forze alleate» e che tali legami sono attualmente oggetto di indagine.   Il servizio pashto della BBC ha intervistato un ex comandante che aveva operato accanto a Lakanwal: questi lavorava come specialista GPS in un’unità denominata Scorpion Forces, inizialmente sotto il controllo diretto della CIA e poi passata alla Direzione Nazionale per la Sicurezza afghana. Sempre secondo l’ex comandante, Lakanwal contribuì inoltre a proteggere le truppe USA all’aeroporto di Kabul nelle ultime, concitate settimane del ritiro.   Lakanwal ha lasciato Kandahar per Kabul cinque giorni prima dell’ingresso dei talebani nella capitale (agosto 2021) ed è stato evacuato in aereo verso gli Stati Uniti appena sei giorni dopo.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine screenshot da YouTube
Continua a leggere

Terrorismo

Cinquanta bambini fuggono dopo un rapimento di massa in una scuola in Nigeria

Pubblicato

il

Da

Secondo l’associazione cristiana della Nigeria, almeno 50 dei oltre 300 bambini rapiti venerdì da una scuola cattolica nella regione centro-settentrionale del Paese sono riusciti a fuggire dai loro sequestratori.

 

Gli studenti, tra i 10 e i 18 anni, sono tornati dalle famiglie tra venerdì e sabato, ha annunciato domenica la Christian Association of Nigeria (CAN) in una nota ufficiale.

 

Sabato la polizia nigeriana aveva riferito che banditi armati avevano assaltato la St. Mary’s Catholic Primary and Secondary School a Papiri, nello Stato del Niger, intorno alle 2:00 ora locale di venerdì, rapendo «un numero ancora indefinito di alunni dall’ostello scolastico».

 

La CAN ha tuttavia precisato che gli assalitori hanno sequestrato in totale 315 persone: 303 studenti e 12 insegnanti. Al momento, 253 ragazzi e tutti i docenti restano prigionieri.

Sostieni Renovatio 21

«Oltre ai 50 fuggiti e tornati a casa, ne abbiamo 141 che non sono stati portati via», ha dichiarato domenica il presidente della CAN dello Stato del Niger, il reverendo Bulus Yohanna. La polizia ha avviato un’operazione congiunta di ricerca e soccorso coordinata dall’esercito.

 

L’episodio supera i 276 studenti rapiti nel 2014 a Chibok da Boko Haram e si inserisce in una catena di aggressioni a scuole e chiese.

 

Pochi giorni prima, 25 studentesse erano state sequestrate in un collegio a Maga, nello Stato di Kebbi, con due morti tra il personale. La scorsa settimana, due fedeli sono stati uccisi in un attacco alla Chiesa Apostolica di Cristo a Eruku, nello Stato di Kwara; le autorità locali hanno annunciato domenica il salvataggio di 38 ostaggi.

 

Il governo ha ordinato la chiusura temporanea delle scuole nelle aree colpite.

 

Questi assalti seguono le denunce di politici USA su presunti attacchi mirati ai cristiani da parte di ribelli islamici, con il presidente Donald Trump che ha minacciato un intervento militare se Abuja non proteggerà le comunità cristiane. Il governo nigeriano respinge l’etichetta di «genocidio religioso», insistendo che la violenza colpisce tutte le fedi.

 

Domenica Papa Leone XIV ha espresso «profondo dolore» per i sequestri e ha invocato il «rilascio immediato degli ostaggi», esortando le autorità a «intervenire con prontezza e adeguatezza» per garantire la loro liberazione.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine generata artificialmente

Continua a leggere

Più popolari