Spirito
«De-significazione della Liturgia» e gatekeeper della Messa antica: intervento di mons. Viganò

Renovatio 21 pubblica questo testo dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò
Argumentum ex concessis
Marginalia ad un articolo dell’abbé Claude Barthe
Si enim secundum carnem vixeritis, moriemini:
si autem spiritu facta carnis mortificaveritis, vivetis.
Infatti, se vivete secondo la carne, morirete;
ma se mediante lo Spirito farete morire le opere della carne, vivrete.
Rom 8, 13
L’intervento dell’Abbé Barthe, pubblicato di recente su Duc in altum nella traduzione italiana (1), merita qualche attenzione. Ciò che in esso vi è di più interessante non è tanto la sua valutazione del neoeletto Leone XIV, né il realismo pragmatico con il quale egli riconosce a Prevost la continuità con il predecessore o auspica un allentamento delle restrizioni sulla Liturgia tradizionale.
Scrive l’Abbé Barthe:
«C’è un paradosso, addirittura un rischio, per coloro che invocano la libertà per la liturgia e il catechismo tradizionali: quello di vedersi accordare una sorta di “autorizzazione” alla cattolicità liturgica e dottrinale. Abbiamo già avuto modo di citare come esempio la situazione paradossale creatasi nel XIX secolo nel sistema politico francese, quando i più duri fautori della Restaurazione monarchica, nemici per principio delle libertà moderne introdotte dalla Rivoluzione, lottavano in continuazione affinché si lasciasse loro uno spazio di vita e di espressione, libertà di stampa, libertà d’insegnamento. A parità di condizioni, nel sistema ecclesiale del XXI secolo, almeno nell’immediato, un allentamento del dispotismo ideologico della riforma potrebbe esser benefico. Ma, probabilmente vantaggioso sul breve e medio termine, potrebbe risultare, in ultima analisi, radicalmente insoddisfacente».
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Ciò che credo vada evidenziato è il monito, nemmeno troppo velato, che l’Abbé Barthe rivolge a quanti ricorrono agli argomenti dell’avversario per ottenere una legittimazione nel mondo ecclesiale, applicando l’argumentum ex concessis (2). In questo caso, «coloro che invocano la libertà per la liturgia e il catechismo tradizionali» – e che condannano la sinodalità bergogliana – si appellano a quella stessa sinodalità perché le «comunità Summorum Pontificum» siano riconosciute come una tra le tante espressioni del composito poliedro ecclesiale.
La denuncia dell’Abbé Barthe svela non un paradosso, ma il paradosso, la contraddizione che inficia alla radice ogni attestazione di ortodossia da parte dei sedicenti conservatori: l’accettazione dei principi rivoluzionari della cosiddetta «chiesa sinodale» quale controparte (incompleta, peraltro) del farsi da essa tollerare. In realtà, questo scambio non è per nulla alla pari.
La «chiesa sinodale» si limita ad applicare anche ai conservatori quella legittimità all’esistenza che riconosce a qualsiasi altro «movimento» o «carisma» presente nella poliedrica compagine ecclesiale, ma si guarda bene dal riconoscere che le loro istanze possano andare oltre una mera concessione di ordine estetico e cerimoniale.
Il contratto non scritto tra conservatori e gerarchia post-bergogliana prevede che le «preferenze liturgiche» di un gruppo di chierici e di fedeli possano essere tollerate se e solo se essi si astengono dall’evidenziare l’eterogeneità, l’incompatibilità e l’alienità tra l’ecclesiologia e l’intero impianto dottrinale sottesi dal Vetus Ordo e quelli espressi nel rito montiniano riformato.
L’Abbé Barthe non tace le criticità: riferendosi agli Elettori di Leone XIV li definisce «tutti del serraglio conciliare», dando prova di un certo coraggio, specialmente in considerazione del suo ruolo pubblico e della sua dipendenza da quei Prelati. Così come non tace l’inganno nel quale cadono coloro che appunto si avvalgono della libertà di religione per invocare per sé una tolleranza che non viene negata nemmeno agli adoratori degli idoli amazzonici.
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L’inganno è duplice: non solo per il paradosso che l’Abbé Barth ha giustamente evidenziato; ma anche e soprattutto per una trappola ben peggiore, costituita dall’accettare almeno implicitamente la forzata, innaturale e impossibile separazione tra la forma cerimoniale del rito e la sua sostanza dottrinale.
Questa è un’operazione di de-significazione della Liturgia, che consiste nel vedersi riconosciuto il diritto di celebrare in Rito Tridentino a condizione che di quel rito il celebrante non accetti anche le implicazioni dottrinali e morali. Ma se quel «sacerdote Summorum» accetta questo principio, deve accettare anche la sua applicazione inversa.
Nel momento infatti in cui si ammette che la Liturgia può essere celebrata facendola prescindere dalla dottrina tradizionale che essa esprime – una dottrina in cui la «chiesa sinodale» non si riconosce e che considera altra da sé – si finisce per accettare che anche la liturgia riformata possa prescindere dagli errori e dalle eresie che insinua e che nessun Cattolico degno di questo nome può assolutamente ratificare.
Così facendo, tuttavia, si fa il gioco dell’avversario, nell’illusione di poter essere più scaltri del diavolo. Tutto si riduce ad una questione di vestiario e di coreografia, di estetica e di sentimento che appaga o meno il gusto personale, come hanno confermato le recenti parole del card. Burke: «non si può prendere qualcosa di così ricco di bellezza e iniziare a togliere gli elementi belli senza che questo abbia un effetto negativo» (3). Nulla di più alieno alla mens della Liturgia Romana, secondo la quale la bellezza delle cerimonie è tale perché necessaria espressione del Vero che insegna e del Bene che pratica.
La «chiesa sinodale» annette i conservatori nell’agognato pantheon non solo perché dà loro ciò che essi vogliono – pontificali solenni celebrati da Prelati influenti, senza implicazioni dottrinali – ma anche perché nessuno degli interlocutori della Santa Sede ha la minima intenzione di pretendere altro; e quand’anche qualcuno osasse chiedere di più, prontamente interverrebbe il gatekeeper di turno – letteralmente, l’ostiarius – a richiamare alla «prudenza» e alla «moderazione», più preoccupato di non perdere la propria posizione di prestigio che delle sorti della resistenza cattolica.
A ciò si affianca la politica del «chiudi la bocca» (4) auspicata da Trad Inc (5), secondo la quale le possibili concessioni che i moderati sperano di ottenere da Leone suggeriscono di non criticarlo apertamente per non alienarselo.
La via della persecuzione, dell’ostracismo, della scomunica non sembrano far parte delle ipotesi dei miei confratelli: si direbbe siano già rassegnati a un destino di tolleranza, nel quale non possono né essere veramente cattolici, né pienamente sinodali; né amici di chi combatte il nemico infiltrato nella Chiesa, né di chi cerca di sostituirla con un surrogato umano di ispirazione massonica.
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A questi tiepidi il Signore chiederà conto con maggior severità di quanto non farà con tanti poveri parroci che hanno ben altre e più pressanti priorità pastorali. C’è da sperare che il monito dell’Abbé Barthe non cada inascoltato, perché l’ora della battaglia si avvicina e farsi trovare sguarniti e impreparati, in questi frangenti, sarebbe da irresponsabili.
Ed è proprio in tempo di persecuzione che dobbiamo ritrovare l’attualità e la validità delle parole di San Vincenzo di Lerino (6):
In ipsa item catholica ecclesia magnopere curandum est ut id teneamus quod semper, quod ubique, quod ab omnibus creditum est; hoc est etenim vere proprieque catholicum. (7)
Se vi è qualcosa che non soddisfa questi tre criteri – il semper, l’ubique e l’ab omnibus – essa va respinta come eretica. Questa norma ci mette al riparo dagli errori diffusi dai falsi pastori, nella serena certezza di agire conformemente alla Tradizione e di poter così supplire, a causa del presente stato di necessità, alla latitanza dell’Autorità ecclesiastica.
+ Carlo Maria Viganò,
Arcivescovo
3 Settembre MMXXV
S.cti Pii X Papæ, Conf.
NOTE
1 – Abbé Claude Barthe, Leone, il pompiere nella Chiesa divorata dal fuoco della divisione. Ma quale unità ricerca?, pubblicato su Duc in Altum il 9 Agosto 2025
2 – L’argumentum ex concessis è una tecnica retorica e logica in cui un interlocutore utilizza le premesse, gli argomenti o le affermazioni accettate dall’avversario per costruire la propria argomentazione, spesso per confutarlo o dimostrare l’incoerenza della sua posizione. Questa strategia si basa sull’idea di accettare temporaneamente le affermazioni dell’avversario (le «concessioni») e usarle per derivare conclusioni che lo mettono in difficoltà o avvalorano la propria tesi.
3 – «You don’t take something so rich in beauty and start stripping away the beautiful elements without having a negative effect.» Cfr. qui.
4 – Zip it, in inglese. Cfr. qui.
5 –Trad Inc è l’espressione americana – che si potrebbe tradurre in italiano con Tradizione Spa – con la quale si indicano i fedeli e i blog di area conservatrice organizzati come aziende, che agiscono secondo logiche di mercato nella dipendenza dagli azionisti.
6 – San Vincenzo di Lerino, Commonitorium, 2.
7 – In italiano: Nella stessa Chiesa cattolica, bisogna avere la massima cura di mantenere ciò che è stato creduto sempre, ovunque e da tutti; questo è infatti veramente e propriamente cattolico.
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Immagine di Xavier Boudreau via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Spirito
Una donna a presiedere il declino definitivo dell’anglicanesimo

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Necrocultura
«L’ideologia ambientalista e neomalthusiana» di Vaticano e anglicani: Mons. Viganò sulla nomina del re britannico da parte di Leone

Vale la pena di riprendere le parole dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che ha scritto su X un testo indicando i veri temi dietro all’assegnazione di una cattedra permanente nella basilica papale a Re Carlo III d’Inghilterra, capo de facto della Chiesa anglicana.
«L’incontro tra il capo della chiesa sinodale e il capo della chiesa d’Inghilterra avrà come punto culminante una preghiera ecumenica per la cura del Creato nella Cappella Sistina, all’insegna della retorica ambientalista del “grido della terra” e della “conversione ecologica”» scrive monsignore.
«Le due autorità supreme delle proprie rispettive “chiese” si riconoscono entrambe nell’ideologia ambiententalista e neomalthusiana del World Economic Forum e dell’Agenda 2030, ed è su questa nuova religione che è impostato il dialogo tra sinodali e anglicani».
L’incontro tra il capo della chiesa sinodale e il capo della chiesa d’Inghilterra avrà come punto culminante una preghiera ecumenica per la cura del Creato nella Cappella Sistina, all’insegna della retorica ambientalista del “grido della terra” e della “conversione ecologica”.… pic.twitter.com/9gBObOg2h9
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) October 21, 2025
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«A confermare la sua continuità con l’ecumenismo conciliare, Leone offrirà a Carlo un “seggio” (con la targa “Ut unum sint”) nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, già teatro dell’indizione del Vaticano II e da allora tempio dell’ecumenismo indifferentista conciliare e sinodale».
«La Fede Cattolica è la grande assente, e non a caso: sarebbe imbarazzante per Leone ricordare i Martiri cattolici massacrati dal monarca poligamo, a cominciare da John Fisher e Thomas More. Immaginate Papa Clemente VII che offre uno scranno in una Basilica Papale a Enrico VIII…» conclude Viganò, ricordando la storica nequizia anticristiana della malvagia monarchia britannica.
Proprio così: il re britannico, ora celebrato dalla Chiesa cattolica, occupa un trono che, dal XVI secolo, dopo lo scisma provocato dal crudele Enrico VIII, ha perseguitato ferocemente i cattolici, giustiziando e scorticando fedeli e sacerdoti (con la loro pelle sono stati rilegati libri ancora oggi esposti) e costringendoli alla clandestinità.
Vogliamo nominare uno degli eroi di questo disastro storico e metastorico: Guido Fawkes, il cattolico che tentò di far esplodere Westminster (definito, secondo una nota battuta della politica britannica, «l’ultimo uomo entrato lì con buone intenzioni») per restaurare un governo cattolico. Tradito, Fawkes fu catturato, torturato e squartato, con le sue parti inviate ai quattro angoli del regno, nonostante avesse accettato le condizioni del re.
Ancora oggi, ogni 5 novembre, in Inghilterra si bruciano le effigi di Fawkes – un re-enactement chiarissimo del rogo dei cattolici. Per ragioni che sembrano legate a logiche dello Stato Vaticano non dissimili a quelle attuali, il simbolo di Fawkes non è stato adottato dai cattolici, ma da gruppi pseudo-anarchici, grazie alla rielaborazione del fumettista Alan Moore nella celebre graphic novel, poi film di discreto successo, V per Vendetta.
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Tuttavia, non si tratta solo di storia antica: ciò che dovrebbe indignare i cattolici è l’appartenenza della dinastia Windsor alla «Cultura della Morte», che promuove – tramandata di generazione in generazione, da Filippo a Carlo, a Guglielmo (che predica la lotta alle famiglie numerose) ed Enrico (che andà all’ONU a criticare la sentenza della Corte Suprema USA che defederalizzava l’aborto) – la riduzione della popolazione e un’avversione verso l’umanità.
L’arcivescovo ricorda la connessione di ambientalismo e malthusianesimo, che sono cifre ideologiche tramandate geneticamente nella famiglia reale inglese. Malthus, come Darwin, sono stati creati dal potere di Albione per giustificare la violenza sfruttatrice usata dall’Impero britannico sul mondo: se gli uomini sono animali, e sono pure troppi, tanto vale procedere con la massima crudeltà possibile. Le carestie genocide in Irlanda e in India sono figlie di questo pensiero, di questa volontà di dominio satanico sul mondo.
Vogliamo ricordare, in questo sens, il padre di Carlo, il principe Filippo, tra i fondatori del WWF e frequentatore di antiche edizioni delle conferenze Bilderberg, il quale si espresse in estrema chiarezza quando dichiarò di volersi reincarnare in un patogeno di modo da uccidere milioni di persone, eliminando quanta più popolazione possibile per il bene dell’ambiente. Un’idea portata avanti strenuamente dal Carlo, che con il Cambiamento Climatico pare avere pure qualche lucroso affare.
Dietro la facciata ecologista, gli Windsor (che non sono britannici e non si chiamano Coburgo Gotha: Windsor è il nome di un villaggio inglese scelto per il rebranding del loro casato germanico, ad usum del popolino anglofono) si rivelano diacronici sostenitori di quella che su Renovatio 21 chiamiamo Necrocultura: una vera e propria Famiglia della Morte. Basta pensare ai casi di Alfie Evans, Charlie Gard, Indi Gregory e molti altri di cui non sapremo mai il nome. Cosa fecero i reale per salvare questi bambini, anche quando le questioni divennero internazionali (con tanto del tentativo, a pensarci bene davvero grottesco, della Repubblica Italiana di dare la cittadinanza ad Alfie per farlo espatriare e poterlo curare).
I bambini, il popolo tutto, per il malvagio potere britannico possono essere sacrificati nell’utilitarismo più mostruoso e assassino del «bestinterest». Del resto, l’utilitarismo è un’altra invenzione filosofica degli inglesi, realizzata sempre all’altezza della sanguinaria conquista imperiale. Il pensiero di Geremia Bentham, come quello di Malthus e più tardi di Darwin, a questo serviva: a disumanizzare il mondo e a rendere possibili sacrifici di minoranze, e persino maggioranza, nel nome del principio del massimo godimento distribuito a certuni dallo Stato. Il sistema sanitario del Regno, con il boost dei giudici della Corona trucidatori di bambini, è improntato a questa logica assassina e genocida.
La storia di Carlo, come noto ma spesso ignorato, non è priva di ombre: dalla controversa morte della principessa Diana ai milioni ricevuti dalla famiglia Bin Laden in buste di plastica. Un anno fa è emerso che nel 1983 l’allora principe di Galles aveva accettato un premio da un veterano nazista, una laurea honoris causa presso l’Università dell’Alberta, in Canada, dove, oramai sappiamo abbondano i rifugiati ucronazisti.
Del resto, una certa passione per la svastica eravi tra gli Windsor, se pensiamo ad Edoardo VIII e alla sua simpatia per Adolfo Hitler, che, secondo gli storici, una volta conquistata la Gran Bretagna aveva in programma di ripiazzarlo sul trono come un Quisling incoronato.
La missione del casato della Necrocultura va oltre, e rivela pagine storiche dense per quanto dimenticate: dalle proto-vaccinazioni dei reali con i relativi danni, all’uccisione del re per eutanasia di re Giorgio (bisnonno di Carlo), dai sospetti di fecondazione artificiale ante-litteram da cui sarebbe nata Elisabetta, all’ambientalismo stragista di Filippo (che, tenetelo sempre a mente, ha fondato il WWF, organizzazione ora proibita in Russia…), dai discorsi di Guglielmo figlio di Carlo sulla sovrappopolazione, agli attacchi contro gli USA che defederalizzano l’aborto fatti da principe Enrico dallo scranno ONU… la lista è pressoché infinita, e davanti a tutto questo cadono le illazioni su Jack lo Squartore.
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Del re Carlo, tanto a lungo «principe» in prima linea per la successione, vanno ricordate anche l’amicizia e le donazioni milionarie di Armand Hammer, enigmatico petroliere americano (per alcuni spia del KGB): quando nel 1988 la piattaforma petrolifera Piper Alpha della Occidental Petroleum esplose a 200 miglia da Aberdeen, causando 160 morti, il futuro re si affrettò a difendere Hammer, che ne uscì indenne. La dinastia Hammer, miliardari ebrei americani di origini russe, vicini al Cremlino per motivi poco chiari, meriterebbe un’indagine a parte, soprattutto dopo le accuse contro il nipote, la star di Hollywood Armie Hammer, che includono presunti stupri e insinuazioni su perversioni cannibalistiche.
Non va dimenticata l’amicizia personale con Jimmy Savile, popolare DJ e conduttore britannico che, secondo accuse emerse dopo la sua morte nel 2011 ma già vociferate da decenni, avrebbe abusato di circa 400 ragazze in scuole e istituzioni psichiatriche di cui era benefattore.
Di recente, forse l’episodio che ha messo in luce la maligna natura della corona britannica è stato il ritratto ufficiale del re presentato nel maggio 2024, un’immagine dai toni infernali, realizzata da un artista noto per collage con riviste pornografiche.
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Nel frattempo, l’odierno malvagio re britannico a Roma riceve il plauso pure dei parlamentari italiani.
In un momento di profonda umiliazione per il popolo italiano, nel suo discorsone alle Camere il re rammentò a tutti l’«importanza» del supporto inglese a Garibaldi, che poi andava ospite dagli inglesi. Chi conosce la vera storia dell’Italia unita non può che sorridere, nell’amarezza più profonda: il re sbatte in faccia agli italiani il fatto che, con il Risorgimento (fiancheggiato e ideato dai britannici), la penisola è divenuta uno Stato vassallo di Londra.
Ora, a infeudarsi con l’infernale potere di Albione non vi è solo la Repubblica Italiana, ma persino il papato.
Una conclusione che, per chi conosce la storia del mondo e della tradizione cattolica, può sembrare sconvolgente, e impone meditazioni di grande profondità.
Vogliamo lasciar andare i pensieri ricordando l’affresco sull’abside di Chiesa di San Paolo dentro le Mura– la principale chiesa degli anglicani ed episcopaliani a Roma.

Immagine di Luca Aless via Wikimedia CC BY-SA 3.0
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L’imponente mosaico fu disegnato dal pittore preraffaellita Edward Burne-Jones, e ha tema apocalittico, con Cristo assiso sul trono della Gerusalemme Celeste. È un Cristo imberbe, dai tratti piuttosto femminili. I Santi sotto Nostro signore hanno i volti di mecenati e personaggi legati all’edificazione della chiesa, mentre a destra vi è il gruppo più interessante, quello dei cristiani a cavallo, dove Sant’Andrea ha il volto di Abramo Lincoln, San Patrizio è il generale Ulysses S. Grant, e San Giacmo è… sì, lui, il terrorista massone anticristiano, ladro di cavalli e marito di bambine, epperò tanto utile agli inglesi, Giuseppe Garibaldi.
È la «chiesa militante», secondo gli scismatici di Albione.

Immagine CC0 via Wikimedia
Sì, per loro Garibaldi è un santo. Chi frequenta quella chiesa adora Cristo sotto l’immagine santificata di colui che più di altri combattè il Regno Sociale di Cristo.
C’è, tuttavia, un dettaglio ancora più esplicito: a fianco di Cristo, nel mosaico si vedono delle nicchie dove sono disposti gli angeli. Vediamo qui Uriele che regge il sole, Michele che appare maestoso in armatura, Gabriele reca il giglio dell’Annunciazione, Chemuel, l’angelo del Graal, stringe nella mano sinistra il calice sacro, Zophiel sorregge la luna.
Tuttavia, alla destra del signore, la nicchia è enigmaticamente vuota. Fu un fedele della chiesa, una volta che la visitati anni fa, a spiegarmene il significato.
«Quello è il posto per l’angelo Lucifero» mi disse, quasi compiaciuto di questa teologia sovvertritrice.
Ora, Lucifero, lo sappiamo bene, non è invitato solo nelle chiese anglicane di Roma.
Roberto Dal Bosco
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Spirito
Turchia, scoperte pagnotte di 1.300 anni con l’immagine di Cristo Seminatore

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