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Dior accusato di aver sostituito la filopalestinese Bella Hadid con una modella israeliana

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Il marchio di moda di lusso Christian Dior sta affrontando richieste di boicottaggio sui social media dopo che fonti turche e israeliane hanno riferito lunedì di aver sostituito la modella americana e ambasciatrice di lunga data del marchio Bella Hadid con la modella israeliana May Tager nella sua ultima campagna pubblicitaria.

 

Né Hadid, il cui padre è palestinese, né il marchio, hanno commentato la sua presunta sostituzione, inizialmente riportata sul quotidiano turco islamista Yeni Safak e su un blog israeliano chiamato Fashion Forward, sollevando dubbi sulla veridicità delle notizie anche se ci sono stati appelli #BoycottDior su  Twitter.

 

Tager sembrava essere la star della nuova campagna pubblicitaria natalizia del marchio, secondo i post condivisi sul suo Instagram la scorsa settimana.

 

Hadid è diventata la prima ambasciatrice del marchio Dior di origine palestinese nel 2016 e ha ripetutamente utilizzato la sua celebrità per difendere i diritti dei palestinesi. Tuttavia, è rimasta in silenzio per diverse settimane dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre e il successivo devastante bombardamento di Gaza da parte di Israele.

 

In un post su Instagram del 26 ottobre, Bella, all’anagrafe Isabella Khairiah Hadid, ha affermato che il suo numero di telefono era trapelato online, portandola a ricevere «centinaia di minacce di morte» ogni giorno.

 

Scrivendo nel suo primo post su Instagram dopo la dichiarazione di guerra, la Hadid ha promesso di non lasciarsi intimidire, spiegando che «il popolo e i bambini della Palestina, soprattutto a Gaza, non possono permettersi il nostro silenzio. Noi non siamo coraggiosi, loro lo sono».

 

La modella ha sottolineato di essere in lutto per le famiglie israeliane che hanno perso i propri cari il 7 ottobre, così come per i residenti di Gaza che hanno subito un «trauma generazionale» al di là della crisi immediata – un’affermazione che non sappiamo se echeggi programmaticamente le parole del premier israeliano Netanyayhu che ha dichiarato che gli israeliani faranno ai nemici cose che «riverbereranno per generazioni».

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«È importante comprendere la difficoltà di essere palestinese, in un mondo che ci vede nient’altro che terroristi che resistono alla pace», ha scritto la modella con padre palestinese, descrivendo la sofferenza della sua famiglia durante la Nakba, l’espulsione forzata di 750.000 palestinesi dalle loro terre nel 1948 alla fondazione dello Stato di Israele.

 

«C’è un’urgente crisi umanitaria a Gaza alla quale bisogna rispondere. Le guerre hanno leggi – e devono essere rispettate, qualunque cosa accada» ha scritto.

 

Al momento della pubblicazione di questo articolo, l’account Instagram della modella pare essere divenuto irraggiungibile, anche se vecchi post paiono invece ancora presenti.

 

Un video caricato su YouTube tre settimane fa mostra la modella per le strade di Nuova York indossando una maglietta con su scritto «Palestina libera».

 

 

La donna era stata vittima anche di un filmato deepfake, divenuto virale in rete, in cui avrebbe detto che l’attacco di Hamas le avrebbe aperto gli occhi, e che ora sta dalla parte di Israele.

 

Si trattava di un video di 28 secondi modificato con l’Intelligenza Artificiale – in particolare, i cosiddetti GAN, le «Reti generative avversarie» – dove la Hadidda parla su un podio in un ambiente formale, con i movimenti delle labbra e la voce che sembrano corrispondere alla sua dichiarazione pro Stato Ebraico.

 

«Questa tragedia mi ha aperto gli occhi sul dolore patito qui e sono al fianco di Israele contro il terrorismo. Mi sono preso del tempo per imparare veramente il contesto storico. Ora che abbiamo una comprensione più chiara, spero che potremo impegnarci in un dialogo costruttivo per andare avanti. Grazie».

 

Il video, totalmente falso, dovrebbe far suonare l’allarme sul pericolo sempre più inquietante posto dalla tecnologia deepfake e sul suo uso politico.

 

 

La Hadid, la cui sorella Gigi e il cui fratello Anwar pure lavorano come mannequin, aveva rivelato nel 2021 di aver perso una notevole quantità di lavoro sostenendo la Palestina e di essere stata persino lasciata dagli amici a causa della sua difesa del popolo di origine di suo padre.

 

Come riportato da Renovatio 21, la sorella Gigi è finita recentemente nell’occhio del ciclone quando è stata fatta bersaglio sui social delle istituzioni dello Stato di Israele. «Ti vediamo», ha scritto in risposta ad un post su Instagram della Hadid l’account ufficiale dello Stato Ebraico.

 

Dior aveva già dovuto affrontare richieste di licenziare la modella, con voci di un suo licenziamento che si rincorrevano già nel 2021, quando era stata difesa dalla pornoattrice di origine libanese Mia Khalifa, anche lei recentemente salita sugli altari delle cronache per la sua difesa della causa palestinese.

 

 

Tuttavia, in precedenza lo storico marchio del lusso non aveva allontanato Bella, e ribadiamo come al momento si tratti solo di una voce, pur riportata da un grande numero di testate.

 

Tuttavia, la questione ebraica potrebbe riportare Dior allo specioso incidente che coinvolse il suo più noto stilista dell’era recente, il gibilterriano John Galliano. Il modista, considerato all’epoca forse il più alto disegnatore di alta moda sulla scena mondiale, fu filmato nel 2010 fuori da un bar a Parigi mentre insultava un gruppo di donne italiane. Il video apparve sui media solo nel febbraio 2011, poco prima delle sfilate della settimana della moda della capitale francese.

 

Nel filmato il Galliano, forse in istato di alterazione alcolica, si lasciava andare a discorsi rivoltanti. Fuori dal Bar La Perle, nel raffinato quartiere del Marais (sede di un quartiere ebraico e luogo popolare fra i gay), disse al gruppo di sventurate italiane «adoro Hitler… Persone come te sarebbero morte. Le tue madri, i tuoi antenati sarebbero tutti fottutamente gasati».

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Ad una donna che esclamò «Mio Dio» a sentire la tirata hitlerista del personaggio, e che chiese al Galliano (di cui probabilmente non conosceva la fama) se avesse «un problema», il baffuto creatore di alta moda risponde secco: «con te. You’re ugly». In inglese, ugly può significare sia «minacciosa» che più semplicemente «brutta». Poco prima l’uomo aveva chiesto alle signore «siete persone belle?».

 

 

Il 25 febbraio 2011 Dior licenziò il Galliano, sino ad allora geniale artista libero di dare sfogo ad idee tra il visionario e il pretenzioso e di posare come una rockstar e vestirsi da pirata o da astronauta, in una sorta di stile dandy mutante. «A causa del carattere particolarmente odioso del comportamento e dei commenti espressi da John Galliano in un video reso pubblico lunedì, la casa Dior ha deciso di sospenderlo immediatamente e ha avviato un processo per licenziarlo» scrisse un comunicato della grande casa di moda.

 

In Francia l’espressione di idee antisemite è illegale. Il 2 marzo 2011 è stato riferito che Galliano avrebbe dovuto affrontare un processo a Parigi per presunti commenti antisemiti a due altri clienti in un bar. Il processo è iniziato il 22 giugno 2011. L’avvocato di Galliano ha sostenuto che «la serie di sfoghi pubblici durante i quali ha pronunciato insulti razzisti e antisemiti in un caffè di Parigi» erano il risultato di «stress legato al lavoro e dipendenze multiple». L’8 settembre 2011 Galliano è stato riconosciuto colpevole di espressioni antisemite e condannato a un totale di 6.000 euro di multa con sospensione della pena.

 

Lo sventurato modista fu quindi recuperato da Renzo Rosso, il patron di Diesel, che lo chiamò alla direzione creativa della Maison Martin Margiela, marchio allora da poco acquistato dall’imprenditore venetofono.

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Quattro Stati UE boicotteranno l’Eurovision 2026 a causa della partecipazione di Israele

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Spagna, Irlanda, Slovenia e Paesi Bassi hanno annunciato il boicottaggio del prossimo Eurovision Song Contest in seguito alla conferma della partecipazione di Israele. All’inizio del 2025 diverse emittenti avevano chiesto all’Unione Europea di Radiodiffusione (EBU), organizzatrice dell’evento, di escludere Israele accusandolo di brogli nel voto e per il conflitto in corso a Gaza.   L’ultima tregua, mediata dagli Stati Uniti, avrebbe dovuto porre fine ai combattimenti e permettere l’arrivo di aiuti umanitari nell’enclave, ma da quando è entrata in vigore gli attacchi israeliani hanno causato 366 morti, secondo il ministero della Salute di Gaza.   Il tutto si inserisce in un anno di escalation iniziato con l’offensiva israeliana lanciata in risposta all’attacco di Hamas dell’ottobre 2023, che provocò 1.200 morti e il rapimento di 250 ostaggi. Da allora, secondo le autorità sanitarie locali, l’operazione militare israeliana ha ucciso oltre 70.000 palestinesi.

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Le decisioni di ritiro sono arrivate giovedì, subito dopo l’approvazione da parte dell’EBU di nuove regole di voto più rigide, varate in risposta alle accuse di diverse emittenti europee secondo cui l’edizione 2025 era stata manipolata a favore del concorrente israeliano.   Poche ore più tardi l’emittente olandese AVROTROS ha comunicato l’addio al concorso: «La violazione di valori universali come l’umanità, la libertà di stampa e l’interferenza politica registrata nella precedente edizione dell’Eurovision Song Contest ha oltrepassato un limite per noi».   L’emittente irlandese RTÉ ha giustificato la propria scelta con «la terribile perdita di vite umane a Gaza», la crisi umanitaria in corso e la repressione della libertà di stampa da parte di Israele, annunciando anche che non trasmetterà l’evento.   Anche la televisione pubblica slovena RTVSLO ha confermato il ritiro: «Non possiamo condividere il palco con il rappresentante di un Paese che ha causato il genocidio dei palestinesi a Gaza», ha dichiarato la direttrice Ksenija Horvat.   Successivamente è arrivata la decisione della spagnola RTVE, che insieme ad altre sette emittenti aveva chiesto un voto segreto sull’ammissione di Israele. Respinta la proposta dall’EBU, RTVE ha commentato: «Questa decisione accresce la nostra sfiducia nell’organizzazione del concorso e conferma la pressione politica che lo circonda».

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Per far fronte alle polemiche, gli organizzatori dell’Eurovision hanno introdotto nuove misure anti-interferenza: limiti al televoto del pubblico, regole più severe sulla promozione dei brani, rafforzamento della sicurezza e ripristino delle giurie nazionali già nelle semifinali.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa arrivò in finale all’Eurovisione una sedicente «strega» non binaria che dichiarò di aver come scopo il «far aderire tutti alla stregoneria».   Vi furono polemiche quattro anni fa quando la Romania accusò che l’organizzazione ha cambiato il voto per far vincere l’Ucraina.   Due anni fa un’altra vincitrice ucraina dell’Eurovision fu inserita nella lista dei ricercati di Mosca.   Come riportato da Renovatio 21, la Russia ha lanciato un’«alternativa morale» all’Eurovision, che secondo il ministro degli Esteri di Mosca Sergej Lavrov sarà «senza perversioni».

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Immagine di David Jones via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Bibita col DNA di Ozzy Osbourne disponibile con pagamento a rate

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Una nuova partnership kitsch tra John «Ozzy» Osbourne e Liquid Death, il marchio di acqua in lattina, ha lanciato sul mercato una serie limitata di lattine di tè freddo infuso con il DNA del «reverendo rock».

 

Ovviamente il prodotto è andato subito a ruba ed è esaurito. Le lattine sono state tutte tracannate e schiacciate da Osbourne in persona, lasciando «tracce di DNA della sua saliva che ora potete possedere», secondo il sito web di Liquid Death.

 

Ma diciamoci la verità, non si compra lo scarto salivare di una rockstar per dissetarsi: lo si compra per fare necro-collezionismo probabilmente. Le leggende attorno al personaggio sono molteplici: si diceva che Ozzy fosse un mutante genetico, capace di resistere a secchiate di droga, alla rabbia per aver morso un pipistrello vivo e a un incidente quasi mortale in quad.

 

«Ozzy Osbourne è 1 su 1», recita il testo pubblicitario del sito, «ma stiamo vendendo il suo vero DNA così potrete riciclarlo per sempre».

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Ogni lattina viene consegnata in un «barattolo per campioni sigillato in laboratorio», etichettato con il nome del donatore, il numero del campione (su dieci) e la data del prelievo. Ozzy ha persino firmato il contenitore, apparentemente dando un assegno in bianco per qualsiasi futura clonazione.

 

«Ora, quando la tecnologia e la legge federale lo consentiranno, potrete replicare Ozzy Osbourne e godervi la sua musica per centinaia di anni nel futuro», si legge sul sito web. I pezzi disponibili sono solo 10 e sono stati venduti a 450 dollari ciascuno, anche in comode rate. 

 

Vista la rarità del prodotto, il «bagarinaggio online» non poteva mancare: su eBay ce ne sono state due in vendita, ciascuna a migliaia di dollari.

 

Sui social media, i fan erano entusiasti della partnership di Ozzy con il suo brand, anche se il prezzo ha fatto storcere il naso a qualcuno. «Accidenti, avrei dovuto salvare il tuo DNA quando mi hai sputato addosso nell’84 durante un concerto alla LB Arena», ha scritto un fan su X.

 

Ozzy Osbourne, che da giovane sul palco aveva pure mangiato un pipistrello, è perito quattro mesi fa. Il fatto che fosse stato iniettato col vaccino COVID, che ci dicono venire da un chirottero di Wuhano, lo rende in qualche modo un personaggio simbolico della pandemica, e non solo di quella: alcuni hanno ipotizzato che la morte, avvenuta dopo una «lunga battaglia» (in genere dicono per qualche ragione così) contro il morbo di Parkinson, potrebbe costituire un caso di eutanasia.

 

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Carlos Varela via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Arruolamento forzato anche per l’autista ucraino di Angelina Jolie

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La visita a sorpresa della star di Hollywood ed ex ambasciatrice umanitaria ONU Angelina Jolie in Ucraina martedì scorso è stata interrotta dagli agenti della leva obbligatoria, che hanno arrestato un membro del suo entourage e lo hanno arruolato. Lo riporta la stampa locale.   L’episodio si è verificato a un posto di blocco militare vicino a Yuzhnoukrainsk, nella regione di Nikolaev, mentre il convoglio di Jolie era diretto verso una zona della regione di Kherson controllata da Kiev.   Nonostante avesse segnalato alle autorità di trasportare una «persona importante», un componente del gruppo – identificato in alcuni resoconti come autista, in altri come guardia del corpo – è stato fermato dagli ufficiali di reclutamento.   Un video circolato su Telegram mostra la Jolie (il cui vero nome è Angelina Jolie Voight, figlia problematica dell’attore supertrumpiano John Voight) recarsi di persona al centro di leva per tentare di ottenerne il rilascio.  

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Secondo TASS, avrebbe persino cercato di contattare l’ufficio del presidente ucraino Volodymyro Zelens’kyj. Fonti militari ucraine avevano inizialmente riferito all’emittente locale TSN che la presenza della diva al centro non era legata all’arresto, sostenendo che aveva semplicemente «chiesto di usare il bagno». Le autorità hanno poi precisato che l’uomo, cittadino ucraino nato nel 1992 e ufficiale di riserva senza motivi di esenzione, era trattenuto per verifiche sulla mobilitazione.   Alla fine, l’attrice americana ha lasciato il membro dello staff e ha proseguito il viaggio. Gli addetti alla leva di Kiev sono stati aspramente criticati per i video virali che mostrano uomini trascinati nei furgoni, pratica nota come «busificazione».   L’indignazione pubblica è cresciuta, con numerose denunce di scontri violenti e persino decessi legati alla mobilitazione forzata. Il mese scorso, il giornalista britannico Jerome Starkey ha riferito che il suo interprete ucraino è stato «arruolato con la forza» a un posto di blocco di routine. «Il tuo amico è andato in guerra. Bang, bang!», avrebbe scherzato un soldato.   Anche le modalità di coscrizione ucraine hanno attirato l’attenzione internazionale: a settembre, il ministro degli Esteri ungherese Pietro Szijjarto ha condannato quella che ha definito «una caccia all’uomo aperta», accusando i governi occidentali di chiudere un occhio.   La Jolie aveva già visitato l’Ucraina nell’aprile 2022, poco dopo l’escalation del conflitto, in un periodo in cui numerose celebrità, come gli attori Ben Stiller e Sean Penn, si erano recate nel Paese. Il primo ministro ungherese Vittorio Orban ha sostenuto che le star di Hollywood venivano pagate tramite USAID – il canale USA per finanziare progetti politici all’estero, ormai chiuso – per promuovere narrazioni pro-Kiev.   In seguito l’autista, di nome Dmitry Pishikov, ha dato una sua versione dell’accaduto.   «A quel posto di blocco mi hanno fermato per qualche motivo, senza spiegazioni, e mi hanno chiesto di seguirli in auto per chiarire alcuni dettagli. Evidentemente con l’inganno», ha dichiarato Pishikov a TSN in un’intervista pubblicata venerdì.   È stato portato in un centro di leva locale, dove è stato trattenuto con falsi pretesti, ha aggiunto. «”Dieci minuti, c’è un piccolo dettaglio, ti lasceremo andare non appena avremo chiarito la situazione”, hanno detto. Hanno mentito», ha riferito all’emittente, aggiungendo di essere ancora «un po’ indignato» per le azioni dei funzionari della coscrizione.   L’uomo dichiarato a TSN che venerdì si trovava in un centro di addestramento militare e che «verrà addestrato e presterà servizio nell’esercito».   Igor Kastyukevich, senatore della regione russa di Kherson – la parte controllata dall’Ucraina visitata da Jolie – ha condannato il viaggio definendolo «un’altra trovata pubblicitaria che sfrutta la fame e la paura». Nessuna visita di star di Hollywood «che usa i soldi dei contribuenti americani ed europei» aiuterà la gente comune, ha dichiarato alla TASS.

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